Innovativa e nuova pedagogia
Nella P.Si.,
l’inserimento di spazi di espressione della propria individuazione
è di pari importanza, se non superiore,
a quelli, altrettanto importanti, di studi e di formazione classica
In presenza di Ostacolatori-discrasie Io-somatici (difese Io-somatiche, psicosi, nevrosi, scissioni schizoidi…), per poter porle in remissione, l’Io-psyché dovrà affrontare
incontri di Maieutica P.Si. individuale,
per vivere, in modo esclusivo con il Maieuta, azioni, esperienze di penetrazione profonda e di transmutazione delle cause.
In tutti gli altri casi, è preferibile la
Maieutica P.Si. individuale,
praticata in gruppo,
appunto perché, lavorando con altri ricercatori (mai più di 20), possono scatenarsi molteplici dinamiche relazionali che il Maieuta può decodificare e orientare. Infatti, eliminando il linguaggio verbale (vedi dopo), il ricercatore viene invitato ad esprimere ogni stato Io-somatico che produce per poi metterlo in relazione, integralmente, applicando il
pur lavorando sempre sull’ostacolatore puro. Tali molteplici reazioni simultanee, che si scatenano, possono evidenziare situazioni e dinamiche molto significative che, necessariamente, indicheranno l’identità, la consapevolezza del ricercatore che le esprime. Il fatto che i ricercatori non facciano tutti la stessa cosa, così come accade nella prevalenza delle attività scolastiche direttive, inserisce la possibilità di poter vivere e poi elaborare problematiche che altrimenti resterebbero nell’Io-psyché del ricercatore. L’imposizione soltanto di fusionalità didattiche di gruppo, di fatto, innesca opposizioni, anche aggressive. Ovviamente, i momenti di fusionalità e di identità dovranno essere omogenei e integrati. Se si applica soltanto la didattica scolare convenzionale, direttiva, intellettualmente fusionale, non ci si dovrà poi meravigliare degli
improvvisi o di aggressività conseguente
all’impedimento di esprimere la propria identità
Tali pulsioni verso l’individuazione, la propria identità, anche istintivo-emozionale, spesso vengono controllate attraverso
l’imposizione della regola, della disciplina
o con tentativi di seduzione e con ricatti esistenziali affettivi. In ogni caso, abbiamo verificato che l’Io-pssyché di ognuno ha necessità di auto-determinarsi e di esprimere ciò che sente e prova: per questo motivo,
nella P.Si., l’inserimento di spazi di espressione della propria individuazione sono di pari importanza, se non superiori, a quelli, altrettanto importanti, di studi e di formazione classica.
Con la P.Si., integriamo in un processo simultaneo e coerente due componenti:
- la direttiva (i programmi che i pedagogisti maestri indicano),
- la non direttiva (la possibilità di esprimere per auto-determinazione ogni stato psicosomatico producibile).
Nella situazione pedagogica tradizionale, soprattutto scolare, sostanzialmente, tutti devono fare la stessa cosa, nello stesso tempo e si partecipa, la stessa materia di studio. Non si può fare altro se non quanto l’insegnante, il tutore, ha deciso:
l’insorgenza dell’opposizione alla fusionalità imposta
costringe il tutore a contenerla, a gestirla.
Tale azione è necessariamente conflittuale, perché si deve gestire la persona che vuole fare un’altra cosa rispetto a quella imposta. In quei momenti, infatti, è in atto una realzione impersonale, non empatica, irrispettosa del tono e di altre forme affettive più profonde, fusionali. Per questo motivo, l’inserimento di una materia di studio come la P.Si., che sto presentando, potrebbe contribuire a riequilibrare la proposte soltanto direttive e, come detto, potenzialmente conflittuali.
È accertato che tutte le proposte collettive portano a specifiche forme e modi di relazionarsi, di organizzare il socioculturale, sostanzialmente in modo conformista, pre-struttrato, causando quindi anche una riduzione dell’iniziativa, in quanto il programma pedagogico (didattico) è già esistente, pre-ordinato. Si inducono così condizionamenti allo sviluppo dell’identità, dell’individuazione. Ossia,
ciò che dovrebbe nascere dall’auto-determinazione, dall’auto-organizzazione, dal proprio istinto-emozione, dalla caratteristica innata del proprio genoma viene represso in favore delle forme pedagogiche pre-costituite.
Voglio comunicare che la necessaria via direttiva che propone programma inerenti l’avanguardia didattica, raggiunta in questi millenni, dovrà essere integrata ad un’altrettanta possibilità di lasciare emergere per auto-determinazione le in-formazioni innate dell’Io-psyché.
È necessario
integrare le azioni del gruppo all’Io-psyché del singollo
e le azioni individuali al gruppo.
È un modo per ampliare le risposte ai metabisogni e ai bisogni desideri dell’Io-psyché, affinché ognuno abbia la possibilità di sviluppare l’autonomia e la fusionalità su tutti i piani, simultaneamente, anche in modo autopoietico (auto-creato). Ogni stato Io-somatico esprimibile dall’Io-psyché viene vissuto e orientato.
L’intervento formativo individuale, realizzato in gruppo, si integra all’intervento su tutto il gruppo che, a sua volta, ha effetti sull’individualità. È questo che sviluppa caratteristiche individuali e simultaneamente collettive: si tratta di azioni pedagogiche che sanno polarizzare i bisogni-desideri della maggioranza, nello stesso modo in cui agiscono con quelli individuali.
Dall’integrazione del direttivo al non direttivo, si evidenzia una consapevolizzazione dell’innato integrata a una individualità-individuazione più ampia.
La P.Si. ha una molteplice validità:
- agisce sull’organizzazione Io-somato-autopoietica complessiva
- ha un valore auto-rigenerativo e auto-guaritivo
- ha valenza educativa
- ha valenza socioculturale, incrementando l’acquisizione di nozioni scientifico-filosofiche.
Le modalità operative P.Si. che propongo permettono al Maieuta di decodificare le azioni simbolico-reali agite dall’Io-psyché del ricercatore e di rispondervi, utilizzando lo stesso registro. La dinamica dipende dalla capacità di risposta da parte del Maieuta che, per questo motivo, dovrà essere adeguatamente formato a quella funzione. Nello stesso tempo, si sviluppa la creatività Io-somato-autopoietica, dando un contenuto concettuale a tale azione. Le sedute di P.Si. trascendono e fanno evolvere la pedagogia tradizionale. L’integrazione di attività vissute istintivo-emozionali a quelle più strutturate e codificate crea un’innovativa sinergia, attraverso cui l’una alimenta l’altra:
un Io-psyché sarà più pronto ad attività intellettuali quanto più avrà fluidificato e vissuto la propria organizzazione istintivo-emozionale e pre-istintivo emozionale.
Un Io-psyché sarà più pronto ad attività istintivo-emozionali vissute quanto più avrà appreso nozioni intellettuali.
La pulsione olistico-autopoietica innata dell’Io-psyché di voler consapevolizzare l’esistente troverà evidenziazione nell’
autonomia fusionale autopoietica,
di cui sto trattando.
I principi attivi delle tecno-ontos-sophos-logie
La maieutica P.Si. rimette in giovo, in relazione,
gli stessi processi sensorio-istintivo– emozionali
che hanno presieduto all’insorgere di ostacolatori-discrasie.
La pratica della Maieutica P.Si. si basa su un certo numero di principi attivi innati che ne definiscono le finalità che, ovviamente, coincidono con gli obiettivi della
Via di Conoscenza Sigmasofia.
Abbiamo detto che ci basiamo su un approccio corporale (che coinvolge inscindibilmente Io-psyché ed energia). Evidenzio la componente somatica, corporale, perché durante gli incontri di Maieutica i vissuti sono a coinvolgimento corporeo: ci si tocca, ci si impasta, non si mantengono le distanze, neanche con il linguaggio verbale che, peraltro, non è utilizzato. Infatti, qualunque stato psicosomatico si voglia esprimere, nessuno escluso, lo si fa coinvolgendo il corpo, vivendolo e mai verbalizZandolo, il linguaggio verbale verrà recuperato dopo, alla fine del vissuto, per elaborarlo: tale processo si chiama
Costruzione della Propria Teoria
conseguente il vissuto diretto.
La nostra esistenza, le relazioni che instauriamo si articolano da diverse condizioni innate:
- lo stato fusionale, di entanglement coscienziale e micro-particellare presente in natura e di cui siamo parte, che si esplica consentendoci, tra l’altro, di esprimere i nostri stati Io-somato-autopoietici (le funzionalità innate);
- lo stato di identità, individuazione, legato all’apprendimento, che sovrapponiamo allo stato innato.
Il corpo respira, il cuore batte, il sangue circola, il cervello evidenzia stati dell’Io-psyché per funzionalità innate, sulle quelli inscriviamo, sovrapponiamo, quelle acquisite (educative): l’apprendimento, il linguaggio e così via.
Qualunque sia la forma, attraverso cui si evidenziano tali stati di fusionalità (E.C.A.) e acquisiti, rimanda, sempre alla necessità di consapevolizzazione della funzionalità Io-somato-autopoietica complessiva dell’essere umano.
Se il corpo si è formato per funzionalità e per in-formazioni presenti nello zigote, possiamo affermare che la corporeità, necessariamente, gioca una funzione fondamentale, per cui non si può non coinvolgerla integralmente, consapevoli che ci orienterà verso le in-formazioni presenti nello zigote, nelle molecole, negli atomi, nelle micro-particelle, nell’entanglement che lo formano.
Per arrivare a vivere l’organizzazione innata dell’individualità, bisogna agire a livello del vissuto integrale e al di fuori del linguaggio verbale, intellettuale, permettendo, appunto, che ogni singolo ostacolatore, ogni singola discrasia acquisita e deviante la naturale funzionalità innata sia posta in remissione, in modo che l’acquisito sia simmetrico con l’innato e non contro natura (ad esempio, se il comportamento acquisito mi auto-induce a fumare, la remissione delle cause permetterà di evidenziare il comportamento innato piuttosto che la necessità di assumere sigarette per vivere). Ma si può vivere tale ri-costruzione dell’acquisito su base ecologica innata, soltanto auto-autorizzandosi reali vissuti, penetrati a livello del corpo che, ripeto, ovviamente include l’Io-psyché e l’energia. In sintesi,
la Maieutica P.Si. rimette in gioco, in relazione, gli stessi processi sensorio-istintivo-emozionali che hanno presieduto all’insorgere di ostacolatori-discrasie. il loro vissuto integrale consente all’Io-psyché di transmutarli, senza passare attraverso interpretazioni soltanto analitiche, intellettuali.
In tale azione, risiede uno dei principi attivi fondamentali della Maieutica P.Si. Ovviamente, il vissuto somatico integrale è inscindibile da quello dell’Io-psyché, per questo ogni vissuto no è mai soltanto somatico e l’orientamento prevede che anche l’Io-psyché si auto-riconosca come funzionalità innata, si auto-percepisca da dentro nelle sue funzionalità essenziali come creatore di stati psicosomatici, avvalendosi del cervello-sistema nervoso (del soma) che, di fatto, è una sua densificazione (nella stessa relazione in cui sono vapore-acqua-ghiaccio, lo sono l’Io-soma-autopoiesi). Soltanto dopo tali operazioni, si potrà dedicare un momento analitico ossia utilizzare la verbalizzazione, per il pensiero cosciente conseguente al vissuto.
La somministrazione della P.Si. richiede più tempo tecnico, quando tratta l’Io-psyché dell’adulto, in quanto s’incontrano più difese nevrotiche o psicotiche… (gli ostacolatori-discrasie appunto),
da destrutturare, ricostruire e far ricadere nell’azione quotidianna.
L’origine della crisi risiede nell’identificazione nel solo acquisito ostacolante-discrasico, deviante che nn permette di essere consapevoli delle proprie funzionalità ecologiche innate. Più l’ostacolatore-discrasia è intenso, più ci si predispone a produrre crisi. La verbalizzazione dopo il vissuto integrale, olistico ha come scopo riconoscere con più chiarezza i contenuti, i significati-significanti della propria esistenza, su base ecologica, innata, consentendo all’Io-psyché di vivere i principi attivi innati a cui ricondurre ogni acquisito, ogni nuovo apprendimento e consapevolizzazione.
Le condizioni della Maieutica P.Si.
La Maieutica P.Si. non proietta fretta, ma riconoscimento del kairos.
Affinché si possa stabilire il vissuto maieutico tra l’Io-psyché e se stesso, tra l’Io-psché e un altro o più Io-psyché, alcuni azioni si sono rivelate utili:
- l’iniziativa totale, integrale dell’Io-psyché che indaga e si forma a se stesso;
- la disidentificazione, de-fissazione dal linguaggio verbale logico-razionale;
- il riconoscimento vissuto dell’Io-psyché di essere parte non scindibile da Universi (parte-Universi).
Per quanto concerne l’auto-determinazione assunta dall’Io-psyché, è possibile evidenziare che l’emissione dell’atto, dello stato psicosomatico, dell’azione, del gesto (…) può essere non consapevole dell’empatia, del tono, della fusionalità, che potrebbe veicolare e che permetterebbe una relazione con se stessi e con l’altro maggiormente estesa, profonda. La maieutica P.Si. consente di praticare esperienze che hanno questo scopo. Per poter emettere consapevolmente empatonia, fusionalità o lo stato E.C.A., è necessario destrutturare gli ostacolatori-discrasie che, spesso, sono stai edificati per proteggersi istintivo-emozionalmente, affettivamente: molti, infatti, si sentono vulnerabili e tendon a difendersi. Quando ci si trova insieme ad altri, le modalità di comunicazione sono differenti rispetto a quando ci si trova di fronte a se stessi: vivere gli ostacolatori-discrasie sotto lo sguardo di altri da sé è segnalato come più complesso, rispetto a quando ci si auto-osserva. I ricercatori riferiscono che si sentono nudi e senza difese (di fronte ad altri). Lho vissuto come gettare la maschera, come un abbandono dell’immagine che volevo dare all’esterno, nascondevo il mio essere fragile e indifeso (da verbalizzazione). Per questo, un duro lavoro vissuto è quello rispetto alla decolpevolizzazione e alla paura del giudizio, specialmente quando nasconde il timore proiettivo di non essere accettato dall’altro da sé. Quando avviene la destrutturazione del giudizio, sia in emissione che in ricezione, si determinano effetti straordinari: i ricercatori si sentono pù liberi di esprimere, di mettere in relazione quello che sentono e provano, niente escluso e, liberi da ogni condizionamento, possono così manifestare autopoieticamente (in modo auto-creato) l’esistente in loro, sicuri che tale esistente possa essere partecipato-osservato e, in caso, transmutato.
