L’Io-psyché crea aumento dell’aggredior, quando riconosce che uno dei metabisogni che deve soddisfare non è soddisfatto e questo può accadere, per incapacità propria o per ostacolatori determinati da altri. Il naturale flusso dell’aggredior segnala che non si sta soddisfacendo quel metabisogno e, quindi, diviene aggressività, rabbia soprattutto quando la non soddisfazione si reitera: da qui, l’etimologia del termine aggressività che è appunto letto come pulsione di vita-autopoiesi innata. Quindi, quando diventiamo rabbiosi, iracondi, aggressivi, dobbiamo riconoscere il metabisogno, sempre presente, che non stiamo soddisfacendo: non si tratta di auto-conservazione, ma di riconoscimento vissuto di come funziona l’Universi-parte, noi stessi. Tale aggressività può assumere diverse modalità espressive che dipendono, appunto, dalla consapevolezza dell’Io-psyché che le crea. Per questo motivo, l’urlo della fame non soddisfatta da parte del neonato è integrale, viscerale perché ancora non è stato coperto da significati significanti acquisiti.
Tale ira e rabbia e aggressività può trovare espressioni violente distruttive quando la non soddisfazione del metabisogno arriva all’estremo: immaginate qualcuno che vi blocchi il respiro, l’aggredior, la voglia di respirare crescerà nei minuti in modo irresistibile fino a che diventerete violenti, pur di respirare. In quel momento, non c’è controllo cognitivo della ragione che tenga, appunto perché la stessa ragione ritiene di tentare il tutto per tutto pur di respirare, altrimenti il cambio avverrebbe producendo lo stato coscienziale punto morte.
È possibile assistere a diverse manifestazioni dell’ira, rabbia:
- vestita di distacco: è il caso dell’Io-psyché di una ricercatrice che, non corrisposta nella sua richiesta di soddisfazione del metabisogno congiungersi, creò un viso visibilmente corrucciato, ornato da sorrisi da essa stessa letti come falsi;
- vestita di autocommiserazione: è il caso dell’Io-psyché di un ricercatore che, in modo aggressivo, si auto-commiserava, auto-biasimava, auto-criticava, accettando ogni tipo di critica, da parte mia. Successe, quando dopo avermi richiesto, con forza, di conoscere una tecno-ontos-sophos-logia, gli risposi che, in quel momento, non era possibile. Dietro quei comportamenti di auto-commiserazione, riconobbe aggressività colpevolizzata verso me, perché sentiva che stavo ostacolandolo nell’affermazione della pulsione autopoietica a conoscere, senza rendersi conto che non era possibile per motivazioni discrasiche presenti in lui;
- vestita di auto-distruttività: si tratta del caso dell’Io-psyché di una ricercatrice che ruppe i rapporti con me, perché, non potendo soddisfare il metabisogno congiungersi con me, compensò, facendo uso di sostanze psicotrope, per tentare di raggiungere in quel modo quanto avrebbe voluto raggiungere attraverso me.