EPITAFFIO AUTOPOIETICO: CIAO ANIMA! R.I.P.
L’uomo che porta su di sé il peso della sua mortalità
San Agostino
L’Universi-parte, noi stessi, che vive la leggera consapevolezza
del suo essere transfinitamente in vita-autopoiesi
∑ophy
Le citazioni riportate sopra sono due esempi di stati di coscienza producibili dall’essere umano: in una partecipiamo
- la consapevolezza del dover morire come un peso;
nell’altra
- la leggera consapevolezza di
essere, per entanglement micro-particellare e coscienziale,
parte integrante e inscindibile dell’Universi,
ad oggi
transfinitamente
(in modo mai finito)
in vita-autopoiesi.
Per sopportare il peso della morte,
- nel primo caso, moltissimi esseri umani hanno ipotizzato l’esistenza dell’anima, attribuendogli facoltà d’immortalità e di continuità post-mortem;
- nel secondo caso, il riconoscimento vissuto del
campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché
dell’Universi-parte
(da cui si evidenziano le componenti più conosciute
elettro-magnetica, gravitazionale, elettro-debole, elettro-forte,
atomico-nucleare, morfo-genetica)
ci dimostra che sta funzionando un
Tutto atomicamente e coscienzialmente legato,
inscindibile,
che, necessariamente,
pone in remissione l’ipotesi dell’anima,
in quanto si vive che ciò che è transfinitamente in vita-autopoiesi è, appunto, il campo coscienziale che, di fatto, evidenzia continuità.
Molti esseri umani hanno investito l’ente anima con caratteristiche prese dalla propria individualità, dalla propria identità acquisita,
proiettando la speranza
che questa potesse trovare la
continuità al momento della morte.
Il vissuto dell’Universi-parte sta evidenziando che il
campo coscienziale è non localistico e locale,
su cui si inscrive la propria storia acquisita.
Tale campo è, appunto, ciò che, per così dire,
si preserva al momento del
punto morte della manifestazione della vita nel corpo fisico,
in cui ci riconosciamo e viviamo,
quindi non si tratta di
fine vita complessiva, totale.
Entrambi i casi sono concordi nell’affermare che in tutti gli esseri umani dimori qualche cosa che denominano, l’interiorità di cui possono avere percezione diretta, farne esperienza diretta.
In generale, il cultore dell’anima pensa che è possibile percepire, osservare l’ambiente soltanto separando il soggetto dall’oggetto, il dentro di sé dall’esterno di sé, mentre si può guardare se stessi, la propria anima, la mente, dall’interno.
Chi vive realmente di essere Universi-parte,
non separa più il soggetto dall’oggetto
(studi scientifici sull’entanglement micro-particellare: violazioni di Aspect e simili…ci stanno direzionando, già da molti anni, verso quello che affermo)
e, di conseguenza, a quel livello di funzionalità, vive l’ambiente, il mondo, l’altro come parte integrante di sé, nello stesso modo come percepisce un braccio rispetto al proprio corpo: non si sente scisso, separato, ma è partecipatore fusionale-osservatore. Tutto viene vissuto in modo vivo, sia l’interiore che l’esterno, vissuti come un campo unico interiore-esterno.
Moltissimi esseri umani riflettono e hanno riflettuto sul concetto di anima.
- Taluni (quelli del primo caso) ritengono che ci sia un principio immateriale separato dal corpo, contrapposto alla materia;
- altri (quelli del secondo caso), vivono che l’Universi-parte, la sua manifestazione sensibile sia, sostanzialmente, la densificazione di tale campo coscienziale localistico e non locale.
Tra l’altro, anche molti scienziati, attualmente, affermano che psyché e soma sono inscindibili, sono un unico processo.
In ogni caso il
concetto di anima si perde nella notte dei tempi.
È possibile affermare che essendo parte integrante della materia, anche il campo coscienziale olistico-autopoietico, allo stato della ricerca, è individuabile come
esistente da sempre.
Il concetto di anima non coincide con quello di campo coscienziale olistico-autopoietico. Quest’ultimo è, come già detto,
un campo da cui si evidenzia quello elettro-magnetico, gravitazionale, elettrodebole, atomico-nucleare che, appunto, sono sue densificazioni.
