- Incipit
- “Sta nascendo una scienza della coscienza?”, prof Mario BRUSCHI
- “La ReSuRRezione”, Padre Anthony ELENJIMITTAN
La prefazione allografa (scritta da terzi) è un testo scritto da uno o più studiosi, di solito molto esperti, che viene posto all’inizio dell’opera. Lo scopo è illustrare il contenuto dell’opera stessa, il metodo di lavoro dell’Autore, nonché di inserire proprie valutazioni e giudizi.
Di solito, la prefazione contribuisce a chiarire lo scopo dell’Opera, a dargli forme di riconoscimento specializzato.
Considerata la vastità dell’opera (sedici volumi e migliaia di pagine), ho ritenuto opportuno utilizzare, come prefazione alla S.T.o.E., saggi di ricercatori di altre discipline che, in questi trent’anni di lavoro, sono venuti in contatto con la Sigmasofia.
Ho scelto:
- un docente universitario di Fisica Teorica, il prof. Mario BRUSCHI con il suo saggio, Sta nascendo una Scienza della Coscienza?
(prefazione a N. Mangiameli, Y L’Arte Marziale, Edizioni Mediterranee)
- un religioso-spiritualista d’eccellenza, Padre Anthony ELENJIMITTAM, con il suo saggio La Resurrezione
(prefazione a N. Mangiameli, La Resurrezione, Edizioni Gli Ennagoni)
I saggi scelti sono, in diversi modi, affini ad alcuni dei messaggi olistico-autopoietici, veicolati dalla S.T.o.E. Essendo stati scritti anni fa, quando quella che è oggi la Via di conoscenza Sigmasofia era conosciuta con altri nomi, evidenziavano quelle denominazioni che, semplicemente, ho sostituito con definizioni Sigmasofiche attuali e definitive, senza, ovviamente, modificare il testo.
Nei fatti, i miei libri hanno trovato la loro naturale transmutazione e sintesi nella S.T.o.E.: per questo motivo, quelle prefazioni-saggi sono ancora oggi perfettamente pertinenti e simmetrici a questa Opera. I loro autori individuano e sigillano momenti fondamentali della ricerca pratico-teorica, trentennale.
Entriamo.
STA NASCENDO UNA SCIENZA DELLA COSCIENZA?
Prof. Mario BRUSCHI
Fisico teorico presso l’Università “La Sapienza” di Roma, si è occupato professionalmente di Dinamica Nonlineare. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.
La S.T.o.E. Sigmasophy Theory of Everything, di Nello Mangiameli illustra conoscenze e tecniche riguardanti la mente e la coscienza, conoscenze e tecniche frutto di una ricerca personale ed interiore e quindi necessariamente soggettive. Perché dunque la prefazione è scritta da un fisico? Che cosa può mai avere a che fare la Fisica (cioè la parte hard della scienza moderna) con la mente e la coscienza?
Se questa domanda fosse stata posta un tempo non molto remoto (diciamo 60-70 anni fa) la risposta sarebbe stata: niente (o quasi). Ma le cose stanno cambiando e in effetti è già in embrione quella che è stata definita “scienza della coscienza”, cioè lo studio scientifico della mente e della coscienza (tutti termini che non voglio – e comunque non potrei, non ancora! – definire in maniera precisa, “scientifica” e che vanno quindi intesi nell’accezione comune). La cosa dovrebbe risultare assai sorprendente. In effetti la scienza moderna nasce 4 secoli fa (convenzionalmente con Galileo) come, citando proprio Galileo, “l’arte di pore domande alla natura e di ascoltarne le risposte”, tenendo conto che “la natura parla in linguaggio matematico”. Esplicitando leggermente anche i presupposti “filosofici” impliciti, la situazione è:
- Esiste una realtà esterna (un mondo oggettivo, materiale, indipendente da noi e dalla nostra eventuale indagine); che questo mondo/realtà/Universo sia frutto del caso, di ogni disegno cosmico o di un principio ordinatore immanente o sia creazione di un agente “esterno” (Dio o demiurgo), per la scienza è irrilevante.
- Questa realtà esterna è retta da leggi naturali e immutabili.
- Queste leggi possono essere scoperte e almeno parzialmente comprese dall’uomo (parlo di uomini perché non siamo a conoscenza di altri esseri senzienti, ma è sottinteso che se tali esseri esistessero, arriverebbero alla nostra stessa scienza – le leggi fisiche sono “oggettive”!).
Questi tre punti, benché facciano ancora largamente pare del background della nostra cultura, sono in sé opinabili e di fatto non sono condivisi in molte culture anche attuali:
- In molte “visioni del mondo” la realtà esterna è illusione, “maya”, proiezione della coscienza, inoltre la posizione solipsistica estrema (io solo esisto) è ovviamente inattaccabile da un punto di vista razionale/logico.
- La concezione di una “legge” oggettiva e immutabile, cioè un principio di causalità forte, è chiaramente frutto della nostra cultura occidentale, un modo di vedere che stiamo esportando attualmente in tutto il mondo; comunque anche da noi nel passato (e forse nel futuro, vedi i movimenti “new age”), tale principio non era unanimemente condiviso (alcuni pensavano in termini teleologici anziché causali, altri vedevano in opera nella natura una vis vitalis, una forza immanente organica, una anima mundi).
- Che la nostra mente possa comprendere la natura, è ancora un fatto fortemente misterioso. Gli evoluzionisti diranno che attraverso il processo di selezione naturale il nostro cervello si è configurato in maniera tale che sia così, i creazionisti diranno che è un dono di Dio, i solipsisti diranno che, essendo il mondo una nostra figurazione mentale, non è sorprendente che lo si possa comprendere… in realtà, come diceva Galileo, sembra veramente che la natura sia scritta in linguaggio matematico: tanto è vero che la Meccanica Quantistica, la teoria fisica che descrive con ottimo successo la realtà microscopica e che fornisce descrizioni di questa realtà ultima, fondamentale, ben lontane da (quando non in aperta opposizione con) il senso comune, pure è “facilmente” comprensibile a livello matematico. Intendo dire che in Meccanica Quantistica troviamo leggi e affermazioni che sembrerebbero a prima vista o contraddittorie o comunque inesprimibili nel linguaggio comune (ad esempio si può affermare che una cosa non si muove ma neanche è ferma, che è qui ma nel contempo non è qui – vedi anche dopo.): eppure questa ineffabilità cede ad un opportuno formalismo matematico… Epperò anche nel campo semantico/matematico è in corso un acceso dibattito su come ciò sia possibile. Semplificando, anche qui emergono due posizioni opposte: per gli uni, la matematica è una nostra creazione, e dato che la abbiamo creata per descrivere il mondo, non dobbiamo stupirci se essa descrive abbastanza bene il mondo (!); per gli altri, le “verità” matematiche (2+2=4, il teorema di Pitagora, l’ultimo teorema di Fermat, gli spazi di Hilbert multidimensionali) sono indipendenti da noi, sono là in una specie di mondo delle idee, in attesa di essere scoperte (da Pitagora, da Hilbert, da Fermat). Non si capisce quindi ancora come la mente, la coscienza, attingendo a questo astratto mondo Platonico, possa poi descrivere la “realtà” (a meno di ammettere che la realtà sia costruita (da chi?) su questo progetto ideale) (1)
Ritornando a Galileo e ai presupposti della scienza attuale, vogliamo sottolinearne ancora il carattere “sperimentale” (porre domande alla natura-esperimento) e matematico (il libro naturale è in linguaggio matematico – i risultati degli esperimenti sono traducibili in numeri e altre entità matematiche). Vogliamo qui rimarcare che questo “metodo” scientifico, benché abbia evidentemente portato a innumeri risultati e conquiste, pone de facto gran parte della realtà al di fuori del campo di indagine scientifico. In effetti la scienza può occuparsi solo dello studio delle “grandezze fisiche”, cioè di quelle cose per le quali può essere dato un set di operazioni di misura, in ultima analisi di tutto ciò che può essere ridotto a numero! Questo non è molto chiaro alla gente comune: comunemente veniamo persuasi che la scienza può occuparsi di tutto, che gli scienziati possano dare una opinione “autorevole” in qualsiasi campo! Ciò è profondamente falso, per esempio la scienza non può occuparsi della bellezza, semplicemente perché nessuno è riuscito a trovare un adeguato set di operazioni per misurarla… (ancora più sorprendente dovrebbe perciò apparire il fatto che la scienza sta iniziando ad occuparsi della coscienza: ma procediamo con ordine).
