-la naturale transmutazione del
Dies Natalis Solis Invicti,
del Natale
e del
Capodanno-
per l’essere umano del terzo millennio
∑ophy Insight
il continuo presente
dell’insight intuitivo e sincronico
-oltre la ricorsività degli stereotipi-
- Incipit
- La trans-mutazione del Dies Natalis Solis Invicti
- La trans-mutazione del Natale cristiano-cattolico
- La trans-mutazione del Capodanno
Incipit
Quest’anno, voglio
donare ai ricercatori in Sigmasofia
e a tutti coloro che vogliono accoglierlo il
punto di svolta
e di
naturale trans-mutazione dell’antico
Dies Natalis Solis Invicti,
dell’antico-moderno
Natale cattolico-cristiano
e del Capodanno
nella
creazione-festa del
∑ophy-insight,
il continuo presente dell’insight intuitivo e sincronico-oltre la ricorsività degli stereotipi-.
Questo studio-dono nasce, semplicemente, dall’applicazione delle consapevolezze maturate dalla
Via di Conoscenza
Sigmasofia,
realizzate attraverso la pratica delle
autopoiesi olosgrafiche
(innovative metodiche per vivere lo psicosomatico e l’energetico)
finalizzate a
conoscere, attraverso il vissuto diretto,
realizzato al di fuori del linguaggio verbale,
se stessi,
(che per entanglement micro-particellare coscienziale
si estende all’l’Universi di cui siamo parte).
Tale consapevolezza crea i principi attivi di base per
iniziare a
trans-mutare,
definitivamente,
la funzione propedeutica
(ormai stereotipicamente ricorsiva)
che il
Dies Natalis Solis Invicti,
il Natale cattolico-cristiano
e il Capodanno
rappresentano, da quando sono celebrati.
Entriamo.
La trans-mutazione del Dies Natalis Solis Invicti
Ancora oggi partecipiamo-osserviamo quello che la percezione interpreta come
l’alternarsi del giorno e della notte,
della luna e del sole, delle stagioni.
A differenza di quanto avveniva in antichità,
oggi sappiamo che tali alternanze
non sono state create
da una o più presunte divinità come
Horus, Thammuz, Mitra, Rha, Iside, Giano ecc.,
diverse a seconda dell’interprete e dell’epoca ed ipotizzate al
tempo del
Dies Natalis Solis Invicti.
L’essenza è che, sostanzialmente, tutte quelle alternanze rappresentavano e rappresentano le
forze naturali dell’Universo,
partecipabili-osservabili
e, come ci renderemo conto proseguendo questo studio, possono rappresentare, simbolicamente, anche
specifici e riconosciuti stati psico-somato-energetici
producibili dall’essere umano.
Con le
avanguardie conoscitive scientifiche e coscienziali attuali,
molto differenti da quelle del passato,
possiamo semplicemente affermare che
- l’alba e il tramonto,
- l’evoluzione quotidiana della sfera solare,
- le fasi della luna,
- il giorno e la notte
- (…),
osservati da una navicella spaziale, cioè da un
punto di osservazione differente dal pianeta Terra,
si evidenziano con una
simultaneità di funzionamento innato
che va letto e riconosciuto unitamente e simultaneamente alle funzionalità di altri pianeti, stelle, galassie (…). Quindi, il
mito dell’eterno ritorno,
della presunta continuità di manifestazione alternata
dell’alba e del tramonto può essere spiegato in altro modo.
Nell’Universi, opera
l’ordine implicito-esplicito olistico-autopoietico innato
che stiamo studiando e vivendo e che propone spiegazioni diverse rispetto a quella secondo cui Giano, identificato con la presunta divinità, anticamente veniva riconosciuto come
colui che aveva il potere di
creare
il ciclo giornaliero
e il ciclo annuale del sole (…).
Attualmente, sono state scoperte altre leggi scientifiche e coscienziali innate che non hanno più necessità di essere interpretate con ciò che anticamente denominavano del
Dies Natalis Solis Invicti
(giorno del Natale del sole invincibile).
Non è Giano che ha il potere sul tempo e sul destino
che, a sua volta,
non scorre all’interno del presunto scorrere del tempo.
Partecipando-osservando i cicli solari relativi al pianeta Terra, anche anticamente si deduceva che il giorno raggiunge la sua durata più corta in inverno e quella più lunga in estate. Si tratta di riferimenti localistici. Partecipati-osservati da un osservatorio extraterrestre, tali cicli evidenziano altre realtà: i riconosciuti momenti di massima espansione e di massima contrazione del giorno-notte risultano essere parte di processi innati che
non evidenziano nessuna espansione
e nessuna contrazione
e operano nel continuo presente
(vedi dopo).
Di conseguenza,
anche le feste, i rituali solstiziali
che celebravano quei momenti
devono trovare la loro naturale integrazione ad altri, che tengano conto delle attuali scoperte scientifiche e coscienziali
Infatti, quegli antichi rituali, al momento del solstizio, riconoscevano
l’inversione della durata della luce del giorno e della notte,
in particolare, il momento in cui, dopo una fase durante la quale il
sole sembrava fermarsi, al solstizio,
il giorno cominciava a crescere e a invertire la propria riduzione,
e viceversa.
Solstizio significa,
appunto,
sole fermo.
Ma oggi possiamo partecipare-osservare la
continuità di espressione della luce solare:
se ci posizioniamo allineati con il sole,
scopriamo che semplicemente non esiste
nessun cambio di durata della luce-buio,
non esistono il giorno e la notte.
Di conseguenza,
la motivazione che legittimava il
Dies Natalis Solis Invicti
trova e deve trovare innovative e nuove spiegazioni:
non c’è e non c’è mai stato,
se non per le interpretazioni proiettive dell’Io-psyché dell’essere umano
il sole invincibile che riprende il suo corso a dicembre,
ma esiste la continuità del corso del sole
e dell’’emissione di luce e di radiazioni.
Altresì, si scopre che, se ritenuto opportuno, non è necessario
festeggiare il sole invincibile con peculiari rituali e con i
Saturnalia,
come facevano anticamente
(si trattava di rituali e di una festa durante la quale si dava
maggior libero sfogo all’istinto-emozione, anche in modo giocoso).
Se si vuole dare
libero sfogo all’istinto-emozione,
basta assumerlo e auto-determinarsi a farlo.
Si celebrava, inoltre, il
passaggio tra il vecchio e il nuovo anno,
ma si trattava di celebrazioni conseguenti ad una
inadeguata interpretazione delle funzionalità naturali
del sole e dello spazio-tempo.
Il sole è una simil-sfera che, ovviamente,
irradia in ogni direzione
e per questo
sembra mostrare
sempre la stessa faccia
ma il fatto che tutto questo sia stato intuito, rappresentato e attribuito a Giano bifronte è la
proiezione di incompletezza conoscitiva.
Visti localisticamente, possiamo affermare che al solstizio d’inverno, la durata del giorno, della luce ribalta il proprio orientamento verso la riduzione e ri-inizia ad aumentare, per questo tale momento è detto anche della
nuova luce
(in riferimento alla durata).