La paura del giudizio ha spinto alcuni ricercatori a verbalizzare il fatto che durante le sedute non vogliono spettatori ma, paradossalmente, gli stessi che temevano il giudizio si sono rivelati molto giudicanti verso loro stessi. Abbiamo partecipato-osservato tale paura del giudizio in diverse situazioni di vita:
- nelle paure che si investono sul nuovo, sugli sconosciuti;
- nelle scuole, dove gli studenti recitano il loro ruolo di bravi studenti;
- nel mantenere le distanze prima di empatizzare.
E così via. Si tratta di proiezioni di ansia di fronte ad aspetti della vita, dell’esistere, che non si conoscono. Durante le sedute di maieutica P.Si., può accadere che il Maieuta assuma di non prendere nessuna iniziativa, di creare una situazione semplicemente esistente, senza giudizi: azione che può innescare nei ricercatori la pulsione ad affermare le proprie emozioni, i propri desideri, anche provocando. Il ricercatore si sente in quei momenti liberato dalla proiezione delle aspettative altrui (Fai i compiti, fai questo, fai quello…), ossia dalla penetrazione delle aspettative proiettive, che talvolta l’altro (padre-madre, autorità, amici…) agisce.
I tempi di attesa prima che l’Io-psyché agisca, che affermi il proprio bisogno- desiderio sono più o meno lungi e dipendono dal tipo di ostacolatore che si manifesta. Talvolta lo fa nel seguente modo:
- chissà se, esprimendo quello che sento, sarò accettato?
- che risposta mi daranno? Sarò giudicato?
Tale stato interiore spinge alcuni Io-psyché, soprattutto bambini, a tentare azioni progressivamente sempre più audaci, implicanti: lo scopo è quello di sedurre il Maieuta, misurandolo così nelle sue reazioni: a distanza, ma sempre più vicino, ti sollecito ma nello stesso tempo non ti sollecito, sembra affermare. Quando si propongono situazioni non direttive, in cui può esprimersi liberamente, spesso, l’Io-psyché del ricercatore non si fida (quando abituato a tutt’altri orientamenti), sembra chiedersi: “Ma sarà vero che qui posso esprimere e giocare tuto quello che sento, niente escluso, senza alcun giudizio?” Si osserva che, inizialmente, durante il tempo della messa in prova, si posizionano vicini ma pur sempre alla larga, è come se il Maieuta fosse circondato da uno spazio tabù invalicabile. Per questo motivo, durante gli incontri iniziali di P.Si., suggerisco al Maieuta di scegliere tar due azioni possibili:
- imitare il gioco e le movenze degli Io-psyché dei ricercatori, senza mai tentare di imporre i propri;
- posizionarsi al terreno, nella posizione a quattro zampe o seduta, in assoluta immobilità e, quando, dopo un tempo diverso per ognuno, verrà sollecitato con l’azione, risponderà semplicemente con accordo empatonico, imitativo.
Tale periodo di avvicinamento e di superamento dello spazio tabù, per taluni, può superare anche il tempo di diversi incontri, a seconda dell’intensità dell’ostacolatore-discrasia in circolo.
Io ogni caso, in quella situazione, lo sguardo, la mimica possono giocare un ruolo importante. Ma alcune volte la comunicazione avviene attraverso un oggetto autopoietico o attraverso gesti empatonici: se si entra e si accetta quella comunicazione, si instaura una progressione che può divenire più stretta, più fusionale o aggressivo-fusionale. Tali evoluzioni richiedono sempre il tempo necessario:
la Maieutica P.Si. non proietta fretta, ma riconoscimento del kairos. Un Maieuta che non sa aspettare il momento maieutico del kairos semplicemente non è un Maieuta.
Si assume che sia l’azione dell’Io-psyché del ricercatore il governante della situazione, perché è, semplicemente, lui che potrà agire la Maieutica, è la sua capacità di auto-determinazione a dover esprimersi.
In sintesi, una delle condizioni create dalla Maieutica P.Si. è quella per cui il ricercatore deve sentirsi libero (senza forzature o giudizi) di esprimere qualunque stato psicosomatico, di rompere o allacciare relazioni a piacimento, sicuro di poter farlo, continuando ad essere accettato : sono per lui insights di contenimento olistico, che iniziano a includere le sue aioni riduzioniste.
Il ricercatore procede spesso, progressivamente e intraprende dinamiche che tentano avvicinamenti successivi, sempre più implicanti. Questi approcci progressivi fanno parte delle modalità di seduzione del ricercatore. Durante il tempo d’attesa, qualche sguardo intenso, qualche mimica mirata possono essere ogni tanto agite. L’oggetto autopoietico che il ricercatore ha a disposizione può facilitare il tentativo di incontro con il Maieuta. Se, ad esempio, il ricercatore tira una palla al Maieuta, questo può dare inizio all’accordo tonico, empatico, per imitazione, che potrà divenire progressivamente più significativo, fino ad abbandonare l’oggetto autopoietico mediatore (ci possono volere mesi, in taluni casi). Nei casi di proiezione di spazio tabù, il Maieuta non dovrà mai forzare con la seduzione affettiva: se il ricercatore vorrà rompere la relazione, dovrà essere libero di farlo, senza condizioni.
Le condizioni affinché la Maieutica si sviluppi è comprendere che per il ricercatore, il Maieuta può essere vissuto proiettivamente come un essere umano che esprime forte autorevolezza, ma anche autoritarismo: può suscitare attrazioni, timori, paure, proiezioni (…). Quindi, con una persona che si vive in tal modo, può risultare più difficile rotolarsi al terreno, prenderlo sulle spalle o a pacche, entrare in vissuti giocati intimi, anche affettivi. Non è semplice entrare in quella comunicazione empatonica, fusionale: bisogna rompere, destrutturare tali proiezioni e attribuzioni, per poter entrare e stabilire una comunicazione o una creazione simultanea. di solito, i ricercatori non hanno mai giocato con il corpo del maestro, dell’autorità, colpendolo, rotolandolo, saltandogli sopra, sotto, tirandogli i capelli, sedendovisi sopra, senza che questo comportasse una reazione. Per molti, è semplicemente impensabile che possa accadere qualcosa del genere. Il Maieuta, ovviamente, formato a se stesso, non teme minimamente di perdere la propria autorità, l’autorevolezza ed è proprio la sicurezza ontos-sophos-logica con cui si lascia andare al vissuto che lo dimostra: è consapevole che a tempo e luogo potrà esprimere le altre modalità di solito attribuite al maestro, all’insegnante, all’autorità. È soltanto quando i ricercatore ha posto in remissione le proprie proiezioni che può entrare in un vissuto più autentico, meno timoroso. Ed è proprio la destrutturazione di tale proiezione che consentirà al ricercatore di ascoltare, senza tensioni e con più fiducia, le in-formazioni che il Maieuta esporrà. Se il Maieuta non si mette all’altezza del bambino (in particolare), del ricercatore, rivolgendosi alla parte bambina che un tempo ha agito, non potrà avvenire la fusionalità. Non si tratta, ovviamente, di giocare a fare i bambini o di entrare nel desiderio del ricercatore, ma è l’azione maieutica che aiuta quello che opera dietro la faccia stereotipata ad emergere: tabù, paure, ribellioni. Alcuni ricercatori, spontaneamente, arrivano anche all’inversione del ruolo: cioè assumono l’autorità che proiettano abbia il Maieuta e la esercitano, la giocano, in base alla loro proiezione: è l’abreazione in atto. Importante è progredire verso la remissione del ruolo, un incontro fusionale non ha necessità di uno che comanda, proibisce, punisce ed è dominante e l’altro che deve sottomettersi, obbedire, trasgredire, ribellarsi, pena sanzioni. L’incontro con l’innato è oltre l’identificazione-fissazione nell’acquisito. L’essere umano entra in comunicazione, in fusionalità con un altro ed è questa la base per innescare la co-creazione, la creazione simultanea vissuta, da consapevolizzare. Il vissuto del vero innato, al di fuori di luoghi sociali, di presunto sapere intellettuale: è la base per la nascita di forme di conoscenza e di coscienza olistico-autopoietica.
Il registro simbolico-reale e i maieuti P.Si.
Educare, dal latino educare,
formato dalla particella e, che significa da, di, fuori
e ducere che significa condurre, trarre.
Quindi, trarre da, trarre fuori
che ci richiama al significato di Maieutica.
La P.Si. può essere somministrata per finalità educative e auto-rigenerative-guaritive. Favorisce la crescita, secondo i parametri innati in essere e olos-direziona, affinché non ci siano deviazioni da tale funzionalità (deviazioni nevrotiche, psicotiche).
Il Maieuta pedagogico situa il proprio intervento a livello di funzionalità innate nel continuo presente, a livello simbolico-reale sugli ostacolatori somato-psichici (sulla fantasmatica) e, simultaneamente, a livello cognitivo, percettivo-motorio, nello spazio-tempo.
Per poter lavorare in tal modo, dispone di una formazione personale, realizzata presso la International Sigmasophy University. È consapevole che tale approccio suscita, in generale, forti resistenze da parte di chiunque, in particolare dalle Istituzioni. Ma, essendo consapevole di ciò, è preparato ad affrontare tali ostacolatori e a creare azioni di superamento.
La sua proposta è la P.Si. olistica complessiva, che include applicazioni specialistiche, per cui la sua posizione è molto chiara: se gli/le viene richiesto un intervento finalizzato al recupero del fallimento scolastico, la sua azione non è volta alla semplice ri-educazione su base psicopedagogica e cognitiva, ma è molto più estesa, non esclusivamente finalizzata all’apprendimento scolastico, appunto perché l’approccio olistico lo include e, anche se a taluni sembra distante, in realtà le capacità di apprendimento possono scaturire proprio da quello.
Il Maieuta pedagogico svolge anche la somministrazione di azioni finalizzate a innescare i processi di auto-rigenerazione-guarigione nell’Io-psyché del ricercatore. Svolge tale azione attraverso tecno-ontos-sophos-logie a mediazione corporea he, ovviamente, integrano la componente psico-energetica. Tale azione può essere somministrata per tutti gli ostacolatori e per tutte le discrasie previste dal M.O.D. 1. Molto complesse risultano essere le somministrazioni dei principi di auto-rigenerazione a Io-psyché molto turbati, pre-psicotici, psicotici, nevrotici (..) gravi, con particolare riferimento alla gestione del transfert e del contro-transfert: devono saper padroneggiare il registro simbolico-reale che in quel vissuto viene agito. Per questo motivo, la formazione in P.Si. può essere molto lunga e articolata. Si tratta dell’azione che permette di essere totalmente coinvolti con il ricercatore e, simultaneamente, totalmente individuati e disidentificati, in modo da determinare, attraverso la fusionalità, il vissuto reale dei significati profondi degli atteggiamenti corporali, delle pulsioni tonico-affettive ed istintivo-emozionali e, attraverso l’individuazione, da dentro, la somministrazione dell’azione correttrice di olos-direzionamento, di trascendenza.
Il Maieuta pedagogico tenta di stabilire una relazione fusionale esclusiva, spesso molto più intensa rispetto a quelle che il ricercatore vive normalmente. Questo dipende dal fatto che i Maieuta stesso prepara il terreno a vivere gli ostacolatori, di qualunque natura, intensità e significato, in modo puro, integrale, e senza giudizio, cosa che, spesso, con altri, non è concesso di vivere in quel modo.
Il Maieuta pedagogico-psicagogico consente all’Io-psyché del bambino, del ricercatore, di viverlo come uno specchio fedelissimo degli ostacolatori-discrasie che investe, che proietta, che agisce, consentendogli così di aiutarlo a destrutturare le difese, per liberarlo, progressivamente, nel vivere la vita, l’altro, l’Universi di cui è parte integrante e inscindibile.
In questo senso e con questi significati, la Maieutica P.Si. applica i principi attivi dell’Io-somatica Sigmasofica. Per questo motivo, tale P.Si. è educazione e ri-educazione, è il vissuto di consapevolezze, essenziali per l’educazione. Il termine educare è vissuto secondo il significato etimologico:
dal latino educare, formato dalla particella e, che significa da, di, fuori e ducere che significa condurre, trarre. Quindi, trarre da, trarre fuori che ci richiama al significato di Maieutica.
Di fatto, si aiuta con opportune tecno-ontos-sohos-logie a mettere in atto, a consapevolizzare le funzionalità innate complessive dell’Io-psyché e ad un’azione di prevenzione per l’acquisito, quando non consente di esprimere liberamente le potenze delle funzionalità innate e di renderle simmetriche con esso.