Ci sono ancora due presupposti del metodo scientifico anch’essi raramente esplicitati nei libri di testo ma che sono profondamente radicati nella forma mentis degli scienziati e ne condizionano ampiamente il modus operandi (e qualcuno ha giustamente osservato che in fondo ” la scienza è quello che gli scienziati fanno”). Questi principi nascosti sono:
riduzionismo
separabilità.
I due principi sono connessi tra loro e dato il loro significato “tecnico”, dovremo spendere alcune parole per spiegarli nel linguaggio comune. Riduzionismo significa che ogni cosa può essere scomposta in parti più semplici: conoscere queste parti più semplici e come sono assemblate permette di conoscere “tutto” della cosa in questione. Riconoscerete ora che il riduzionismo ha retto la ricerca scientifica degli ultimi secoli e anche gran parte del modo di pensare comune: per conoscere come e perché funziona un orologio, bisogna smontarlo, esaminare il disegno e la funzione dei singoli ingranaggi e come sono collegati tra loro; per conoscere come e perché funziona il corpo umano, bisogna smontarlo (…), esaminare i singoli organi e le loro funzioni (fegato, cuore…) e se non basta bisogna smontare gli stessi organi (in sotto-organi, in cellule, in proteine, in DNA); per conoscere la materia, basta smontarla (in molecole, in atomi, in nuleoni ed elettroni, in quarks, forse in stringhe..). Questa visione “meccanicistica” è stata indubbiamente fruttuosa (ci ha dato molte conoscenze, medicine, macchine) ma proprio ultimamente sta mostrando i suoi limiti con la contemporanea emergenza e in campo scientifico e nel pensare comune del suo opposto/complementare cioè l’Olismo. Una visione olistica ammette che l’insieme possa essere maggiore della mera somma delle parti, cioè che possano esistere proprietà emergenti, cioè proprietà che non sono spiegabili in termini dei, o direttamente riconducibili ai, costituenti di un sistema (specialmente se il sistema è sufficientemente complesso). Per caprici: non si può spiegare/comprendere un gatto studiandone le orecchie, i reni, le cellule… questo può tutt’al più portare a una conoscenza del cadavere del gatto – e secondo alcuni, neanche di quello). Per separabilità si intende che è sempre possibile separare (spazialmente e/o temporalmente) un sistema in due sottosistemi distinti, con la implicita ammissione che se i due sottosistemi sono “sufficientemente” separati essi non interagiscono più tra di loro (cioè non si influenzano più vicendevolmente). È evidente che la separabilità è una premessa essenziale del riduzionismo, ma qui vogliamo metterne in luce un aspetto specifico: conseguenza / corollario della assunta separabilità è la possibilità di effettuare la distinzione fondamentale nel campo della scienza ‘classica’ cioè la separazione tra soggetto osservante (scienziato, sperimentatore, osservatore) e oggetto osservato (materia, energia, particelle…). Cioè si ammette che l’osservatore possa non alterare la realtà osservata (o quantomeno che tale alterazione si possa minimizzare a piacere e che gli effetti della stessa alterazione siano in linea di principio prevedibili e che quindi, volendo, possano essere inclusi nei ‘calcoli’). Certamente questo sembra un presupposto irrinunciabile per una scienza oggettiva: se non fosse vero, avremmo esperimenti che dipendono tanto dalla realtà esterna quanto dallo sperimentatore (per inciso, è esattamente quello che sembra avvenire nel contestato campo della Parapsicologia scientifica). Quindi cura e dovere primari dello scienziato erano ridurre il più possibile l’indebita interferenza dell’osservatore sulle cose osservate; questo in ultima analisi voleva dire escludere la mente (la coscienza, se preferite) dai laboratori e attribuirle un ruolo specifico, diverso, dal resto dell’Universo osservabile. Che cosa è dunque accaduto che ha aperto le porte ad un possibile capovolgimento di tale atteggiamento, per effetto di quale rivoluzione copernicana si tenta ora di portare la mente e la coscienza sotto la lente dell’indagine scientifica? È evidentemente impossibile dare una risposta esauriente e completamente convincente, anche perché non siamo affatto sicuri che la cosa abbia successo, non siamo sicuri che potrà nascere effettivamente una scienza della coscienza (potremmo figurativamente dire che per il momento è stata concepita, ma anche se si arrivasse al parto, la gestazione potrebbe essere ancora lunga e travagliata) . Io credo però che se tale scienza si svilupperà effettivamente, i futuri storici rintracceranno le sue basi/origini essenzialmente nella Meccanica Quantistica (MQ) e nella ricerca dell’intelligenza artificiale (IA). La Meccanica Quantistica è una teoria ormai ‘matura’ (in effetti ha più di 60 anni ) e avrebbe dovuto rivoluzionare il nostro modo di concepire la realtà ben più profondamente della assai più famosa teoria della ‘relatività’ di Einstein. In pratica la MQ ci ha permesso di controllare e conoscere cosa avviene a livello microscopico (e quindi ‘riduzionisticamente’ profondo), ci ha consentito di costruire la bomba atomica, le centrali nucleari, il laser, il computer… ma le sue paradossali implicazioni ‘filosofiche’ , benché dibattute da sempre nel campo ristretto degli esperti (a cominciare dai padri fondatori: Einstein, Bohr, De Broglie, Schroedinger, Heisenberg, Pauli, Born…), hanno avuto poco effetto riguardo la comune percezione del mondo, o meglio riguardo ciò che la gente, anche con una buona cultura, ritiene sia la visione scientifica del mondo (tale visione rimane essenzialmente ‘classica’ e retta dai principi classici sovraesposti).Il punto è che la MQ è difficilmente divulgabile e le sue asserzioni, estratte dal formalismo matematico, cozzano con il senso comune. Sarò quindi necessariamente costretto a descrivere a parole quello che non può essere compiutamente espresso a parole (una situazione che ricorda molto quella dei mistici di ogni epoca e quella di molti sistemi di conoscenza religiosi e/o esoterici: non a caso analogie tra MQ e Yoga, Taoismo, Zen sono state notate e da Maestri di tali discipline e da scienziati – vedi a.e. [2]).Mi limiterò al punto cruciale che esporrò con molta libertà al fine di renderlo il più possibile comprensibile; sono tuttavia consapevole che parte del mondo scientifico non sarebbe d’accordo su tale “interpretazione” della MQ anche se tale interpretazione , detta ‘idealistica’ per motivi che saranno evidenti in seguito, è ed è stata condivisa da illustri fisici (da J. Von Neumann a J. Wheeler ai premi Nobel E. Wigner e B. Josephson; in fondo anche gli oppositori – da A. Einstein a De Broglie a Bhom- ammettono implicitamente la sua inevitabilità logica tanto che non si oppongono alla interpretazione stessa ma, considerandola inammissibile nel nome di una visione “realistica” dell’Universo (punto 1 sopra!) hanno cercato , senza successo, di invalidare la MQ stessa o almeno la sua completezza). Che cosa dice dunque di così straordinario la MQ? Essenzialmente che la “realtà pura, inosservata, in sé stessa” (se pure esiste! Bohr direbbe che questo è irrilevante…) è ben diversa da quella che percepiamo, che conosciamo, con cui interagiamo: un fotone, un elettrone, un protone (e dunque noi stessi che di tali particelle siamo fatti) è onda e particella, è qui eppure è anche su una lontana stella (a rigore in tutto l’Universo), è fermo eppure si muove, un gatto è vivo e (allo stesso tempo) morto….Affermazioni paradossali alla luce del senso comune e che pure sono il fulcro, matematicamente esprimibile in modo non contraddittorio, della MQ stessa (e, ripeto, la MQ è una delle teorie più eleganti, fruttuose e più messe alla prova dell’esperimento e tale prova finora ha sempre brillantemente superato). Cosa fa sì, dunque, che questo libro sia qui e non sulla galassia di Andromeda, che io lo percepisca come oggetto solido e non come onda, che lo veda fermo se è fermo o in moto, se è in moto, cosa fa sì che un gatto possa essere solo vivo oppure morto e mai sia stato visto in una inconcepibile mistura dei due stati? Tecnicamente in MQ ciò che crea questa determinazione della realtà, questa restrizione da molte (spesso infinite) potenzialità ad una sola, si chiama “collasso (o riduzione) della funzione d’onda” ed avviene in ogni processo di misura. Ripeto ancora: la realtà (materia, energia, tutto ciò che è misurabile) prima della misura è in uno stato fisico che è una sovrapposizione di tutti gli stati possibili (anche se alcune possibilità sembrano tra loro contraddittorie alla nostra logica/ragione): se potessimo accedere a questo stato ‘indisturbato’ un albero, una casa, il cielo sarebbero del tutto irriconoscibili… ma non possiamo: accedere vuol dire misurare e misurando necessariamente distruggiamo lo stato indifferenziato di partenza e creiamo uno stato ridotto (più povero!). In ultima analisi, misurando, creiamo la realtà così come essa ci appare.
