Stato E.C.A., fusionalità, empatonia e identità
Per natura innata funzioniamo simultaneamente
e nello stesso tempo
siamo individuazione differente da ogni altra
Evidenzierò la concezione degli ostacolatori, delle difese psicosomatiche, per come si manifestano negli esseri umani, cosiddetti sani e/o discrasici.
Alle funzionalità innate complessive del neonato, si sovrappone la struttura della famiglia, quella dei tutori, delle diverse esperienze che creano in lui delle impressioni, delle introiezioni (…), che lo segneranno significativamente e che lo indurranno a creare immagini simbolico-reali conseguenti a tali processi. Saranno, quindi, le esperienze a consolidare le basi acquisite di tutta l’organizzazione dell’Io-soma del bambino: unitamente a quelle innate, saranno determinanti nello sviluppo del suo Io-psyché.
I processi Io-somato-autopoietici innati hanno un valore universale a-temporale e, di conseguenza, sono sempre validi per tutti. Quelli acquisiti assumeranno significati-significanti diversi per ognuno.
I padri, le madri, i tutori, le esperienze sono vissuti e interpretati in modo differente e la cultura di ognuno e delle tradizioni sociali ha determinato le diversità. Un padre e una madre che evidenziano tabù e colpevolizzazioni sessuali educano differentemente rispetto a padri e a madri che non li hanno. E così via.
Ogni Io-psyché evidenzia la struttura nevrotica conseguente ai propri vissuti, alle proprie esperienze e consapevolezze. Si evidenzierà che
- ciò che appartiene all’acquisito si modella a partire dal vissuto delle esperienze agite dal momento del concepimento a quello attuale;
- ciò che appartiene all’innato può essere soltanto riconosciuto dall’Io-psyché che si forma a quella consapevolizzazione vissuta.
L’esperienza mi prova che, formandosi attraverso il vissuto diretto a se stessi, non si arriva a fantasmi originari, a difese psicosomatiche originarie, a ostacolatori originari, bensì si raggiunge la percezione e il riconoscimento delle funzionalità innate che veicoliamo. È vero che, per raggiungerle, è necessario attraversare ostacolatori, difese psicosomatiche, eventualmente instauratisi in conseguenza delle azioni educative proiettive, discrasiche (…) indotte dal padre, dalla madre, dai tutori e (…).
È già possibile affermare che, alla base dell’Io-psyché dell’essere umano, operano funzionalità innate, da conoscere e da consapevolizzare su cui iscriviamo funzionalità acquisite, prestando particolare attenzione a quelle proiettive, iatrogene, devianti, ostacolanti l’Io-psyché nella creazione della propria
coscienza e conoscenza dei significati-significanti vissuti dell’esistenza.
Intorno a questo asset, si articolano la maggior parte dei comportamenti considerati normali e patologici: io preferisco dire innati e acquisiti.
In Sigmasofia o-somato-autopoietica,
lavoriamo a livello del corpo, della psyché e dell’energia stessi, nella
spontaneità innata delle funzionalità dell’Io-soma-autopoiesi.
Tale tipo di approccio integrale e vissuto (prevalentemente non dialettificato) ha messo in evidenza una diversa teoria riguardante ciò che denominiamo inconscio e cosciente.
La presa di consapevolezza di ciò di cui non siamo consapevoli, della componente innata in un cosciente che non verbalizza o che addirittura non è verbalizzabile, ci ha indotti a nuove visioni dell’Io-psyché, della coscienza. Quando si consapevolizzano e agiscono funzionalità innate che veicoliamo nelle cellule, negli atomi che ci formano, si evidenziano determinati vissuti simmetrici a tali funzionalità, quando evidenziamo introiezioni ostacolanti o facilitanti la creazione di difese, o consapevolizzazioni di quanto represso nell’inconscio, si rilevano altre consapevolezze e descrizioni. Da questui vissuti, abbiamo compreso come il processo analitico sia un momento utilizzabile, una componente di ciò che in realtà è da vivere e da penetrare.
Il termine empatonia è un nuovo conio che unisce due termini, empatia e tono:
- empatia deriva dal greco empateia, da en, che significa dentro e pathos che significa sentimento, ossia sentire dentro, sentire l’altro come sentiamo noi stessi. È, quindi, la capacità di vivere, di applicare il proprio sentire sugli altri, la natura, sentirsi parte integrante inscindibile con quella parte di sé che è l’altro, cogliendone i sentimenti le emozioni reciprocamente.
