Preliminare
Il campo coscienziale olistico-autopoietico, da cui si evidenziano quello elettrodebole, elettromagnetico, atomico-nucleare, gravitazionale, morfo-genetico, gli archetipi alfa e l’Io-psyché (il campo M.A.C.), non consapevole di parti di se stesso, è
l’inconscio olistico-autopoietico.
Suddividiamo il movimento unico, che è l’inconscio olistico-autopoietico, in due parti fondamentali:
- innato
e
- acquisito
che, a sua volta, si suddivide in
collettivo e individuale.
Individuiamo l’inconscio come il processo, lo stato esteso, sovrasensibile, non localistico dell’Io-psyché e dell’intera organizzazione Io-somato-autopoietica, di cui l’Io-psyché stesso non ha consapevolezza, coscienza. Questi, ha il potere di raggiungere, di consapevolizzare e di interagire con i processi dell’inconscio, di cui è parte integrante.
Da sempre, riguardo all’inconscio, l’essere umano ha formulato ipotesi filosofiche, psicologiche e di altra natura. Ciò che possiamo subito partecipare-osservare è che tutte le attività interiori Io-somato-autopoietiche, confinanti con quelle dell’Io-psyché e delle sue funzioni, di cui l’Io-psyché stesso non è consapevole (ad esempio quelle dello stato di sonno-sogno), ci permettono d’intuire l’esistenza di processi automatici, olistico-autopoietici, presenti in noi, di cui non siamo consapevoli, che sono, cioè, inconsci.
Potremmo ora chiederci:
- l’inconscio, ossia i processi di cui non siamo consapevoli sono percepibili direttamente dall’Io-psyché e dalle sue facoltà?
- Se esistono, quali specifici funzionamenti hanno?
- Come si formano?
- In quale relazione sono con lo strumento che può percepirli, cioè con l’Io-psyché e con gli ingredienti che lo formano, come il processo sensoriale, percettivo, del pensiero, del concettualizzare, dell’immaginare (…).?
Noi nasciamo dall’unione dello spermatozoo con l’ovulo, dalla cellula, ma di come questa abbia operato e abbia saputo costruire il corpo e tutte le sue funzioni non ricordiamo nulla. Abbiamo saputo edificare il sistema osseo, il sistema nervoso, il sangue, il cervello, il cuore, l’Io-psyché, gli organi interni e tutti gli altri processi e, nemmeno di questo grandioso processo di autocreazione continua, di cui siamo espressione e testimonianza e che ha agito secondo uno specifico automatismo olistico-autopoietico, non ricordiamo nulla. Eppure, per quanto ci riguarda, in riferimento alla nostra esistenza, è il meccanismo più importante in assoluto!
L’automatismo olistico-autopoietico che ha saputo edificarci, al nostro Io-psyché risulta essere inconscio: non lo ricorda, non ne è consapevole.
Eppure, paradossalmente, è lì, dentro di noi, ancora operante.
Questo semplice esempio inizia a mostrarci e ad indicare che cosa intendo per inconscio olistico-autopoietico (innato), per campo morfo-atomico-coscienziale.
Ed ancora.
Se, utilizzando l’Io-psyché, produciamo un qualunque stato coscienziale (dopo che il corpo fisico si è formato), possiamo sentire e percepire interiormente le caratteristiche che operano sul piano cosciente, ma non ne sappiamo nulla, non percepiamo direttamente e interiormente e non ricordiamo dove e come quello stesso stato coscienziale sia stato formato, quali centri del cervello e del sistema nervoso abbia coinvolto. Da un certo momento in poi, ce lo ritroviamo improvvisamente in circolo, esattamente quando, per specifiche funzionalità, l’Io-psyché riesce a crearlo e a renderlo consapevole a se stesso. La parte della fisiologia Io-somatica, che forma i diversi stati coscienziali (il pensare, il volere, il sentire, il percepire, l’immaginare, l’amare, l’odiare, ecc.) è anch’essa inconscia: fa parte di un meccanismo olistico-autopoietico innato che funziona automaticamente, ma di cui non sappiamo e non ricordiamo nulla. Quando dico non sappiamo nulla, mi riferisco alla percezione diretta, alla visione olistico-autopoietica, interiore, agibile dall’Io-psyché mentre è in atto e, per ricordo non intendo quello collegato agli studi realizzati successivamente, utilizzando anche strumenti scientifici, per osservare quei tipi di processi.