Ma che cosa è una misura? Quando avviene il collasso? J. Von Neumann ha lucidamente dimostrato che la misura, e quindi il collasso, e quindi la creazione della realtà determinata, non può avvenire a nessun livello fisico (né strumentale, né cerebrale!): ergo, in ultima analisi, la misura è compiutamente effettuata, e la riduzione avvenuta, solo nel momento in cui ne prendiamo coscienza! Di nuovo, per chiarezza, ripeto: in ultima analisi, il rosso è rosso e non nero, il libro è qui e non su Andromeda, il gatto è vivo , l’auto si muove, perché noi ne prendiamo coscienza! Capirete quindi come i presupposti ‘filosofici’ della scienza classica (punti 1-4 sopra) siano sconvolti, capirete perché alcuni padri fondatori della MQ come Einstein e Schroedinger e De Broglie non la abbiano mai compiutamente accettata. La realtà è cosi e non altrimenti perché noi così la costruiamo. E finora abbiamo parlato della realtà vicina, ordinaria: cosa possiamo dire sulla realtà globale, sull’Universo stesso? Applicando la MQ all’Universo abbiamo un problema: possiamo sì scrivere (con approssimazione!) la ‘funzione d’onda’ dell’Universo stesso (è stato fatto, tra gli altri, da S. Hawking) ma ora chi ‘misurerà’ l’Universo? Chi collasserà la funzione d’onda? Chi creerà la realtà? Gli scienziati sono restii ad ipotizzare una “coscienza” al di fuori dell’Universo che determini l’Universo e quindi a tale domanda hanno risposto in due modi : o ipotizzando che tutti gli Universi possibili sono in atto o, come J. Wheeler (allievo di Bohr e maestro di Feynman), ipotizzando che la coscienza attuale (nostra o di eventuali alieni) determini ORA l’Universo così come è. Cioè quello che ci appare, il Big Bang, l’espansione, la formazione delle galassie, il nascere e il morire delle stelle, la comparsa della vita in alcuni pianeti, il suo evolversi verso forme intelligenti ed autocoscienti, tutto ciò sarebbe solo una “storia virtuale” : in realtà l’Universo è stato (ma l’uso di una forma temporale è improprio) in una forma indifferenziata e sostanzialmente inconoscibile (ricordate il Kaos della mitologia greca?) finché l’apparire della coscienza lo ha determinato così come è. La coscienza dunque ha imposto un Cosmos su un informe Kaos (e quindi anche il tempo, lo spazio, l’evoluzione e la stesso apparire della coscienza). Detto a mo’ di KOAN dello zen: l’Universo ha prodotto la coscienza che ha prodotto l’Universo! In un congresso di cosmologia apparve anni fa un disegnino che esprime bene questo paradosso:
Benché l’idea sembri di nuovo assurda e la mente razionale tenda a dire che l’Universo è esistito per almeno miliardi di anni prima dell’apparire della coscienza e quindi non può essere un prodotto della stessa (principio di causalità: se non post hoc neppure propter hoc!), tuttavia questa interpretazione è più di una fantasiosa speculazione: in effetti è stato dimostrato sperimentalmente ( con un esperimento proposto dallo stesso Wheeler) che è possibile una ‘riduzione ritardata della funzione d’onda’, cioè che è possibile cambiare o meglio determinare il passato dopo che questo è apparentemente accaduto!
È quindi chiaro come con la MQ la coscienza sia entrata prepotentemente entro i confini della scienza, sebbene non ancora entro il campo di indagine della scienza stessa: questo ulteriore passo è stato agevolato dalla ricerca, iniziata 30 anni fa, della IA, cioè della ricerca volta a creare (o riprodurre) i primi sistemi/soggetti intelligenti diversi da noi… Tracciamo per sommi capi la storia di questa eccitante sfida (per approfondimenti vedi [3],[4],[5]). Buona parte degli scienziati, fino a non molto tempo fa, a meno di opinioni religiose personali, avrebbero concordato sulla tesi che l’intelligenza (e la coscienza) sono prodotti della attività cerebrale (il pensiero come secrezione del cervello) e che quindi, in linea di principio, una volta conosciuti sufficientemente i meccanismi e il modus operandi di neuroni, sinapsi e quant’altro (riduzionismo!), avremmo anche compreso come nascono e come operano mente, intelletto e coscienza. Restava solo da attendere che neurologi, biologi, biochimici accumulassero un database sufficientemente ampio. Una svolta sottile avvenne però con i lavori di Turing che dimostrò come costruire, in linea di principio, una macchina computazionale universale (macchina di Turing -MT-), con la costruzione effettiva di tale macchina (Von Neumann, nascita del calcolatore elettronico che realizza in pratica una MT) e con la diffusione su vasta scala di computers (cioè MT) sempre più veloci e potenti. In effetti, crescendo la familiarità con le tematiche legate ai computer, diventava di fatto irresistibile la seguente analogia: hardware = cervello, mente = software. In parole povere, la mente e quindi l’intelligenza, sarebbero il frutto di un software, di un programma abbastanza complesso che ‹gira› sulla macchina «cervello». Che poi tale software sia già impresso nel DNA e/o sia frutto di autoapprendimento, che il cervello ‹processi› in sequenza o in parallelo, che la programmazione sia TopDown o viceversa, sono dettagli, importanti sì ma solo dettagli. Il punto principale è che se le cose stanno così allora è possibile replicare la mente e l`intelligenza semplicemente simulando/riproducendo il ‹computare› effettivamente eseguito dal cervello con un sofisticato programma eseguito da un computer. Questa è l’assunzione principale della cosiddetta IA forte, e su questa base sono iniziate le ricerche (con molte risorse e umane e finanziarie). Nonostante l’ottimismo iniziale, dopo 30 anni di ricerca (che pure ha avuto notevole ricadute pratiche con la produzione di sempre più sofisticati robots e sistemi esperti) siamo tuttavia ancora ben lontani dalla meta e forti dubbi si sono insinuati nel frattempo anche sugli assunti di base della ricerca stessa (su cosa siano in realtà intelligenza, comprensione, coscienza). In particolare è stata messo fortemente in dubbio la plausibilità di un modello computazionale della mente. Le posizioni attuali sono state sintetizzate con efficacia dal fisico Penrose [6]:
Ogni pensiero è un computo: l’intelligenza (e forse la coscienza) sono sottoprodotti di subroutines del programma o proprietà emergenti che nascono dalla esecuzione (su qualsivoglia supporto!) di un programma sufficientemente complesso (probabilmente autoreferenziale).
La consapevolezza è frutto dell’attività fisica specifica di un sistema fisico specifico (il cervello). Benché questa attività possa essere simulata computazionalmente, la mera simulazione computazionale non può far sorgere la consapevolezza.
Una appropriata azione fisica del cervello (e forse di altri sistemi materiali) può suscitare la consapevolezza, tuttavia tale azione fisica non può essere simulata computazionalmente.