- Tono deriva dal greco tonos, che significa allungarsi, è la tensione muscolare necessaria per il compimento di un’azione. Diverse azioni dell’Io-psyché (inscindibile dal soma) possono creare modificazioni del tono muscolare. Durante le sedute di Maieutica, il tono muscolare dei ricercatori entra in contatto e comunica: in base alle emozioni in circolo, si possono modulare ipotonie e ipertonie. Nella maieutica che proponiamo, una delle basi consiste nel
sentire da dentro (empatia), attraverso il tono Io-somatico.
Da qui, la nascita del nuovo conio:
empatonia autopoietica.
Sul piano Io-somatico acquisito e di relazione in generale, lo stato empatonico consiste nelle azioni che due o più esseri umani possono vivere in accordo, provare interesse, piacere, beatitudine, estasi (…), co-creazione, creazione simultanea. Tale processo può avvenire a contatto, ma anche a distanza.
In molte relazioni e situazioni, i ricercatori entrano in contatto corporeo e assumono l’immobilità e, quindi, non comunicano attraverso gesti o forme di dinamica, ma attraverso contatti molto profondi, attraverso cui
ci si sente da dentro, attraverso i movimenti tonico-muscolari innati, modulati dai sentimenti.
Le modulazioni empatoniche sono sottocorticali e forniscono ciò che si vive come contenuto istintivo-emozionale: attraverso questa comunicazione, si può riconoscere se tale campo è ostacolato o fluido.
Durante le sedute di maieutica, si può osservare che ci sono molti modi di dare un oggetto all’altreo: lo si può offrire senza abbinare emozioni, sentimenti, in modo aggressivo, tenero o indifferente o con volontà potente. La comunicazione empatonica esprime contenuti molto più estesi, inesprimibili con il linguaggio verbale:
permette di sentire, più che capire l’altro.
Infatti,
la comunicazione empatonica pone in remissione quella gestuale o del linguaggio verbale-intellettuale: raggiungerla segna un passaggio importante nel setting di maieutica pedagogica.
Non si può creare nessuno stato empatonico, finché l’Io-soma del ricercatore
è identificato nell’intellettualizzazione dei sentimenti, dell’istinto-emozione e delle sue estensioni energetiche innate.
L’essere umano può riconoscere l’altro attraverso le sue produzioni Io-somato-autopoietiche, perché l’organizzazione biologica è identica e ciò consente di sentire l’altro (se stessi) al di là delle parole che definiscono quel sentimento. si crea unno stato che ingloba di più chi lo vive e da cui chi non lo vive è, di fatto, escluso.
Quando si sente da dentro l’altro, attraverso il tono, può accadere che vada in remissione la contezza dell’ambiente, di tutto ciò che non è l’altro. Si tratta di una forma di riduzione che, progressivamente, va transmutata in quanto l’altro è, per entanglement, inscindibile dal soggetto che vive quell’esclusività, quindi si dovrà portare l’attenzione anche all’ambiente complessivo interiore-esterno mentre si vive l’empatonia. Se accade ciò, si entra in unno stato di trascendenza dell’empatonia stessa, si entra nello stato di fusionalità. Attraverso la ri-unione con quella parte di sé che è l’altro, con la natura, si entra più consapevolmente nell’unità biologica, si partecipa la stessa empatonia e si hanno insights di fusionalità: l’ostacolatore Io-somatico, a questo livello di vissuto, è posto ancor più in remissione, la fantasmatica proiettiva si riduce.
È la fase del momento fusionale simbiotico in cui chi lo vive si sente realmente parte inscindibile dell’altro e ci si sente scorrere, simultaneamente, l’istinto-emozione, il pathos (nello stato di innamoramento non proiettivo si vivono sensazioni simili). Tale simbiosi con l’altro è il preludio. il pre-ingresso al riconoscimento dello stato di fusionalità in cui opera la natura complessiva. Il fatto che tale vissuto attragga così tanto non significa rigorosamente avere un a fissazione sulla simbiosi intesa come discrasica, ma è l’avvicinamento al riconoscimento dello stato di
entanglement micro-particellare e coscienziale,
da cui ci evidenziamo.
È utile osservare che l’essere umano, dal momento della nascita e del suo sviluppo istintivo-emozionale, affettivo, attraversa la fase in cui non differenzia sé dall’altro; successivamente, scopre la differenziazione che lo aiuta nello sviluppo Io-somatico. C’è da comprendere che nell’osmosi, nella simbiosi, operano le
in-formazioni genetiche presenti nello zigote,
quelle che hanno edificato il bambino: si tratta di in-formazioni di conoscenza. Per questo motivo, in Maieutica pedagogica, si sviluppa l’acquisito, la differenziazione e, simultaneamente, la fusionalità.