Il nostro cuore batte, pulsa, respiriamo automaticamente, ma se chiudiamo gli occhi e guardiamo dentro, o ci fermiamo a sentire, ci rendiamo conto degli effetti, della parte finale di questo meccanismo e non riusciamo ad individuare, a vedere, a percepire direttamente quale sia la funzione, il principio attivo olistico-autopoietico che tiene acceso il cuore, che ci permette di respirare. Questo semplicemente accade, ma non ne conosciamo la causa, secondo percezione diretta, non sappiamo se tutto ciò parte dal cervello, o da altrove.
Per quanto riguarda la respirazione, viviamo direttamente il fenomeno per cui, attraverso l’inspirazione, attingiamo l’ossigeno dall’aria, che è, per così dire, esterna a noi, ma non vediamo, non percepiamo direttamente né l’aria, né l’ossigeno. Questo ci dice che l’Io-soma interagisce con l’esterno, con l’ambiente, ma, comunque, di ciò che accade durante quello scambio, non siamo consapevoli secondo percezione diretta, secondo visione olistico-autopoietica: è un fenomeno che rimane inconscio e automatico.
Sono tutti elementi facenti parte del campo coscienziale olistico-autopoietico.
Per compiere un gesto con il corpo, lo pensiamo, lo rappresentiamo e, simultaneamente, possiamo agirlo, ma della fisiologia locale e non locale, dell’attività bios-chimica, bios-elettrica che lo permette, non sappiamo nulla; come non siamo a conoscenza di chi o di che cosa ci dia la possibilità di muovere gli arti, da quali campi di forza essenziali provenga questa capacità, sicuramente legata al cuore, al respiro e, come visto, all’ambiente. Secondo l’evidenza, un corpo morto non può muoversi.
Possiamo essere perfettamente in grado di sentire in circolo, dentro noi, lo stato di gioia, di benessere Io-somatico o la sofferenza, il malessere: li denominiamo, vestendoli di vari significati-significanti, ma di quale processo permetta la manifestazione sull’Io-soma di quelle specifiche sensazioni, non sappiamo né ricordiamo nulla. Indipendentemente dal fatto che l’Io-psyché abbia preso una laurea o sia analfabeta, può lasciarsi andare e rendersi conto dell’automatismo olistico-autopoietico e dei meccanismi che formano gli stati coscienziali e che possono riprodurli: quelli che determinano il funzionamento del corpo e ciò che crea e fa nascere una pianta, un animale, ciò che muove nei minerali (come, per esempio, la radioattività): fanno parte dell’inconscio autopoietico, di cui siamo espressione.
In tutti gli esempi esposti, si possono già individuare, intuire, dedurre una serie di processi, di funzioni automatiche, inconsce, confinanti e in collegamento con la parte conscia, percepibile, rappresentabile, pensabile, ricordabile. In particolare, nel processo del pensare (una delle facoltà maggiormente utilizzate), si può individuare che il meccanismo che produce il pensiero è inconsapevole all’Io-psyché, come processo olistico-autopoietico: ne conosciamo soltanto il significato-significante che, per così dire, l’Io-psyché stesso pone sopra a questi campi di forza. Prima di essere parola, simbolo, significato-significante, esso è un processo Io-somato-autopoietico. Lo strumento, il processo che può riconoscere l’inconscio è l’Io-psyché. Essendo l’Io-somato-autopoietico un processo unico, è evidente che l’inconscio olistico-autopoietico sia parte integrante dell’Io-psyché, che è l’onda emergente dall’oceano, dal campo coscienziale, transfinito. Essendo ciò che percepisce, che riconosce, risulta essere l’unico riferimento: è esattamente l’istanza, il processo a cui tutti gli altri sono collegati, in quanto è l’unico strumento che può riconoscerli e consapevolizzarli.
Questo campo coscienziale olistico-autopoietico ha saputo edificare in sé funzionalità per auto-riconoscersi, auto-scoprirsi: l’archetipo acquisito Io-psyché. Quindi, l’inconscio innato è, come componente fondamentale specifica, campo coscienziale che, come visto, può assumere evidenza sensorio-percettiva, acquisita.
Il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché
è, quindi, il presupposto fondamentale per ogni indagine, esperienza, o per esplorare e conoscere l’inconscio innato.