All’inverso, al solstizio d’estate, momento in cui la
luce raggiunge la sua massima durata,
il suo apice, inizia a ridursi,
questo momento è anche detto del
nuovo buio.
Ma visti da un altro osservatorio oggi possibile
non c’è e non c’è mai stata
nessuna nuova luce
e
nessun nuovo buio
e non c’è
nessun Giano che
guarderebbe le porte
(Janus significa porta).
Pur essendo
riferimenti convenzionali utili che hanno avuto una funzione propedeutica,
la scoperta vissuta di altre funzionalità ci suggerisce, per
onestà intellettuale ed istintivo-emozionale
di ricerca, di
interpretare in altri modi le cosiddette
porte solstiziali
e non è particolarmente significativa l’inversione della durata buio-luce
quando ogni giorno, a orari diversi, il sole sorge all’alba e tramonta all’imbrunire.
Ed è non simmetrico con le leggi scientifiche attuali definire
l’inesistente Giano
(se non per la psychè che in quel modo lo ha inventato e proiettato)
come
il controllore della porta del cielo d’oriente
che avrebbe dato inizio al giorno
e di
controllore della porta del cielo d’occidente
che avrebbe dato inizio alla notte.
Se applicassimo la consapevolezza raggiunta, oggi, molto probabilmente, non creeremmo
sculture come quella del giorno e della notte,
ma ci organizzeremmo per crearne alcune rappresentanti la
continuità di irradiazione del sole
e quindi di continuità di luce esistente.
veglia sognante
e il
sogno lucido,
a comprova che
anche di questi stati può non esserci
l’alternanza (veglia, sonno-sogno).
Se continuiamo a percepire identificati nel solo localistico, nel solo sensorio percettivo, si confermerà la sensazione nell’Io-psyché di presumere di sapere per averlo partecipato-osservato, da sempre,
come si comporteranno in futuro il giorno e la notte,
le diverse stagioni e la loro durata.
Tale processo si transmuterà quando,
viaggiando su un vettore spaziale, l’essere umano
rivolgerà lo sguardo sul pianeta Terra
e capirà che le cose non stanno
come ha sempre, per Tradizione ricorsiva, ripetuto
e addirittura ritualizzato e festeggiato.
L’azione umana si svolge durante il giorno e durante la notte,
ma ora sappiamo che può svolgersi anche tenendo conto di
altre realtà che includono e trascendono
il concetto localistico di notte e di giorno,
in favore della condizione di continuità di radiazione
che riscontriamo nell’Universi
di cui, per entanglement micro-particellare e coscienziale,
siamo parte integrante e inscindibile.
Pur essendo, come funzionalità innate, riconoscibili in modo maggiormente esteso, i concetti di giorno e di notte sono stati interpretati, da diversi ricercatori, come
due forze opposte-complementari,
abbinandovi, proiettivamente,
concetti di vita e di morte,
di nascita-morte-rinascita:
lo stesso trattamento che molti Io-psyché riservano alla propria interiorità, in cui esprimono
l’enantiodromia di stati
che loro stessi interpretano come positivi o come negativi.
Tale dicotomia può essere creata e proiettata in quanto il corpo è “acceso”, è in vita-autopoiesi e può evidenziare stati Io-somatici che poi ognuno leggerà e percepirà come positivi o come negativi, come bui o come luminosi.
Nella realtà olistico-autopoietica innata, la luce non muore mai ed è il buio ad essere una condizione emergente localistica, in quanto dipende dalla posizione che assume il pianeta Terra rispetto alla radiazione del sole.
In realtà, esiste la condizione che è luce, la quale assume la veste di buio,
in conseguenza di un disallineamento con la sorgente luminosa.
Quando apriamo le porte e le finestre in una stanza buia, immediatamente la stanza viene invasa dalla luce: non è mai il cubo di buio presente nella stanza a spostarsi nella luce.
Il buio, la notte,
è soltanto una posizione assunta,
non ha una sua realtà olistico-autopoietica innata.
continua funzionalità innata e quindi di continua possibile produzione
di insights intuitivi e sincronici dell’esistente.
Se invece
quell’Io-psyché è disallineato dalle forze olistico-autopoietiche
che lo hanno evidenziato
ed è identificato-fissato nei diversi contenuti, positivi o negativi, memorizzati, registrati attraverso l’esperienza, perde la consapevolezza dell’allineamento consapevole con l’innato, vive e si identifica con i contenuti acquisiti specifici, luminosi o bui, a seconda di come li ha vissuti e li vive.
Il sole, la vita,
i significati olistico-autopoietici non muoiono,
sono sempre lì dove sono e irradiano in tutte le direzioni,
sono presenti nell’olos-direzionalità.
Uno dei tanti errori proiettivi che molti esseri umani ancora oggi commettono è quello di creare la dicotomia
vita uguale giorno, luce
e
morte uguale notte, buio.
Non riconoscere il buio come conseguenza, espressione, di una posizione rispetto alla condizione olistico-autopoietica innata determinò deduzioni erronee ancora oggi in essere:
Si disse che all’essere umano tocca la stessa sorte di Giano, perché ne è parte, ma si affermava questo nell’ottica proiettiva di una funzionalità dicotomica buio-luce che semplicemente, naturalmente, non ha. Il sole e tutti i correlati
continuamente irradiano luce, non buio.
Non riconoscendo il buio-luce come una componente proiettiva,
non compresero che nei principi attivi innati complessivi
non esiste il positivo o il negativo
(se non per l’Io-psyché che così li interpreta),
ma soltanto quelle funzionalità con quegli effetti.
Pensavano che, quando
la luce cresce e il giorno sale è positivo,
quando invece decresce è negativo.
Dipendeva dal fatto che di notte non potevano orientarsi facilmente, era freddo, erano più soggetti ad attacchi di animali e così via. Infatti, chiamarono quella del
solstizio di dicembre la porta degli Dei
(in quanto considerati immortali):
il sole, la luce iniziavano a crescere.
Quella di giugno la
porta degli uomini
(in quanto mortali):
il sole e la luce iniziavano a decrescere,
ad orientarsi verso il buio.
La pratica della Sigmasofia ci prova che, quando l’azione consapevole nasce da contenuti acquisiti, memorizzati, l’Io-psyché risente delle caratteristiche anche istintivo-emozionali di quel contenuto e ne assume le forme, la deteriorabilità: un’esperienza acquisita nasce, si svolge, finisce ed è questa la legge che la regola. All’inverso,
quando nasce da ingredienti olistico-autopoietici innati, dall’inconscio autopoietico, dal campo coscienziale olistico-autopoietico quell’azione risente dell’ordine implicito, del potere di autopoiesi continua, di non deteriorabilità agente nel cosmo, nell’Universi-parte.
Il Dies Natalis Solis Invicti è semplicemente lo stato di consapevolezza attraverso cui
l’essere umano di quel tempo comprese
(ora sappiamo proiettivamente)
che la
“durata” della luce si inverte e inizia a ri-crescere”.
In realtà, si seguivano i movimenti della Terra e del Sole e della posizione rispetto alla radiazione continua da questo emessa. Oggi sappiamo che in realtà, la
luce è sempre quello che è,
e in ogni momento possiamo essere consapevoli di questa
realtà olistico-autopoietica innata.