- Durante la fase della differenziazione, si formano contenuti di percezione, di individuazione, che devono essere applicati allo stato fusionale, per viverne le in-formazioni innate. Questo determina specifiche prese di consapevolezza, come quelle della fusionalità comune a tutti, che coinvolge l’altro e l’Universi e, nello stesso tempo, il riconoscimento della propria individuazione.
All’interno della fusionalità innata, propria della natura, si evidenzia l’individuazione di ognuno ed è proprio lo stato di fusionalità comune che premette il riconoscimento dell’individuazione diversa da ogni altra, consapevole della propria scaturigine comune. Non siamo interdipendenti o dipendenti l’uno dall’altro, bensì,
per natura innata funzioniamo simultaneamente e, nello stesso tempo, siamo individuazione differente da ogni altro.
In tal senso e con questi significati, la simbiosi madre-figlio, la dipendenza originaria reciproca, dev’essere letta come passaggio propedeutico alla successiva consapevolezza.
L’Io-psyché deve tenere nel dovuto conto il vissuto della simbiosi, della fusionalità, perché sappiamo che all’interno di essa c’è il genoma, ci sono i processi innati che hanno saputo evidenziare l’Io-soma-autopoiesi stesso. Quindi, quando mi riferisco alla fusionalità, al rapporto di dipendenza che si crea tra madre e figlio, intendo indicare la presenza di in-formazioni innate presenti nel genoma, sia della madre e che del figlio a cui la Maieutica Sigmasofica forma. Anche nella fase adulta, taluni tentano di riprodurre con amici o con amanti il rapporto affettivo avuto con le figure genitoriali: si tratta comunque di una fase propedeutica al vissuto della libertà di consapevolizzare le forze innate, da cui la natura complessiva si evidenzia, come la madre e il figlio fissati nella dipendenza reciproca.
Quando l’Io-psyché riesce a raggiungere il vissuto della fusionalità, dello stato E.C.A. e, simultaneamente, quello dell’individuazione, allora si evidenzia il potenziamento e l’ampliamento della auto-consapevolezza.
La mancanza di consapevolezza di E.C.A., fusionalità, empatonia
Riconoscere e vivere in se stessi lo stato di entanglement fusionale è l’antidoto alla proiezione
del vissuto di una separazione dall’altro, come perdita, sofferenza, insoddisfazione.
Come visto, lo spermatozoo e l’ovulo, che si incontrano, formano lo zigote, il feto, che funziona per processi innati in un ambiente fusionale, in una situazione in cui tutto è legato e inscindibile. Tale fusionalità originaria è propria della natura, di cui siamo parte integrante. La fisica quantistica ha scoperto e sperimentato che ogni singolo atomo che forma l’esistente è inscindibile da ogni altro, funzionano simultaneamente, in un processo, denominato, appunto, entanglement, attraverso cui agiscono processi innati autopoietici. Lo zigote del neonato è formato da atomi che sono inscindibilmente legati e interconnessi simultaneamente a tali funzionalità ecologiche complessive. Poi, il feto, formando il proprio sistema nervoso, inizia a registrare di trovarsi, per osmosi, inserito in tale fusionalità, in entanglement inscindibile. Si trova immerso nel liquido amniotico (anch’esso formato da atomi e dalle funzionalità implicite innate), che ha la stessa temperatura del suo corpo ed è attraversato dal sangue della madre. Senza rendersene conto, il bambino vive lo stato di entanglement fusionale in cui opera la facoltà innata di creazione (autopoietica): si sta evidenziando, infatti, cellula dopo cellula, la costruzione del corpo, del sistema nervoso, del cervello, e così via. Non è una parte separata dal corpo della madre, ma è lo stesso corpo operante: il liquido e la placenta costituiscono tale ambiente invariabile fusionale. Si tratta, dunque, del vissuto dello stato di globalità fusionale che è inscindibile sia dal corpo della madre sia dall’ambiente complessivo che si estende alla non località, come ci fanno intuire le scoperte della fisica quantistica: stato di entanglement Io-somato-autopoietico senza limiti, transfinito.
L’Io-psyché è parte integrante e inscindibile di tali funzionalità innate (non evidenzia scissioni interpretative proprie dell’acquisito come la nozione interno ed esterno, tra Io e Tu). Lì, tutto opera simultaneamente e senza variazioni-contrasto: i bisogni fisiologici vengono automaticamente soddisfatti dal corpo della madre non scisso da quello del bambino), la simultaneità lo aiuta a non produrre bisogno-desiderio, in conseguenza di una mancanza, in quanto è la remissione in essere dello stato di frustrazione che consegue al soddisfacimento di un bisogno-desiderio.