La consapevolezza trascende la fisicità e quindi non può essere spiegata in termini fisici e/o computazionali e/o genericamente scientifici.
Benché ovviamente ci possano essere mille sfumature e sovrapposizioni parziali, concordo abbastanza con Penrose su questa schematizzazione. Il punto di vista A è essenzialmente quello già citato della IA forte; notare comunque che benché sia da un lato fortemente materialista e riduzionista, dall’altro ammette che la coscienza sia una proprietà emergente, cioè non identificabile in singole parti dell’apparato/ programma (olismo!). La posizione B è dovuta principalmente al filosofo Searle e alla sua critica serrata della IA forte e del Test di Turing, critica esemplificata dal famoso argomento della stanza cinese. Per completezza, riassumiamo sommariamente. Uno dei problemi per chi vuole creare una intelligenza artificiale è ovviamente quello di riconoscerla (!): quale è infatti una definizione accettabile di intelligenza? (provate ad elaborarne una per rendervi conto della difficoltà forse inestricabile di tale compito). Turing risolse il problema fornendo una definizione operativa, il famoso Test di Turing: in sintesi, un essere umano X, per assunzione intelligente!, viene posto davanti a due consolle attraverso cui può parlare a due soggetti che però non vede. Uno dei due soggetti, diciamo Y, sarà un altro essere umano (e quindi intelligente), l’altro, diciamo Z, sarà una macchina che deve mostrare la sua intelligenza… se, dopo un tempo ragionevole, X non riesce a distinguere Y da Z cioè se non riesce a capire chi è l’uomo e chi la macchina, allora Z ha superato il test e deve essere considerata ‘intelligente’. Searle attaccò a fondo questa argomentazione asserendo che superare il Test di Turing non prova niente sulla intelligenza e soprattutto sulla consapevolezza di Z. Nel suo famoso argomento della stanza cinese, Searle ipotizza che un uomo, diciamo Giovanni, italiano con nessuna conoscenza del cinese, sia chiuso in una stanza per affrontare un Test di Turing. Attraverso una botola riceve dall’esterno strisce di carta con sopra domande espresse in lingua cinese e ovviamente scritte in caratteri cinesi. Giovanni non capisce assolutamente nulla di quanto gli viene chiesto ma fortunatamente è provvisto di manuali che prevedono ogni situazione. Cioè i manuali gli dicono come “costruire” una adeguata risposta ai segni che Giovanni vede sulla carta; in pratica gli dicono: se vedi il segno tal dei tali insieme a … prima di… con sotto il segno…, allora disegna il tale segno … e poi il segno… e poi il segno…. Notare che in pratica Giovanni fa (certo con più tempo e fatica) quello che fa un computer eseguendo un programma, cioè elabora, manipola simboli. Se i manuali/ programma di Giovanni sono adeguati può darsi che il Test di Turing sia superato, cioè che il cinese all’esterno riceva risposte appropriate alle sue domande. Tuttavia, dice Searle, è innegabile che Giovanni non ha capito nulla né di quello che gli veniva chiesto né di quello che lui ha ‘risposto’ (qualsiasi manipolazione simbolica non può portare alla comprensione). Notare che molti sostenitori della IA forte non hanno accettato l’argomento di Searle: appellandosi al carattere emergente della intelligenza/consapevolezza, hanno sostenuto che è inessenziale che Giovanni, cioè una parte dell’apparato, capisca o non capisca; ciò infatti non esclude che l’intero apparato (cioè Giovanni, la penna, i manuali, la stanza…) abbiano sviluppato una consapevolezza. Questa affermazione, benché sembri a prima vista paradossale e insostenibile, è però difficilmente attaccabile da un punto di vista logico e operativo. In effetti, a mio giudizio, l’argomento di Searle e la sua conclusione che la consapevolezza sia frutto di una qualche proprietà fisica specifica del cervello (posizione B) è logicamente indifendibile. Applicando l’argomento di Searle al cervello di un cinese, è chiaro che né i singoli neuroni, né le sinapsi, né la scatola cranica, capiscono alcunché quando il cinese parla cinese: eppure (si suppone) che un cinese capisca il cinese! Non si capisce allora logicamente che differenza c’è tra l’apparato neuroni/sinapsi/scatola cranica e Giovanni/manuali/stanza…
La posizione C è stata introdotta e strenuamente difesa da Penrose stesso, essa
mina alle basi la possibilità di un modello computazionale della mente dimostrando che la mente può superare i limiti posti dal teorema di Gödel ad ogni sistema formale/computazionale abbastanza complesso da includere capacità aritmetiche. Non vogliamo entrare in dettagli (vedi [6]), vogliamo solo sottolineare che C non esclude la possibilità che un giorno la mente possa essere spiegata e forse riprodotta fisicamente anche se Penrose stesso è convinto che per far ciò sarà probabilmente necessaria una nuova Fisica.
Sulla “mistica” posizione D c’è ovviamente poco da dire: è la posizione di chi crede che la mente/coscienza sia altro, e quindi letteralmente non di questo mondo. È sufficientemente chiaro che molti filoni disparati stanno confluendo anche conflittualmente nella emergente scienza della coscienza e, come già detto, sarà difficile, pur se la gestazione avrà successo, individuare un padre fondatore o un evento chiave che ne segni la data di nascita: per gioco, potrei provare…
fondatori : Francis Crick (lo scopritore del DNA ) e il suo collaboratore, il neurologo C. Koch , che nel 1990 proclamarono sul “Seminars in the Neurosciences” che era tempo di fare della coscienza un argomento di indagine scientifica e indirizzarono la ricerca del californiano Salk Institute for Biological Research su tale sentiero evento, luogo e data natale: Tucson, Arizona, 12-17 Aprile 1999, convegno sul tema “Verso una base scientifica della coscienza” organizzato dalla Università dell’Arizona nel contesto di una manifestazione/raduno “new age” (!) con la partecipazione di neuro-scienziati (tra cui Koch), filosofi e fisici importanti come R. Penrose e B. Josephson [7].
Forse, in conclusione, dovrei esprimere anche il mio punto di vista personale: peccato che non ne abbia uno o almeno uno ben definito. Sostanzialmente concordo con Penrose che (forse) una scienza della coscienza potrà nascere e che quindi la coscienza potrà diventare oggetto di investigazione scientifica ma da parte di una scienza che avrà dovuto nel frattempo ampliare / rivoluzionare, in modo ora imprevedibile, i suoi metodi e i suoi strumenti. D’altronde, come sempre avviene quando la scienza si impadronisce di qualcosa dell’esperienza comune, il senso della “coscienza” nella futura accezione scientifica e della “coscienza” come ora la intendiamo, sarà diverso (così come, ad esempio, il significato di “energia”, “forza”, “lavoro” in Fisica è diverso da quello che gli stessi termini assumono nel linguaggio quotidiano). Quindi resterà sempre un qualcosa “oltre”, un ineffabile da “razionalizzare”…e ci sarà ancora bisogno di conoscenze che partono dall’interno, frutto di una ricerca soggettiva, anche se sempre più tali conoscenze vanno identificandosi e omogeneizzandosi con quelle ‘scientifiche’ prodotto di una ricerca ‘oggettiva’.
Non è lontano il tempo in cui un futuro Nello Mangiameli , ricercatore interiore,
potrà scrivere in modo pertinente, una prefazione per un libro “scientifico”
di un futuro Mario Bruschi, fisico.
Prof. Mario BRUSCHI
Dipartimento di Fisica- Università “La Sapienza”.
144.610.987.46368
10946.34.121393.6765.8.233.13!
* Stars are falling , energy roaring
* in the gulfs of the Universe …
. * Why should I be so sad?
* * (MetaFaust)
La ReSuRRezione
Padre Anthony ELENJIMITTAN
È nato nel 1918 a Muthedam, nello stato del Kèrala, India meridionale. Ordinato prete, entrò poi nell’ordine domenicano e nel 1939 prese i voti a Roma.
Grande amico del Mahatma Gandhi, ricevette da questi la consegna di combattere per la mutua comprensione di tutte le religioni e per il bene del popolo indiano.