La proposta di vissuti essenziali, educativi, secondo i principi attivi innati indicati, consente un accesso più consapevole alla comunicazione simbolico-reale, all’acquisito. In questo senso e con questi significati, la Maieutica P.Si. permette di vivere secondo regole naturali, di determinare una normale progressione dal punto vita al punto morte. La Maieutica P.Si. è spesso costretta a partire da discrasie presenti nel ricercatore, nel bambino e ci consente di partecipare-osservare in diretta, durante il vissuto, la loro remissione attraverso la pratia delle tecno-ontos-sophos-logie pedagogiche nel senso e con i significati con cui li intendiamo nell’opera S.T.o.E.
Allo stesso modo, consente al ricercatore (che non evidenzia ostacolatori-discrasie significativi o assenti) di crescere fino ad una comunicazione soddisfacente con se stesso e con l’altro.
Le tecno-ontos-sophos-logie P.Si. evidenziano caratteristiche di profilassi autopoietica che consentono di non creare ostacolatori-discrasie. La pratica ci prova che la Maieutica P.Si. ci consente di consapevolizzare, progressivamente, processi per natura già in essere che agiscono secondo l‘automatismo autopoietico innato, per cui l’atmosfera maieutica dello stesso tipo creata dal Maieuta permette una progressione P.Si. (educativa) coerente.
Durante le sedute, la reazione ostacolata e discrasica tra Maieuta e ricercatore è sempre in circolo, l’implicazione corporale permette di sentire, da dentro, le fonti che la generano e comunque di esprimerla per consapevolizzarle.
Le tecno-ontos-sophos-logie che mi appresto a comunicare e che sviluppo nei prossimi paragrafi sono parte integrante e inscindibile del vissuto fusionale e individuato tra Maieuta e ricercatore. Denominiamo tale vissuto
autonomia fusionale autopoietica.
Entriamo nel merito.
L’Io-soma-autopoiesi del Maieuta
Il principio attivo olistico-autopoietico
di inclusione
che assume l’esistenza di qualunque ente
è necessariamente incluso
nell’Universi transfinito, di cui
siamo parte integrante e inscindibile.
La Maieutica P.si. utilizza essenzialmente tecno-ontos-sophos-logie operative per raggiungere la consapevolizzazione Io-somato-autopoietica, non verbale.
I significati-significanti dell’Io-soma-autopoiesi dell’essere umano vengono creati, utilizzando tutti gli stati coscienziali. Tutti gli istinti-emozioni esprimibili, tutte le posture che assume, i movimenti che agisce, le tensioni e i rilassamenti che vive, la mimica, l’ipotiposi, la prossemica, la cinesica, i ritmi e molto altro ancora sono ingredienti innati nella pulsione olistico-autopoietica a vivere, a conoscere: molti di essi sono presenti nel campo coscienziale, ma non disponibili alla consapevolezza. Sono spesso coperti dall’identificazione nell’acquisito, nel culturale e sono poco agiti: attraverso la Maieutica P.Si., ci si forma per consapevolizzarli. Per poter esercitare efficacemente la sua arte, il Maieuta deve essersi già formato, attraverso il vissuto diretto, ad avere il controllo, la gestione, la padronanza di tali processi e saper utilizzarli coscientemente, senza contro-transfert, contro–proiezioni. Quando si mette in relazione dinamica l’Io-soma-autopoiesi complessivo, al di fuori del linguaggio, accade che non possibile tacere, in quanto, ognuno, ha sempre attiva la propria pulsione innata a vivere e a conoscere.
Gli incontri che proponiamo in natura e in palestra sono sempre simbolico-reali e hanno come obbiettivo quello di favorire, attraverso ogni tipologia di comunicazione, la presa di consapevolezza di se stessi e delle proprie estensioni localistiche e non locali, elemento fondamentale. Si tratta dell’attraversamento di situazioni fusionali, ossia la condizione di non scindibilità in cui opera la natura, di cui siamo parte integrante: è la condizione innata in cui si scopre e si vive di essere semoventi su tale fusionalità e di poter agire in prossimità o a distanza del corpo dell’altro, pur rimanendovi in contatto, tramite l’entanglement. Lo spazio fusionale con-partecipato e la natura non sono simbolici, sono, ripeto, la condizione innata che viviamo. Utilizzando l’o-psyché, si esprime l’autonomia, l’individuazione: la consapevolezza che abbiamo dell’esistente acquisito e dell’esistente innato da cui, appunto, ci evidenziamo. La P.Si. è tutto per l’identità e tutto per la fusione, in modo autopoietico, auto-creato: questo ‘ il cifrario che seguiremo durante la Maieutica P.Si. Tale progressione verso se stessi (l’Universi-parte) non è mai lineare, per meglio dire, la sua linearità è la non linearità e necessita l’attraversamento delle transfinite modalità di esprimere i propri ostacolatori acquisiti, le proprie identificazioni-fissazioni. Di conseguenza, utilizziamo uno specifico modello standard innato:
li principio attivo olistico-autopoietico di inclusione assume che qualunque ente esista è necessariamente incluso nell’Universi transfinito, di cui siamo parte integrante e inscindibile.
Assumiamo di vivere l’esistente, niente escluso, in qualunque situazione.
Vediamo ora alcune tecno-ontos-sophos-logie proposte dalla Maieutica P.Si.
Le induzioni da intervenienza e le A.si.re. nel setting P.Si.
(…) in modo toccante, coinvolgente,
sono il cuore pulsante della Maieutica P.Si.
Le induzioni da intervenienza e le A.si.re. nel setting P.Si. sono illustrate nel volume
S.T.o.E. Io-somatica -specializzazione-
e fanno parte degli insegnamenti pratico-teorici di base, finalizzati alla conduzione di se stessi e alla conduzione del setting di Sigmasofia Io-somatica ossia le fondamenta, sempre applicate, durante la pratica di tutte le specializzazioni Sigmasofiche.
Per poter comprendere il setting P.Si. è quindi di fondamentale importanza studiare e praticare il setting Io-somatico Sigmasofico di cui le intervenienze e le A.Si.Re. sono strumenti operativi fondamentali.
Vediamo in sintesi che cosa sono le induzioni da intervenienza e le A.Si.Re.
INDUZIONI DA INTERVENIENZA
Durante le sedute P.Si. il Maieuta crea e somministra
induzioni da intervenienza
per stimolare, dinamizzare e iniziare a orientare significati-significanti esistenti nell’Io-soma-autopoiesi e agenti tra induzione da intervenienza e risposta del ricercatore. Tali significati-significanti esistenti e dinamizzati non sono, spesso, direttamente partecipabili-osservabili, ma possono essere decodificati dall’Io-psyché attraverso la metodica della Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto (C.P.T.). Le induzioni da intervenienza sono, quindi, soltanto dei vissuti dinamizzati e transitori dello stato di consapevolezza Io-somato-autopoietico in circolo in quel momento, maggiormente evidenziati dall’interazione tra induzione e risposta.
Ho elaborato le induzioni da intervenienza per mettere a disposizione del Maieuta una serie di atti utili a dare continuità ad una seduta P.Si. che, di solito, non dura mai meno di un’ora. Tali intervenienze hanno delle caratteristiche fondamentali:
- si basano sull’espressione spontanea e sulla fluidità del gioco libero;
- si agiscono dopo che l’Io-psyché ha dimenticato a se stesso di essere in grado di porre in remissione i propri ostacolatori-discrasie e di saper gestirli e olos-direzionarli;
- non sono mai giudicanti, non esprimono e non proiettano dualità, bi-polarità;
- sono libere di (…) e libere da (…).
Le intervenienze sono, quindi, un insieme di interventi, con o senza oggetti autopoietici, a disposizione dell’Io-psyché del Maieuta che consentono di dare continuità e dinamizzazione al vissuto spontaneo giocato. Permettono di riconoscere nei ricercatori eventuali ostacolatori-discrasie, identificazioni-fissazioni, non ancora risolte e messe in remissione. Non appena il Maieuta, attraverso le intervenienze fluide, riconosce, con sicurezza, tali ostacolatori-discrasie, può assumere di intervenire sul ricercatore attraverso le A.Si.Re. Azioni Simbolico-Reali (vedi prossimo paragrafo) che si distinguono dalle intervenienze perché coincidono con il vero intervento P.Si. mirato, specifico, olos-direzionante, auto-rigenerante, auto-guarente, disidentificante, defissante, conoscitivo. Un incontro P.Si. è basato, quindi, fondamentalmente, per tutta la durata, sulle induzioni da intervenienza spontanee a cui al kairos (al tempo giusto, si integrano una, due, tre o più A.Si.Re., che sono l’elemento fondamentale, mirato e funzionale a orientare nella loro auto-maieutica una specifico ricercatore o un gruppo intero.
(S.T.o.E. Io-somatica -specializzazione-)
A.SI.RE.
Le A.Si.Re. sono formate da due o più induzioni d’intervenienza funzionali all’intervento professionale artistico e d’avanguardia che si vuole somministrare e che dovranno sommarsi per assumere la morfologia Io-somato-autopoietica e i significati-significanti che si possono raggiungere.
Dove l’intervenienza prepara, predispone, dinamizza evidenzia i primi significati-significanti (..), le A.Si.Re. assumono la responsabilità di destrutturazione- ricostruzione dell’Io-psyché: se necessario, mettono “il dito nella piaga”, non accarezzano il narcisismo, vogliono essere dirette ed efficaci, transmutanti. Di solito, le A.Si.Re. sono riconoscibili dalle intervenienze, perché sono più intense, spesso associate ad aggredior-out, a vissuti istintivo-emozionali potenti: il loro vissuto reale emerge sempre in modo toccante, coinvolgente, sono il cuore pulsante della Maieutica P.Si., in quanto finalizzate a raggiungere la conoscenza e la coscienza olistico-autopoietiche Sigmasofiche.
Le induzioni da intervenienza e le A.Si.Re. sono, quindi, gli strumenti operativi disponibili all’Io-psyché del ricercatore e del Maieuta.
Approfondiamo.
L’Io-psyché analogico e il registro soimbolico-reale
Attraverso l’investimento simbolico-reale,
possiamo inoltre creare forme di espressione più ampia,
più estese del linguaggio verbale.
La parola simbolo deriva dal greco symbolon, che significa segno e che, a sua volta, deriva da symballo, che significa insieme e gettare, mettere insieme due parti.
Per questo motivo, in Sigmasofia il simbolo include il segno, formando, quindi un unico significato e interpretazione, racchiusi nel termine da me coniato
simbolo-segno autopoietico.
Il simbolo-segno è un contenuto esprimibile dall’Io-psyché che attribuisce a qualcosa un significato, di cui diviene il significante.
Anticamente, quando si stipulava un patto, un accordo, un contratto, un’alleanza, le parti spezzavano un anello, un oggetto di terracotta e i contraenti custodivano una delle due parte: il perfetto combaciare dell’una con l’altra era la prova che quel patto c’era veramente stato.
Il simbolo-segno è quidni qualcosa che sta al posto di qualcos’altro, per determinazione dell’Io-psyché.
Il simbolo-segno autopoietico ha, quindi, un valore simultaneamente evocativo e in-formativo.
Essendo un’autodeterminazione, un investimento dell’Io-psyché, il simbolo-segno può assumere anche il significato di marchio.
Voglio specificare che volutamente non distinguiamo il simbolo dal segno, dal marchio, poiché l’oggetto che viene investito di significati presenta un nesso, una somiglianza, un’analogia proprio con quei determinati significati.
Il simbolo-segno è quindi qualche cosa (un oggetto o altro ente) che sta al posto di qualcos’altro: il contenuto investito.
Il simbolo-segno è una creazione dell’Io-psyché che sa esprimere l’analogia.
Quest’ultima la somiglianza, la simmetria, il nesso e anche l’uguaglianza nel complesso tra due o più enti esistenti. Il termine analogia deriva da analogos, di cui ana significa uguale e logos scienza, discorso su.
Quando l’Io-psyché crea il simbolo-segno, forma un nesso tra enti di natura anche diversa, con somiglianze e tratti in comune.
Il simbolo-segno autopoietico è prevalentemente di tipo analogico ossia è è in grado di evidenziare un nesso tra un oggetto concreto e l’investimento realizzato.
Gli investimenti, le immagini possono essere con-partecipati da più Io-psyché, membri di associazioni, società, comunità, gruppi politici, scientifici, religiosi, filosofici (..).
Attraverso la facoltà di creare il simbolo-segno autopoietico, l’Io-psyché può determinare un nesso anche tra il sensorio-percettivo e il sovrasensibile, tra il localistico e il non locale. In Sigmasofia, non si fanno divisioni nella cosiddetta interpretazione dei simboli-segni, in quanto assumiamo che è l’Io-psyché stesso, creatore del simbolo-segno, a dovere vivere le cause che ha posto in essere per crearlo: in tale auto-percezione, se effettivamente realizzata, non c’è scissione, divisione. Il simbolo-segno ha quindi sempre un significato-significante, perché coincide con quello che l’Io-psyché, che lo ha formato, investe. Non importa se si tratta di molteplicità di significati-significanti: tutti sono potenzialmente riconoscibili.
L’Io-Psyché può fare su un unico simbolo-segno molteplici investimenti che, in qualche modo e in qualche misura, sono sempre concordanti tra loro, in quanto esprimono l’applicazione differente, ma nascente dalla stessa fonte.
Attraverso l’investimento simbolico-reale possiamo inoltre creare forme di espressione più ampie, più estese del linguaggio verbale.
Il simbolo-segno autopoietico può includere un’allegoria, il che significa parlare o agire con un significato-significante che esprima un contenuto incluso e diverso. Ha valenza per così dire metafisica e soggettiva, se l’Io-psyché lo crea e lo investe in tal modo.