Interiormente, la Sigmasofia ha vissuto questa semplice realtà innata attraverso la pratica della
Concentrazione-transmutazione olistico-autopoietica, applicata su ogni memoria, su ogni stato coscienziale opposto-complementare, dicotomico, enantiodromico, su ogni condizione identificativa psico-somatica
fino al raggiungimento dello stato pre-dicotomia,
per poi farlo ricadere, consapevolmente, nell’azione quotidiana.
La proiezione fatta divenire ricorsiva e stereotipata è stata la seguente:
interpretare che il solstizio d’inverno
potesse coincidere con il giorno, con la luce più corta,
più breve dell’anno che “inverte” il proprio cammino.
Ciò gli sembrava essere confermato dal fatto che
il sole ogni giorno tramontava e, di fatto, la condizione di buio,
diveniva, alla loro percezione incompleta, reale, “oggettiva”:
Semplicemente non vedevano e non potevano riconoscere
(e ancora oggi molti non vedono e non riconoscono)
che, come illustrato,
la realtà innata olistica è più ampia, più estesa.
Lo stesso si verifica quando l’Io-psyché è identificato in un processo, in una problematica: in quei momenti, difficilmente si rende conto dell’incompletezza, come consapevolezza, che in quei momenti sta vivendo. Ripeto, Attualmente, quanto illustrato è perfettamente partecipabile-osservabile dallo spazio, dalle sonde. Cambiando punto di partecipazione-osservazione, si riconosce questa realtà: si nota perfettamente quale parte della Terra è esposta al sole e quale no, stando fermo sulla Terra, necessariamente, l’essere umano doveva muoversi con essa. Solo pochissimi a quel tempo potevano essere consapevoli di questa realtà innata, coloro che potevano cambiare punto di partecipazione-osservazione: alcuni raggiungevano questa percezione attraverso i rituali che permettevano
l’autonomizzazione dell’Io-psyché dal corpo
e quindi vivere l’espansione coscienziale:
è ciò che denomino l’autopoiesi olosgrafica non locale.
Tutti questi sono processi che troviamo in natura, interiore o esterna che sia e che, ripeto,
vanno vissuti oltre la dicotomia proiettiva luce-buio.
Per questi motivi,
la concezione del Dies Natalis Solis Invicti
potrà trovare la sua naturale transmutazione.
Come vedremo
la stessa naturale trans-mutazione
è attribuibile al
Natale cristiano-cattolico.
La transmutazione del Natale cristiano-cattolico
Dopo la nascita del Cristo
(qualunque cosa si intenda con questo nome),
i suoi seguaci, preoccupati che i
culti solari del Dies Natalis Solis Invicti
potessero influire e frenare la diffusione del Cristianesimo,
pensarono, arbitrariamente e proiettivamente, di legare il
Natale di Gesù, il Cristos
al periodo in cui si svolgevano: il 24-25 dicembre,
unificando quelle celebrazioni, lanciarono così
l’idea di
Sole uguale Cristos.
Abbinarono i due contenuti e indussero quindi
l’enantiodromia tra il
culto del Solis invicti
e il
culto del Cristos
che ancora oggi viviamo.
Infatti, nei Saturnalia, che andavano dal 17 al 24 dicembre, come in altri antichissimi rituali, era festa grande.
Il sole, la vita (quindi il Cristos),
il Cristos (quindi il sole la vita)
non tradivano,
riprendevano a crescere e questo era
motivo di gioia, di divertimento, di sfrenatezza, di fluire psico-somatico.
L’abbinamento del Cristos, del figlio di Dio, quindi di componenti religioso-spirituali alla luce, al sole, determinò così un
insieme di espressioni sia liberatorie che spirituali opposte,
che ancora oggi partecipiamo-osserviamo:
quasi tutti, infatti, ci divertiamo, acquistiamo, regaliamo, mangiamo e contemporaneamente alcuni
fanno novene, recitano preghiere, praticano ritualità religiose.
Voglio comunicare che quella che era una
pura partecipazione-osservazione e festa della
bellezza olistico-autopoietica naturale,
esperibile da tutti
(come visto già incompleta),
è stata ulteriormente mischiata con concetti, legati alla religione cristiana e
all’esistenza della divinità,
dell’ente denominato Dio,
di cui il Cristos sarebbe figlio.
Entriamo più in profondità.
Nei rituali antichi, ne troviamo uno che
abbinò la nascita del Cristos
alla presunta inversione della luce solare.
Pensarono che quello che ritenevano essere il ribaltamento, l’inversione del processo solare e quindi del Cristos, doveva essere annunciato: per questo motivo previdero il passaggio degli zampognari. Il termine zampogna nasce nell’antica Grecia, la sua etimologia è legata al Dio Pan, ossia la Natura, il Tutto, rappresentato con un essere metà uomo e metà capra.
Originariamente, la zampogna
non aveva nulla a che vedere con l’abbinamento al Cristos:
il suo suono accompagnava altri tipi di celebrazioni. Originariamente, era composta da uno zufolo di canne, simile agli auloi greci, strumenti legati alla simbologia di Pan, appunto, il cui suono aveva il compito di
accompagnare le celebrazioni pastorali
che scandivano l’avvicendarsi delle stagioni.
Queste, come la musica stessa, legavano le antiche popolazioni alla terra e alla sua forza generatrice. Celebravano l’espressione della potenza selvaggia (innata) della natura e del suo potere,
letto come distruttivo oltre che come creativo.
Nel mito, Pan si muoveva nei boschi, suonando lo zufolo e inseguendo le bellissime ninfe di cui, ogni volta, si innamorava.
La sessualità, l’amore per le ninfe
è all’origine del flauto di Pan e,
di conseguenza, della zampogna.
Gli zampognari, infatti, dovevano viaggiare a due a due, come gli opposti buio-luce, giorno-notte, come le potenze naturali (lette come distruttive-creative) con zufoli, canne, riproducenti le diverse tonalità di suono lamentoso che il vento formava, soffiando nel canneto.
La sovrapposizione
zampogna abbinata al Cristos
fu creata per contenere,
per
limitare la sessualità,
l’amore,
in questo modo
avrebbe accompagnato celebrazioni spirituali e non pastorali,
ed è in questo spirito che emerge l’indicazione del Vangelo:
“Mandi i suoi discepoli
a due a due e dirà loro
di portare soltanto un bastone e nient’altro
e di calzare sandali (Marco).”
I sandali dovevano essere fatti a maglia o di rete, a indicare una
forma di evoluzione-elevazione dal basso,
dal punto più basso
(dalla sessualità verso la spiritualità).
Gli zampognari celebravano un avvenimento naturale:
l’amore, la sessualità, innati.
La sovrapposizione del Cristos,
(la zampogna, i sandali come simboli)
di una luce, di fatto, esterna,
contribuì a
spostare l’attenzione dalla sessualità.
La sovrapposizione e l’annunciazione del Cristos spingeva verso il
farsi trovare pronti al contenimento dei rituali indicati.
Infatti, era prevista la
vigilia
che significa
veglia
e per meglio gestirli,
digiunare, mantenersi leggeri, ossia,
il digiunare le cose del mondo
(in particolare, la sessualità).