L’Io-psyché deve trovare il modo di esplorare, di vivere le diverse parti di se stesso e questo significa che deve espandersi: dall’onda, di cui è consapevole, deve prendere coscienza dell’oceano transfinito, del transfinito campo coscienziale. È per questo che, in tutte le Tradizioni, si parla sempre di espansione della coscienza. L’espansione dell’Io-psyché conduce a partecipare-osservarne vari luoghi e funzionamenti. Se teniamo nel dovuto conto che la natura si mostra come un aggregato di particelle, di atomi, tutti indelebilmente collegati tra loro, come succede anche per il nostro corpo, si può già iniziare ad intuire e a dedurre che, muovendo all’interno del corpo, l’Io-psyché non dovrà esplorare soltanto il luogo che coincide con la forma antropomorfa che lo veicola, ma, attraverso queste connessioni atomiche, microstrutturali, quantistiche, per stato E.C.A. (Entanglement Coscienziale Autopoietico), può consapevolizzarsi pressoché ovunque. Utilizza il corpo, il cervello, il sistema nervoso, ma è anche sincronicamente collegato al Tutto esistente e vi interagisce. In ultima partecipazione-osservazione, noi siamo espressione del campo coscienziale o di qualunque cosa sia avvenuta a questo Universi-parte: anche se fosse soltanto in questo senso e con questi significati-significanti, non possiamo esserne scollegati!
Nella prevalenza dei moderni trattati di psicologia, di neurologia, di psichiatria o di psicanalisi, nella gran parte dei casi, non si trova alcun accenno a questo livello sovrasensibile, non localistico, di funzionamento dell’Universi-parte che siamo.
È l’Io-psyché il principio cosciente, l’istanza che ha potuto elaborare, riconoscere di essere inconsapevole di una parte di sé, che ha riconosciuto cioè l’esistenza di una parte inconscia. È il motivo, per cui questa istanza diventa determinante: la sua mancanza causerebbe la scomparsa di qualunque forma di auto-riconoscimento dell’Universi-parte, perché non sarebbe tecnicamente possibile.
L’Io-psyché è ciò che evidenzia l’esistenza dello stato di consapevolezza (il cosiddetto stato di veglia) e dello stato di sonno-sogno, di semi-consapevolezza, di sonno senza sogno o di profonda incoscienza. Quest’Io-psyché può funzionare meglio o peggio, possedere maggiore o minore capacità di riconoscimento, può potenziarsi o ridursi, ma è lui che stabilisce la danza olistico-autopoietica del proprio auto-riconoscimento.
É necessario un alto grado di autoconsapevolezza da parte dell’Io-psyché, per arrivare a determinare l’esistenza in sé di una componente a lui stesso inconscia.
Vedremo come, attraverso le interconnessioni atomiche e coscienziali, sia possibile raggiungere, essere consapevoli di processi che sembrano essere patrimonio di un altro essere: il campo coscienziale olistico-autopoietico, l’Universi-parte è uno, anche se ogni parte-Universi, ogni corpo, s’individualizza e diviene un peculiare acquisito. La storia individuale, le esperienze diverse realizzate sono di ognuno ma, per tutti, si evidenziano da principi attivi olistico-autopoietici innati, comuni.
Da quanto riferito, si può già estrapolare la prima legge olistico-autopoietica fondamentale:
l’inconscio olistico-autopoietico non è autonomo rispetto all’Io-psyché, non ha leggi proprie, articolazioni, modi di funzionare da esso scollegati, disconnessi, separati.
Altresì, non è da riconoscere e individuare come centro di potere, contrapposto a quello dell’Io-psyché. Il potere di auto-riconoscimento è dell’Io-psyché, è lui il principio attivo operante ed è soltanto lui l’istanza che può riconoscere quella parte di sé, di cui non è consapevole. Tutti i contenuti dell’inconscio possono essere simbolizzati, pensati, concettualizzati, soltanto perché l’Io-psyché ha saputo percepirli, è entrato in comunicazione con essi, sul piano della consapevolezza.
Il campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché è il fondamento: eliminiamolo, e l’inconscio o qualsiasi altra manifestazione del sensibile cesserebbe di esistere, scomparirebbe, perché non ci sarebbe nessuna istanza, in grado di riconoscerlo/la.