Il ricercatore può potenzialmente creare tanti simboli-segni quanti la sua consapevolezza gli/le consente di fare: per esempio, può decidere che una stoffa rettangolare di diversi colori, appesa ad un’asta sia il simbolo-segno della Nazione che convenzionalmente rappresenta; oppure il disegno di una bilancia assume il significato di giustizia. Proseguendo con gli esempi: passare il coltello sulla gola, guardando intensamente un altro, può significare un ammonimento per qualcuno che potrebbe essere fatto oggetto di quel gesto aggressivo-violento. Ancora: muovere il bacino avanti e dietro può simboleggiare il desiderio dell’atto sessuale: la pulsione espressa è reale, ma la si evidenzia attraverso un registro simbolico, in quanto l’atto è mimato. talvolta, il simbolico-reale si utilizza attraverso la finzione, ma quella che si esprime è una pulsione reale esistente. Nel setting P.Si., si tende a mantenere l’incontro sul registro simbolico-reale: se due ricercatori sentono realmente la pulsione sessuale l’uno verso l’altra/o, si coinvolgono, giocano, ma non si penetrano realmente, fisicamente.
In altri casi, alcuni oggetti autopoietici, alcune azioni e situazioni autopoietiche sono vissute e utilizzate come sostituti di altro: oggetti, atti o persone.
Il significato-significante del registro simbolico-reale
L’Universi-parte, noi stessi,
è un essere senza alterità.
L’Io-psyché del ricercatore crea in diversi modi, esprime, la propria consapevolezza, ciò che pensa, ciò per cui si emoziona, attraverso i significanti, prevalentemente costituiti da azioni: soltanto successivamente al vissuto, utilizzerà il significato-significante ovvero il linguaggio verbale. Se i significanti, veicolanti il significato che si vuole trasmettere, sono con-partecipati, gli altri che ricevono il messaggio possono decodificarlo e comprenderne il pensiero, la consapevolezza, l’in-formazione. nel setting P.Si. e nella vita, spesso possono evidenziarsi incongruenze tra il significato che attraverso il significante si vuole comunicare e l’interpretazione soggettiva che l’Io-psyché dell’altro può darne. Infatti, si partecipa-osserva spesso che il ricevente introduce traduzioni e interpretazioni che ovviamente sono sue, personali e, se in queste ci sono proiezioni, inconsapevolezze, impreparazioni (…) vengono a crearsi difficoltà, incomprensioni anche notevoli.
L’Io-psyché vive, percependo il mondo, utilizzando i sensi. Emette la percezione e agli enti esistenti che ha percepito attribuisce un significato, un senso: la percezione diviene quindi significante di qualche cosa nel momento, in cui l’Io-psyché stesso crea significati da abbinare a quel significante (alla percezione, ai sensi). Tali percezioni vengono registrate e memorizzate nell’Io-soma-autopoiesi di cui siamo composti, in particolare si imprimono nel campo coscienziale. L’Io-psyché, parte integrante di tale campo, percependole in se stesso, può viverle, riconoscerle e rappresentarle, attraverso il linguaggio verbale o attraverso le azioni, evidenziando così il significato loro attribuito. La percezione, i sensi e le parole, così come le azioni, sono legati quindi allo stesso significato. C’è da riconoscere che il linguaggio verbale convenzionale rinchiude il significato all’interno della convenzione, mentre il significato del linguaggio non verbale, di fatto, non è implicito nella convenzione. Attraverso tali significati-significanti elaboriamo la facoltà di poter concettualizzare. Vediamo di che cosa si tratta.
L’Io-psyché produce pensieri-idee che tentano di descrivere gli ingredienti essenziali e costanti di una parte-Universi (ingredienti innati, ma anche acquisiti). Per poter farlo, deve percepire insieme, cum-capere (comprendere) i diversi ingredienti della parte che interessano al percipiente. Il concettualizzare e, quindi, il concetto, viene utilizzato per creare un’essenza di comprensione degli ingredienti formanti una parte-Universi (o l’Universi stesso), che dovrebbe rimanere stabile al di là della mutevolezza della sua forma sensibile (si può costruire una sedia in diversi modi, pur riconoscendola sempre come una sedia, appunto perché se ne veicola il concetto essenziale).
La concettualizzazione è dell’Io-psyché che la crea, ma può essere con-partecipata anche da altri. Nei concetti, infatti, sono presenti pensieri-idee essenziali che l’Io-psyché è riuscito a creare e ad immettere.
Anche se si pensa di aver colto l’essenza della parti-Universi, il concetto è, di fatto, in continua auto-transmutazione, che avviene via via che si espande la consapevolezza. Il concetto è, infatti, un abbinamento, un’astrazione di ciò che la percezione, i sensi hanno riconosciuto nella parte-Universi: proponendo la formazione allo sviluppo vissuto delle ipersensibilità, la P.Si. potrà condurre a innovative e nuove modalità di concettualizzazione.
Attraverso la capacità di concettualizzare, ‘lIo-psyché comprende i caratteri in quel momento riconosciuti essenziali di una specifica o più parti-Universi, riconosce senza altre elaborazioni le diverse parti-Universi che presentano, che evidenziano le stesse caratteristiche essenziali delle parti-Universi percepite, anche se poi può accomunarle con significati con-partecipati e riconosciuti nello stesso modo da altri.
Il concetto, o logos, di una parte-Universi caratterizza la definizione che l’Io-psyché ne darà. In P.Si., diamo l’indicazione che la concettualizzazione è sempre incompleta e si auto-trasmuterà in presenza di espansioni dell’autoconsapevolezza nell’Universi-parte transfinito che siamo: la concettualizzazione non può che essere dello stesso tipo. Inizierà ad esser chiaro il motivo, per cui in Sigmasofia diamo la massima importanza al vissuto del percepire la percezione, di conoscere la conoscenza, per transmutare la facoltà di concettualizzazione stessa dell’Io-psyché.
Il setting Sigmasofico ci evidenzia che non si possono concettualizzare le parti che compongono un corpo umano (le gambe, le braccia, la testa, il tronco…), se non sono concettualizzate come parti integranti e inscindibili del corpo steso. Lo stesso si può affermare per l’essere umano rispetto all’ambiente, al pianeta Terra in cui è inserito e per quest’ultimo rispetto all’Universi, che lo include e di cui è evidenza, sapendo che questo insieme è in stato di entanglement coscienziale e microstrutturale. Non possiamo concettualizzare in modo tendente al completo la pare-Universi, se non siamo consapevoli che è evidenza dell’Universi transfinito. Quest’ultimo esiste nelle proprie funzionalità innate (le galassie, le stelle, i pianeti, i buchi neri, i milioni di specie ecc.), prima che queste assumano connotazioni acquisite.
La capacità di concettualizzare è soggettiva, ma c’è da partecipare-osservare che
l’Universi-parte, noi stessi, è un essere senza alterità,
che non può che emettere soggettività, anche se formata dalla sommatoria più proprietà emergente di tutti gli Io-psyché esistenti e dall’unica connotazione istintivo-emozionale che esprime.
I significanti sono alla base della funzionalità dell’Io-psyché che produce stati Io-somato-autopoietici che, a loro volta, evidenziano significati.
L’Io-psyché evidenzia un insieme di consapevolezze, di concetti, che può associare ed evidenziare, attraverso logica e razionalità; altresì, può dare origine ad immagini, azioni e auto-stimolarsi con la creazione di analogie e, come vedremo, di altro.
I contenuti delle A.Si.Re.
Formate da esperienze che sono già nate,
hanno vissuto e terminato la loro azione,
ma sono vive alla radice dell’Io-psyché.
Il setting della Sigmasofia Io-somatica e, di conseguenza, il setting P.Si., utilizza azioni autopoietiche. Possono essere stereotipate, condizionate, ma possono anche evidenziare consapevolezze estese, tanto che in alcune situazioni e vissuti non si riesce proprio a trovarne il corrispettivo nel linguaggio verbale, necessario a descriverle. Il setting P.Si. permette di vivere tutte le tipologie di azioni autopoietiche, creabili che sappiano evidenziare gli ostacolatori, le difese Io-somatiche, per poter transmutarle, ma anche per creare forme di remissione della patologia, delle problematiche, delle discrasie stesse. Inoltre e non in ultimo, l’ulteriore raggiungimento è creare stati di consapevolezza della non località, di maggior conoscenza vissuta dei significati-significanti dell’esistenza dell’Universi-parte.
Tali aioni autopoietiche sono spiegate nell’elenco che segue.
- L’A.Si.Re. metaforica autopoietica individua e vive una parte-Universi, con un’azione applicata su un’altra parte-Universi che presenta con la prima un’analogia. La metafora etimologicamente significa trasporto, trasposizione: si trasferisce una consapevolezza dell’astratto nel concreto, nel tangibile, attraverso la sostituzione.
- L’A.Si.R.e. metonimica autopoietica è quella attraverso la quale esprimiamo un’azione per mezzo di un’altra, che esprime un altro significato, ma le è legata da un’analogia: la causa per l’effetto, il contenente per il contenuto.
- L’A.Si.Re. sineddochica autopoietica: il più per il meno, il singolare per il plurale, la specie per il genere, la parte per l’Universi.
- L’A.Si.Re. catacretica consiste nell’allontanare un’azione dal suo significato e dal modo proprio reale di esprimerlo, sostituendolo con un’altra azione che presenta nessi, analogie, con la prima.
- L’A.Si.Re. antifrasica: si agisce un’azione o gruppi di azioni, in modo ironico, eufemistico, in senso contrario al suo vero significato, per evidenziarlo.
- L’A.Si.Re. metalepsica: quando si attua un’azione che trasla, traspone il significato. Consiste in un particolare tipo di azione metonimica, in cui il significato proprio è sostituito attraverso una o più azioni intermedie. Quando, per comprendere il senso o il significato di un agito, bisogna passare attraverso uno o più azioni intermedie che vengono omesse, per essere intuite.
- L’A.Si.Re. allegorica: è l’azione attraverso la quale si evoca un significato nascosto, implicito al senso dell’azione che si sta esprimendo.
- L’A.Si.Re. mitologica: quando si propone un’azione favolosa che rappresenta esseri che incarnano forze enormi della natura, della genialità o della condizione dell’umanità, dell’Universi.
Ho ampiamente rappresentate tutte queste A.Si.Re. e altre ancora, nel volume, “S.T.o.E. Io-somatica -specializzazione-“. Vengono somministrate dal Maieuta P.Si. che si è adeguatamente formato e vengono espresse naturalmente dal ricercatore, giocando liberamente durante l’incontro.
Quando si agisce un significante analogico, se ne innescano sempre altri che in qualche modo si sostituiscono al precedente. È una sostituzione agita consapevolmente: quel gioco veicola sempre il sentimento concreto (anche inconscio) del ricercatore.
Gioco dopo gioco, verso nuove consapevolezze, da vivere, nel campo coscienziale, formato da esperienze che sono già nate, hanno vissuto e terminato la loro azione, ma sono vive alla radice dell’Io-psyché. È entusiasmante partecipare-osservare questa dinamica: è come cristallizzarsi, identificarsi, bloccare il flusso dei significati-significanti metaforici, analogici o di altro tipo, che l’Io-psyché esprime attraverso l’azione, il gioco libero di (…), libero da (…), autopoieticamente libero. Azioni consce che esprimono doppi o plurimi sensi, significati che emergono, in quanto il Maieuta provoca l’azione di tutti, seduce ed evidenzia anche con significanti, con A.Si.Re. ambigue. È veramente istruttivo partecipare-osservare che, se ci si lascia andare all’azione libera, ossia mettendo in gioco ogni singolo stato Io-somato-autopoietico che si sente, accade che emergano significanti riconoscibili ma non consapevolmente voluti dal ricercatore o dallo stesso Maieuta. Sono significati emergenti, che prima non si vedevano ma che, entrando spontaneamente in relazione nel setting, danno vita ad azioni e a vissuti non prevedibili, non previsti, non pensati. Questo è uno dei momenti migliori per il Maieuta, per partecipare-osservare quanto sta accadendo e per, da dentro, olos-direzionarlo, sempre attraverso l’azione. Per questo motivo dovrà avere sviluppato una capacità di lettura immediata della situazione, del registro simbolico-reale, traducendolo in funzione Ypsi, ossia nell’estrapolazione del significato essenziale che quel vissuto giocato sta esprimendo ed è da lì che olos-direzionerà il ricercatore. Per chiarire meglio: voglio comunicare che il Maieuta è formato alla somministrazione di giochi e di azioni autopoietici basati sulla presenza in ogni suo singolo atto, di due o più significati impliciti, di cui l’azione è la stessa ma il significato è diverso. Ciò determina che il Maieuta scelga uno dei significati che vuole trasmettere e lo agisca; l’altro, quello implicito, è veicolato ed è all’interno di quello trasmesso di cui, spesso, il ricercatore, immerso in quello che sta facendo, non si accorge. Tuttavia, essendo presente, per così dire entra in-consciamente in relazione, nel vissuto, determinando effetti nell’Io-psyché: crea risonanze e simmetrie che potranno consentire di manifestare altri elementi di sé. Quel vissuto si presta allora a doppi, a plurimi significati-significanti, utili nella progressione alla presa di consapevolezza di se stessi. Tale modalità è rigorosamente somministrata al di fuori del linguaggio verbale strutturato: ricordo che l’unico divieto è quello di parlare, mentre l’invito è agire qualunque stato di coscienza attraverso il vissuto diretto integrale, realizzato nel registro simbolico-reale. Chiarito questo, è possibile comunicare che la consapevolezza, aita attraverso le A.Si.Re. viene ri-utilizzata durante la C.P.T. Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto. La stessa modalità viene applicata al linguaggio verbale, nel momento analitico autopoietico: il Maieuta stimola, olos-direziona il ricercatore a trovare il non detto, il pluri-significato-significante, l’elemento per così dire inconscio, emerso dal vissuto. Quindi, non si analizza tanto quello che il ricercatore ha fatto, quanto ciò che sentiva mentre agiva e, da lì, ci si olos direziona a monte di tali significati-significanti.
