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Empatonia autopoietica

Empatonico è l’Io-psyché che esprime la facoltà di identificarsi, di immedesimarsi, di entrare nella fusionalità con un altro ente, persona, cosa, animale dell’Universi-parte. Essendone parte fusionale, sentendolo, può ascoltare da dentro il campo istintivo-emozionale, talvolta ne intuisce i pensieri e relativo contenuto. Non si tratta di risonanza, ma di partecipazione diretta dell’evento, con cui si entra in fusionalità.

La peculiarità dell’empatonia autopoietica consiste nel fatto per cui l’Io-psyché non si riconosce come ente separato dall’altro, ma vive di esserne parte integrante e, pur sentendo che può essere in qualche misura autonomo, non perde la consapevolezza della fusionalità autopoietica; anche la razionalità risulta perfettamente funzionale allo stato empatonico autopoietico. Significa essere l’Io-somato-autopoiesi propria e, simultaneamente, quella dell’altro.

L’empatonia autopoietica è utile, nella pratica dell’auto-rigenerazione e dell’auto-guarigione. Possiamo vivere il pathos, che non appartiene direttamente al nostro Io-psyché, come significato-significante che può essere vissuto come patrimonio acquisito proprio e, dallo stato di empatonia autopoietica, iniziare a correggerlo.

Talvolta, è possibile applicare l’empatonia autopoietica, anche quando l’Io-psyché dell’altro si trova nello stato di delirio discraiotico.

A livello del tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, l’empatonia è una condizione stabile, appunto perché è fusionale. Per questo, all’essenza, nessuno stato coscienziale dell’altro può essere estraneo alla propria esperienza. Il tono è graduato e distribuito in modi diversi su tutte le componenti Io-somato-autopoietiche, in base a specifiche determinazioni dell’Io-psyché. L’attività volitiva richiede una certa quantità, intensità di tono, che va ad incidere sulla plasticità, sulla fluidità, sulla flessibilità Io-somato-autopoietica complessiva. Infatti, se il tono è in misura nettamente superiore a quello normalmente fluente (definito, in ambito medico, ipertonia), come nelle forme di paralisi spastiche Io-somato-autopoietiche, quell’Io-psyché, quel corpo, quell’autopoiesi non potranno agire azioni, richiedenti la motricità fine.

La perdita di tonicità viene denominata atonia.

Il gesto che possiamo compiere può avere in sé più o meno forza, più o meno aggredior o pulsione autopoietica di sostegno.

Quando l’atto è spinto, sostenuto dall’aggredior, dall’archetipo c.a., è sempre rivelatore di metabisogni legati alla sopravvivenza, che dovranno essere soddisfatti. È l’elemento che ne caratterizza il tono, ossia

la condizione di tensione vitale, in cui si trova l’Io-psyché.

Incontrando l’archetipo b. e c.a, l’Io-psyché può decidere di agire atti legati all’immagine che vuole trasmettere e non rivelatori del metabisogno, sempre in atto. Spesso, assisto all’ambivalenza, presente in espressioni che hanno l’immagine come vestito e, sotto, la caratteristica pulsionale che nascondono. Ma, anche se si riesce a comprendere che dietro l’atto espresso si nasconde qualcos’altro, non significa che automaticamente l’atto venga ad essere sostenuto consapevolmente dalla pulsione olistico-autopoietica, elemento che ci interessa inserire nella relazione.

Il tono olistico-autopoietico si manifesta nel corpo, con l’aumento della luminosità della pelle, di cui si può percepire una forma di luccicanza. Il campo di attrazione aumenta ed è da intendersi letteralmente come un effetto magnetico: si passa vicino e ci si sente attrarre, esattamente come una calamita fa con il metallo. Se si dispone di un visore all’infrarosso o se si aumenta il proprio campo sensoriale, potenziando la vista dal rosso all’infrarosso, si può partecipare-osservare che l’emissione di calore del corpo è potente, omogenea e compatta. Avvicinando il dorso della mano al corpo, si percepisce nitidamente la densità del calore, emesso dalla cute, anche a distanze progressivamente più ampie.

Il tono, unito all’empatia, ne integra le funzioni, formando l’empatonia, che definiamo autopoietica, appunto perché autocreata e, come funzione, nascente dai principi attivi autopoietici che muovono alla radice dell’Io-psyché.

Durante gli stages, i ricercatori hanno mostrato di poter esprimere due tipologie di empatonia: acquisita e innata, secondo le caratteristiche che mettono a sostegno dello stato coscienziale prodotto. Tali caratteristiche istintivo-emozionali coincidono con lo stato di autoconsapevolezza di tali processi, da parte dell’Io-psyché che li attua.