Non è poi così difficile partecipare-osservare che siamo composti da atomi e che la coscienza (l’Io-psyché) è parte integrante e inscindibile di essi. La fisica quantistica ha riconosciuto funzionalità come l’entanglement quantistico, che interpreta anche come non separabilità, di conseguenza anche il campo coscienziale è non separabile da tali funzionalità: il campo coscienziale e quello atomico sono uno stesso processo che si manifesta in diversi modi. È questo che anche popoli antichi, cosiddetti primitivi, avevano intuito, sentito in loro e denominavano ciò entità superiori, divinità (…). Intuivano la presenza del campo coscienziale olistico-autopoietico: lo sentivano manifestarsi nei sogni, negli stati estesi di coscienza (…). Come altro poteva interpretare quello che oggi denominiamo campo elettrodebole, elettromagnetico, gravitazionale, nucleare, morfo-genetico (che giocano un ruolo determinante nella creazione della manifestazione sensibile) se non con qualche cosa dotato di forza extra-ordinaria che denominò appunto, Divinità, Dio (…).
Non abbiamo necessità dell’ipotesi denominata Dio.
L’incompletezza della scienza attuale è che ancora non ha riconosciuto che la vita-autopoiesi è in ogni atomo, microstruttura, e coincide con il campo coscienziale: le cose materiali del mondo sono parte integrante e inscindibile della vita-autopoiesi,
non esiste e non è mai esistita la materia vivente e quella non vivente,
a livello delle meccaniche quantistiche e sub-quantistiche e coscienziali non locali e oltre, ciò si evidenzia in modo inequivocabile.
Noi siamo vita-autopoiesi partecipatori non scissi delle sue creazioni. Ovviamente,
non si tratta di una visione animista della realtà,
ma del riconoscimento vissuto che
Tutto è atomicamente e coscienzialmente legato
e che noi siamo parte integrante di ciò.
Non vivere questo ha indotto alcuni scienziati a produrre contraddizioni generate da tale
stato di incompletezza sul piano della consapevolezza
che proiettano sul mondo attuale.
Riscontriamo ciò nelle molteplici valutazioni separative tra soggetto e oggetto, nella distinzione tra organico e inorganico che, spesso, accompagnano alle loro migliori conquiste scientifiche. La vita-autopoiesi, il campo coscienziale non è una componente del mondo ma allo stato della ricerca coincide con l’Universi anche se le sue densificazioni e differenziazioni sembrano indicare innumerevoli varietà di morfologie, di enti, parti, esistenti.
Di fatto, il
campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché
è la fonte di energia, è il principio attivo organizzatore,
è l’ordine implicito che muove all’essenza di ogni parte-Universi,
quello che ne determina le funzioni: si tratta
dell’entelechia olistico-autopoietica,
ossia ciò che ha il compimento in sé, le finalità in sé.
Ogni singola parte-Universi si evidenzia da tale campo che non è autonomo bensì inscindibile da tutto l’esistente, sensibile e sovrasensibile locale e non localistico. Tali processi
includono e generano le diverse prospettive evoluzionistiche
e agiscono nell’assetto delle parti, degli organismi, di ogni tempo.
I vissuti ad oggi raggiunti, evidenziano la possibilità di
partecipare-osservare e contemplare tale campo sovrasensibile, per così dire, immateriale, come fondamento dell’esistente e
non della sola vita organica distinta,
proiettivamente, da quella inorganica.
Il corpo fisico, di fatto, non accende da solo la vita che veicola, ma esso stesso è evidenza,
è creazione della vita-autopoiesi dell’Universi-parte in azione.
Non si tratta di un principio superiore e men che meno ci si riferisce ad attribuiti divini che, come detto, sono chiaramente delle proiezioni.
Si vive che la materia è la densificazione di campi estesi sovrasensibili in cui semplicemente non esiste il superiore o l’inferiore, sono un campo unico.
La sperimentazione diretta ci mostra la complessità della questione. Abbiamo vissuto che la materia è come la punta di un iceberg e che la parte non visibile è progressivamente meno densificata fino a riconoscerla come un campo transfinito, immateriale, un processo che va dal sensibile al sovrasensibile, dal localistico al non locale, transfinito, senza scissioni. Taluni denominano, genericamente, tale campo sovrasensibile con il termine, energia spesso separandola dalla sua densificazione, indicando così la presunta separazione tra materia ed energia: non le riconoscono come campo unico.
L’ordine implicito indicato evidenzia e in-forma gli atomi (densificazioni) e di conseguenza il nucleo di ogni cellula: il DNA, crea le istruzioni per l’uso necessarie a nascere, crescere, sopravvivere, vivere e anche a riprodursi. La cellula è quindi diretta emanazione di funzionalità più ampie, della vita-autopoiesi e, di fatto, legge le istruzioni del DNA e le mette in atto in quanto è emanazione, è la densificazione del campo coscienziale olistico-autopoietico in-formato, colui che determina tali funzionalità innate.