In adempimento a questo mandato egli viaggia frequentemente in occidente tenendo conferenze sulle culture religiose dei due emisferi.
In India, dopo l’impegno nel giornalismo e nella vita politica, si è dedicato all’assistenza dei giovani.
Ha fondato in Bombay la “ St. Catherine of Siena School” che raccoglie i bambini abbandonati; la “ Welfare Society for Destituite Children” e la “Aquinas Industrial School”.
Da profondo conoscitore delle correnti spirituali dell’Asia ha scritto molti libri, tra cui, tradotti in italiano, un ampio commento degli Yoga Sutra di Patangiali e uno sulle Upanisad.
Fu grande amico di papa Giovanni XXIII che voleva imporgli la mitra arcivescovile. Egli rifiutò per poter continuare liberamente la missione che Gandhi gli aveva suggerito.
Disse Gesù:
“In verità, in verità ti dico:
se uno non è nato dall’alto, non può vedere il regno di Dio” S. Giovanni III.3
Entrare nel terzo millennio significa respirare l’ossigeno di una vita globalizzata, valicando le frontiere nazionali, razziali, comunali e settarie del passato. Grazie ad internet, il nostro mondo è diventato tascabile, e noi siamo diventati compaesani di un unico villaggio internettato, facendo scomparire ogni forma di campanilismo, comunalismo e parrocchialismo.
L’osmosi che sta avvenendo tra la psicologia asiatica e la tecnologia scientifica dell’occidente è il fattore principale che ci spinge a rivendicare la nostra cittadinanza mondiale con una visione planetaria e con un senso di fratellanza cosmica che spinse San Francesco d’Assisi a salmodiare a “fratello Sole e sorella Luna”.
La nascita dei movimenti progressivi come la Teosofia, l’Antroposofia, la New Age, la
Sigmasofia
fondata da Nello Mangiameli,
la Scuola di Neo-Gnosi di Princeton fondata da Albert Einstein e altri fisici nucleari, le nuove versioni dello Yoga, del taoismo, del Karatè, dello Zen (…) sono indicazioni della direzione che la nostra famiglia umana sta prendendo in questa epoca spaziale. Sono tramontati i tempi dell’autoritarismo religioso e politico, viviamo oggi
soleggiati dalla luce della libertà
tanto democratica quanto evangelica, non c’è posto per la dittatura là dove la gente è risvegliata, risorta alle nuove dimensioni dello Spirito Santo di cui siamo tabernacoli e veicoli.
Durante il millennio oscurantistico che va dall’imperatore Costantino fino al periodo rinascimentale umanistico, il numero dei cittadini di cosmopoli era limitato. Ma oggi il numero dei risvegliati e dei risorti è di milioni e milioni sulla terra. Giuseppe Mazzini, il profeta e portavoce del movimento risorgimentale italiano, gridò dicendo:
“Giovani, non dormite nelle tende dei vostri antenati; il mondo va avanti, anche tu vai avanti con esso”.
Nello MANGIAMELI, l’autore di questa opera, imbevuto pienamente col nettare delle scienze sperimentali ci porta in questa direzione, indicando l’autostrada che ci conduce alla
Sigmasophy Theory of Everything, alla Consapevolezza infinita latente in ciascuno di noi.
Non c’è nessuna via di uscita da questo labirinto di tempo-spazio-causalità, se non quella strada di
auto-conoscenza, auto-catarsi e auto-realizzazione,
risorgendo alla consapevolezza cosmica, unitaria di cui siamo cellule viventi, contribuendo, per la nostra piccola parte, alla formazione e alla vitalizzazione del Cosmos di cui la forza animatrice è coscienza, consapevolezza, auto-consapevolezza.
“ Chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto; a chi chiede gli sarà dato”,
disse Cristo Maestro, echeggiando la legge cosmica di autosvelamento. Non vale la pena di vivere una vita oscurata dall’ignoranza che è la radice di ogni forma di sofferenza e miseria. La ruota di nascite e morti continua a girare fino a quando l’ignoranza non viene soppiantata con la conoscenza, con la gnosi illuminatrice, affrancatrice e liberatrice della vita.
Questo opera di Nello MANGIAMELI ci fa ricordare un altro libro scritto da Leon TOLSTOI (1828-1910). Entrambi parlano della Resurrezione, ma per due vie differenti. Nello MANGIAMELI ci porta alla Resurrezione, allo stato Sigmasofia, per via della scienza sperimentale, mentre Leon TOLSTOI ci porta alla stessa destinazione restando fermo nella filosofia perenne, radicandosi nel vangelo di Cristo. Entrambi hanno la loro ragione. La destinazione del pellegrinaggio terrestre è la stessa per tutti, cioè
la riunione della coscienza separata dell’individuo con l’oceano della
Coscienza Universale,
la gnosi unitiva dell’uomo con Dio. Un intellettuale deve seguire la via intellettuale, lo scienziato deve seguire la via scientifica, un devoto deve seguire la via di devozione. Ecco perché, il sistema dello Yoga (la scienza psicologica) si divide in Jnaana Yoga, Karma Yoga, Bhakti Yoga, Hata Yoga etc. secondo la capacità e la disposizione dell’individuo. Non deve essere una uniformità forzata, ma una
unità nella diversità.
Lo spirito scientifico rimane fedele alla logica dell’intelligenza. Esiste una verità perenne dietro ogni cambiamento degli individui e delle cose. Quattro più quattro fa sempre otto, non cinque, non dodici, non tredici o altri numeri fuorché otto. Questa verità esisteva prima della nascita del sole, delle galassie, e continuerà ad esistere anche quando il sole e le galassie saranno scomparsi.
La verità ontologica è eterna,
mentre la verità logica, il modo di comprendere la verità cambia secondo i dati forniti dai sensi, e secondo l’ottica dell’inquirente.
Dobbiamo tener presente l’ideale di una filosofia perenne, di una cultura classica, valida presso tutti i popoli, sempre e dovunque. Il criterio di ecumenismo è questa universalità,
quod sempre, quod ubique, quod ab omnibus
(Quello fu tenuto come vero presso tutti i popoli, sempre, dovunque.)
Noi navighiamo in un oceano sconfinato di coscienza, consapevolezza, luce, vita e amore celeste. Lo scopo dell’esistenza umana sulla terra è di scoprire la nostra vera identità come raggi del Sole dei Soli, e non come figli di un uomo e di una donna. La nostra identificazione con nome e forma, con il nostro corpo vitalizzato, è ignoranza; mentre la nostra identificazione con la luce, con la Vita, con la Coscienza, con la Consapevolezza è liberazione, illuminazione, vita eterna. L’universo fisico non è altro che la materializzazione dello spirito.
Il nostro compito è quello di effettuare la nostra resurrezione spiritualizzando la materia.
Disse San Agostino:
«Deus factus est homo ut homo fieret Deus»
(Iddio si è fatto uomo affinché l’uomo diventi Dio).
Col progresso della fisica nucleare e subatomica noi arriviamo a scoperte sconcertanti, mai sognate nei secoli passati, come Fritjof CAPRA, Robert OPPENHEIMER e altri fisici nucleari hanno dichiarato ad alta voce:
le scoperte degli scienziati occidentali e le
rivelazioni fatte nelle scritture vediche sono identiche.
Questo avvicinamento tra la fisica nucleare e la psicologia gnostica orientale diventa un ponte per unire il divario tra l’occidente e l’oriente. La saggezza vedica, consacrata nelle Upanishad, afferma:
Prajnaanam Brahma
(Consapevolezza è Brahman -Iddio-).
Anche la Sigmasofia afferma nelle parole di Nello MANGIAMELI, l’autore stesso:
“La coscienza olistico-autopoietica si è fatta lo Psyché affinché l’Io-psyché diventi coscienza olistico-autopoietica: tale consapevolezza è coscienza e viceversa!”
Le Upanishad dichiarano inoltre, intrepidamente, che ciascuno di noi, nella nostra profondissima realtà è identico con l’Ultima Realtà, Coscienza assoluta e incondizionata. La solenne affermazione upanishadica è questa:
Thatvamasi
(Tu sei quella realtà).