Tutto ciò venne rinforzato (nei giorni precedenti il solstizio), dalla novena, ossia, dalla celebrazione di preghiere, di invocazioni che si svolgevano di nove in nove.
La veglia era vigilia, doveva essere celebrata anche nutrendosi di altri esseri viventi, di animali, in quanto la componente della
nuova luce-Cristos
doveva essere in grado di inglobare l’aspetto materiale. Per questo motivo, si mangiava lo zampone o il capitone, che è il
pesce-serpente.
Il pesce mistico era un invito a risolvere l’elemento istintuale che si pensava impedisse di riconoscere l’elemento rappresentato dal Cristos:
in realtà, per motivi cristiani
(religioso-proiettivi),
si voleva coprire l’istinto, la forza naturale, la sessualità.
Un’altra usanza prevedeva di
accendere il fuoco,
per indicare alla vigilia, alla veglia, la luce
che originariamente serviva per scaldarsi
durante le pratiche anche sessuali dei Saturnalia.
L’abbinamento del Cristos tentò di trasformare il fuoco-sole in uno specifico valore di luce, rappresentato appunto dal Cristos.
Il sole–fuoco-Cristos
veniva acceso con un grande ceppo, spesso di quercia, che doveva ardere tutta la notte, fino all’alba.
In quanto benedetto e testimone della nuova luce,
gli attribuirono addirittura
proprietà terapeutiche, taumaturgiche,
per questo motivo al mattino la cenere prodotta doveva essere
distribuita al terreno
(per renderlo sacro)
o utilizzata nelle guarigioni.
È arrivato il momento di verificare se la
festa del Natale di Gesù il Cristos
che stiamo celebrando da quasi duemila anni sia attendibile oppure, come per il
Dies Natalis Solis Invicti,
sia superata da altre consapevolezze sopravvenute.
Entriamo nel merito.
I vissuti Sigmasofici ci provano l’esistenza di processi innati che non evidenziano nessun elemento a sostegno
dell’ipotesi dell’esistenza di divinità,
di Dio
(il padre del Cristos)
e similia
(accezione Cristiana nata soltanto duemila anni fa)
e quindi dell’esistenza di un essere umanoa cui è stato attribuito di essere il figlio di tale ente.
In seguito alle esperienze dirette, praticate con diverse modalità, non siamo riusciti in nessun caso a riscontrarne nessuna evidenza. Per chiarire,
la Sigmasofia non pratica filosofie come l’ateismo
(che significa, letteralmente, senza Dio),
ma evidenzia il fatto che i propri vissuti del sensibile e del sovrasensibile, del localistico e del non localistico, del conscio e dell’inconscio, finora raggiuntinon evidenziano nessuna prova di tali ipotetiche esistenze.
Altresì, i vissuti integrali hanno
posto in remissione
il concetto di credere, di fede,
in quanto si assume di
tentare di vivere direttamente e consapevolmente
l’oggetto del credere, della fede
per poi spiegarlo, descriverlo
attraverso tutti gli strumenti del linguaggio.
Per la Sigmasofia,
non esiste la negazione intellettuale di qualche cosa,
perché negare l’esistenza di un ente significherebbe di fatto
ammetterne implicitamente l’esistenza
che si presume, appunto, di negare.
Allo stato della ricerca, il concetto di divinità, di Dio è una creazione dell’Io-psyché,
è un pensiero e come qualsiasi altro pensiero e significato producibili,
può far esistere qualsiasi ente con qualunque caratteristica,
anche eccezionale, taumaturgica,
restando pur sempre
un’immaginazione, un mero significato-significante.
La creazione mentale e proiettiva del concetto di Dio dipese e dipende dal fatto che l’Io-psyché di
molti esseri umani non sapeva e non sa spiegarsi
che cosa abbia creato
- la manifestazione sensibile,
- la vita, la morte e il post mortem
- l’Universo
- (…),
e, per questo motivo, anticamente, ha immaginato (ed anche attualmente molti continuano a farlo) ed immagina l’esistenza di un ente (a cui necessariamente deve attribuire poteri straordinari rispetto a quelli disponibili ad un essere umano che non dà prova di saper creare la manifestazione sensibile e il resto) che li ha creati e che, avendo creato il Tutto, necessariamente, dispone delle risposte alle domande insolute che l’Io-psyché dell’essere umano pone. Si identifica in questa attribuzione su cui talvolta si fissa,
creando un pensiero e un significato sovra-compensatorio
alla propria rigorosa impotenza conoscitiva,
sia pur sapendo ed essendo consapevole che, in realtà, non conosce tale ente attraverso il vissuto diretto.
Auto-mistificandosi
è stato costretto ad inventarsi e a creare
i concetti di dogma,
di fede
verso tale
proiettiva immaginazione di onnipotenza essere
che denominò
Dio.
A questo punto, è importante considerare un elemento fondamentale:
la radice etimologica del termine Dio
ci rivela delle sorprese,
proviene dall’ariano
div che indica la luce,
ciò che splende
(di nuovo sottinteso il sole, Janus).
A comprova,
l’etimologia dal latino è
Deus
che significa Dio,
da cui
Dies
che significa giorno.
Per loro
Dio era colui che illumina il creato.
Il creato a quei tempi visibile, riconoscibile, è
la manifestazione sensibile che è percepibile di giorno-dies-
(di notte, con il buio non si vede a-dies),
ma sul pianeta Terra ciò che ci consente di vedere, di riconoscere è la
luce del sole,
ed eccoci tornati alla
visione dei rituali pre-cristiani del
Dies Natalis Solis Invicti,
di cui ho trattato sopra.
È vero, la luce illumina le tenebre, il buio, il non vedere,
quindi Dio, dies,
è il Salvatore dal buio interiore-esterno,
dalla non conoscenza.
Tali principi fondamentali della religione cristiana sono stati indicati come gli
enti da credere, verso cui esercitare la fede,
sono dogmi a prescindere,
quindi non soggetti a discussione, a critica,
da chi si reputa loro fedele.
A quei tempi,
esistendo in molti Io-psyché
l’inspiegabile, l’impenetrato,
è stato facile far proprio il
dogma riferentesi a Dio.
La parola
Dogma deriva da dokeo
e significa opinione, parere, pensiero, dottrina,
ma anche decisione.
Il dogma della chiesa è quindi un’opinione,
un decreto, una decisione per definire a tavolinouna presunta verità su cui applicare la fede, il credere.
Ad oggi, milioni di Io-psyché hanno riferito e riferiscono di
credere a quegli antropomorfismi proiettivi.
L’atto del credere, della fede, del dogma è la prova provata che l’Io-psyché che lo propone non vive o non ha vissuto l’ente verso cui invita ad aver fede, perché se lo avesse vissuto non avrebbe alcune difficoltà a descriverlo allo stesso modo di come fa con qualunque altra esperienza di vita: semplicemente non “imporrebbe” dogmi.
La pratica operativa di stati estesi di coscienza, di stati non localistici è sempre stata perfettamente descrivibile, ma anche durante quelle percezioni, quei vissuti
non si riscontrano e non trovano conferma
le speculazioni intellettuali (interpretazioni) teologiche.