Tali situazioni caratteristiche del setting P.Si. veicolano quindi sempre doppi o plurimi significati-significanti, il che dipende dal fatto che l’acquisito dell’essere umano in conseguenza della sua storia è formato da enantiodromia, da bipolarità, da ambivalenze, da plurivalenze: in tutti i ricercatori che ho incontrato fino ad oggi, ho sempre riscontrato la presenza di un sentimento conscio sotteso da altri sentimenti di senso opposto. Formare l’Io-psyché del ricercatore a questo vissuto di se stesso è unno degli scopi della Maieutica P.Si.
È a livello dell’azione, del registro simbolico-reale che il ricercatore può vivere i suoi stati Io-somatici reali, anche quelli che altrimenti non potrebbe mai esprimere nella vita quotidiana, se non a costo di gravi conseguenze. Spiego con un esempio. È il caso di un ricercatore che, giocando, prese un tubo rigido di cartone, utilizzandolo come se fosse un fucile. Si presentò di fronte a me ed esplose tre colpi, uno al centro della mia testa, uno al cuore e uno ai genitali. E dopo avermi ucciso, mi pestò a sangue per quasi un quarto d’ora, nonostante fossi esanime al terreno. In quel momento, quel ricercatore giocava fluidamente, senza interruzioni e ostacoli presenti nella sua interiorità. Pur giocando nel registro simbolico-reale, era perfettamente conscio della sostituzione simbolica, da tubo di cartone a fucile (analogia di forma). All’interno degli spari alle mie zone corporee, significative, si nascondeva una filiera di significati realmente vissuti con un padre che lo aveva abusato sessualmente e anche picchiato, impedendogli di realizzare, durante la sua infanzia, praticamente tutto. Quel vissuto evidenziava: “Uccido il potere vessatorio di mio padre, lo castro per avermi fatto del male da piccolo, gli levo il cuore, che non gli seve visto che non ne ha”. Si tratta div verbalizzazioni che fece dopo, indicando così la presenza di quegli ostacolatori che si erano formati in lui, in conseguenza delle azioni agite dal padre e da lui introiettate. Quelle esperienze vissute e memorizzate si evidenziavano come istintivamente ed emozionalmente iper-cariche, tanto che non si era limitato ad uccidermi, ad uccidere quella parte di me che lo aveva violentato (rappresentavo in quel momento suo padre), ma, una volta morto, proseguì a calpestarmi con rabbia e violenza. Nella sua vita quotidiana, anche dopo essere andato via di casa, aveva contribuito in ogni occasione a parlare male e ad insultare suo padre. I significati verbalizzati erano già nell’atto giocato durante il setting, prima che nella parola, in grado di descriverli. L’azione vissuta, il gioco sono il regno dell’Io-psyché analogico. Durante l’incontro di P.Si. come nella vita, a ben osservare, tutto è analogia, è metafora, è metalepsi, è catacresi e così via. È tutto un gioco, una proiezione di significati-significanti che si evidenziano dal conscio-inconscio che siamo, fino a che non arriveremo alla radice essenziale di tali azioni, di tali vissuti e non agiremo la loro transmutazione definitiva. Nell’azione quotidiana dell’essere umano, si evidenziano necessariamente situazioni personali, relazionali e di gruppo, costantemente affette da trasposizioni analogiche discrasiche. È il labirinto acquisito di ogni Io-psyché, che dovrà essere attraversato, vissuto e transmutato, per vivere ed esplorare la componente innata, localistica e non locale, da cui ci evidenziamo, per farla funzionare unitamente ad un Io-psyché acquisito non condizionato da identificazioni-fissazioni inn introiezioni discrasiche esistenziali.
Il vissuto integrale simbolico-reale P.Si.
Un vissuto integrale trova sempre il modo di scaricare tensioni istintivo-emozionali, che
non sono crisi emozionali, ma liberazione di sé.
L’attualizzazione giocata dei propri stati Io-somatici registrati memorizzati, che hanno valenza emozionale, non è mai un atto regressione, ma semplicemente la messa in gioco di se stessi.
L’Io-psyché può assumere di farlo in diversi modi:
- topico, ossia attraverso il proprio Io-soma-autopoiesi: dale greco topikòs, che significa luogo, elemento che si riferisce in modo specifico a ciò che si vuole vivere, la conoscenza vissuta di se stessi, l’Universi-parte;
- spazio-temporale e nel continuo presente, per vivere qualsiasi contenuto, interiore ed esterno, di ogni tempo passato-presente-futuro;
- non condizionato, quando l’azione che si esprime è integrale (tendente a) e senza ostacolatori acquisiti, senza proiezioni.
Il vissuto integrale simbolico-reale P.Si. è un processo naturale nel senso e con il significato che ogni Io-psyché può assumerlo, agirlo e decidere di vivere gli ostacolatori, i facilitatori o tutti gli elementi presenti in se stesso. Tale operazione è molto complessa da realizzare, anche se sembra apparentemente facile. in ogni caso, per facilitarne l’emersione il Maieuta evidenzia diversi elementi:
1. La durata degli incontri
Non si entra nel vissuto integrale simbolico-reale P.Si. in breve tempo, perché di solito si partecipa-osserva che nel ricercatore si evidenzia il desiderio anche intenso di farlo ma, nello stesso tempo, anche l’ostacolatore che, da dentro, gli/le suggerisce di non farlo. per questo, prima di entrare in empatonia, è necessario tenere presente che le resistenze a farlo giocano un ruolo significativo, che va destrutturato. Tale ostacolatore a non entrare nel vissuto, a non mettersi in gioco, con tutte le realtà esistenti in se stessi, non è di solito forza, gestione di sé, ma spesso viene segnalata come timore, paura a vedere in se stessi o a far vedere all’altro elementi che possono essere disfunzionali, colpevolizzati, deboli. Per molti, è difficile lasciare l’identificazione-fissazione in quello che fanno e vogliono far vedere a se stessi e all’altro: l’immagine Io-somato-autopoietica che vogliono mostrare. dicono che se si lasciassero andare vedrebbero ciò che non vogliono vedere e che in qualche modo sentono presente in loro stessi. Se lo facessero, tutto l’equilibrio si sgretolerebbe e potrebbero non ritrovarsi, non riconoscersi più: “(…) renderei visibile la mia paura, la mia debolezza” (da verbalizzazione). Ciò significa che quei ricercatori non hanno ancora formato quello che denomino la sicurezza ontos-sophos-logica, ossia la consapevolezza che consente di vivere la propria autonomia fusionale autopoietica, anche quando si vive, si gioca, si mostra in pubblico la parte più discrasica, colpevolizzata, problematica di sé. Tali osta colatori, che si osservano sempre, vengono agiti per tenere in superficie il gioco, l’azione che si esprime, evidenziando una intensa paura di essere giudicati dal Maieuta e dall’altro: “Che figura ci faccio se faccio vedere che ho paura ad esprimere che L. mi piace e, soprattutto se lei mi rifiutasse?” (da verbalizzazione). In presenza di tali ostacolatori, il lavoro del Maieuta consiste nel creare una situazione giocata, senza giudizio, decolpevolizzata, tranquillizzante. In un primo tempo, interviene verbalmente, dicendo frasi rassicurante come Tutti sono sulla stessa barca, il setting è protetto, e così via. In questo modo, l’Io-psyché del ricercatore può aprirsi progressivamente riempiendo l’azione di intensità istintivo-emozionale, di contenuti repressi. Il gruppo e le azioni di ognuno, le dinamiche giocate sono molto importanti, perché permettono ai ricercatori di evidenziare durante gli incontri situazioni emozionali significative, spontanee, sorprendenti: il dinamismo facilita il superamento dell’ostacolatore. si riscontrano processi simili ad ogni incontro che, essendo relativamente frequente (una volta alla settimana o una volta al mese per due giorni), permette ai ricercatori di dare continuità a tale orientamento liberatorio. È necessario non superare mai un mese d’intervallo tar uno stage e l’altro, perché tempi più lunghi innescano, di solito, il processo di ristrutturazione automatica: il ricercatore rientra nei propri dover esse e dover fare, nelle proprie responsabilità quotidiane, non seguendo la logica maieutica integrale, ma ripetendo le solite modalità, quindi riduce, collassa l’effetto liberatorio e conoscitivo della seduta. Un vissuto integrale trova sempre il modo di scaricare tensioni istintivo-emozionali, che non sono crisi emozionali, ma liberazione di sé.
Di fatto, anche quando il ricercatore esprime uno stato di coscienza e di comportamento corrispondente a una tappa precedente del proprio sviluppo di consapevolezza non significa mai una regressione, ma l’entrata nel vissuto integrale simbolico-reale P.Si. Quella persona è sempre quello che è e sa di se stessa, sta semplicemente vivendo, zoomando, liberando una componente di sé. Ciò significa che anche il ricercatore di sessant’anni può comportarsi in sala come un bambino di cinque, il che non va interpretato come regressione, ripeto, ma come evidenziazione di quella parte di sé.
2. La remissione del linguaggio verbale
L’Io-soma-autopoiesi diviene il solo mezzo del vissuto integrale simbolico-reale P.Si., con l’accortezza di non utilizzare il linguaggio verbale convenzionale, in nessun caso e per nessun motivo. Ciò consente di ritrovare e di esprimere una modalità di comunicazione che avevamo appena nati, quando ancora non sapevamo parlare. Ripeto che tale attualizzazione non corrisponde e non viene letta come regressione. Uscire dall’identificazione proiettiva di conoscere, di interpretare il mondo con il solo linguaggio verbale serve a ripristinare l’equilibrio funzionale, in favore appunto di vissuti integrali: un conto è parlare di affettività, un altro è accarezzarsi direttamente (se per il ricercatore accarezzarsi significa affettività). Si transmuta così, progressivamente, il pensiero in atti, in vissuti, per recuperare le parole, quanto più possibile aderenti al vissuto.
3. La remissione di ogni giudizio, diretto e indiretto
Secondo il registro simbolico-reale, nel momento in cui agiamo il vissuto integrale di P.Si., non esprimiamo giudizi etici, ossia non interpretiamo ciò che esiste nell’interiorità del ricercatore come un processo positivo o negativo, come qualche cosa che è bene o che è male, che ama o che odia, che vive o che muore (…). Trattiamo i contenuti dell’interiorità come semplicemente presntni in quell’interiorità e, come ogni ente esistente, può meritare di essere conosciuto, penetrato, nella propria eziologia. Non c’è colpa e non c’è decolpevolizzazione rispetto alla colpa: non si è colpevoli di esprimere contenuti interiori considerati sconvenienti, inopportuni, anche se si trattasse di omicidio-parricidio, consumato dal ricercatore, di cui sopra. La colpevolezza avverrebbe, soltanto se il ricercatore dovesse passare all’atto reale, cioè stando all’esempio, se il fucile fosse diventato un fucile vero e avesse consumato l’omicidio. Durante il setting, quell’atto di sostituzione metaforica era simbolico, ciò che provava e aveva vissuto con il padre era vero, reale. In questo caso, effettivamente, possiamo leggere il momento di passaggio come decolpevolizzante, perché l’assenza di giudizio ha consentito di esprimere a quel ricercatore la pulsione omicida reale che era in lui. Basta leggere le cronache quotidiane dei giornali per rendersi conto come omicidi, parricidi, matricidi, femminicidi e così via siano molto frequenti. di solito, tali contenuti cattivi, odianti, colpevoli si trovano repressi e nascosti, coperti nel campo coscienziale dell’Io-psyché e, da dentro, da quel luogo, irradiano i loro significati e le loro emozioni (…). Sono spesso contenuti negati, nascosti dal ricercatore, per questioni di immagine, per convenzione, per scelte etiche, ma comunque in molti casi esistono realmente: decine e decine di casi seguiti personalmente me lo hanno rivelato e dimostrato. sono giudicati spesso negativi dalla persona che li veicola la quale, di conseguenza, pensa che anche il Maieuta possa considerarli nello stesso modo, così come possono farlo tutti gli altri. Il fatto che, durante gli incontri di P.Si., dando la consegna, il Maieuta utilizzi la parola Gioca consente talvolta di razionalizzare che, poiché è soltanto un gioco, si possa esprimere anche tale tipo di contenuto.
Quando si assume realmente il gioco, si può assistere alla fuoriuscita anche di ulteriori elementi repressi, insieme a quello che si sceglie di vivere, proprio perché la dinamica giocata lo facilita. Soprattutto quando sono in gioco pulsioni sessuali, represse e colpevolizzate, si assiset a verbalizzazione che vengono riconosciute da molti come trasgressive: Sto esprimendo, mi sto giocando una pulsione che ho sempre avuto verso G., ma che non ho mai osato vivere (da verbalizzazione). Un significato particolare assume anche l’espressione giocata delle ambivalenze e delle plurivalenze, esistenti nell’interiorità: il ricercatore prende veramente coscienza delle proprie, accorgendosi anche di quei contenuti che gli suggeriscono, secondo l’esempio citato, di desiderare G.: Vorrei avere un rapporto sessuale con G., ma un’altra pare di me mi dice di non poter farlo, perché G. è la mogie di mio fratello (da situazione verbalizzata in seduta). Non c’è giudizio: quello aveva dentro, lo ha espresso e lo abbiamo elaborato, olos-direzionato e transmutato. Sono esempi di Maieutica P.Si.
Si tratta di interventi molto importanti, perché permettono di conoscere, attraverso il vissuto diretto, contenuti esistenti che giocano un ruolo sulle caratteristiche e i contenuti delle azioni quotidiane che esprimiamo.
Il vissuto integrale simbolico-reale P.Si. consente di mettere in evidenza le identificazioni-fissazioni latenti e i conflitti che, di solito, vi sono associati.