Nel momento in cui si manifesta, l’Io-soma-autopoiesi assume la morfologia di quanto esprime, e questo quanto esprime è sempre vero. Se riesce a manifestarlo, significa che l’Io-psyché, in qualche modo, è in grado di farlo, esattamente così come lo fa. Se attraverso il linguaggio, maschera quello che realmente pensa, determina semplicemente l’esistenza di due prodotti: il linguaggio e il pensiero che lo ha generato. Infatti, quando incontra dei sentimenti profondi e colpevolizzati, può decidere di sostituirli con altri, decolpevolizzati. Ma, pur esprimendo l’immagine che vuole dare, l’elemento colpevolizzato diventa l’espressione sottile del corpo, del suo tono profondo, il che può far sì che la stessa colpevolizzazione passi sottilmente. Utilizzando la mediazione corporea, durante le Autopoiesi Io-somatiche, il Docente deve essere in grado di sentire e di riconoscere il doppio messaggio: sentirlo con l’Io-psyché, perfettamente integrato al piano corporeo. Può farlo, perché è preparato a questo, ma, nella relazione comune, solitamente, ciò non avviene. Di solito, si riconosce soltanto la parte conscia, ma spesso, essendoci questo messaggio nascosto, prima o poi verrà messo in circolo, determinando cambiamenti improvvisi di umore. Volutamente, non dico che tale stato interagisca inconsciamente, per i motivi più volte spiegati. Un altro può accorgersene e trovare difficoltà nel gestire il messaggio ambivalente che gli proviene dall’interlocutore. Sono le sorprese che le relazioni ci riservano. Dietro all’apparente armonia, al vogliamoci bene, può muovere la distonia, la problematica inconscia: gli archetipi B. e c.a. possono esplodere in qualunque momento, attraverso l’aggredior-out. Pur scaricandosi attraverso essa, lo sfogo, l’abreazione, può accadere che ci si riavvicini all’altro, ma si tratta di sola apparenza. Per superare definitivamente questo, è necessaria la Concentrazione-transmutazione autopoietica: bisogna rimettere in circolo i principi attivi, l’unica forza che può veramente transmutare. Se così non fosse, l’intesa si può ristabilire, fino alla crisi successiva, la storia della relazione ce lo dimostra.

            Tali situazioni hanno vari effetti. Quando l’Io-psyché e il corpo inviano il doppio messaggio, spesso la simbolizzazione verbale è in sintonia con quello che si sceglie di agire, rinforzando quella specifica componente. Ciò determina il fatto, per cui una parte si dimostra amorevole, accogliente e l’altra, raggiunta dall’Io-psyché, ma contemporaneamente repressa (o no), è totalmente in contraddizione, opposta a quella scelta. Ciò fa sì che l’azione verbale affermi una cosa e il corpo, attraverso il quale viene repressa la componente opposta, ne manifesti un’altra, in opposizione. Molti ricercatori riferiscono di sentirsi disorientati, quando il partner dice loro ti voglio bene, mentre il suo corpo, in qualche modo, comunica rifiuto.

Il ricercatore si forma a vivere processi, per cui l’Io-psyché non inibisca o mascheri i diversi contenuti, le facoltà che veicola, ossia, in questo caso, non inibisca l’espressione empatica, tonica, sostituendola con un’azione maggiormente controllata. Si reintegra il messaggio doppio, il messaggio scisso, ossia l’azione volontaria, conscia, diventa tutt’uno con quella opposta-complementare.

La scissione, l’opposto-complementare, l’ambivalenza possono essere facilmente decodificati dall’Io-psyché che li riceve, quando, per esempio, il sorriso di apertura che doniamo è teso, duro, tirato: l’altro, a cui è rivolto, lo comprende, lo percepisce.

L’ambivalenza, la plurivalenza di uno stato coscienziale deriva da componenti che si trovano in opposizione, in antitesi, nell’interiorità. Quando l’Io-psyché agisce stati coscienziali da lui meno colpevolizzati e più accettati, non elimina l’esistenza degli altri.

Il ruolo del Maieuta e del Docente è quello di facilitare il vissuto e l’espressione di questi doppi, tripli, plurimi significati-significanti, esprimibili. Simili ambivalenze coinvolgono tutta l’organizzazione Io-somato-autopoietica. La risposta non è mai riferita soltanto ad una, ma a tutte quelle che il Maieuta riesce a decodificare, attraverso i propri strumenti didattici. Il Maieuta è attento a non ricevere inconsciamente queste plurivalenze, ma è sempre pronto a individuare il non detto, il non espresso degli archetipi alfa, in misura maggiore rispetto a quanto espresso. Senza questo orientamento, anche la sua risposta risulterebbe ambivalente, ambigua. C’è da dire che, spesso, malgrado ciò, lo è comunque, ma esserne consapevoli significa già in qualche modo governarla e ridurre di molto la possibilità di contro-traslazioni incontrollate.

Il dialogo conscio tende ad inglobare la maggior parte delle proprie consapevolezze.

Se un ricercatore vuole trasmettere intenzionalmente messaggi d’amore, ma il Maieuta registra tensione e rabbia, la sua risposta viene modulata su quella parte. L’empatonia diventa più rigida, tesa, scostante. Non consente rapporti affettivi, istintivo-emozionali e frustra le richieste, per cui facilmente si provoca il conflitto che, talvolta, sfocia nella presa di consapevolezza di quegli stati latenti. Ne possono derivare diverse crisi emozionali, aggressive o depressive, che indicano orientamenti di quell’Io-psyché. Ovviamente, la provocazione deve essere somministrata, quando si riconosce che possa passare, che gli ostacolatori siano relativamente ridotti e che, quindi, ci sia la condizione per proporla, senza chiusure eccessive.