I ricercatori in Sigmasofia sono esseri umani che assumono una posizione diversa da quella degli atei o degli agnostici. Assumono la consapevolezza autopoietica, autocreata: si autorizzano il vissuto di ogni esperienza diretta, penetrata di qualunque ente o dinamica Io-somatica ed energetica raggiunta e, una volta vissuta, procedono alla Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto. In ognuna di queste C.P.T. mai, ripeto mai, si è evidenziato un vissuto e un significato che sostenesse tali esistenze, ma risultati assolutamente spiegabili, descrivibili (anche inerenti le iper-sensibilità, la non località…).
Alla
visione olistico-autopoietica Sigmasofica,
non interessa proporre una visione critica della religione,
ma illustrare a chi vuole conoscerlo quanto appreso dall’esperienza penetrata, anche in riferimento alle questioni religioso-spirituali.
La Sigmasofia non è una corrente di pensiero ma una
corrente di vissuto penetrato
a cui segue la C.P.T.
C’è un’eccezionale quantità di regioni dell’inconscio, del non localistico consapevolizzati che, ad oggi,
testimoniano
nessuna evidenza dell’esistenza di quegli enti.
L’immanente penetrato, vissuto, consapevolizzato,
ci indica principi attivi innati descrivibili, che provano
l’esistenza di una realtà olistico-autopoietica complessiva
che in molti casi segnala un patrimonio conoscitivo già raggiunto dalla scienza.
I ricercatori in Sigmasofia assumono di voler vivere i significati-significanti dell’esistenza, della vita-autopoiesi senza creare né direttamente, né indirettamente credi, dogmi, fedi, abbinati addirittura ad ipotesi come quella di un Dio creatore: sarà utilizzato ciò che la ricerca scientifica e coscienziale vissute e consapevolizzate avranno raggiunto.
Nemmeno l’ipotesi dello scienziato Darwin è significativa ai fini di questa indagine: infatti, la concezione secondo cui
sarebbe stata in atto la selezione naturale tra gli esseri umani che avessero caratteri favorevoli alla cosiddetta sopravvivenza e alla riproduzione non ha nulla a che vedere con la vita-autopoiesi complessiva unitaria presente in tutto l’Universi.
Essendo un processo innato, la vita-autopoiesi complessiva presente in tutto l’Universo non ha nulla a che vedere con una delle sue forme di manifestazione localistica, in questo caso gli esseri viventi del Pianeta Terra.
L’Universi-parte è vita-autopoiesi in azione.
Non fornisce un contributo alla questione, il biologo Monod, quando afferma che le
mutazioni genetiche
sono frutto del caso.
Spiego con una metafora. Quello che dice Monod equivale a dire che,
se in una tipografia ci fosse un’esplosione (Big-Bang),
i caratteri tipografici volerebbero in aria
e, ricadendo al terreno,
per caso
andrebbero a formare l’enciclopedia Treccani
(la manifestazione sensibile, milioni di specie esistenti…).
Tutto quello che partecipiamo-osserviamo sarebbe conseguenza del caso (…).
Si tratta di una
visione palesemente incompleta
(ammesso che esista qualcosa come il Big-Bang).
Tuttavia, i principi attivi formanti la vita-autopoiesi e quello che poi sarebbero andati a creare non potevano non esserci in quelle fasi:
il caso è semplicemente
la non conoscenza di Monod
dei contenuti innati,
formanti quegli accadimenti.
Qualche elemento utile in Monod lo ritroviamo nel suo concetto di necessità.
A livello molecolare,
le mutazioni non sono casuali
ma sono evidenza di specifici principi attivi innati
(determinismo olistico-autopoietico).
La visione olistico-autopoietica è differente da quella scientifico-riduzionista e dalla visione religioso-spirituale-proiettiva, attualmente prevalenti. Nella proposta di ricerca sigmasofica, non ci sono affermazioni del tipo
- esiste l’Universo e basta (da parte di alcuni scienziati);
- esiste l’Universo e Dio (detto da alcuni religioso-spiritualisti).
La techné Sigmasofica non tenta di produrre prove a sostegno della presunta esistenza o inesistenza di Dio. Inoltre,
non riconosce le attuali avanguardie scientifiche
come prove che invaliderebbero le visioni religioso-spirituali, e viceversa.
Utilizzando la penetrazione dell’esperienza che ci autorizziamo a vivere, la costruzione della propria teoria conseguente tale vissuto, estrapoliamo l’insegnamento, la consapevolezza che siamo in grado di riconoscere,
(ossia ciò che in Sigmasofia denomino
archetipo acquisito funzione Ypsi),
in continua crescita.
Il ricercatore in Sigmasofia è simmetrico, è in fase e non amplifica nella C.P.T. quanto ha
realmente vissuto, penetrato, consapevolizzato
durante la pratica di ogni tipologia di esperienze.
Per questo motivo, non segue rigorosamente, né direttamente né indirettamente, in modo pre-costituito
l’ateismo e il teismo-politeismo o lo scientismo
(la tendenza ad attribuire alla scienza fisica e sperimentale e alla sua techné, la capacità di soddisfare, di
rispondere a tutte le domande sull’esistenza che non hanno ancora risposte).
All’esperienza diretta, penetrata, consapevolizzata, da cui si estrapola l’insegnamento che se ne ricava non interessa la locuzione Euclidea, per cui
ciò che può essere asserito
senza prove concrete
può essere anche rifiutato
senza prove concrete.
L’esperienza penetrata non ci dimostra
l’esistenza di alcunché di divino,
ma ci aiuta a constatare quanto si è in grado di apprendere e di riconoscere da quell’esperienza. Tali raggiungimenti non sono nemmeno comparabili a quelli di altri, infatti ogni Io-psyché che si autorizza il vissuto penetrato integrale, viscerale lo farà a proprio modo, con le proprie caratteristiche, cultura e capacità. La constatazione vissuta al dì fuori del linguaggio verbale è patrimonio di chi la raggiunge.
Se si assume tale tipo di vissuto
il concetto del credere o del non credere va in remissione.
Le entità ipotizzate quali dio, divinità sono semplicemente credute e per i motivi indicati
non possono essere conosciute attraverso il vissuto diretto
altrimenti, semplicemente, non ci sarebbe il dogma
ma la descrizione del vissuto.
Si tratta soltanto di un pensiero con quel significato che non implica le onnipotenze e le onniscienze che vorrebbe indicare
La religione-spiritualità è una proiezione,
un’auto-mistificazione dell’Io-psyché:
ne riconosciamo la prova in quanto finora affermato e
nell’esistenza di migliaia di religioni-spiritualità nel mondo.
Probabilmente,
non più di una può essere quella vera.
Non è mai esistita nella storia conosciuta una
religione-spiritualità praticata dalla prevalenza degli esseri umani
e men che meno dalla
totalità degli esseri umani.
La non universalità
della religione-spiritualità,
il fatto che non si sia affermata in quel modo
è già di per sé la prova di incompleta comprensione.
Infatti, scambiando per vere
le proprie proiezioni,
i propri dogmi religiosi
ed identificandosi in essi,
si sono prodotte guerre, conflitti,
milioni di morti e di omicidi.
Si evidenziano conflitti, scissioni anche all’interno delle stesse fedi e credi.
