L’Io-psyché crea intensità di campo istintivo-emozionale, quando, vivendo, riconosce una situazione, un’esperienza in cui è coinvolto come luogo di pericolo reale o dedotto dal contesto. È l’ostacolatore della pulsione a vivere e a conoscere che, potenzialmente, può impedire il proseguimento della formazione al riconoscimento di essere transfinitamente in vita-autopoiesi. Il fatto è che, essendo una consapevolezza complessa da raggiungere quello che prende il sopravvento è la proiezione dell’incomprensione di quello che realmente è lo stato coscienziale punto morte, riconosciuto soltanto dal sensorio-percettivo e non olisticamente come esistente, contenuto tra tanti.
Il campo istintivo-emozionale non ha come funzione quella della sopravvivenza della parte-Universi, in quanto la fa vivere in specifici modi, per un tempo convenzionale, diverso per ogni parte, per ogni fluttuazione, esattamente come un oceano fa con le onde, allo scopo di prendere consapevolezza di tutto l’insieme transfinitamente in vita che è l’Universi-parte. Per questi motivi, l’istinto-emozione non ha nulla a che vedere con la cosiddetta sopravvivenza, se non per le proiezioni che così la interpretano. Vivendo identificato nella parte, l’Io-psyché può riconoscere di stare partecipando situazioni considerate pericolose, in riferimento alla continuità della manifestazione del campo istintivo-emozionale nella parte ed essendo in essa identificato, modula se stesso, facendogli produrre sensazioni che denominiamo la paura. In particolare, mi riferisco al momento in cui l’Io-psyché accelera il battito cardiaco e sensibilizza le funzioni psico-somatiche cosiddette difensive. La formazione alla consapevolezza che siamo Universi-parte ci fa vivere e riconoscere che il punto morte può essere riconosciuto come stato coscienziale dell’Universi-parte e, quindi, ridurre la proiezione di fine, di termine, che si attribuisce alla parte. L’Io-psyché sa di essere Universi-parte e, quindi, quello che accade nella parte rispetto alla propria continuità di mantenersi accesa, in vita, per consapevolizzare quando incontra degli ostacolatori, degli impedimenti, al proprio vivere, è intensità prodotta che potrà essere riconosciuta non come paura, ma come aumento dell’attenzione, fino a trasmutarla in olistico–autopoietica. Tutto è espressione dello stato di autoconsapevolezza veicolato, i circuiti cerebrali sono gli stessi, quello che cambia è lo stato di autoconsapevolezza di queste funzionalità psicosomatiche, di cui si dispone. L’Io-psyché è arrivato anche a suddividere ulteriormente lo stato proiettivo di timore, denominandolo ansia, paura, panico, terrore, indicando, così, diverse intensità di aggredior in circolo.