L’Io-psyché è il riferimento, il principio e non un essere riflesso, condizionato da dinamiche inconsce che lo tengono in scacco, in balìa. Partecipiamo-osserviamo attentamente il presunto inconscio: sembrerebbe condizionare, influenzare, tenere sotto discrasia alcune parti di noi. Quando viene riconosciuto, diventa consapevole, quindi è sempre l’Io-psyché ad operare, a riconoscerlo, e allora possiamo affermare che l’esistenza dell’inconscio è soltanto in funzione del livello conscio. In realtà, ci troviamo di fronte alla consapevolezza di un nucleo e di un contenuto di sé, di cui non era consapevole. In tal senso, tutto è conscio.
Tutti gli stati coscienziali, gli specifici contenuti, dall’amore all’odio, dall’istinto-emozione all’intellettualità, dal benessere al malessere, dalla salute alla discrasia esistono, in quanto l’Io-psyché li sperimenta. Anche quando divengono gravi, intensi, tanto da sentire di esserne travolti, è sempre l’Io-psyché a sentirlo, a rendersene conto. Spesso, da alcuni ricercatori, ho sentito verbalizzare: c’è una netta differenza tra il vissuto intellettuale e il vissuto istintivo-emozionale, ossia tra la chiarezza intellettuale e la chiarezza vissuta di un processo, attribuendo alla seconda, potere ed efficacia maggiori. In realtà, tutte le esperienze praticabili sono agibili dall’Io-psyché, loro comune denominatore. Poi, lo stesso Io può andare a vivere processi diversi, investendoli, aprendosi ad essi, veicolando più o meno intensità istintivo-emozionali, autopoietiche. La fase in cui l’istinto-emozione, consapevolmente in circolo, è molto intensa può corrispondere a ciò che differenzia l’intellettuale dal vissuto. Quando, invece, l’Io-psyché opera razionalizzando, rendendo logico e definito un processo, riducendolo, e l’intensità istintivo-emozionale è presente, sul piano della consapevolezza, in misura minima, si può dire che si sta esprimendo la componente intellettuale.
Pur comprendendo la posizione indicata, ho assunto un altro orientamento. Tutti i processi sperimentabili appartengono all’Io-psyché e, quindi, sia quello intellettuale che quello istintivo-emozionale, autopoietico veicolano impressioni. Non è funzionale attribuire più o meno efficacia o profondità all’uno e all’altro, separando i piani e creando, così, la classica dicotomia. È importante ribaltare tutto ciò, indicando l’attitudine dell’Io-psyché che intuisca la necessità di mantenere la propria azione, orientata verso l’apertura olistica ad ogni contenuto, a se stesso e quindi all’Universi, lasciando fluire i vissuti, intervenendo per risalirli e transmutarli, quando vengono ostacolati da qualche cosa. Per essere riconosciuto, tutto deve essere, per così dire, raggiunto dal neocorticale, quindi tutto, in qualche modo e in qualche misura, risente del piano intellettuale. Perciò, in questo senso, non esiste l’intellettuale e l’istintivo-emozionale, ma soltanto quanto l’Io-psyché riesce a vivere, ciò di cui può rendersi conto, secondo la propria realtà e capacità. In questo senso, per così dire, non esistono nemmeno i meccanismi inconsci, poiché l’Io percepisce esclusivamente quanto ha raggiunto, ha vissuto e di cui è divenuto consapevole: quindi, se è divenuto consapevole, significa che è conscio.
Qualunque forma assuma, anche quella dell’identificazione, dell’assorbimento nella fissazione in qualche contenuto, in una memoria o costellazione di memorie, con le relative emozioni, è sempre l’Io-psyché all’opera. In ogni indagine, si parte dall’Io-psyché e si tratta qualunque processo esistente con questi riferimenti. L’essenza proviene sempre da forze olistico-autopoietiche, anche quando s’identifica nel tema acquisito, in uno specifico stato coscienziale: è rigorosamente indipendente dal corpo che lo veicola e attraverso cui si esprime. La realtà complessiva, completa, non coincide con la storia specifica o con la situazione acquisita.
Quindi,
- che cosa può essere chiamato legittimamente inconscio, dal momento che ogni suo aspetto può mostrarsi soltanto, quando l’Io-psyché, esplorando se stesso, lo riconosce?
