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PRANA, VITA, KI, QI, CH’I
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PRANA, VITA, KI, QI, CH’I

Il termine prana deriva dal sanscrito e significa semplicemente vita, ma anche, come la parola psyché, assume il significato di soffio, respiro.

Per questi motivi è possibile affermare che tutti gli esseri detti appunto viventi siano portatori di prana, di vita. La continuità di manifestazione del prana, della vita, viene utilizzata per vivere tutte le funzioni Io-somato-energetiche (autopoietiche creabili, agibili da un essere vivente: funzioni somatiche del corpo, funzioni psichiche istintivo-emozionali, sensoriali e razionali (…)  e funzioni energetiche delle microparticelle cellulari, atomiche, quantistiche (…), che vanno letti come un processo unico. Tutto questo è semplicemente necessario a tenere acceso, in vita, il corpo e a farlo agire, sperimentare.

Gli esseri viventi utilizzano come strumento fondamentale per dare continuità di manifestazione della vita nell’Io-soma in cui ognuno si riconosce, alla respirazione, in quanto si è partecipato-osservato senza dubbio che ove si intervenisse inibendola con continuità l’Io-soma-autopoiesi interessato produrrebbe il punto morte, ossia un modo di circolare del prana, della vita diverso. Qui c’è da intendere che

il prana non coincide con ciò che in occidente denominiamo ossigeno
(che estrapoliamo dall’aria),

intendendo quest’ultimo soltanto come uno degli ingredienti formanti il prana, la vita.

Verificando che coinvolgeva l’atto del respirare, nella tradizione orientale decisero di dare valore a tale principio attivo, a tale funzione e la denominarono, appunto pranayama, dove prana significa appunto, vita, respiro e yama che è la denominazione del Deva (divinità) della morte, preposto secondo la tradizione

al controllo e al trapasso nel punto morte
(ossia a ciò che accade se inibiamo il respiro).

Pensarono; se controlliamo il respiro, di conseguenza, possiamo controllare il prana, la vita (a cui aggiunsero il Pratyahara ossia il ritiro della mente dagli oggetti). Per questo motivo, puntarono all’estensione del respiro stesso, il tentativo era di gestirlo, infatti il termine Ayama (che troviamo inscritto in pranayama, significa espansione, lunghezza del respiro).

Se il respiro è una funzione fondamentale della vita, del prana, allora saperlo gestire controllare può determinare anche effetti di guarigione del corpo e della psyché che, come sappiamo, non sono scindibili sono un processo unico, ma a quel tempo li distinguevano: quindi, di conseguenza, attraverso questo presumevano di poter gestire e rigenerare squilibri e disfunzioni tra corpo e psyché.

In questo quadro, intesero il prana, la vita, la respirazione come il processo energetico più a contatto con il corpo, la cui funzione consiste nell’infondere con continuità vita, vigore, continuità di funzioni quindi di salute, di assenza di patologia, o nel caso fosse presente la possibilità di guarirla.

Essenzialmente, ritenevano che l’Io-soma avesse necessità di assumere prana per mantenere di un sano equilibrio Io-somatico e per fare questo occorreva respirare ossigeno da luoghi non inquinati e allo stesso modo per gli alimenti, per apportare contenuti nutritivi non inquinati. Una delle estensioni di tale modo di procedere fu quella di pensare che entrare a contatto con persone che adottavano quello stile di vita puro, non inquinato potesse indurre dei benefici, una sorta di prano-terapia, di vita-terapia.

Proviamo ora ad occuparci degli altri termini: ki, qi, ch’i.

La questione è molto semplice:

in cinese e in coreano rispettivamente si pronunciano qi (ch’i o ci) in giapponese ki, sono lo stesso processo!

Anche qui, questo nome coincide al nome dato all’energia interna dell’Io-soma degli esseri viventi,

Il ki include le energie fondamentali dell’universo, ossia anche qui della vita da cui si evidenzia l’Io-psyché. Nell’antica Cina pensavano che essendo all’origine dell’essere vivente ma anche delle cose, potesse veicolare principi di auto-guarigione, ma anche di presenza in tutte le azioni, le arti esprimibili. A seconda dell’essere vivente, questo ki, questa vita poteva evidenziarsi nei modi più diversi in base appunto all’uso che ne facevano, per questo poteva essere letto il ki, come veniva utilizzato da ognuno, ma il ki è un processo dell’universo innato, comune a tutti, tanto che in base a questo si spinsero anche alla predizione del destino, ossia in base alle caratteristiche di utilizzo del ki si poteva intuire il futuro, il destino. Come noterete tale orientamento può essere applicato anche al termine prana, vita, di fatto sono lo stesso processo innato in azione. È stato anche verificato che il termine spiritus, è equivalente al termine Ki, che significa appunto respiro, vita.

Anticamente avevano stabilito che all’interno di ogni essere vivente ci fosse un’energia propria di quel corpo, essenza individuale, che gli consente di vivere e di evidenziare la propria identità, individuazione. Avevano intuito che il corpo fosse formato da processi inscindibili (cellule, microparticelle) mossi e parti integranti di questo ki, di questa vita, una respirazione interna che soltanto dopo diverrà respirazione polmonare, il ki è respirazione interna è ciò che determina il funzionamento delle cellule.