Solo quelli che riescono a realizzare questa verità, sperimentalmente, si sentono liberati dalla prigionia dell’incarnazione. Superando la nemesi karmica dell’ignoranza noi possiamo ritornare alla nostra essenzialità divina, alla vera conoscenza, alla gnosi che in tutti i tempi ha acceso la luce di gnosticismo, processo questo condannato come eresia nelle chiese ortodosse cristiane, ma abbracciato come la zattera di salvezza da tutti i ricercatori in Sigmasofia, del campo coscienziale olistico-autopoietico, della Consapevolezza che è
l’alpha e l’omega di ogni forma di vita in tutto l’universo.
Tutto l’universo sconfinato non è altro che mente, coscienza, consapevolezza. Anche le pietre e i minerali sono vita, coscienza e consapevolezza. Ho osservato in India, erba e pianticelle germogliare dalla roccia secca e morta durante la stagione del monsone. Questo significa che anche la roccia è potenzialmente vita, e la vita è potenzialmente coscienza, e la coscienza è potenzialmente consapevolezza. Questa universalità della vita divina di coscienza viene espressa in India con quel detto vedico:
“Sarvam Khalvidam Brahma”
(Tutto l’universo è impregnato da Brahman – Coscienza -consapevolezza -)
Grandi scienziati come Newton, Spinosa, Albert Einstein e altri hanno realizzato questa verità nella loro vita. La sostanza è una e unica, ma le forme di questa sostanza cambiano. Quando l’acqua viene riscaldata diventa vapore, quando viene congelata diventa ghiaccio, grandine o neve, così l’unico spirito infinito, eterno, innato, immortale apparentemente assume varie forme. Identificandoci con i nomi e forme noi cadiamo nell’ignoranza spirituale e ne soffriamo; ma, identificandoci con la Realtà Ultima, con la
Coscienza-Consapevolezza,
noi risorgiamo alla nostra vera dimensione e ci immortaliamo con questa gnosi liberatrice, con questa saggezza illuminatrice. Identificarsi con il nostro nome e la nostra forma è l’egoismo; ma identificarsi con la Coscienza Universale ossia con il nostro vero Io, è la liberazione. Fritjof CAPRA, nel suo libro monumentale – Il Tao della fisica-, cita il seguente testo:
“Yah sarveshu bhuutheshu thistan, sarvebhyo bhuuthebhyo antharah, yah sarvaani
bhuuthaani na vidhuhu, yah sarvaani bhuuthani shariram, yah sarvaani bhuuthaani antharoo yamayathi, esha tha aathmaatharyaamiyamrutaha”
( Quell’anima -Coscienza Consapevolezza-, il Sé che vibra in tutte le cose, che è l’ultima quintessenza di tutte le cose, quello che non viene conosciuto da nessuno, pur tutte le cose essendo il suo corpo, quella coscienza che guida-dirige tutte le cose dal loro intimo profondo, quello è la tua anima, il testimone interiore, l’immortale)
-Brihadaranyaka Upanishad. III.7.17-
Questa realtà coscienziale nell’intimo profondo di ciascuno di noi è quella che dobbiamo intuire, vedere faccia a faccia, e così autorealizzarci. Questo è il traguardo della nostra vita incarnata su questa terra. Tutti noi siamo l’incarnazione dell’eterno. Dobbiamo realizzare ciò consapevolmente. Disse Satya Sai Baba:
“ Voi dite che io sono l’incarnazione di Dio. Anche voi lo siete. Allora dove è la differenza tra voi e me? Io conosco che io sono la coscienza divina incarnata in questo corpo; ma voi non lo conoscete. Voi pensate che siete il vostro corpo vitalizzato. Ecco la differenza tra una mente illuminata e una mente volgare che si rinchiude dentro i confini del proprio corpo.”
Platone parla di smemoratezza, di amnesia che ci fa dimenticare la nostra vera essenza che è Coscienza, Consapevolezza; che ci induce a identificarci con ciò che non siamo nella nostra essenzialità, cioè con il corpo, con i sensi, con la mente sensoriale e con il mondo psico-fisico che non è altro che la guaina, l’involucro, il veicolo dello spirito ossia la Coscienza in ciascuno di noi. La tradizione Indiana, l’intero mondo Indo-Buddhista, pone questa ignoranza – Avidya -, questa dimenticanza – l’amnesia – come la radice di tutti i guai che una mente non risvegliata, non risorta alla vita coscienziale, deve subire in questa terra e in tutti i mondi nei quali uno deve trasmigrare fino a quando non si sia liberato con la presa di coscienza infinita, eterna. Nella filosofia e nella psicologia scientifica del Buddismo, questo processo di illuminazione coscienziale viene spiegato nella dottrina chiamata Praitya Samudpaad. Nelle stesse parole di Buddha possiamo seguire il processo psicologico e scientifico della perdita della Coscienza infinita e sul metodo di riconquista dello stato coscienziale che ci apre la porta di immortalità e Beatitudine. Disse Buddha:
“Dall’Avidya (Ignoranza, Dimenticanza) nascono le registrazioni delle impressioni che sono i Samskaaras mentali. Dalle impressioni (sul nostro psiconastro mentale) nascono le visioni errate. La visione errata si concretizza materializzandosi in nomi e forme. Nomi e forme danno origine ai cinque sensi e alla mente sensoriale. I sensi ci portano al contatto con gli oggetti dei sensi. Dal contatto dei sensi con gli oggetti nascono reazioni passionali; dalle reazioni passionali nascono i desideri. I desideri generano attaccamenti; gli attaccamenti danno origine alla rinnovazione la cui spinta ci riporta alla ripetizione della nascita; la nascita ci porta alla vecchiaia e alla morte.”
Questa concatenazione causale di nascita e rinascita viene chiamata Prtiithasamudppadam, nella dottrina Buddista ossia una psicologia scientifica verificabile, sperimentabile e dimostrabile scientificamente.
L’ignoranza ci imprigiona in un dato corpo; la gnosi, la conoscenza ci libera.
Noi che siamo uno con la Coscienza-Consapevolezza, scendiamo sulla terra, somatizzandoci, per così dire, appesantiti dall’ignoranza, dall’Avidya che è la causa radicale di tutti i nostri mali e di tutte le nostre sofferenze. Noi, che siamo l’Assoluto, ci troviamo sprofondati nel fango, seguendo la legge della giustizia retributiva, che nelle scienze esoteriche viene chiamata Karma. Questa parola: Karma deriva dal Sanskrito che etimologicamente significa Azione. Ogni pensiero, parola e attività del corpo sono azioni. La parola Karma porta un significato etico e morale, in quanto ogni attività fisica o mentale ci aiuta sia per evolverci verso l’eterno coscienziale, oppure ci porta ad involverci verso il basso, allontanandoci dall’Eterno Uno, Unico che è la sola realtà. Oggi i fisici nucleari della scuola di Neo-gnosi a Princeton in U.S.A. fondata da Albert Einstein e i suoi colleghi, insegnano come tesi fondamentale che l’universo del divenire è solo una apparenza ai nostri sensi e alla nostra mente sensoriale, ma la realtà, cioè l’Essere, che è Coscienza Assoluta e incondizionata, elude ogni definizione, descrizione, perché è ineffabile e infinito, oltre i limiti di parole e pensieri. Eppure questa realtà, l’Essere supremo, impensabile e inconoscibile, è però, sperimentabile nello stato estatico dello Spirito divino immanente in ciascuno di noi. Siccome il nostro corpo nasce, invecchia e muore nella nostra vita quotidiana noi cadiamo vittime di tanti concetti errati e fallaci, tutto ciò accade, quando, identificandoci con il corpo, noi pensiamo e diciamo che siamo nati e che saremo morti. Disidentificandoci dal corpo corruttibile, corpo che pesa tanti kilogrammi, dagli elementi chimici plasmati insieme e se ci identificassimo con la Coscienza, con la Consapevolezza, con lo Spirito immanente in noi, ebbene solo allora potremo risolvere tutti i nostri problemi esistenziali, liberandoci così dalle fauci della morte noi potremo risorgere alla nostra vera e profonda Realtà che è l’oceano della coscienza, un oceano senza spiagge e frontiere, alla Consapevolezza di cui l’universo sottile mentale è l’ombra, e di cui l’universo fisico è la penombra, e così arrivare alla sommità dell’Everest della mente umana e ispezionare monti, colline e vallate della vita terrestre. Solo la vita coscienziale, il nettare dell’autoconsapevolezza ci procura beatitudine dell’Essere supremo, non i sensi e la mente sensoriale. Questo transito dalla coscienza individualizzata alla pienezza di consapevolezza è la resurrezione che dobbiamo effettuare.