In questo senso e con questi significati-significanti, ciò che opera è sempre un’azione conscia e, quindi, è come se l’inconscio non esistesse, in quanto ciò che è in azione è l’esplorazione dell’Io in regioni non ancora consapevolizzate di se stesso, inclusa ogni fenomenologia del campo coscienziale olistico-autopoietico.
Spesso, ciò che diciamo sull’inconscio è un’idea, un pensiero, che sono elementi consci: anche quando ci si riferisce all’inconscio autopoietico, collettivo o personale o a processi universali, si tratta di un processo conscio in azione.
Molti Io-psyché non vivono i processi inconsci, bensì organizzano un’azione specifica di speculazione intellettuale, riguardo a processi che pensano essere oltre la propria avanguardia di consapevolezza, scambiando così l’inconscio con il pensiero, con il concetto che hanno dell’inconscio. Questo è uno degli errori proiettivi. È una proiezione diffusa. Di solito, l’inconscio è interpretato attraverso una serie di valutazioni che sembrano indicare percezioni che ne individuano l’esistenza. Non si entra nel processo funzionale olistico-autopoietico, ma nella simbolizzazione, nel significato-significante convenzionale, nel linguaggio e si scambia grossolanamente tale processo per l’inconscio, come se fosse realmente percepito e vissuto. Soltanto l’Io-psyché specificamente allenato, forgiato, potenziato, può arrivare a percepire la parte inconscia di sé, non a concettualizzarla, a pensarla. Può farlo, partecipandola-osservandola empatonicamente dentro sé. A volte, il ricercatore in formazione presume di poter osservare l’inconscio altrui, ma in realtà non può tecnicamente farlo, perché ciò che vede dell’altro è il proprio pensiero e interpretazione, è la propria simbolizzazione. Per percepire realmente l’Io-psyché altrui, dovrebbe trovarsi in uno stato di endoscopia Io-somato-autopoietica, di fusionalità, di entanglement coscienziale, di consapevolezza del campo coscienziale olistico-autopoietico, stato che, per essere raggiunto, richiede una lunga formazione a se stessi.
Si può parlare di inconscio, soltanto quando l’Io-psyché è presente e percepisce se stesso, non quando viene annullato, come spesso accade in molte Tradizioni che vi contrappongono l’inconscio innato.
Attraverso continue prese di consapevolezza, si vivono nuovi insights intuitivi e sincronici ogni volta che si esplorano, si incontrano nuove regioni del campo coscienziale olistico-autopoietico, che muove ed è interconnesso, alla propria essenza, come ente non localistico.
Essendo il principio attivo fondamentale, la presentazione dell’inconscio olistico-autopoietico verrà completata nel terzo capitolo e troverà l’approfondimento, dettagliato, nel sesto volume della S.T.o.E.: Sigmasofia Autopoietica.
L’inconscio acquisito: collettivo e individuale
Per iniziare ad indagare l’inconscio acquisito nella componente collettiva e in quella individuale, è necessario conoscere ulteriori definizioni emergenti dal vissuto, utilizzate in Sigmasofia Io-somatica.
L’inconscio acquisito indica tutti gli stati coscienziali, tutte le esperienze memorizzate e i processi funzionali che si sono formati, dal momento del concepimento in poi, dal tempo della formazione della cellula, di cui l’Io-psyché non è consapevole. Ovviamente, l’inconscio acquisito si trova in stretta connessione, non separato dall’inconscio innato. Come visto, l’Io-psyché non può parlare di contenuti di cui, in qualche modo, non è venuto a conoscenza diretta. L’inconscio è lo stato di gran parte della manifestazione sensibile, infatti, molti non conoscono, attraverso il vissuto empatonico, interiore, diretto, i funzionamenti di parte di essa e, ancora meno, della componente sovrasensibile. Tuttavia, da sempre gli esseri umani hanno in qualche modo conosciuto, direttamente o indirettamente, il significato dell’inconscio, in quanto non sapevano vivere o spiegarsi alcuni processi. Che cos’altro fa la scienza, quando si apre all’indagine del cosmo o della cellula, dell’atomo (…), se non indagare processi e funzionalità autopoietiche, che risultano inconsce al proprio Io-psyché? E talvolta non ci si rende conto che anche lo scienziato è parte integrante del processo indagato.
