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METODO SCIENTIFICO E METODO COSCIENZIALE
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METODO SCIENTIFICO E METODO COSCIENZIALE



Etimologia

La parola metodo deriva dal greco methodos (da meta, che significa dopo e hodos cammino), quindi

cammino dopo,

da cui methodeyo che significa vado dietro, anticamente lo riferivano

all’andar dietro per ricercare.

La parola scienza deriva da sciens, scire, che significa sapere, in estensioni utilizzate significava il

sapere acquisito attraverso la pratica, la meditazione e lo studio.

Sapere deriva a sua volta dal greco saphes che significa di sapore penetrante, da cui

soph-os

che significa

uomo che ha buon naso
(ossia scaltro, saggio).

La definizione etimologica potrebbe quindi essere:

vado dietro per ricercare il sapere,
il sapore penetrante in modo scaltro, saggio.

Per quanto riguarda il termine coscienziale riferito al metodo coscienziale, potrebbe essere:

coscienza dal latino conscire che significa essere consapevole, e scire che vuol dire, appunto, sapere.

Anche in questo caso, la definizione etimologica è la stessa ossia

vado dietro per ricercare il sapere,
il sapore penetrante in modo scaltro, saggio,

 soltanto che in questo caso veniva inteso come

sentimento che accompagna la scienza.

Elemento comune ai due metodi

Possiamo chiederci,

ma entrambi i metodi dietro a che cosa vanno?

Dietro la ricerca del sapere,

ma questa è un prodotto dell’Io-psyché!

Infatti, a questo punto, è facile affermare che entrambi i metodi sono creati dall’Io-psyché che li edifica e che, per fare questo, deve sperimentarli: da ciò che sperimenta e penetra, estrae lo stato dal sapore penetrante, scaltro, saggio. Non a caso, l’etimologia della parola scienza richiama alla meditazione, che è una pura attività coscienziale.

Si tratta, quindi, per entrambe dell’espressione della modalità per

produrre conoscenza della realtà esistente.

Soltanto successivamente hanno descritto e parlato di evidenze empiriche, scaturenti da esperimenti, oltreché da ipotesi e teorie, che possono essere elaborate soltanto dall’Io-psyché, in quanto non disponiamo di altri strumenti: si assume ancora che tali ipotesi e teorie dovranno essere poste al vaglio dell’esperimento ben congegnato, per testarne la validità.

Da ciò si evidenzia quello che, in filosofia della scienza, viene denominato il problema della demarcazione, ossia ciò che si prefigge di definire e, quindi, di stabilire i limiti della scienza, per distinguerla da quello che denominano pseudo-scienza (metafisica, religione, spiritualità, poesia).

A questo punto, possiamo chiederci:

come è possibile trovare demarcazione alla scienza ossia al sapere?

Il problema della demarcazione

Ogni nozione, ogni in-formazione fa parte del sapere, della conoscenza.

Di fatto, ad oggi non è stato possibile trovare il confine, univocamente accettato e il motivo è semplicissimo, perché il sapere è un prodotto dell’Io-psyché, realizzato attraverso l’esperienza che sia il ricercatore scientifico che quello coscienziale (metafisico poeta e similia) attuano: nessuno dei due è vero o falso, in quanto sono entrambi esistenti.

Esiste la conoscenza e non la conoscenza scientifica o le altre conoscenze, terminologia conseguente ad un’ingenua proiezione dell’Io-psyché, identificato in un solo sapere.

La questione risulta complessa, perché coinvolge la vita quotidiana di tutti: le decisioni della magistratura si avvalgono delle conoscenze scientifiche, ma se non sanno qual è la demarcazione, se sono intellettualmente corretti, come è possibile per loro decidere?

Se applicassero le implicazioni straordinarie dell’entanglement (di cui si dice è verificato scientificamente), mi chiedo come potrebbero farlo.

In passato, astrologia e alchimia erano considerate scientifiche ora non lo sono più, e a deciderlo è stata un’opinione dell’Io-psychè.