Di fatto, il neonato si trova in uno stato di autopoiesi continua, di auto-creazione di se stesso continua: le cellule che, per processi innati, continuano a differenziarsi lo provano. Non solo è nell’ambiente materno, nella placenta, ma gli atomi che formano quell’involucro ci dicono essere inscindibili da altri che sono ovunque, nell’Universo. E non si tratta di astratta speculazione intellettuale. Tutto questo accade in assenza di auto-consapevolezza da parte del neonato.
Possiamo affermare che l’automatismo innato veicola in-formazioni olistico-autopoietiche che sanno esattamente come edificare il corpo umano e l’Io-psyché presente in quel corpo.
La nascita è un’esperienza, un avvenimento naturale che viene vissuto
come variazione-contrasto dallo stato di
entanglement fusionale, autopoietico.
Non c’è più il liquido amniotico, la placenta, la simultaneità di soddisfacimento dei metabisogni, bisogni-desideri, una serie di sensazioni mai percepite si evidenziano con forza: la luce, il freddo, gli odori differenti, il contato con altri corpi e oggetti, sensazioni orali, anali, uretrali,
la vita intrauterina, lo stato di entanglement coscienziale autopoietico
fusionale evidenzia significative variazioni-contrasti.
Di fatto, il neonato sente e riconosce in qualche modo di essere privato di ciò che lo circondava lo proteggeva da tali sensazioni. Come primo insight di incompletezza, si sente la mancanza di quello stato E.C.A.: “Avevo quello stato, lo vivevo e ora di fatto non lo percepisco più” (da verbalizzazione). Anche gli abbracci e i contenimenti affettivi prolungati sembrano non essere all’altezza di quanto lì, in quei nove mesi, accadeva. Da adulti, si scoprirà e si vivrà che quell’incompletezza è ancora più ampia e si estende alle funzionalità autopoietiche innate che ci hanno formato e di cui non sappiamo nulla:
- come si è formato l’Universi, di cui anche noi siamo evidenza?
Se ci si formerà a noi stessi, si
scoprirà l’esistenza dell’inconscio ecologico innato
(estensione del concetto di inconscio collettivo proposto da Jung),
di cui tutta la manifestazione sensibile è parte.
Il neonato non sopravvivrebbe senza il corpo e le azioni pedagogiche di accudimento di un altro da sé.
Se lasciato solo, il cucciolo dell’essere umano muore!
La variazione-contrasto innata permette il riconoscimento del proprio Io-psyché, attraverso cui, in qualche modo, il neonato vive la sensazione che esiste anche un altro da sé, che non interviene simultaneamente come faceva la mamma che lo allattava. Si inizia a vivere che gli stati io-somatici non sono mai completi, in quanto il tessuto, la connessione tra gli atomi si estende alla non località,
verso il transfinito
(mai finito).
Il piacere e il desiderio sono soltanto semplici ingredienti che è possibile vivere, ma non sono alcunché di particolarmente significativo. Ognuno dei due Io-psyché dovrà trovare in se stesso il proprio funzionamento fusionale e la spinta a tornare verso lo stato di entanglement, agente sull’intero Io-soma-autopoiesi. Sia pur inconsciamente e soprattutto nella comunicazione adulto-bambino, ogni Io-psyché non incontra la complementarietà alla propria mancanza, ma il riconoscimento possibile di funzionalità innate, da cui entrambi provengono.
Se si manifestano forme di rifiuto nella relazione, queste non dipendono rigorosamente dalla fusionalità, ma da variazioni-contrasto, da difese, da ostacolatori sovrapposti e proiettati nella relazione. Si tratta di negazioni da parte di uno o di entrambi di quella relazione fusionale, il che dipende da causalità acquisite.
Le variazioni-contrasto acquisite, culturali, della tradizione, della religione, della fede politica giocano un ruolo intenso che, di solito stigmatizzano l’implicazione sessuale-sensuale che il contatto Io-somatico integrale può suscitare.
Non a caso, durante la pratica della P.Si., si punta a vissuti liberatori e decolpevolizzanti di quel piano esprimibile.
Uno degli effetti della mancanza di fusionalità nella comunicazione integrale Io-somatica, che può far da ponte con l’entanglement fusionale innato, determina una variazione-contrasto da quello stato intensa e significativa. Inoltre, superata una determinata soglia, innesca ciò che denominano la depressione anaclitica del neonato. Anche per questo motivo, la P.Si. prevede il
lotus birth sigmasofica,
ossia il parto sigmasofico che prevede l’eliminazione del clampaggio, del taglio del cordone ombelicale, in modo che il neonato possa restare necessariamente a contatto Io-somatico integrale con il corpo della madre, almeno fino a quando il cordone si staccherà naturalmente dalla placenta.