Un passaggio intermedio che si partecipa-osserva è quello della progressione verso il vissuto integrale. Se il ricercatore ha una pulsione repressa, colpevolizzata, prima di esternarla su un altro essere umano, sceglie di investirla su un oggetto autopoietico, proprio perché, inizialmente, può non sentirsela di esprimere in modo così diretto le proprie pulsioni sull’altro.
Si tratta sempre di un avvicinamento al vissuto integrale simbolico-reale P.Si., ma è ancora semi-integrale. Tale parzialità viene progressivamente superata via via che si frequentano gli stages, gli incontri e si pongono in remissione i propri ostacolatori-discrasie. Molti scoprono che il piacere fisico può essere vissuto sia quando si è stimolati da un ricercatore del sesso opposto sia quando l’altro è dello stesso sesso. Si scopre così che la produzione di piacere è indipendente dall’identità sessuale dell’oggetto desiderato, la relazione può essere etero ed omosessuale, è soltanto il significato-significante acquisito che dà valenze e giustifica scelte. Potenzialmente, tutti possono esprimere la bi-sessualità, poi, ognuno, elaborato questo, sceglierà il proprio modo di specializzarla, di viverla.
Di enorme importanza, come visto, è la fusionalità, ossia il processo continuamente agente in natura, di cui siamo parte integrante e inscindibile e che, soprattutto, ci richiama alla fase dei nove mesi di osmosi, vissuti nel corpo della madre e alle situazioni fondamentali dei primi due anni di vita. Infatti, molto spesso agli stage, assistiamo a vissuti, durante i quali i ricercatori cercano il contenimento e la relazione fusionale, che hanno sperimentato nel periodo indicato. Se quell’esperienza primaria è stata introiettata come negativa, non soddisfacente, il setting può permetterne una correzione. È, quindi, compito del Maieuta riconoscerlo e proporre un contenimento fusionale produttivo, integrale, conoscitivo, a cui il ricercatore può lasciarsi andare e sentire di non provare la stessa repulsione avvertita a contatto della propria madre, sempre nervosa e agitata (da verbalizzazione). Quando la comunicazione vissuta attraverso il contatto corporeo è integrale, non sfocia necessariamente nella sessualità come spesso accade all’inizio della formazione: si può riconoscere anche lo stato di fusionalità nello stato E.C.A. e scoprire come la sessualità possa essere un meccanismo di fuga da vissuti più profondi, più estesi.
L’assunzione progressiva del vissuto integrale, simbolico-reale, P.Si. provoca l’abbassamento progressivo dell’ostacolatore colpevolizzato.
4. La liberazione dell’azione
Il vissuto integrale simbolico-reale P.Si., realizzato attraverso l’azione e il gioco autopoietici è, di fatto, ciò che l’autoconsapevolezza dell’Io-psyché assume di vivere ovvero tutte le caratteristiche istintivo-emozionali che conosce. I vissuti giocati evidenziano sempre l’analogia con le suddette caratteristiche, se l’Io-psyché sa riconoscerla. Quando si agisce in modo immaginario, fantasioso, un tubo diventa un fucile, una spada; uno scatolone si trasforma in una casa, in una barca. Tutto può manifestarsi come onnipotente, impotente aggressivo, pauroso (…), investendo in vari modi, l’Io-psyché svela parti di sé, evidenzia strutture che sicuramente, al loro interno, nascondono significati propri. Per questo, ognuno necessariamente investe se stesso, l’altro o l’oggetto con stati di coscienza e significati diversi in base all’investimento del momento. Tali differenze talvolta si riducono fino ad annullarsi soprattutto quando vengono proiettate nel vissuto funzionalità innate, comuni a tutti (inizialmente, questo evento non è frequente), Se ci si lascia andare, gli investimenti e i significanti si susseguono: ho visto sempre lo stesso tubo di spugna essere prima un fucile, poi una spada e quindi trasformarsi in pene che, attraverso un’azione metonimica può rappresentare il potere del padre (…). A seconda dei casi, il Maieuta diventa la metafora del principio maschile e/o di quello femminile o di qualche cosa d’altro, anche sovrasensibile. Quando si attinge dall’esistente in sé, queste trasposizioni sono frequentissime, inarrestabili: è anche necessario tenere conto del fato che molti contenuti sono ereditati dal padre-madre, dagli avi, i quali non ci trasmettono soltanto i caratteri somatici, ma anche e soprattutto significati, memorie, cogniti che continuano a vivere nella coscienza. Questi contenuti possono progressivamente essere consapevolizzati. Io ogni caso, è necessario che la Costruzione della Propria Teoria conseguente al vissuto non sia tropo razionalizzata, intellettualizzata, atto che potrebbe condurre ad una identificazione nel controllo corticale e in processi raccontati a parole che invece sono soltanto da vivere, da penetrare con il vissuto. Per questo motivo, gli insights intuitivi dell’esistente in se stessi sono più intensi e significativi, quando l’intellettualizzazione è assente o pochissimo presente. La messa in gioco dell’esistente, innato e acquisito, a disposizione della consapevolezza ci consente di vivere ciò che è da soddisfare, come i metabisogni e i bisogni-desideri, ma, soprattutto procedendo nel cammino formativo, serve a prendere coscienza delle funzionalità innate, come la coscienza della cellula, dell’atomo e delle informazioni che veicola (genoma coscienziale). Ho osservato ricercatori che, attraverso il gioco, soddisfacevano desideri proibiti, colpevolizzati, ma anche ricercatori mossi dall’innato, di cui intuivano parti e funzionalità. I vissuti progrediscono dal conscio alla consapevolizzazione di contenuti acquisiti e di funzionalità innate, presenti nell’inconscio. A questo punto, è utile partecipare-osservare che i contenuti non sono mai arcaici, sono sempre attuali, disponibili e, soprattutto, son le funzionalità innate (sempre in esser) a tenere in vita il corpo, gli elementi di fondamentale importanza da vivere. Via via che insights di tali funzionalità e contenuti vengono consapevolizzati, lo stato di autoconsapevolezza si estende il che darà il via a forme di liberazione dell’azione sempre più ampie, olistiche. I circuiti neurovegetativi funzionano simultaneamente a quelli somato-sensoriali, accrescendo coscienza di percezione all’ipotalamo, al sistema limbico, al rettilico ed anche alla materia grigia, presente lungo la colonna vertebrale. Si tratta di vissuti istintivo-emozionali e sensorio-percettivi simultanei. Ci stiamo mettendo in contato consapevole con il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché e soprattutto con i contenuti e con le regioni ancora non consapevolizzate. Si tratta di funzionalità innate, che sembrano apparire confuse ma, in realtà, sono soltanto da scoprire, attraverso il vissuto diretto, perché spesso sono trattate soltanto con speculazioni intellettuali, mediante il linguaggio verbale convenzionale che, sesso, è soltanto un’associazione di idee.
Riassumiamo. Il Maieuta propone significanti, azioni che hanno analogie con i processi innati e situazioni che risuonano con quelle che il ricercatore ha dentro di sé, per averle vissute a proprio modo precedentemente: risonanze che riattivano la consapevolezza della memoria. Nel setting P.Si., si moltiplicano le attività relazionali cariche di contenuti istintivi-emozionali, stimolanti il circuito neuro-vegetativo, ma in modo simultaneo ed è questa una delle novità proposte dalla Sigmasofia: il Maieuta agisce un doppio o plurimo comando che permette di essere immobile psichicamente, pur essendo immerso in situazioni con molteplici stimoli. Si è concentrati su se stessi e, nello stesso tempo, si è dinamici, stimolanti e stimolati, capacità che si raggiunge con gli anni formativi.
5. Transmutazione dello stato di coscienza
Durante gli incontri P.Si., tutti i circuiti cerebrali sono attivi simultaneamente alla consapevolezza: è come se si tendesse ad essere connessi con ogni parte-Universi. Si tenta di ampliare questa percezione soprattutto nel momento in cui l’emozione vissuta integralmente trova una risonanza nella consapevolezza delle funzionalità innate: l’incontro con autopoietico transmuta lo stato di coscienza. Ci si sente con l’Io-psyché più esteso, diffuso, i contenuti del campo coscienziale si esprimono unitamente alla percezione, ai sensi, la cosiddetta realtà oggettiva si integra a quella soggettiva: la realtà vissuta diventa, quindi, più ampia. Questa sommatoria più proprietà emergente, se consapevolizzata, evidenzia forza emozionale, affettiva: si vedono i ricercatori che aumentano il proprio grado di empatonia, accrescono la fusionalità, i gesti divengono lenti, più consapevoli, concentrati. L’intero Io-soma comunica, è istinto-emozione e oltre, la lentezza può progressivamente diventare immobilità, fusionalità: chi vive questo sente di poter penetrare maggiormente ciò che sta vivendo. Le azioni corrispondono a ciò che si sente profondamente, non ci si disperde, non ci si distrae, spesso gli occhi sono chiusi, per concentrarsi di più sulla fusionalità. Di capisce che cosa significa relazionarsi profondamente, che cosa è il vissuto più profondo, più esteso, rispetto a quello soltanto intellettuale. Si percepisce nitidamente che le aree cerebrali del sistema limbico e del rettilico sono attive, si amplia quello che si prova: non importa se sono contenuti che interpretiamo come buoni o come cattivi, come amanti o odianti (..), perché è in quel determinato stao che si sente e si inizia a comprendere ciò che trascende e unifica tutti gli stati coscienziali. Questi, a lloro volta, possono essere investiti sia su una persona sia su un oggetto autopoietico. Si tratta di facoltà emettibili e autodeterminate dall’Io-psyché, che un Maieuta esperto può riconoscere e in qualche modo indurre e facilitare. Ci si immedesima con se stessi, con l’esistente che si sta investendo e si diventa soltanto quello. Questi vissuti integrali non sono mai allucinatori, non determinano confusioni della realtà, in quanto il fatto stesso che li viviamo con consapevolezza, ci indica che l’Io-psyché è attivo, presente, vigile: semplicemente ci si conosce di più. Ho visto in palestra un signore di circa settanta anni sdraiarsi al terreno e succhiare un ciuccio che aveva trovato tra gli oggetti autopoietici. “Era sicuramente il seno di mia madre”, verbalizzò e, durante la situazione vissuta, non stava fingendo, stava semplicemente descrivendo di aver ri-vissuto un momento per lui significativo che aveva avuto da piccolo e che aveva attualizzato in modo integrale, senza dispersioni. Anche se era consapevole dell’azione simbolica, ciò non interferiva con il suo vissuto, anzi fu proprio grazie a questo che ritrovò degli elementi importanti per il riconoscimento della propria identità. Non si tratta di scissioni dell’Io-psyché, ma di funzionalità possibili che hanno come effetto prese di consapevolezza di sé significative.
L’attualizzazione vissuta dell’esistente nell’Io-psyché, senza ostacolatori, ha sempre un valore catartico, abreagente, non è mai pericolosa, non destruttura bensì determina maggiore autoconsapevolezza. È ovvio che, per contenere simili vissuti e per evitare danni indotti, il Maieuta deve aver lavorato a lungo sulla gestione del contro-transfert somatico (al di fuori del linguaggio verbale), seguendo una formazione, anche molto lunga e dolorosa. Deve aver raggiunto lui stesso, attraverso il vissuto, situazioni simili, unico elemento che gli/le dà contezza di che cosa stia sentendo realmente il ricercatore e soltanto da quella consapevolezza può contenerlo ed olos-direzionarlo. Molti ricercatori, possono veicolare strutture discraiotiche (psicotiche) e, se nel gruppo c’è una personalità borderline di questo tipo, deve essere in grado di contenerla e di orientarla nel vissuto. In caso contrario, il suo intervento risulterà essere totalmente inefficace, non maieutico e il ricercatore si ritroverà a vivere la propria discraiosi con scarse possibilità di correggerla.
In generale, una crisi isterica è relativamente semplice da gestire, da contenere, da olos-direzionare; la crisi psicotica invece è molto complessa e articolata da affrontare con efficacia. In ogni caso, in tanti anni di personale esperienza, nessun ricercatore ha mai avuto episodi discrasici psicosomatici che non abbiamo trovato una loro soluzione. C’è poi da affermare che le Autopoiesi olosgrafiche, praticate all’inizio e alla fine del setting P.Si. tra le varie funzioni, hanno quella di contenere la crisi, eventualmente non gestita al meglio. Le Autopoiesi olosgrafiche permettono, infatti, di riequilibrare le funzioni primarie dell’Io-psyché.
In ogni caso, il Maieuta olos-direziona il ricercatore che evidenzia una crisi psicotica, quando si rende conto che l’ostacolatore abreagito si è espresso completamente: lo si riconosce dall’intensità, dai movimenti corporei e da altri parametri, i cui segnali sono inequivocabili. Il ricercatore tornerà progressivamente al suo naturale modo di agire, ma i suoi vissuti emaneranno una maggiore intensità istintivo-emozionale. per tale ri-equilibratura, possono volerci, in alcuni rari casi, anche alcune ore ma, di solito, in massimo trenta minuti tutto si ripristina. Spesso, il ricercatore riferisce di sentirsi come se fosse uscito da un grande sogno. I neuroni mono-aminergici hanno secreto una forte quantità di dopamina che anche le Autopoiesi olosgrafiche hanno attivato e che, via via, torna alla normalità. La dopamina è una droga interiore naturale che si attiva durante il vissuto integrale: è in situazioni come questa durante le fasi di ∑ophy Martial Art e di delocalizzazione che l’Io-psyché vive stati di non località.