La Sigmasofia è un metodo che si basa sull’esperienza cosciente di aree e di contenuti dell’inconscio, progressivamente sempre più estesi. Il punto a cui sono arrivato ad essere consapevole dell’inconscio coincide con l’attuale avanguardia del mio Io-psyché: la sua soglia, per definizione, è in continua espansione, transfinita; il lavoro di coscienza continua, simmetricamente, non sarà, quindi, mai finito!
È ovvio che la comprensione della vita risieda in questa coscienza-autopoiesi continua e nel fare operare fluentemente nell’azione quotidiana i principi attivi autopoietici raggiunti, vissuti.
Tutti i processi cosiddetti inconsci sono perfettamente raggiungibili dall’Io-psyché che si orienta e si organizza per incontrarli. Non è necessario che ciò avvenga casualmente, quando ci si ricorda un brandello di sogno, si riesce a raggiungere un lapsus o si osserva un atto mancato o un atto in più! Ripeto: è possibile organizzare l’Io-psyché per il viaggio consapevole verso il vissuto delle componenti, di cui non è conscio e che lo formano.
Tra i contenuti dell’inconscio acquisito, oltre a quelli individuali, legati alla propria storia, ne esistono altri che hanno caratteristiche specifiche. Si tratta di funzionalità fisiologiche e di strutture comuni a tutti di processi collettivi che esistono, in conseguenza di determinate azioni e di comportamenti specifici: sono sequenze, costellazioni, gruppi di immagini, con i relativi contenuti, visualizzabili interiormente, quindi pensabili, sognabili. Queste sequenze provengono dall’archetipo Ypsilon, di padre-madre in figlio. Li abbiamo disponibili nel corpo fisico e li integriamo per via ereditaria: infatti, integriamo non soltanto i caratteri somatici, ma anche quelli coscienziali ed autopoietici. Le funzionalità, le costellazioni e le sequenze sono comunque presenti, sempre, nell’Universi-parte che siamo e muovono attraverso le connessioni atomiche e coscienziali che ci legano indelebilmente gli uni agli altri e al Tutto. Significa che esperienze praticate da un Io vengono registrate, memorizzate e possono essere raggiunte, percepite da un altro che si sia formato a raggiungere il luogo della coscienza, corrispondente all’inconscio acquisito collettivo, e oltre.
In tal senso e con questi significati-significanti, tutti i contenuti sono acquisiti dall’Io-psyché e, in particolare, per quanto concerne l’inconscio autopoietico, sono ontos-sophos-genetici. Le costellazioni dell’inconscio acquisito individuale possono assumere la valenza di ostacolatori dell’archetipo acquisito B. al naturale fluire auto-conoscitivo olistico, tendente al transfinito, attuato dall’Io-psyché, di cui sono parte. In questo caso, il processo funzionale dell’ostacolatore è un processo dell’inconscio collettivo, tutti gli Io-psyché lo hanno, ma il significato-significante e l’intensità istintivo-emozionale è individuale; altresì, i principi attivi autopoietici che formano l’archetipo acquisito b. e relativi processi funzionali sono dell’inconscio autopoietico. L’inconscio è un campo unico, in cui individuiamo tre livelli in uno, un livello in tre.
È, ora, necessario evidenziare che nell’inconscio acquisito collettivo, possiamo trovare funzionalità fisiologiche e somme, integrazioni di esperienze vissute dai diversi Io-psyché, che hanno assunto intensità significative sul piano istintivo-emozionale e contenutistico. Queste costellazioni assumono vari aspetti e forme diverse. Alcune sono evidenze dell’Universi-parte, noi stessi. Altre sono dinamiche-costellazioni acquisite, vive sempre e dovunque, che ritroviamo in ognuno, esattamente come il campo coscienziale olistico-autopoietico, a cui sono collegate. Hanno una caratteristica che le distingue da quelle sovrasensibili: infatti, si evidenziano dopo che la cellula ha dato inizio alla formazione del corpo e, conseguentemente, alle esperienze registrate, dopo che il corpo fisico si era composto. Quindi, per queste ultime si tratta di processi mediati anche dal sistema nervoso, dal cervello e dalle funzionalità del corpo fisico, nonché dai significati-significanti in cui ci individuiamo e ci identifichiamo.
Denomino sia le funzionalità che le costellazioni, le sequenze, i gruppi di immagini indicate genericamente, archetipi acquisiti alfa.