Affetto, da afficere che significa toccare, commuovere e include il significato di fare, operare (ed anche di patologia, essere affetto da…).
Essendo parte integrante del campo istintivo-emozionale e aggredior, si riconosce come inscindibile da altri Io-psyché, dall’ambiente, non per indicare un legame più intenso con specifici esseri viventi ma, ripeto, per sentirli parte inscindibile di sé: tutto ciò, utilizzando i diversi stati coscienziali producibili (sentimenti, istinti-emozioni, passioni …).
L’affetto include perfettamente, come ovvio, la passione e l’Io-psyché ha la possibilità, la facoltà, di produrre ogni stato coscienziale con ogni intensità possibile: ogni volta che ne crea uno, sappiamo che dietro esiste la con-presenza, potenziale, di tutti gli altri.
L’affettività, ossia il saper riconoscersi come parte integrante fusionale con il Tutto, investendolo di proprie modulazioni personali, è sempre riconoscibile come presente in ogni azione, anche quella che sembra esprimersi con caratteristiche altre. Il colore, la modulazione affettiva, spesso viene evidenziata dagli opposti-complementari e dalla durata. Le distinzioni che faccio sono per comodità espositiva. Quando si riconosce di essere parte integrante e inscindibile dell’altro, della natura, si attua qualche cosa che, per così dire, è molto più del semplicistico prendersi cura di un altro.
L’affettività è, quindi, l’insieme degli stati coscienziali di cui un Io-psyché è consapevole e che assume di somministrare a se stesso e a quella parte di sé, che sono gli altri: quindi, di conseguenza, l’affettività, gli affetti, si formano fin dal concepimento, per raggiungere lo stato coscienziale punto morte, e oltre. Ruolo fondamentale è quello del padre-madre ossia i riferimenti, attraverso cui il bambino forgia e forma la propria affettività che, a sua volta, potrà elargire.