NO, GRAZIE!
MEGLIO LA
∑OPHY’S AWARENESS!
Consapevolezza
da vivere
che trascende la semplicistica posizione acquisita
della violenza e della nonviolenza.
Non si tratta di
non violenza (ahimsa),
si
o
non violenza,
no,
in quanto la questione non ha nulla a che vedere con
l’assenza del desiderio di uccidere,
poiché l’eziologia della violenza risiede in un altro luogo coscienziale e solo in una delle sue ultime applicazioni ha qualcosa a che fare con il desiderio di uccidere. Se un Io-psyché produce violenza significa che in lui ci sono dei processi che la stanno costruendo ed evidenziando, se a questa si applica il processo denominato
rifiuto
di ogni atto di violenza,
significa esattamente che
si sta reprimendo nel profondo di sé lo
stato di violenza già prodotto e in circolo.
Anche quando si fa questo come atto politico, alla lunga chi sa partecipare-osservare attraverso il vissuto questo processo, è consapevole che non funziona come atto conoscitivo di se stesso.
La non violenza,
ahimsa
applicata contro il potere innesca un ulteriore ostacolatore, ovvero,
la forma reattiva ad uno stato Io-somatico somministrato da altri,
quindi si esiste come conseguenza di atti di altri
e non come auto-determinazione formata e in-formata.
Tutti i correlati, quali l’obiezione di coscienza, la resistenza non violenta e altri
non sono strumenti adeguati
per conoscere e vivere
l’eziologia della violenza.
Queste mie considerazioni non si occupano e
non vogliono occuparsi del Mahatma Gandhi
o fare critica al concetto buddhista dell’ahimsa.
Ahimsa è formata da a privativa e himsa che significa violenza.
Partecipiamo-osserviamo insieme se è veramente tecnicamente possibile
creare l’assenza del desiderio di uccidere
anche in riferimento alla natura in ogni sua espressione.
Per poter comprendere la questione, è necessaria una premessa:
la formazione vissuta in Sigmasofia dimostra come l’Io-psyché del ricercatore agisca per auto-maieutica esattamente al momento in cui produce uno stato Io-somatico e relativo stato istintivo-emozionale, cercando di penetrarlo a monte ossia alla causalità, ai significati-significanti che lo stanno evidenziando, pratica tale auto-maieutica
attraverso l’auto-contemplazione dello stato in essere
senza giudizi diretti o indiretti,
ossia, per così dire, senza sforzo. Lo stato Io-somatico e relativi significati-significanti e intensità emozionali procedono e semplicemente non si entra in opposizione con essi:
li si partecipa-osserva
(siamo noi stessi a produrli)
e se ne percepiscono le caratteristiche senza
speculazioni noetiche,
quindi li si lascia fluire per conoscerli
per estrapolarne l’eziologia, appunto.
Ci si trova nel
campo coscienziale
(organizzazione Io-somato-autopoietica),
siamo nei luoghi interiori in cui operano processi,
forze innate come
l’inconscio personale, collettivo e autopoietico,
le in-formazioni del genoma,
degli atomi,
la vita-autopoiesi,
quindi con le
in-formazioni e con la
natura innata operante in noi.
L’Io-psyché si comporta con gli stati Io-somatici da lui stesso prodotti come
l’acqua fa con il suo contenitore ne assume la forma.
Tale fluidità
è capacità di essere empatonici, fusionali,
con qualunque stato Io-somatico,
con qualunque parte-Universi
(si matura con la formazione vissuta):
Trattandosi di stati Io-somatici da noi stessi prodotti ed essendo già in circolo, diviene assolutamente fattibile e realizzabile la loro auto-contemplazione in stato di fusionalità con essi. Detto questo,
ci si trova in prossimità di
funzionalità innate,
delle in-formazioni del genoma
(dallo stato Io-somatico e suoi significati alla percezione della fisiologia che ci permette di edificare quello stesso stato Io-somatico il passo è breve, anche se moltissimi non sono organizzati per realizzare tale consapevolezza).
Tali vissuti ci indicano che
a livello innato
(se effettivamente raggiunto)
agisce il principio attivo di creazione
e non di
non violenza (ahimsa),
ossia di concezioni comportamentiste acquisite.