Il Maieuta può intervenire, in risposta ad azioni provocatorie, soltanto quando si è approfonditamente formato nella Risalita e nella transmutazione dei propri stessi stati ambivalenti e dei sentimenti che tale situazione evoca nell’inconscio. Se questa condizione non c’è, rischia di perdere il controllo della situazione e di restarvi invischiato come problematica identificativa personale, senza poi poter, in alcun modo, interagire nella gestione di quella traslazione.

La contro-traslazione è l’influenza, l’effetto che ha la problematica personale del ricercatore sull’Io-psyché del Maieuta che controtrasla in specifici modi.

La traslazione e la contro-traslazione sono relazioni Io-somato-autopoietiche, a doppio senso: ognuno controtrasla sull’altro, in un continuum che dura fino al momento della Risalita-transmutazione realizzata.

Ognuno, qualunque azione faccia, in realtà trasla sull’altro propri contenuti e, talvolta, accade che sia proprio il Maieuta a traslare per primo sul ricercatore. Se al primo incontro, trasla un sapere che il ricercatore non ha, è possibile che questi possa rispondere con una traslazione, per cui lo identifica maestro del sapere. È lui che ha bisogno di un maestro o è il Maieuta che ha bisogno di un ricercatore?

La formazione didattica orienta verso la riduzione di ogni traslazione e, soprattutto, contro-traslazione del Maieuta, in modo da evidenziare e lavorare, soltanto sulla traslazione del ricercatore, restando empatonicamente e autopoieticamente neutri.

In alcuni casi, si forma il Maieuta ad utilizzare la contro-traslazione, al fine di orientare le espressioni dell’inconscio del ricercatore, in modo da determinare una risonanza-simmetria, per così dire, da inconscio a inconscio. Durante le Autopoiesi Io-somatiche, lavorando sulla relazione tra due o più Io-psyché, si verificano sempre azioni di scambio a doppio senso, con valenza istintivo-emozionale e autopoietica. Quindi, si realizzano scambi veri, autopoietici, ma con la caratteristica che il

Maieuta deve essere totalmente nell’empatonia Io-somato-autopoietica e, nello stesso tempo, autonomo e disidentificato, per poter orientare il ricercatore, da dentro.

Per raggiungere tale controllo, il Maieuta necessita di un lungo periodo di Sigmasofia didattica e di supervisioni che, tra l’altro, verificano proprio la sua capacità di gestire l’empatonia, la fusionalità olistico-autopoietica.

La situazione del Maieuta è peculiare. Essendo fruibile sul piano Io-somato-autopoietico in ogni momento, tutto ciò che fa ed agisce è sempre interpretato in qualche modo dal ricercatore. Il Maieuta è pienamente consapevole di essere investito dalle traslazioni del ricercatore, le quali però non dipendono dalla situazione e dal contesto (che può essere l’innesco), bensì prevalentemente dalla storia di provenienza, in cui il ricercatore, in quel momento, è identificato. Tali traslazioni, prevalentemente di amore, di odio e di tutte le sfumature che li interconnettono, non sono rivolte al Maieuta come persona, ma a ciò che può rappresentare, di volta in volta. L’accortezza consiste nel non permettere mai, mentre si interagisce, di lasciarsi fissare da quelle definizioni.

In conseguenza della possibilità di poter incarnare, vivere tutti gli stati coscienziali producibili, qualunque sia quello che rappresenta, il Maieuta deve saper assumerlo fluidamente, in modo da orientare il ricercatore e far sì che questi possa facilmente identificarlo: in quel modo, opera attraverso una contro-traslazione Io-somato-autopoietica, perfettamente controllata. Si tratta di puro istinto-emozione, autopoiesi, non località da cui, nello stesso tempo, è totalmente disidentificato. È la condizione in cui può fare pieno affidamento sulla propria capacità di empatonia autopoietica e del suo orientamento. In tale contesto, deve essere perfettamente in grado di produrre flessibilità e di poter modulare, trasformare nell’immediato, ogni empatonia, in base alla situazione.

Tutti gli atti sono Io-somaticamente semplici e concisi, non si dilungano in azioni Io-somato-autopoietiche intellettuali, che disperdono l’orientamento.

Nelle comunicazioni profonde, si avvale di specifiche azioni empatoniche, lente o di stop, in modo che il ricercatore possa prendere coscienza del principio attivo trasmesso.

Aspetto fondamentale: il Maieuta, qualunque intervento realizzi, utilizzando i doppi, tripli comandi, trasmette sempre, simultaneamente, principi attivi autopoietici corrispondenti, attraverso Autopoiesi olosgrafiche che realizza mentalmente (tutte le funzioni dell’Io-psyché saranno ulteriormente elaborate e definite nel sesto volume, S.T.o.E., Autopoietica).

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