In questo senso e con questi significati, l’Universi-parte, noi stessi, ha il proprio metabolismo, ossia evidenzia il free-flow autopoietico (flusso libero auto-creato) di principi attivi, di in-formazioni che determinano il proprio ordine funzionale e mantenimento.
Il fatto che una cellula si duplichi significa che si duplica anche il suo genoma.
Ciò non significa un aumento di in-formazione e di ordine,
infatti, per fare un esempio, la duplicazione di un documento lo riproduce tale e quale, voglio comunicare che
l’aumento di in-formazione proviene dal campo coscienziale non localistico
e non ha nulla a che fare con la duplicazione della cellula,
ossia della fruitrice di tale
determinismo olistico-autopoietico innato.
I fenomeni vitali sono in questo senso unici e sono dell’Universi di cui siamo parte e non della parte separata da Universi. La vita-autopoiesi non è mai in bilico. La manifestazione della vita nella parte può da taluni essere interpretata come in bilico, ma si tratta di una visione riduzionista.
Il campo coscienziale olistico-autopoietico è quindi il principio ordinatore ed è sostanzialmente in-formazione (autopoietica),
niente a che vedere con l’anima.
Tale in-formazione olistico-autopoietica
si manifesta meravigliosamente attraverso il DNA
che è uno dei tanti modi di manifestazione.
Il genoma non è l’anima della vita.
La vita-autopoiesi crea e include il genoma che è una sua emanazione. Infatti, anche senza genoma partecipiamo-osserviamo i mattoni della vita-autopoiesi esprimersi in tutto l’Universi di cui siamo parte. Il genoma è di fondamentale importanza ma deve essere letto e vissuto avendo
consapevolezza dell’ordine implicito innato da cui si evidenzia.
Non inganni la constatazione che la manifestazione della vita-autopoiesi nel corpo si trasmetta attraverso le generazioni, di padre-madre in figlio e che questo processo stia durando da quasi quattro miliardi di anni. Si tratta di un processo fondamentale ma è pur sempre espressione di processi innati estremamente più ampli e complessi.
Non si riconosce la vita-autopoiesi, le sue proprietà essenziali dal fatto che questa possieda un genoma o meno e che quest’ultimo utilizzi in-formazioni prese dall’ambiente, dal mondo.
Esiste un unico organismo vivente che è
l’Universi-parte
e le parti, nessuna esclusa, utilizzano la quantità necessaria di energia, di campo coscienziale necessaria ad esistere.
Questo
non perché ci sia la naturale tendenza all’entropia, al disordine,
in quanto l’Universi crea autopoieticamente sia ciò che denominiamo ordine, sia ciò che denominiamo disordine, ed è questa facoltà autopoietica di auto-creazione che è trans finitamente in vita-autopoiesi e di cui dobbiamo ancora consapevolizzare molti aspetti e funzionalità. Infatti, in questa ottica,
tutto ciò che nasce non deve morire,
bensì si trova nella stessa “relazione” di
un’onda con l’oceano che la genera,
la
parte-Universi è come un’onda, una fluttuazione creata da Universi
e che va in remissione ed è riassorbita da Universi
e questo, ad oggi, lo fa transfinitamente.
Per questo riconosciamo l’Universi di cui siamo parte come essere transfinitamente in vita-autopoiesi e il punto vita (la nascita) e il punto morte (la morte) sono la testimonianza di ciò che affermo:
- milioni di essere umani, di parti, nascono, si evidenziano
ed altri
- milioni di essere umani, di parti, muoiono, vanno in remissione,
è la danza dell’universi-parte che vive riconosce e consapevolizza se stesso.
In questo quadro, quale può essere il senso della parola anima?
Mi dispiace, ma sono costretto a porla in remissione 😊,
non esistono destini ultraterreni, ma
funzionalità olistico-autopoietiche
dell’Universi-parte,
noi stessi.
L’essere umano genera azioni che coinvolgono processi universali per entanglement coscienziale,
il termine anima, qualunque cosa significhi,
è perfettamente contenuto dal vissuto del campo coscienziale olistico-autopoietico sostanzialmente non localistico la cui manifestazione localistica, nel corpo umano, è denominata, Io-psyché.
In conclusione, possiamo affermare che la concezione per cui
esisterebbe un’anima diversa e separata dal corpo
non ha riscontri nel nostro vissuto diretto
e di conseguenza va in
remissione la visione religiosa dell’anima
in quanto tale termine è superato dalle
attuali avanguardie pratico-teoriche scientifiche e filosofico coscienziali.
Per questi motivi, l’epitaffio autopoietico:
Ciao Anima (…),
(…) grazie e R.I.P.!
Nello Mangiameli
∑ophy
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