Gli oggetti autopoietici
(…) da un significato convenzionale
si può arrivare ad una crisi emozionale (…)
Nel setting di Maieutica Io-somatica (vedi secondo volume di S.T.o.E.), quando si applica la ricerca in natura, si trovano oggetti che, scelti spontaneamente come mediatori, possono consentire di relazionarsi con se stessi e con l’altro. In palestra, durante la Maieutica P.Si., ne scegliamo alcuni da proporre durante gli incontri. Si tratta di mezzi per scambiare comunicazioni, per sedurre, per aggredire, per essere desiderati, per innescare l’espressione del proprio bisogno, funzionali al soddisfacimento dei metabisogni, possono essere musicali, artistici, filosofici, scientifici e così via. Tali oggetti, come visto, sono investiti dai contenuti dalla consapevolezza dell’Io-psyché del ricercatore. Si scelgono con forme, colori e dimensioni che permettano facilmente l’investimento che si vuole esprimere. Da soli, alcuni oggetti hanno già un significante convenzionale: comunemente si utilizza una palla per giocare a calcio o a pallavolo, ma quando un bambino la prende e la sbatte sul viso di un altro, sta investendo quella palla di aggressività. In quel momento, l’Io-psyché ha cambiato i significante convenzionale e ha messo il proprio, che può essere conscio o inconscio. Se è conscio, il soggetto può dire:” ho voluto proprio fargli male con quel pallone, ero arrabbiato con lui” (da verbalizzazione); oppure “È morbido e mi culla come faceva mia madre” (da verbalizzazione). O, ancora, F. si posizionò sulla palla come se praticasse un coito, infatti durante l’elaborazione, verbalizzò: Ad un certo punto era come se accarezzassi la sua pelle. F. aveva investito sul pallone ciò che desiderava, ma che non poteva vivere, in quanto G., l’oggetto della sua brama, non voleva. “Io sentivo che stavo emettendo tutta la mia affettività e sessualità anche se era soltanto verso un pallone, ma per me era lei”. Quel ricercatore era in contatto con il proprio investimento: materializzava il suo desiderio, la sua intensità. Ma, proprio da questo investimento a lui consapevole, s’innescarono altre analogie. Improvvisamente, gli salì l’ansia per il timore che lei non lo volesse, la stessa sensazione di quando, da piccolo, sua madre si era assentata per più di un mese. Riprovando quelle tristi emozioni, F. scoppiò in un pianto disperato per aver di nuovo provato l’angoscia da abbandono. In quel caso, come in molti altri, da un significato convenzionale si può arrivare ad una crisi emozionale, processo auspicabile per poter elaborare i propri contenuti, spontaneamente investiti sull’oggetto autopoietico.
Durante il setting P.Si., non attribuiamo agli oggetti nessun significato precostituito, convenzionale: li presentiamo semplicemente come utilizzabili per il gioco, per l’azione libera. Ma ogni oggetto, per forma, consistenza e caratteristiche strutturali può consentire di essere investito con la trasposizione analogica: assume il significato-significate che il ricercatore vi investe. Lo si utilizza secondo la propria consapevolezza e intenzionalità che, a volte, coincidono con quelle dell’altro, a volte no e danno vita ad altre risultanti. È il caso di un ricercatore che voleva stare per conto proprio in uno scatolone, per un momento introspettivo, mentre una ricercatrice voleva stare insieme a lui, per motivi affettivi: ebbene quell’incontro finì in una rissa, perché ognuno sentì non rispettato il proprio stato d’animo, senza tuttavia rinunciarvi.
Il Maieuta partecipa-osserva tali situazioni e le decodifica, per olosdirezionarle con le sue intervenienze e le sue A.Si.Re., che si collegano alle azioni, ai gesti, alle posture, alle tensioni emozionali del ricercatore. A volte, si riconoscono nell’immediato i significati degli investimenti, per altri sono necessari più incontri. C’è da tenere presente che, se l’investimento è ripetutamente soltanto ed esclusivamente su un oggetto, può significare che chi lo investe teme la controtraslazione. Un oggetto, infatti, non produce controtransfert, quindi il ricercatore che lo sceglie per il proprio gioco simbolico reale ha il potere assoluto in quel tipo di relazione, ma se c’è un altro che risponde in modo avverso, come visto, la situazione può sfociare in conflitto, creando un’atmosfera pesante che, magari, per specifici motivi, entrambi i contendenti non desideravano produrre. Quando invece si vede utilizzare l’oggetto con riconoscibile logica intellettuale, può voler dire, e spesso significa, investimento soltanto logico-relazionale dell’oggetto, utile a non caricarlo di istinti-emozioni, che, per qualche motivo, si teme di giocare e di mostrare.
Autorigenerazione autopoietica e P.Si.
Riconoscere il linguaggio analogico Io-somato-autopoietico
e tradurlo in linguaggio digitale, concettuale, neocorticale.
Durante il setting, molti ricercatori, a cui è morto un parente stretto, talvolta assumono di vivere azioni catartiche, derivanti da tensioni conseguenti al lutto, che non hanno adeguatamente elaborato. Ho visto giocare in palestra molti stati di angoscia, stati temuti, ma che premevano per essere liberati, momenti forti che, se vissuti integralmente, possono avere valore autorigenerante le funzionalità Io-somatiche, processo che vale per tutti i contenuti coscienziali. La catarsi, vissuta visceralmente, è un piccolo ingrediente dell’autorigenerazione: consente di attenuare l’intensità dell’ostacolatore, quello che suscita tante ansie, mentre si vive la propria quotidianità. Via via che questi elementi vengono vissuti, abreagiti, si compone un mosaico di contenuti esistenti e formanti la funzione Ypsi consapevolizzata, elementi che, messi in fase ovvero insieme in una funzionalità coerente, determinano l’equilibrio, l’autorigenerazione del soggetto. È ormai chiaro che la Maieutica P.Si. non lavora sui sintomi e non dà loro soluzione diretta, ma ha come scopo quello di consapevolizzare e di vivere ogni contenuto, in modo che non ostacoli più l’azione del ricercatore bensì entri in circolo a sostegno della sua azione conoscitiva. Autorigenerazione, in questo senso, significa anche cambiamento di consapevolezza.
Le memorie e le relative intensità istintivo-emozionali che veicoliamo, soprattutto quelle che non ricordiamo, che sono in quel momento inconsce ma comunque operanti, si comportano come nel meccanismo della suggestione post-ipnotica. Spiego. Durante una sperimentazione ipnotica, volevamo verificare se la suggestione post-ipnotica funzionasse veramente. Ad una ragazza molto predisposta all’ipnosi, dopo una lunga somministrazione, suggerimmo che, non appena si fosse svegliata dal sono ipnotico, avrebbe dovuto mentalmente contare fino a trenta, raggiunto il quale avrebbe sentito una irrefrenabile e spasmodica voglia di fumare e di bere un bicchiere di vino: la ragazza non aveva mai fumato ed era rigorosamente astemia! Ebbene, al momento del risveglio, riferì di sentirsi benissimo. Noi iniziammo lentamente a contare (non eravamo troppo sicuri che potesse funzionare) ed esattamente al numero trenta vide la bottiglia di vino e il pacchetto di sigarette sul tavolo (non particolarmente visibili), si avvicinò di fretta, esitò un attimo, versò un bicchiere di vino, lo bevve e immediatamente accese una sigaretta e la fumò, con esiti disastrosi per la sua gola! Le chiesi spiegazioni: G. sapevo che tu non fumavi e non bevevi, non lo hai mai fatto in vita tua: perché ora? Mi guardò smarrita, ma poi si illuminò e disse: “Appunto per questo, è tempo di sperimentare anche per me!” Replicai: “Sicura che non ci siano altri motivi?” Lei mi rispose: “Nello, perché, quali altri motivi potrebbero esserci?” Dopo qualche minuto di silenzio, le facemmo vedere il video della suggestione post-ipnotica somministratale: restò veramente sorpresa e disse: “Ma quando l’avete fatta? Io non ricordo assolutamente nulla!” Con questo racconto, voglio comunicare che le memorie che abbiamo dentro di noi, talvolta, si comportano come quella suggestione, fanno parte di un processo che si trova registrato nel campo coscienziale ed è e può essere molto intenso. Opera e ci induce a compiere delle azioni che, spesso, per spiegare, razionalizziamo. Talvolta, però, il significato e la spiegazione che diamo non corrispondono a ciò che è accaduto: come nell’ipnosi. Ciò che è registrato nel campo coscienziale ovviamente nonè una suggestione post-ipnotica, ma si tratta dell’introiezione di esperienze fatte dal concepimento in poi o ereditate, scene della propria vita. Durante il setting P.Si., si vivono numerose esperienze, simili a quella indicata. Alcuni esempi. Molti ricercatori pensano che io possegga una vasta conoscenza, anche riguardo al sovrasensibile, di conseguenza per loro sono una persona che veicola potere conoscitivo. Quando si rapportano con me, taluni investono gli stessi stati di coscienza che avevano provato nei primi anni di vita di fronte al tutore che insegnava loro le tante lezioni che dovevano apprendere. Un ricercatore mi disse che con me si divertiva come con il padre, quando gli spiegava le cose, per cui, di fronte a me, fonte di sapere, rispondeva nello stesso modo in cui reagiva, quando era piccolo. Molti ricercatori riattualizzano ciò che hanno dentro e altri razionalizzano con la spiegazione quella spinta che sentono e che, in qual momento, sembra loro opportuna. Infatti, dopo anni quel ricercatore scoprì che la risosta che dava quando si trovava in relazione con me, sotto tutti gli aspetti, era una traslazione di un esistente che aveva in sé, a cui aveva soltanto modificato il significato, la razionalizzazione. L’ostacolatore agisce nell’inconscio, spesso razionalizzato e spiegato in modi diversi rispetto a quelli che sottendono la motivazione profonda: per questo si tratta di un processo simile alla suggestione post-ipnotica, che la P.Si. permette di porre in remissione. Quando il ricercatore è veramente dentro all’ostacolatore, durante il gioco libero, spontaneo, non intellettualizzato, trasmette i propri contenuti senza ambivalenze: aggredisce direttamente, seduce, si sottomette o domina, senza deviazioni. Questi momenti, appunto non ostacolati, sono di enorme importanza, in quanto permettono di vivere il corrispettivo interiore proiettato, traslato, rendersene conto significa scoprire che quella proiettiva, traslante non è l’unica risposta possibile, perché dentro di loro i ricercatori non hanno soltanto quell’esperienza risonante, bensì tutto l’insieme dei contenuti del loro Io-psyché. Considerare tutto questo significa assumere di rispondere non soltanto con un’immagine simmetrica, ma con la sommatoria più proprietà emergente di ogni contenuto dell’Io-psyché di cui si è consapevoli. Quindi, si trasla la propria individuazione e consapevolezza del momento e non soltanto una scena dell’infanzia simmetrica e risonante. Questo passaggio dalla risonanza-simmetria all’uso della funzione Ypsi è, per molti, rivoluzionario: svela loro possibilità di azione che non avevano mai effettuato. E non soltanto, perché, una volta assunta tale modalità, iniziano ad accorgersi che possono anche non essere una risposta alla mia azione, quindi sempre figli della mia azione: se io non facessi quel gesto, se non rappresentassi quello che rappresento loro, non avrebbero un qualcosa a cui rispondere. Intuiscono, vivono che possono affermare la propria funzione Ypsi, le loro creazioni di vita, a prescindere che io (ossia l’altro) ci sia o meno, non sono più soltanto una reazione, ma assumono di esprimere quello che ritengono opportuno: un ulteriore passo verso la conoscenza di loro stessi.
Durante la fase di Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto, il ricercatore e il Maieuta possono verificare se l’assunzione della funzione Ypsi sta avvenendo anche sul piano del linguaggio verbale. Ci si accorge di ciò, perché durante la verbalizzazione si percepiscono simultaneamente sia la forte intensità istintivo-emozionale che la funzione Ypsi complessiva in azione: è l’olismo raggiunto che partecipa-osserva il riduzionismo, insights di autonomia fusionale autopoietica. Quanto descritto è la comprensione logica della funzione Ypsi delle molteplici trasposizioni analogiche inconsce. Il meccanismo diviene molto più esteso e consapevole, quando si raggiungono funzionalità innate, nei cui processi si riscontrano sempre, ripeto sempre, principi attivi di autorigenerazione e di autoguarigione olistico-autopoietica.
Il gioco, l’azione vissuta integrale, le tecno-ontos-sophos-logie Sigmasofiche costituiscono gli attivatori e l’andare verso i contenuti esistenti, anche quelli inconsci, presenti nel campo coscienziale. In questa azione, si riconoscono modalità di conoscenza vissuta di se stessi, quadro di intenzionalità, nell’ambito del quale il compito del Maieuta è riconoscere il linguaggio analogico Io-somato-autopoietico e tradurlo in linguaggio digitale, concettuale, neocorticale. Riconoscimento che non viene comunicato verbalmente al ricercatore, ma forma la base per l’intervento Maieutico olos-direzionante il ricercatore, che attiverà una nuova situazione analogica, un nuovo significante, in una sinergia conoscitiva vissuta. Senza questa decodifica immediata, il Maieuta non potrebbe innescare A.Si.Re. efficaci ma, al massimo, intervenienze propedeutiche.
La capacità maieutica è sostanzialmente l’aver vissuto e integrato l’analogico al digitale del proprio Io-psyché ed è quanto la Maieutica P.Si. dovrà insegnare al ricercatore.
LA CONCENTRAZIONE-TRANSMUTAZIONE AUTOPOIETICA
L’autonomia dell’Io-psyché dal sistema nervoso e della corpo che lo veicola:
una delle finalità fondamentali della Concentrazione-transmutazione autopoietica.
L’Io-psyché può esser considerato lo strumento operativo fondamentale, disponibile ad ogni essere umano e può essere utilizzato a piacimento e a seconda della necessità.
Come strumento funzionale e olistico-autopoietico, è formato da diversi ingredienti e campi di forza. L’individuo ne è consapevole, sul piano intellettuale, ma non sul piano del vissuto diretto e della percezione interiore.