Tale vita, tale ki esiste da sempre nell’universo per questo proviene da un passato antichissimo se si vuole dare un riferimento, la misteriosofia dei luoghi da cui si è evidenziata la vita o viceversa, per questo motivo, il ki è un archetipo ancestrale che appartiene a tutti gli esseri che ci hanno preceduto e che verranno successivamente, Nel Ki, nel prana, nella vita, si condensa come in un cifrario il significato dell’esistere. Non a caso il ki è anche denominato forza vitale che scorre in ogni organismo esistente e di cui tutti sono tramite. Per questo motivo, ossia per il fatto che opera in ognuno di noi si può raggiungerlo consapevolizzarlo mentre opera in noi, per questo motivo non è assimilabile da altri (che se vorranno lo consapevolizzeranno in loro stessi), nessuno può mediare per conto terzi un’energia che soltanto la formazione a se stessi può raggiungere e consapevolizzare.

Riferiscono che tale vita, tale ki chi o come lo si voglia chiamare, fluirebbe negli organi interni e in enti denominati meridiani, da cui genererebbero tutte le funzioni dette vitali dell’organismo. Per questo motivo, ad esempio, nelle arti marziali (aikido) si utilizza tale forza vitale concentrata nell’azione che si vuole svolgere.

Il Ki nella simbologia è rappresentato con il

vapore che sale dal riso in cottura
(fondamento della nutrizione e di continuità di flusso del ki nel corpo).

 Se la presenza del ki nel corpo è elevata, intensa si dice che è un essere pieno di vita e questa gli viene dall’interazione con l’ambiente, con la natura. Quando questo si riduce il ki circolerebbe in misura inferiore, meno intensa e l’azione è debole, rinunciataria.

In Sigmasofia denominiamo tali forze con il termine del Bios uno degli ingredienti fondamentali dell’Io-psyché e ci alleniamo, per così dire, a consapevolizzare il bios, il ki. Per questo motivo, nella ∑ophy Martial Art l’accumulo di bios e la sua emanazione utilizzo sono simultanei, ma tale flusso, interiormente, può essere ostacolato (difese, ostacolatori Io-somatici ed energetici). Per questo motivo, tale bios deve essere equamente ed omogeneamente distribuito nell’Io-soma-energia, non a caso

tale armonia in Giapponese viene denominata, Ai
da cui il termine della disciplina marziale ai-ki-do.

In ∑ophy Martial Art seguiamo l’impiego del bios per fini conoscitivi, su base vissuta.

La pratica e il raggiungimento dell’Ai-ki è quello di controllare e gestire le funzionalità del corpo mentre agiamo in perfetta armonia con le forze del bios innate, e il termine Do significa Via, ciò che conduce.

Ai-ki-do significa quindi,

Via che conduce alla consapevolizzazione armonica del ki, dell’energia universale

Altra disciplina che presume di agire nello stesso modo è il rei-ki nome che deriva dalla pronuncia di due caratteri giapponesi, ossia rei che significa letteralmente aldilà o lo spirituale e ki forza vitale, ossia la

forza vitale dello spirituale, dell’aldilà

Lo si utilizza anche in questo caso con l’imposizione della mani (non in modo marziale).

Con l’imposizione delle mani presumevano un atto curativo: tutto nasce dalla tradizione egizia in cui su alcuni papiri erano descritti guaritori in grado di arrestare emorragie con la sola imposizione delle mani. Via via nella tradizione ad alcuni esseri umani è stato attribuito il potere di poter esercitare atti curativi con l’imposizione delle mani. In sintesi, si tratta della cosiddetta pranoterapia, che di fatto impone le mani sulla parte malata allo scopo di trasmettere appunto prana dal corpo del terapeuta a quello del paziente, ma riferendosi il prana ad una energia innata prevalentemente spirituale non dovrebbe essere utilizzata prevalentemente per la terapia ma quanto per la conoscenza, molti la usano esclusivamente come presunta terapia. Ma non avendo dimostrato risultati adeguati per legge gli operatori del settore sono stati invitati a denominarsi, prano-pratici.

Nella pratica della vita ossia del prana, del ki o ch’i devi essere in movimento come la vita stessa, se non sei parte integrante e consapevole ogni movimento di vita ti troverà in ritardo rispetto alla sua presa di consapevolezza. Muoversi simultaneamente all’evento partecipato per estrapolarne l’intenzionalità innata. Se si raggiungerà tale stato ti muoverai consapevolmente secondo natura. Se pensi come l’evento accadrà in realtà non ti renderai conto dei suoi movimenti innati ma soltanto del movimento e dei significati prodotti utilizzando il tuo pensiero. Soltanto quando produrrai fusionalità consapevole con l’evento, con la natura, ci si potrà rendere conto dei movimenti e dell’intenzionalità dell’evento in quanto la staremmo partecipando, la fusionalità si dice che respira all’unisono ed in questo stato di consapevolezza che potrai sentire eventuali cambi di stato dell’evento, una delle funzioni della ∑ophy Martial Art.

 


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