Questa è opera soltanto di un Io-psyché dell’essere umano
non adeguatamente formato a se stesso
attraverso il vissuto diretto
e che non ha saputo porre
fine definitivamente al conflitto nella relazione,
alla propria volontà (spesso discrasica) di potere,
per cui vuole spiegare tutto, inventando addirittura dogmi,
che, di fatto, stanno avendo un unico effetto,
quello di ostacolare il riconoscimento
dell’Universi transfinito e delle sue leggi innate,
di cui siamo parte integrante e inscindibile.
Transfinito ossia mai finito, significa
che, non è mai del tutto conoscibile e richiede continue ricerche scientifico-coscienziali.
Anziché riconoscersi ricercatore in formazione continua a se stesso,
il credente proietta pensieri secondo i quali
esisterebbero esseri che conoscono tutto e che possono tutto.
Vi costruisce intorno Templi, Chiese, Ashram e li prega, li festeggia:
prega e festeggia
la propria invenzione di pensiero,
una delle attività patologiche narcisistiche collettive messe in essere su vasta scala.
I predicati attribuiti all’ipotesi Dio
sono antropomorfismi che andrebbero trattati soltanto come
meccanismi della proiezione narcisistica:
l’Io-psyché si sarebbe risparmiato migliaia di anni di inutili identificazioni-fissazioni in speculazioni religioso-spirituali intellettuali e in scientismi incompleti.
Alcuni ritengono che la trascendenza sia lo stato attraverso cui si dimostrerebbe l’esistenza di Dio, delle divinità.
Dopo averla vissuta centinaia di volte, in base alla mia esperienza, posso affermare che
la trascendenza è perfettamente raggiungibile
e sostenibile da ogni Io-psyché,
ma non dimostra enti come dio, divinità.
Spiego.
Il termine trascendenza
deriva da trans e ascendere che può significare
salire al di là.
Indica l’esistenza della realtà sovrasensibile, non localistica, saper percepire oltre il range sensoriale l’infrarosso, l’infrasuono, l’ultra violetto, l’ultrasuono, i contenuti dell’inconscio collettivo, di quello autopoietico innato e così via. È la componente sovrasensibile, inconscia, che non vediamo attraverso i sensi ordinari, sono le altre funzioni dell’Io-psyché che si estendono al non localistico.
La trascendenza è esperienza penetrata in azione
è dell’Io-psyché ed è raggiungibile da chiunque,
non è scissa dal sensibile percepito e funziona simultaneamente ad esso.
Man mano che la ricerca Sigmasofica prosegue, si evidenzia che la trascendenza è semplicemente un’estensione percettiva dell’Io-psyché applicata a quello che prima era sovrasensibile, inconscio, non localistico e che, se raggiunto, in qualche modo diviene sensibile, ossia
consapevolizzato attraverso il vissuto.
In queste esperienze di Io-psyché esteso e di suo potenziamento, anche il concetto di sacro in riferimento alla religione-spiritualità va in remissione.
In definitiva,
l’Io-psyché si
autocrea
una falsa rappresentazione della realtà esistente,
finalizzata a
ridurre l’intensità delle proprie paure
(tanatofobia latente),
l’intensità dell’incomprensione del punto morte e del dolore,
l’incomprensione delle cause dell’Universo,
l’impenetrazione dell’inconscio, del non localistico (…),
motivo per cui ipotizza e
proietta antropomorfismi facilmente spiegabili in altri modi.
Ripetendo per migliaia di anni i rituali del Dies Natalis Solis Invicti e del Natale Cristiano ha creato un’intensità condizionante, una coazione a ripetere,
così radicate e potenti
che di fatto gli sta impedendo di integrare
le nuove consapevolezze scientifico coscienziali alla
Tradizione rendendola
proiettivamente
(quasi)
immutabile:
si tratta di uno dei motivi fondamentali in conseguenza dei quali ho scritto questo saggio
Processi proiettivi simili vengono creati per il Capodanno ossia per il cosiddetto
primo giorno
che segnerebbe l’inizio dell’anno.
La trans-mutazione del Capodanno
In funzione di questo studio, per comprendere il Capodanno è necessario sapere che anch’esso è, rigorosamente, una
convenzione acquisita
creata dall’Io-psyché dell’essere umano.
Infatti, diverse culture e diverse religioni esistenti al mondo hanno
stabilito differenti inizi d’anno.
Ad esempio, è il calendario Gregoriano quello che stabilisce, convenzionalmente,
l’inizio dell’anno una settimana dopo il Natale
(che ora sappiamo si basa su presupposti superati o inesistenti),
precisamente
lo colloca nella notte di passaggio tra il 31 dicembre e il 1º gennaio.
Anche per il Capodanno, l’Io-psyché si è avvalso della supposta esistenza, proiettiva, della divinità Giano
(che abbiamo già incontrato)
che peraltro dà il nome
al mese di gennaio
(Janus).
Per definire il concetto di inizio, di fine, l’Io-psyché lo include nel concetto di spazio-tempo.
In generale, nell’acquisito, ognuno pensa di conoscere e di sapere che cosa sia lo spazio-tempo: una dimensione con la quale tutti convivono ogni momento nello spazio in cui si posizionano. Ho verificato che se molti dovessero spiegarlo, non saprebbero definirlo in modo esaustivo.
Lo spazio-tempo è un concetto, è una dimensione che non è così come sembra apparirci e che tutti automaticamente utilizziamo.
Attualmente, si applica il concetto di spazio-tempo a tutto l’Universi.
Negli applicativi acquisiti, si utilizza questo concetto per
misurare come si muovono le cose.
Nell’antichità, lo facevano, di nuovo
osservando il sole ogni giorno apparire, crescere,
poi lo osservavano decrescere, scomparire.
Prendevano a riferimento un punto comparandolo con un altro per muoversi e realizzare delle azioni, per incontrarsi. Quindi, lo spazio-tempo ha un senso, un riferimento se legato al movimento, alla comparazione di eventi. Abbiamo addirittura la sensazione che il
tempo scorra,
anche
quando dormiamo immobili e non siamo coscienti,
deduciamo comunque che sia trascorso del tempo,
anche se non facciamo niente e, molti, non sono consapevoli di niente.
Ma a ben vedere,
quello che si è mosso è la nostra percezione
in riferimento al movimento del sole
e, a seconda della sua posizione,
viviamo il giorno o la notte.
Tuttavia, ripeto per l’ennesima volta,
il sole irradia continuità di luce.
Di fatto,
l’Io-psyché ha, per così dire, separato il concetto di spazio-tempo dagli accadimenti del mondo, dell’Universo, altrimenti non vivrebbe il
condizionamento secondo cui
il tempo passa anche se non fa niente.
La proiezione consiste nel fatto di
immaginare che il tempo trascorra
come se fosse un ente esistente in sé
e indipendente da tutto il resto: in realtà,
ciò che si muove è l’Io-psyché che lo interpreta in quel modo
per esigenze acquisite
e compara i movimenti degli enti esistenti, le azioni.
Il tempo, qualunque cosa si intenda con questo termine,
è sempre lì dove è.