Facendo esperienza, ossia vivendo, l’essere umano conosce il vestito, il significato-significante che l’Io-psyché, di volta in volta, assume.
Attraverso i secoli, il campo coscienziale ha formato la propria componente sensorio-percettiva, la propria cultura, attraverso le varie discipline, le conoscenze scientifiche e altro, ma, nella maggioranza dei casi,
non conosce se stesso, indipendentemente dal
contenuto sensorio-percettivo,
qualunque esso sia.
È facile partecipare-osservare che, se non ci fossero i principi attivi olistico-autopoietici, innati, che formano l’Io-psyché, il sapere, la cultura, il significato-significante acquisito attraverso l’esperienza, non potrebbero nemmeno nascere.
Pur essendo consapevole che il campo coscienziale olistico-autopoietico è unico e indivisibile, che va dal sensibile al sovrasensibile, dal localistico al non locale e viceversa, per comodità d’esposizione, ho deciso la differenziazione (soltanto espositiva) tra campo coscienziale olistico-autopoietico e Io-psyché.
L’Io-psyché che volesse conoscere gli ingredienti olistico-autopoietici che lo formano (e che gli permettono, unitamente ad altri processi, di sperimentare) dovrà necessariamente trovare un sistema per disidentificarsi dal solo sensorio-percettivo acquisito e Risalire, attraverso specifiche operazioni coscienziali, ai processi olistico-autopoietici che lo formano pre-esperienza, pre-contenuto sensoriale.
Nella Sigmasofia, questo processo, che denomino
Concentrazione-transmutazione olistico-autopoietica,
è considerato fondamentale.
Precisamente, si tratta di passare dal contenuto soltanto sensoriale o da qualsiasi stato coscienziale ai principi attivi olistico-autopoietici da cui quegli stati nascono, percependone le caratteristiche interiormente, attraverso la visione olistico-autopoietica e senza analisi.
Le Concentrazioni-transmutazioni olistico-autopoietiche sono presentate in modo completo in S.T.o.E. Io-somatica -pratica-. Qui di seguito, presento la tecno-ontos-sophos logia di base, utilizzata durante le sedute P.Si.
Prima concentrazione autopoietica -la disidentificazione dal significato-significante-
Le basi per lo sviluppo delle facoltà olistico-autopoietiche
L’Io-psyché si concentra sul contenuto più forte, intenso e significativo, emerso durante le sedute P.Si.
Quindi, vi applica l’osservazione-partecipata e la concentrazione-transmutazione.
Ne riconosce:
- l’intensità istintivo-emozionale
- i significati-significanti
- le relazioni con altri contenuti ed esperienze correlate.
Riconosce, inoltre, le modalità attraverso cui attiva la percezione interiore: le caratteristiche dell’immagine, rispetto al fondo dello spazio tridimensionale interiore; la forma del trattenimento dell’immagine; la profondità del solco creato dalle linee che lo formano; gli ingredienti e la morfologia che cambiano continuamente; la tonalità di colore.
- In seguito a queste prolungate partecipazioni-osservazioni, si prosegue, applicando la Concentrazione-transmutazione autopoietica sulle immagini interiori visualizzate, che spontaneamente si formano.
Quindi, si lascia fluire a lungo la produzione spontanea delle immagini, per cui l’Io-psyché inizia a partecipare-osservare e a concentrarsi, ancora più profondamente, sulla fisiologia (che nell’interiorità appare come bios-luminescente), da cui quelle immagini spontanee stanno evidenziandosi. Si tratta di iniziare a percepire, in diretta, i movimenti, le forme, le caratteristiche della fisiologia innata che le sta creando.
Dopo una prolungata partecipazione-osservazione-concentrazione autopoietica complessiva, l’Io-psyché deve iniziare a formare la sintesi di tutti i vissuti. Registra e ricorda le forme, l’intensità, i colori, le sensazioni che ha appena vissuto. Si tratta di memorizzare le bios-luminescenze che ha osservato nell’interiorità, con particolare riferimento alle morfologie, alle immagini che si sono maggiormente ripetute.
- Infine, dovrà percepire e riconoscere che in quelle forme, in quel tema, in quel regno è racchiuso e sintetizzato il contenuto dell’archetipo c.a. e B., da cui si è partiti o del tema naturale scelto.
- L’Io-psyché prende consapevolezza di aver osservato e di essere concentrato su specifiche componenti autopoietiche che muovono alla propria essenza.
È necessario praticare tale tecno-ontos-sophos-logia, forgiando nei diversi modi la condizione di fusionalità (attraverso le Autopoiesi olosgrafiche, le Autopoiesi Io-somatiche, la Sigmasofia Ecologica). Abbiamo sperimentato, infatti, che la Concentrazione-transmutazione autopoietica funziona meglio quando viene agita nel momento in cui l’Io-psyché, in qualche modo, vive una condizione di empatia con se stesso e con il luogo in cui opera, il che permette una riduzione delle inevitabili distrazioni che si innescano.
Comprenderete che questo richiede tempo e continuità formativa, a tutto campo!
La struttura della prima Concentrazione-transmutazione autopoietica è la base fondamentale di questa tecno-ontos-sophos-logia.
Quando viene realizzata, accade che tutte le funzionalità Io-somatiche ed autopoietiche trovano un loro equilibrio-autopoietico: la tecnica crea le basi per lo sviluppo delle facoltà olistico-autopoietiche.
La novità può essere riconosciuta nel fatto che oggetti della Concentrazione-transmutazione autopoietica sono gli stati coscienziali e il relativo campo istintivo-emozionale, realmente vissuti in tutti i modi, a mediazione corporea durante le Autopoiesi Io-somatiche P.Si. Quindi, non ci si occupa di un oggetto asettico considerato talvolta estraneo, ma di specifici vissuti che ci appartengono direttamente, perché li abbiamo sperimentati, interesse che, come visto, contribuisce alla riduzione della distrazione.
Considerata la complessità dell’operazione, è di fondamentale importanza darsi un lungo tempo tecnico di sperimentazione.
In sintesi, la prima Concentrazione-transmutazione autopoietica mostra la connessione tra campo coscienziale e gli stai sensibili, con i relativi significati-significanti. Successivamente, concentrandosi soltanto sulla forza formante, si raggiunge il nucleo di ciò che muove dietro ogni azione, ogni manifestazione dell’Io-psyché.
Altra finalità di questa tecnologia coscienziale è orientare il ricercatore in formazione a riconoscere e a vivere che, dietro ogni manifestazione sensibile dell’Universi-pare, di se stesso, di qualunque natura o forma, riconosciuta per attività dell’Io-psyché, risiedono forze autopoietiche sovrasensibili archetipiche.
A volte, alcuni di questi contenuti sono molto forti: possono assorbire l’io-psyché che li partecipa-osserva e deviarlo, distrarlo, ma proprio in questo superamento, in questa disidentificazione, risiede la prima fase della formazione che anche le Concentrazioni-transmutazioni autopoietiche contribuiscono a realizzare!
L’Io-psyché utilizza lo strumento della percezione, sostanzialmente come radiazione, una propria proiezione sul tema irradiato e, così facendo, può riconoscerlo. Sostanzialmente può affermare che
le componenti dell’Universi-parte che
percepisce sono un atto coscienziale.
In ogni caso, si tratta di un processo nascente nel sovrasensibile (i luoghi in cui vive e opera prevalentemente lo strumento coscienza) che, in qualche modo, diviene visibile, tangibile: nei codici di Concentrazione-transmutazione autopoietica, ci troviamo sempre di fronte a questa realtà.
Ad una profonda partecipazione-osservazione, qualunque situazione esistenziale legata alla manifestazione sensibile o qualunque oggetto creato risultano sempre essere un atto dell’Io-psyché, di chi lo ha percepito, inventato, ideato, pensato (…).
Dietro ad ogni manifestazione sensibile, ritroviamo sempre, come pare integrante, l’Io-psyché.
Un’invenzione o un oggetto, di solito, non possono auto-edificarsi, auto-costruirsi: è necessario che siano realizzati dallo strumento, capace di progettarli ed edificarli.
La formazione e l’identità riconosciuta stanno orientando l’Io-psyché ad entrare, secondo percezione e vissuto diretti, in questi mondi sovrasensibili: moltissimi vissuti ci stanno facendo riconoscere, vivere, gli ingredienti autopoietici che formano l’io-psyché.
La vita che muove nella natura, in noi stessi, non è dedotta ma percepita, conosciuta, vissuta direttamente, non in modo intellettuale, speculativo, ma attraverso percezione empatonica. Pensare ad un processo non è penetrarlo, viverlo, ma esaurirlo, collassarlo in una forma sensibile. È la Concentrazione-transmutazione autopoietica dell’Io-psyché, applicata ai diversi stati coscienziali e il loro conseguente superamento e transmutazione, che ne stanno modificando la struttura e le sue applicazioni quotidiane.
Le Concentrazioni-transmutazioni autopoietiche vengono utilizzate per far prendere consapevolezza all’Io-psyché del momento in cui si formano gli stati coscienziali.
È la fisiologia autopoietica formatrice un campo unico, che durante la formazione in P.Si. diventa l’oggetto della concentazione.
La Concentrazione-transmutazione autopoietica, ad un livello maggiormente profondo, è partecipazione-osservazione diretta, energia formatrice degli stati coscienziali. Questa (l’aggredior), assunta come oggetto, tema della Concentrazione è già il mondo sovrasensibile. L’Io-psyché può arrivare ad interagire direttamente sulle cose, anche ad un livello più profondo di quello dato dalla dimensione sensibile.
Tutti gli stati coscienziali sono alimentati da intensità di aggredior ed è con questa modalità che si percepisce. L’Io-psyché è sostanzialmente aggredior, a cui, attraverso lo strumento del concettualizzare e del pensare, è stato attribuito un significato-significante: può auto-percepirsi proprio al livello di aggredior, disidentificarsi, risalendo la sovrastruttura.
Dopo aver superato l’immagine sensibile e i significati-significanti, il pensiero, la capacità di concettualizzare, l’Io-psyché può raggiungere l’essenza dell’aggredior, da cui tutto si forma.
La concentrazione-transmutazione autopoietica dell’aggredior coincide con la percezione diretta, che inizia a manifestarsi attraverso specifici campi di forze: Segnali bios-luminescenti appaiono così alla visione interiore! In quel luogo, ci si può accorgere che quelle bios-luminescenze possono divenire e sono, coloro che formano lo stato coscienziale. La bios-luminescenza, e tutte le sue interazioni con campo di forza della stessa natura, è l’essenza vivente, animante, creante. È l’essenza del campo coscienziale olistico-autopoietico, percepibile come forza movente la manifestazione sensibile. Rappresenta, inoltre, il modo di esprimersi dell’aggredior ed opera subito prima della manifestazione dell’acquisito, pre-stato coscienziale.
L’identificazione nel solo acquisito nega, di fatto, all’Io-psyché di auto-percepirsi, anche a quel livello di funzionalità.
L’aggredior, la pulsione ad andare avanti, a sopravvivere, è ciò che riconosciamo, in parte, anche sotto il nome di volere e di volontà. Si percepisce e si riconosce interiormente, nel movimento, nel ritmo, nella velocità e nella lentezza che assumono le bios-luminescenze aggreganti l’aggredior stessa!
Il Maieuta è formato e conosce le modalità di somministrazione di tale tecno-ontos-sohos-logia che, ovviamente, è proposta in modo differente a seconda dell’età, della consapevolezza e di altri parametri appartenenti al ricercatore.
In generale, durante gli incontri di P.Si., possono emergere vissuti inerenti i diversi stati Io-somatici e relativi significati-significanti che, in sintesi, possono essere individuati in:
LA TAVOLA DI CONCENTAZIONE-TRANSMUTAZIONE AUTOPOIETICA |
ARCHETIPO B. – OSTACOLATORI – 1. Ostacolatore identificazione 2. Ostacolatore metabisogni e bisogni-desideri 3. Ostacolatore frattura 4. Ostacolatore di spezzettamento 5. Ostacolatore carattere 6. Ostacolatore difese-resistenze-repressione (D.R.R.) 7. Ostacolatore di congiunzione-penetrazione 8. Ostacolatore innamoramento 9. Ostacolatori somatici 10. Ostacolatore dipendenza e contro-dipendenza 11. Ostacolatore apprensione-paura-terrore 12. Ostacolatore traslazione e controtraslazione 13. Ostacolatore causalità-casualità-effetto 14. Ostacolatore coazione a ripetere 15. Ostacolatore condizionamento 16. Ostacolatore sostanze psicotrope 17. Ostacolatore narcisismo 18. Ostacolatore compensazioni reazione e trasformazione 19. Ostacolatore violenza 20. Ostacolatore potere, onnipotenza e impotenza 21. Ostacolatore enantiodromia ambivalenza e plurivalenza 22. Ostacolatore ecmnesia: amnesia, reminiscenza, déjà vu, déjà entendu, déjà pensé, jamais vu, apparizione e sparizione 23. Ostacolatore dolore e gioia 24. Ostacolatore d’incorporazione-introiezione 25. Ostacolatore pregiudizio e stereotipia 26. Ostacolatore perdono 27. Ostacolatore nevrosi 28. Ostacolatore discraiosi 29. Ostacolatore autismo 30. Ostacolatore depressione 31. Ostacolatore tradizione e tradimento 32. Ostacolatore linea del destino 33. Ostacolatore stato coscienziale punto morte |
ARCHETIPO C.A. – METABISOGNI – · Mangiare · Bere · Dormire · Respirare · Evacuare · Congiungersi · Pulsione autopoietica a conoscere |
IO-PSYCHÉ I. Sensi II. Percezione III. Pensare IV. Volere V. Sentire VI. Concettualizzare VII. Immaginare Segue |