Nelle parole di Nello MANGIAMELI, l’autore,
“stato Sigmasofia significa risalire dall’Io-psyché
Al campo coscienziale olistico-autopoietico, conscio e inconscio, localistico e non locale, transfinito .
La vita esemplare e gli insegnamenti dei grandi maestri storici sono un vivo commento sulla tesi fondamentale di Nello MANGIAMELI, ossia che
la Resurrezione, lo stato Sigmasofia, si effettua con l’autocoscienza.
La saggezza di Socrate, come l’oracolo Delphico furono un concentrato di questa conoscenza di se stessi. Il grande Manthram Socratico fu lo
Gnoti seuton
(-Conosci te stesso-.)
Una mente estroversa, perduta nelle cose di fuori è incapace di conoscersi. La meditazione introspettiva è la strada maestra per l’autoconoscenza. Oggi abbiamo davanti ai nostri occhi un grande Maestro, Satya Sai Baba di Puttaparti la cui vita e i suoi insegnamenti sono un commentario in carne ed ossa della tesi vissuta di Nello MANGIAMELI che ci dice:
“Esiste un unico grandioso essere vivente, l’Universi-parte, noi stessi” .
Tutto è pensiero, tutto è coscienza, tutto è consapevolezza, autoconsapevolezza. Quella coscienza si somatizza nell’universo fisico di materia grezza, nell’universo mentale (materia fine, sottile). Ma la realtà è una, unica è l’oceano sconfinato, ineffabile della Coscienza, Consapevolezza. Questa è anche la tesi fondamentale dei fisici nucleari di oggi, maestri come Albert Einstein, Robert Oppenheimer, Fritjof Capra, Carlo Rubia e altri. Questa tesi è ampliata e corroborata da Nello MANGIAMELI in questa opera, S.T.o.E.. La tesi vissuta che il pensiero si somatizza viene confermata anche dalle varie materializzazioni che Satya Sai Baba fa col solo pensare. Il pensiero dell’Essere Supremo viene chiamato Logos nel vangelo di San Giovanni che comincia con queste parole:
“In principio era il verbo; e il verbo era presso Dio; e Dio era il Verbo. Questo era in principio presso Dio. Tutto per mezzo di lui fu fatto, e senza di Lui non fu fatto nulla di ciò che è stato fatto. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini; e la luce brilla nelle tenebre e le tenebre non la compresero.”
(Giovanni I.I-3)
Qui ci viene insegnato che tutto ciò che esiste non è altro che il verbo, la Mente Universale, divina che si concretizza, si materializza nell’universo fisico e mentale. È la coscienza divina che si manifesta nell’universo fisico e mentale. L’uomo disciplinato e purificato è capace di vedere e realizzare se stesso come Coscienza, Consapevolezza e Autoconsapevolezza che è accessibile solo agli illuminati.
Buddha significa l’illuminato.
Tutti gli illuminati della storia sono altrettanti Buddha.
Ciò che nel passato fu solo una credenza, basandosi sull’autorità di un profeta, maestro, di un’incarnazione di Dio, sull’autorità delle sacre scritture rivelate, di una chiesa, moschea, sinagoga o tempio, oggi è diventato scienza dimostrabile in un laboratorio, come Carlo Rubia dimostrò che
le particelle subatomiche sono tendenze mentali.
La verità esoterica non viene più creduta, ma vista, sperimentalmente realizzata nella propria vita. La coscienza individualizzata in un dato corpo viene ricongiunta con la Coscienza Universale, infinita, che è la matrice di tutte le grandi religioni della storia e della Sigmasofia.
Vi sono tre modi di interpretare la parola religione etimologicamente. Uno che
viene messo in rilievo da Nello MANGIAMELI con
Re-Ligare,
cioè legare la
l’Io-psyché (coscienza individuale) con il campo coscienziale olistico-autopoietico (coscienza universale).
San Agostino ci insegna che la parola religione è derivata dalla radice Re-legere, cioè
leggere di nuovo.
Basandoci sulle nostre esperienze e studi noi leggiamo di nuovo lezioni che noi impariamo sia dalle nostre esperienze personali che dai nostri studi. Le nostre esperienze basate sui sensi sono differenti dai nostri studi e meditazioni, perché le esperienze iniziali della coscienza dei sensi sono una cosa mentre la coscienza dell’intelligenza e dell’autoconsapevolezza sono un’altra cosa. È un nuovo leggere delle cose quando noi passiamo dalla vita dei sensi alla vita coscienziale dell’intelligenza. Il tiro di fune nella nostra lotta spirituale è tra le lusinghe e l’illusione dei sensi e la consapevolezza coscienziale dell’intelligenza. La religione ci fa di nuovo leggere le cose differentemente, quando viene la metanoia, la conversione dell’uomo dalla vita sensoriale alla vita dell’intelligenza e spirituale. Secondo Cicerone la parola religione deriva da
re-eligere,
da una nuova scelta che noi facciamo dopo aver sperimentato la vanità, vacuità e illusione della vita dei sensi.
Qualsiasi sia il significato della religione, dal punto di vista psicologico e scientifico noi tutti siamo seguaci del concetto elaborato da Nello MANGIAMELI:
per consapevolizzare il campo coscienziale olistico-autopoietico, per vivere la metamorfosi che ci libera dalla morsa di essere identificati nel solo sensibile, nel solo arco di tempo che va dal punto nascita al punto morte, è necessario vivere, risalire e transmutare la causa produttrice dell’identificazione-fissazione.
Il ciclo delle nascite e delle morti, conosciuto nell’India e nel mondo orientale, viene chiamato Punar-janman, oppure il Samsaara, la cui matrice, la cui energia propellente generatrice è l’ignoranza di noi stessi come coscienza, consapevolezza. La ruota di nascite e morti si ferma solo quando questa ignoranza viene tolta via e sostituita dalla conoscenza, dalla gnosi, dall’epignosi platonica che illumina la nostra intelligenza, rendendola identica con il logos, con l’intelligenza cosmica, esattamente come un chicco di grandine, cadendo nel mare luccicante, diventa mare stesso. Non esiste nessun altra via per fermare la ruota gigantesca di nascite e morti, e così effettuare il superamento definitivo del karma e della trasmigrazione se non quella della gnosi, della conoscenza diretta che noi siamo pura coscienza e non corpo fisico. Sri Ramana Maharshi, uno dei grandi maestri del secolo scorso, ci ha insegnato a ripetere l’aforisma:
“Deham naham koham? So’ham”
(Io non sono il mio corpo. Allora chi sono? Io sono Quello.
-Coscienza assoluta e incondizionata-).
Reincarnazione, palingenesi, rinascita, metempsicosi, trasmigrazione delle anime e simili termini puntano verso questa legge cosmica del karma e le sue conseguenze nella vita degli individui. San Paolo spiega la legge del karma scrivendo:
“L’uomo mieterà ciò che egli ha seminato (Gal.VI.7)”
Hai seminato grano? Raccoglierai grano.
Riso? Raccoglierai riso.
Tu non puoi seminare cardi e poi aspettare una raccolta di gelsomini.
Nel seno di Madre Natura funziona una legge rigorosa di giustizia retributiva che funziona immancabilmente in tutti gli esseri, sempre, dovunque.