La pratica operativa delle autopoiesi olosgrafiche ci dimostra che il
tempo è una mera creazione acquisita
ed è privo di ogni
realtà innata
(se non che è stato creato dalla facoltà di poterlo creare come concetto).
Lo spazio-tempo esiste come convenzione utile acquisita,
ma non ha alcun riscontro a livello innato:
è una utility dell’Io-psyché.
Lo spazio-tempo è un concetto che trova il proprio ruolo in applicazioni dell’acquisito (scienze, organizzazione socio-culturale…) che ci siamo dati.
Prendiamo in esame il funzionamento innato di un ente che abbiamo già trattato: il Sole. Osservandolo, constatiamo che sembra nascere e che sia a contatto con la Terra; successivamente, vediamo che si innalza nel cielo e con questi riferimenti non è stato difficile elaborare il concetto di passato: prima che il sole si innalzasse, si trovava in un’altra posizione e condizione. Proseguendo nell’osservazione, giorno dopo giorno, abbiamo verificato che, dopo l’innalzarsi, produce il proprio abbassarsi fino a scomparire, facendo così emergere la notte. Dalla
constatazione delle ricorsività del suo movimento,
ci è stato facile poter
creare il concetto di previsione della posizione successiva
che avrebbe assunto e che, convenzionalmente, abbiamo denominato
il futuro.
Tale previsione ci consente di poter elaborare, con precisione, quando il sole sorgerà, quando il sole tramonterà. Tra questi due concetti di passato e di futuro, l’Io-psyché si rese conto dell’esistenza di un altro ente. I movimenti successivi prodotti dal sole gli fecero riconoscere la successione degli atti percettivi applicati e che, ad ogni percezione, seguiva la consapevolezza del percepito. Ebbene questo processo venne denominato
istante (percettivo)
e fu collocato esattamente sul
punto di confine, d’incontro, tra passato e futuro:
l’stante,
l’attimo presente.
Vediamo, nel particolare, alcuni applicativi, utilizzando un altro esempio. Se due esseri umani si posizionano in una stanza e uno dei due parla (atto presente), il messaggio sonoro per arrivare all’orecchio dell’altro che lo sente ci mette dei nanosecondi, quindi un tempo brevissimo, talmente breve da riconoscerlo come simultaneo. Se una delle due persone si sposta a Melbourne e l’altra resta a Roma e una telefona all’altra, la trasmissione dura alcuni millisecondi, ancora troppo poco per la percezione. Tutto ancora sembra essere simultaneo. Ma se una delle due persone diventa un’astronauta e si sposta su Plutone, prima di ricevere il messaggio dovrebbe aspettare un quarto d’ora, venti minuti e si renderebbe conto della
non simultaneità tra passato e futuro,
trasmissione messaggio-ricezione messaggio.
Anche se la persona posizionata su Plutone rispondesse subito, quella sulla Terra la riceverebbe dopo il tempo indicato: si verificherebbe, per così dire,
una dilatazione dell’istante, del presente,
che si sarebbe trasformato in un quarto d’ora, caso per cui non potremmo affermare
cogli l’attimo,
ma
cogli il quarto d’ora.
Il concetto di
in questo momento,
nella comunicazione nell’Universo,
smette di esistere così come lo conosciamo.
Abbiamo scoperto che, per la convenzione acquisita, la
distanza gioca un ruolo!
Approfondiamo.
La pratica delle autopoiesi olosgrafiche che ci ha condotto alla scoperta
dell’entanglement coscienziale
evidenzia che le funzionalità coscienziali viste in riferimento alle micro-particelle subatomiche
sono in grado di comunicare tra loro in-formazioni in modo istantaneo,
essendo connesse, come ci dice la scienza, in modo non locale.
In altri termini,
funzionano simultaneamente,
ossia, se inventassimo (non ne siamo lontani!) la tecnologia corrispondente a tale scoperta,
con la persona posizionata su Plutone
non dovremmo aspettare quindici minuti per ottenere la risposta.
Quindi, se a livello di funzionalità micro-particellari, subatomiche
le funzionalità sono simultanee,
anche il movimento delle cose, degli enti sensibili formati anch’esse da microparticelle devono funzionare nello stesso modo.
Il movimento localistico del sole che partecipiamo-osserviamo
da cui si evidenzia l’alba-tramonto,
visto dalle funzionalità subatomiche, di entanglement,
risulterebbe essere simultaneo.
In sintesi,
- se applico l’identificazione nel sensorio-percettivo, dalla Terra a Plutone ci vogliono quindici minuti per comunicare;
- se guardo al livello innato subatomico, la funzionalità è simultanea (oltre ogni velocità della luce) come la velocità. I concetti di spazio e di tempo vanno in remissione, quindi anche le concezioni acquisite passato-presente-futuro; futuro-presente-passato.
Ed è esattamente questo che i ricercatori in Sigmasofia hanno dimostrato in una decina di esperimenti ben congegnati: coscienzialmente, sono riusciti a trasferire, a comunicare un’immagine-emozione prodotta da alcuni posizionati a Torino ad altri posizionati a Il Cairo, in modo simultaneo: questi ultimi sono riusciti a visualizzarla e a sentirla. Quindi,
l’Io-psyché ha scoperto funzionalità acquisite, localistiche
che normalmente utilizziamo
e le ha sovrapposte a quelle innate, non localistiche.
Lo stato E.C.A. (Entanglement Coscienziale Autopoietico) ha iniziato a trovare conferme scientifiche con le ricerche del 1964 realizzate dal fisico irlandese John Stewart Bell, che sono state ulteriormente confermate dagli esperimenti di Alain Aspect (1981) al laboratorio di ottica di Orsay, di Yanhua Shih (2001).
Fu scoperta la cosiddetta
non località,
ossia la funzionalità innata fondamentale, operante nel mondo subatomico e che, operando in noi stessi (siamo formati da atomi, microparticelle), ci ha permesso di realizzare con successo l’esperimento di
comunicazione simultanea
a prescindere dalla distanza.
La situazione è particolare: l’essere umano funziona simultaneamente in
- modo localistico acquisito (spazio-tempo passato-presente-futuro)
e in
- modo innato con il continuo presente, la non località.
Quindi,
nell’Universo vige il principio di non separabilità degli enti
(entanglement micro-particellare e coscienziale).
Possono utilizzarsi entrambe le modalità anche
sintetizzandole in una
consapevolezza simultanea dell’innato-acquisito.
All’essenza della manifestazione sensibile legata alla spazio-tempo, esistono funzionalità innate che tengono in stato di inscindibilità, di non separazione le microparticelle che ci formano, evidenziando così un unico corpo, il già citato,
Universi-parte.
La scienza ha dimostrato che
le microparticelle veicolano in-formazioni
(vedi ad esempio, il D.N.A.),
evidenza di un processo che in questo articolo denominerò genericamente
determinismo olistico-autopoietico
dell’Universi-parte.
Alla luce di questi principi attivi, possiamo dire che
a livello profondo, essenziale, il
concetto di spazio-tempo va in remissione
e di conseguenza anche il
concetto di Capodanno
(inizio dell’anno, fine dell’anno):
nel continuo presente,
non se ne riscontra la legittimità che ovviamente
trova evidenza come
facoltà acquisita
(spazio-temporale)
esprimibile e vivibile (anche in modo divertente).