Oggi, l’omeopatia è inserita tra le pseudo-scienze o medicine alternative, ma come si fa a non inserire i principi di Hannemann (medico!) tra il sapere, nel patrimonio della conoscenza?

Sono presi dalla dicotomia tra episteme e doxa di sapore antico, tra vera conoscenza, episteme ed opinione, doxa.

Secondo altri, una conoscenza può essere considerata scientifica, se segue lo schema:

  • riconoscimento del dato da studiare
  • formulazione dell’ipotesi
  • conseguimento delle deduzioni
  • elaborazione delle sperimentazioni di verifica
  • ripetibilità in tutti laboratori.

Sono i passaggi necessari ad ogni metodologia e non soltanto a quella cosiddetta scientifica, in quanto è scientifico ciò che trova conferma attraverso la sperimentazione ed è ripetibile. La demarcazione, quindi, sembra essere determinata dalla discriminante esperienza di verifica e ripetibilità, o meno (verificazionismo). Quindi,

partendo da sperimentazioni particolari, si cerca di giungere a leggi universali
(metodo induttivo).

Ma, come diceva Russel, se, in base all’esperienza che fa di nutrimento giornaliero, ottenuto dal contadino, per induzione il tacchino dovesse pensare che ogni giorno a seguire potrà ottenere cibo, appunto perché è questo ciò che gli dimostra l’esperienza, si troverebbe a disagio il giorno del ringraziamento, quando (negli U.S.A.) tutti mangiano tacchino: scoprirebbe che quell’induzione avuta non corrisponde alla realtà.

Falsicabilità

Non basta l’esperienza, l’osservazione perché queste sono intrise del livello di consapevolezza, della teoria di chi le applica e ridotte a quel range: spesso, questa pregiudiziale è presente e riduce-collassa l’esperimento, l’osservazione. È questa che porta quei soggetti non ad indurre, ma a dedurre in modo condizionato. In risposta a questo, è stato introdotto il concetto di falsificabilità: ossia, l’interesse per la dimostrabilità si riduce e si evidenzia di più la caratteristica che quell’osservazione, quell’esperimento possa essere confutato.

Di fatto, non possono ottenere certezza, perché in un Universi che, allo stato, è transfinito anche le possibilità di innovative ricerche e scoperte sono dello stesso tipo. Prova ne è il fatto che molti eventi, considerati scientifici, sono stati smentiti e transmutati successivamente,

la storia della scienza, del sapere è questa.

Ciò che può caratterizzare il metodo può essere la facoltà di poter prevedere fenomeni futuri, ma sempre nella certezza che nel

proseguimento della ricerca sarà falsificata, smentita, superata, confutata, e questa ha valore per qualunque stato di consapevolezza.

Voglio comunicare che qualunque concezione, qualunque stato di consapevolezza, non importa con quali caratteristiche, può innescare la sperimentazione o essere il risultato della sperimentazione stessa, da penetrare e, successivamente, da risalire e da transmutare.

Euristica autopoietica

L’Universi, di cui siamo parte integrante, è transfinito e, quindi, le prese di consapevolezza, conseguenti a metodologie scientifiche e coscienziali,
sono dello stesso tipo:

si tratta di ciò che, per la Sigmasofia, viene denominata

l’euristica autopoietica.

Quindi, non si tratta di riconoscersi verificazionisti o falsificazionisti induttivi o deduttivi, scienziati o poeti: sono tutti prodotti dell’Io-psyché, il comune denominatore della questione.

Di conseguenza, non c’è differenza tra scienza e coscienza-filosofia, in quanto, se il metodo, ossia

l’andar dietro per ricercare

è attuato, per entrambe, si evidenzierà la

facoltà di essere ricercatori in formazione continua a se stessi,
inteso come parte integrante e inscindibile (entangled) dell’Universi.

Per questo motivo la

 metodologia Sigmasofica è utile a

creare innovative e nuove prese di consapevolezza pratico-teoriche

dell’Universi-parte transfinito,
se stessi.


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