Come la nascita non è il principio, così la morte non è la fine della vita. Morte significa solo svestirsi dell’abito logorato e indossare un nuovo corpo adatto per l’evoluzione. Come un attore cambia la maschera per recitare la sua parte sul palcoscenico, così gli esseri viventi cambiano il veicolo fisico corporale per poter recitare la loro parte nella vita. Come un serpe cambia la pelle, come il bruco prima che si rinchiuda nella sua tomba della crisalide, e passando per una certa morte iniziatica, viene fuori come una bella farfalla, così i vivi muoiono per apparire di nuovo in vita, arrivando a quella scala evolutiva che il merito o il demerito del loro karma determina. Come un computer racchiude informazioni vastissime, così la mente racchiude nel suo psiconastro tutte le registrazioni delle vite passate che forma il deposito karmico della sua vita.
Merito e demerito consequenziale a ogni pensiero, parola e azione dell’uomo, responsabile per il suo destino, sarà premiato o punito dalle stessi leggi di Madre Natura su cui la sovrintendenza appartiene alla Coscienza assoluta e incondizionata, che le religioni chiamano Iddio, Padre nostro che sei nei cieli, Allah, Brahma e con tanti altri nomi. Disse Maometto:
“Allah ripagherà ogni anima con ciò che ha meritato (Kuran.XIV.51)” Vi sono tre specie del Karma, che sono:
- Sanchita Karma
- Praarabdha Karma
- Aagami Karma
Sancita Karma è il coacervo di tutte le registrazioni karmiche sullo psiconastro dell’individuo di tutte le vite passate. Un individuo può dimenticare le sue azioni del passato; ma lo psiconastro, che registra le sottili impressioni karmiche, non le dimenticherà mai, riproducendo la musica corrispondente nelle vite future. Non esiste la cancellazione dei nostri debiti karmici con l’assoluzione di un Dio oppure dei sacerdoti; ma solo le correzioni dei nostri errori di vita,
dei peccati e vizi, può riportarci alla immacolatezza della mente originaria. Il cosiddetto peccato originale non è altro che l’Ignoranza, la dimenticanza, l’amnesia platonica della nostra vera natura originale che è divina, eterna, immortale. Ogni uomo è un Dio mascherato; togliete la maschera dell’ignoranza e troverete l’innocenza Originale che è divina. San Pietro usa una frase per significare la nostra consustanzialità con Dio quando scrive che noi siamo:
“Partecipes naturae divinae”
(partecipi della natura divina).
Con una ottica gnostica, Vedantica, tutto ciò che esiste è coscienza, Dio, oppure la manifestazione di Dio. La realtà ultima, cioè, Coscienza Assoluta e incondizionata, essendo l’Uno senza un secondo:
“Ekamevaaditi yam Brahma”
(Brahman, è Uno, Unico senza un secondo)
nel linguaggio delle Upanisahd.
L’Agami Karma è il deposito karmico che verrà nelle vite future. Il superamento definitivo della reincarnazione può avvenire solo con l’esaurimento di ogni forma del karma, meritando così la nostra ri-unione consapevole con l’Eterno, il Sé, l’Aathman immanente in tutte le cose, il Brahman trascendente come l’essere puro oltre ogni divenire. Il mutamento dell’universo relativo è possibile solo con l’esperienza del retroscena dell’Essere immobile che Aristotele chiamò
“Atto puro”.
San Tommaso d’Aquino e l’intera filosofia scolastica ha posto l’idea di
Actus Purus aristotelico
come la pietra angolare dei loro sistemi filosofici. Non c’è pace, felicità, compiutezza nel mondo illusorio del divenire. Da questa spiaggia del divenire dobbiamo nuotare per il mare del divenire e arrivare all’altra sponda, l’Essere. Ecco il compito dell’uomo pellegrino su questo pianeta terra.
L’osmosi che sta avvenendo tra la psicologia orientale e le scienze empiriche tecnologiche dell’occidente, certamente, facilita la comprensione del Karma ossia la tesi fondamentale del mondo- Indo-Buddhista che viene divulgata nell’occidente tramite la Società Teosofica fondata da Helena p. Blavatsky nell’anno 1875 a New York. Il gran quartiere della Società Teosofica fu trasferito poi a Adya vicino a Madras (che oggi viene chiamato Chennai). Esiste una parola unica, celeste onnicomprensiva per significare l’Essere nelle pagine delle Upanishad. L’Essere supremo, la Coscienza-Consapevolezza assoluta e incondizionata, viene chiamata:
Sat-Chit-Ananda
Sat significa l’Essere concepito come verità.
Chit significa Coscienza, concepita come intelligenza o Logos, Ananda significa Beatitudine.
Il Satchitananda è la quintessenza di tutti gli esseri dell’universo. Noi tutti siamo caduti dal seno dell’Eterno. La via di ritorno è quella della gnosi, della conoscenza esoterica, psicologica e rigorosamente scientifica. Solo allora saranno cancellati tutti i debiti Karmici e saremo risorti alla nostra vera dimensione che è quella del Cristo, del Buddha e di tutti gli altri grandi patriarchi iniziati della storia.
Nello stato estatico dell’autorealizzazione, quando la scintilla divina in noi viene unita con l’essere Supremo, allora questo mondo fenomenico scompare. Anche nel sonno profondo l’universo scompare davanti alla mente coscienziale. Nel sonno, sincope, anestesia e altri stati avviene una temporanea sospensione della coscienza, dell’autoconsapevolezza. Ma nella trance, nell’estasi mistica, con il terzo occhio aperto si vede l’Essere supremo con cui uno si sente immedesimato. San Paolo, nella sua seconda lettera ai Corinthi descrive questa esperienza personale in questi termini:
“Conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa -non so se col corpo o senza corpo, lo sa Dio- fu rapito in paradiso e udì parole arcane che non è possibile per un uomo proferire (II. Cor. XII. 2-4)”
Dante Alighieri ha avuto questa stessa esperienza di cui egli scrisse:
“ Nel cielo che più della sua luce prende,
fù io, e vidi cose che ridire né sa, né può chi di lassù discende;
Perché, appressando sé al suo destre
Nostro intelletto si profonda tanto,
Che dietro la memoria non può dire”
(La Divina Commedia, Paradiso I-4-9)
Quando la nostra mente, disidentificandosi col nostro corpo, col nostro nome e forma, ci fa sentire identificati e uniti con la pura Coscienza, con l’oceano di Consapevolezza, che è il nostro Essere, allora ci farà sentire slegati dalla sorgente delle sofferenze, e farà prorompere da dentro la gioia estatica dell’Eterno che siamo noi tutti nella nostra quintessenza profondissima. La stessa mente che passa per i tre stadi fenomenici della veglia, sogno e sonno profondo, quando ritorna al seno dell’Eterno, allora noi saremo auto-realizzati, risorti alla nostra vita divina,
mai più ritornar a questa valle di lacrime.
Esiste un Upanishad chiamata: Mandukya, la più piccola con solo dodici versi; ma è l’essenza condensata della filosofia perenne del Vedantha che fu costruita in India sulla base dell’analisi sugli stati di veglia, sogno, sonno e stato autorealizzato. Maestro Raffael di Roma ha tradotto e commentato i testi monumentali della filosofia Vedantica. Le pubblicazioni dell’Ashram Vidya hanno illuminato l’Italia come, a suo tempo, la vita e gli scritti di Formichi, di Giuseppe Tucci, di Max Muller e altri orientalisti. Il riassunto della Mandukya Upanishad è questo:
“ Esiste solo una unica Coscienza assoluta, incondizionata.
L’universo del divenire è quella stessa coscienza relativa, fenomenica, menzognera.
La coscienza noumenica, ontologica è la stessa coscienza percepita, realizzata come assoluto.”
Shankara il supremo esponente del Vedanta non dualistico, disse: “Brahma Satyam; jagat mithya, jiivo bramiva, naapara” che significa: (Esistenza è coscienza -Brahma); l’universo è incoscienza; tu, nella tua essenzialità sei quella Coscienza”. In conclusione l’opera,
S.T.o.E.
Sigmasophy Theory of Everything
di
Nello MANGIAMELI
sarà il riferimento Sigmasofico della filosofia perenne dell’oriente e dell’occidente;
sarà il ponte incrollabile tra la tecnologia scientifica europea e la psicologia metafisica asiatica,
sarà l’osmosi che cementerà il genere umano del terzo millennio.
Padre Anthony ELENJIMITTAM