Facendo coincidere la consapevolezza acquisita con queste funzioni innate, l’Io-psyché inequivocabilmente
non produce aggressività, violenza
a cui rispondere con la
non violenza.
Ci si immette direttamente nell’azione di creazione che è già in sé l’antidoto all’aggressività e alla violenza, discrasiche.
Alcuni ricercatori si sono accorti che
il concetto di non violenza legittima
(in qualche modo)
l’esistenza della violenza,
come se la evocasse
(al potere violento rispondo con non violenza),
per questo motivo, tentarono di dare al concetto un valore propositivo, autonomo e non solo reattivo e coniarono il termine nonviolenza tutto attaccato (vedi Capitini), insight di comprensione si stavano evidenziando ma non ancora sufficienti. Quel tipo di azione non violenta ha indotto molti alla resistenza passiva o, come diceva Ghandi, a quella attiva. Il punto è proprio questo:
non si tratta di resistere ma la consapevolezza ci indica che
si può agire con continuità la creazione dello
stato Io-somatico innato-acquisito simultanei
in modo che il significato-significante di quello acquisito
assuma le caratteristiche consapevoli di quello innato.
Faccio un esempio:
se entro in stato di fusionalità con le in-formazioni genomiche,
più che creare tecnologia per realizzare più in fretta una pulizia etnica,
l’azione acquisita potrebbe suggerirmi una
tecnologia di vita-autopoiesi utile a prolungare l’aspettativa di vita.
Qui, si inserisce un altro punto della questione: tale capacità introspettiva vissuta evidenzia un altro processo,
la forza della verità innata che include e trascende
qualunque produzione acquisita (non simmetrica).
Immettere in circolo tali in-formazioni ci porta ad esprimere
creazione conoscitiva vissuta forte.
Non esiste e non è mai esistito il non violento, ma è esistito l’Io-psyché dell’essere umano consapevole delle funzionalità innate: i concetti di amore e di odio, di guerra e di pace e così via sono soltanto esegesi opinioni dell’acquisito che possono essere create da ognuno in quanto l’innato ci consente di confezionare qualunque stato Io-somatico e relativo significato-significante. La prova, se mai ce ne fosse bisogno, ce la danno proprio le Nazioni Unite che hanno proclamato gli anni 2001-2010 come, Decennio internazionale di promozione di una cultura della non violenza e della pace a profitto dei bambini del mondo. Oggi, accendo la televisione e vedo che, per ordine di un tal Putin, la Russia bombarda l’Ucraina, uccidendo centinaia di persone compresi molti bambini e questo malgrado il suo connazionale Tolstoj che ispirò Gandhi.
È necessaria la formazione pedagogica psicagogica vissuta
dell’Io-psyché a se stesso:
se non la seguiranno, i Capi di stato non ne verranno mai a capo, non sapranno mai che cosa è l’eziologia della violenza.
Non sceglierò,
ma se dovessi essere ipoteticamente
“costretto a scegliere”,
sceglierei senza alcun dubbio o esitazione
Gandhi e la non violenza,
ma non è necessario, gli studi e le ricerche sono andati molto avanti rispetto a questi concetti che hannJo avuto una fondamentale funzione propedeutica.
Il cultore della Sigmasofia
non è e non vuole essere un
cultore di pace un peacekeeper,
ma un
Maieuta che, attraverso il vissuto diretto, opera in se stesso
per prendere consapevolezza dell’eziologia della violenza
e per destrutturarla,
un modo per prevenire conflitti con se stesso e con gli altri
Ciò significa esprimere azioni di creazione, di conoscenza vissuta innata che includono e trascendono qualunque concezione dicotomica, duale, enantiodromica acquisita, pace e guerra, amore e odio, vita e morte e così via.
Dalla coscienza della cellula
(e oltre, a monte),
non nasce
l’assenza del desiderio di uccidere,
non nasce
ahimsa
bensì l’evidenziazione nell’acquisito
dell’ordine implicito innato,
tecnicamente in grado di essere
creazione di vita-autopoiesi innata in azione.
Consapevolezza
da vivere
che trascende la semplicistica posizione acquisita
della violenza e della nonviolenza.
Ahimsa? no, grazie!
meglio la
∑ophy’s awareness!
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