Avendo prodotto nuovi riscontri vissuti sul superamento delle funzionalità che avrebbero dovuto sostenere, legittimare, l’esistenza del Dies Natalis Solis Invicti, del Natale religioso, del Capodanno,
introduco
nuove riflessioni su tali feste.
Lo scopo è proporre ai ricercatori in Sigmasofia che ne facciano esplicita richiesta l’inserimento di una
nuova festività
(di una nuova consapevolezza
-meno proiettiva 😊-),
aderente, simmetrica, ai vissuti indicati che ho denominato:
la festa del continuo presente dell’insight intuitivo e sincronico
-oltre la ricorsività degli stereotipi-
o
Festa del
∑ophy-Insight.
Per far vivere quanto indicato, attualmente, attraverso la formazione, orientiamo i ricercatori verso la pratica di tecno-ontos-sophos-logie Io-somatiche che
permettono all’Io-psyché di riconoscersi come
autonomo dal corpo e dal sistema nervoso che lo veicola
e di vivere le sue
facoltà di de-localizzazione.
Lo scopo della festa è quello di
integrare alle festività tradizionali esistenti
quella che può celebrare le scoperte attuali e d’avanguardia sull’Universi-parte
e che, probabilmente,
vivremo nel
continuo presente
prossimo futuro.
A ben partecipare-osservare, si può rilevare che tutti i processi solstiziali fanno parte di un unico processo vitale, sempre attivo, sempre acceso.
È l’unico e vero A-thanor dell’alchimista, dell’Io-psyché che indaga se stesso, che transmuta il vil metallo in oro, che trasforma le proprie identificazioni acquisite nella percezione dell’olistico-autopoietico,
non deteriorabile.
A-thanor deriva dal greco a-thanatos che significa
ciò che si rinnova
e non muore mai.
In questo, con forme diverse, riconosciamo uno degli orientamenti specifici della Sigmasofia: vivere la
continuità di luce,
la simultaneità
significa avvicinarsi al riconoscimento delle
forze Universali
(che includono quelle solari)
perenni, transfinite:
il fuoco segreto.
Al di là delle produzioni, giorno-notte, bene-male, gioia-sofferenza, il denominatore comune è
l’Universi-parte
(A-thanatos)
in quanto
è continuamente (trans-finitamente) acceso,
in vita-autopoiesi e produce,
sempre in modo mai finito
(nascite e morti di esseri viventi, di stelle galassie…).
Le nuove consapevolezze vissute,oggi ci suggeriscono che è
maggiormente congruo e simmetrico occuparsi delle
funzionalità innate di A-Thanatos,
l’Universi-parte
da cui tutti i processi indicati, di fatto, si evidenziano.
Oggi conosciamo con certezza l’esistenza dell’Universi, dell’entanglement e che tutti ne siamo parte.
- Ma, che cosa nell’interiorità fa nascere la luce che illumina il buio, in perfetta sincronia con le funzionalità naturali innate dell’Universi-parte?
È ciò che
porta chiarezza
nei bui coscienziali:
è la presa di consapevolezza,
l’insight intuitivo e sincronico:
il ∑ophy insight
(insight di saggezza
vissuta).
Si iniziano a riconoscere gli elementi che andranno a formare la
naturale transmutazione del
Dies Natalis Solis Invicti,
del Natale cristiano,
del Capodanno.
Ricapitolando:
dalla
transmutazione
del vissuto del sole invincibile
in insight intuitivo e sincronico di prese di consapevolezza dell’Universi
si giunge alla percezione delle funzionalità innate transfinitamente in vita-autopoiesi nell’Universi.
La creazione del ∑ophy insight
può avvenire in ogni momento.
Per questo motivo, al di là di ogni proiezione, la nuova festa che propongo ha la seguente massima:
dal continuo presente insights intuitivi e sincronici
per lo spazio-tempo che denominiamo,
il futuro,
la festa del
∑ophy-insight.
Il continuo presente è una condizione che
include e trascende ogni spazio-tempo:
è la trascendenza della triade passato-presente-futuro.
Lo spazio-tempo è una proprietà,
emergente dal continuo presente.
L’Universi, di cui siamo parte integrante e inscindibile, è ciò che esiste ed è in grado di evidenziare lo spazio-tempo che
non ha avuto un inizio e non ha una fine,
se non per l’Io-psyché acquisito identificato nello spazio-tempo che in quel modo interpreta.
Quando si evidenzia lo spazio-tempo,
c’è spazio per creare il futuro.
Ad esempio, le scienze, le ricerche sulla coscienza, ampliando le proprie capacità cognitive, oggi, possono essere tecnicamente in grado di fare
previsioni.
Ciò, talvolta, ci permette di prevedere l’esito di molte situazioni:
anticamente sapevano prevedere che il sole sarebbe tramontato e che sarebbe risorto, giornalmente e al solstizio, conoscenza che era frutto dell’esperienza e dell’osservazione.
Nella Sigmasofia, ciò è letto come il naturale esito delle estrapolazioni di consapevolezza e di insegnamento che si riconoscono nell’esperienza vissuta e penetrata.
L’esperienza penetrata e vissuta è il modo attraverso cui procediamo per creare conoscenza del sensibile e del sovrasensibile. Da una parte, consiste nella raccolta degli insegnamenti, degli apprendimenti estrapolati dalle esperienze incontrate, al di fuori del linguaggio verbale, apprendimenti che vengono sintetizzati nell’
archetipo acquisito funzione Ypsi
(la consapevolezza d’avanguardia prodotta)
che guiderà la teoresi anche logico-razionale conseguente.
L’espressione
metodologia Sigmasofica
si riferisce ad un’unica consapevolezza in cui si distingue
un unico significato-significante
(in continua auto-transmutazione).
L’Io-psyché diviene tecnicamente in grado di riconoscere il realmente vissuto, discernendolo dalle sue stesse eventuali proiezioni, speculazioni metafisiche, religioso-spirituali, filosofiche.
In taluni casi, può quindi evidenziare
l’ostacolatore demarcazione
(commistione tra esperienze realmente vissute ed
esperienze non realmente penetrate ma soltanto pensate).
Il ricercatore in Sigmasofia perviene alla
formulazione di una nuova funzione Ypsi,
al momento della propria produzione vissuta
dell’insight intuitivo e sincronico.
L’Io-psyché del ricercatore non formula ipotesi,
semplicemente descrive l’esperienza vissuta,
senza speculazioni intellettuali.
Punta tutto sulla facoltà di riproducibilità dell’insight intuitivo e sincronico,
funzionale alla conoscenza di se stessi:
l’Universi-parte.
Assume inoltre di celebrare tale facoltà durante la
festa del ∑ophy INSIGHT
che verrà eseguita ogniqualvolta
l’Io-psyché lo riterrà opportuno
per se stesso.
Se i ricercatori in Sigmasofia lo vorranno, potranno parteciparvi tutti insieme ad ogni
solstizio d’estate
(perché no…),
in occasione del
∑ophy International Congress
Affinché la
festa del
∑ophy insight
disveli i suoi significati-significanti
innati-acquisiti Nello MANGIAMELI
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