Si determina in tal modo la variazione-contrasto naturale dal corpo della madre e si influenza il divenire, il modo di prendere consapevolezza che l’Io-psyché del bambino agirà. Si determina, infatti, una percezione non scissa, riunita e coerente, delle esperienze che si stanno vivendo.
Tutte le azioni P.Si. puntano alla percezione non frammentata. La mancata somministrazione della fusionalità appena nati induce l’ostacolatore frammentazione, ossia si determina la presenza e l’assenza di quello stato:
- insights di fusionalità (momenti affettivi)
- insights sempre diversi di momenti nono affettivi.
In conseguenza di ciò, le cose, gli enti esistenti saranno percepiti come frammentati dallo stato unitario che si intuisce esistere all’essenza di se stessi: taluni disagi e pianti del bambino possono nascere da tali processi.
il vissuto fusionale, mentre si vive la variazione-contrasto, è il principio di fondamentale importanza per evidenziare ciò che ho denominato
l’autonomia fusionale autopoietica.
Si tratta di autonomia, derivante direttamente da insights di consapevolezza del fusionale olistico: stiamo preparando la percezione olistica che avrà il comito di contenere il riduzionismo, la frammentazione (la suddivisione in parti sempre più piccole) di ciò che si studia e che può divenire scissione schizoide.
Le esperienze psicotiche sono inscindibili dalla scissione schizoide: si tratta dell’identificazione esclusivamente nella parte, ossia ciò che è scisso dal riconoscimento del vissuto, tendente al fusionale olistico.
Se durante la gravidanza, il neonato viveva la soddisfazione immediata dei metabisogni al momento della nascita, scopre che dalla produzione dello stimolo della fame al momento della soddisfazione può intercorrere un tempo più o meno lungo, per cui la
simultaneità di soddisfazione
è letta come condizione voluta, bella, buona:
maggiore è il ritardo nella risposta, più lo stimolo cresce e più lo stato di frustrazione, identificato con il non voluto, brutto, non buono, si fa sentire. Si formano i concetti di bene e di male, di amore e di odio che da adulti si applicano, si investono fino alla reintegrazione pre-manifestazione di stati opposti-complementari, di azioni bi-polari, enantiodromiche. In conseguenza di tali processi, possono formarsi ambivalenze, plurivalenze.
In realtà, se individuare di essere identità, di essere un Io-soma, in grado di riconoscere un altro Io-soma, non è vissuto simultaneamente allo stato di fusionalità, sentendo che anche l’altro essere umano scaturisce dalle stesse funzionalità innate di cui tutti siamo parte, si instaura una scissione permanente,
uno stato psicotico dissociato, scambiato per realtà individuale.
Appaee il soggettivo e l’oggettivo: l’Io- e il Tu si consolidano, si cronicizza la dualità, la struttura bi-polare che, come gli studi di biologia e di fisica quantistica ci dimostrano, sono soltanto inconsapevolezze di come realmente funzionano le cose, induzioni iatrogene dello stato di bi-polarità che si cronicizzano, da cui, per molti, ì sempre più complesso disidentificarsi.
In ogni caso, in ogni Io-psyché, riscontriamo la spinta verso il congiungersi, il riunirsi con un altro da sé, le proiezioni e gli stati psicosomatici che si traslano sull’altro da noi sono la conseguenza di tali processi innati: che cos’altro vogliamo, quando diciamo di essere innamorati e vogliamo congiungerci con l’altro da noi, se non trovare una forma di fusionalità, al cui interno risieda ciò che riduzionisticamente denominiamo il piacere?
Spesso, l’essere umano evidenzia di volee affettività, sessualità, di voler prendere l’altro, perché gli sembra indispensabile per compensare la propria mancanza (si è scisso dalla madre, è nato), ossia qualche cosa che non sa riconoscere come operante in se stesso. In quei momenti, l’altro ci sembra indispensabile, quasi vitale. Si tratta del processo che potenzierà ciò che denominiamo possessività: disporre del corpo dell’altro sembra sostituire la scissione dallo stato di entanglement fusionale e tutto procede per stati denominati di benessere o di malessere: la disponibilità dell’altro richiama la simultaneità primaria, ma l’impossibilità di possedere quel corpo, che suscita insights di fusionalità, di piacere, aumenta ciò che denominiamo il desiderio di averlo.
Denomino tale desiderio,
da cui deriva il nome aggressività. L’aggredior è un ingrediente formante l’Io-psyché, che si manifesta come stimolo che ci segnala l’esigenza di rispondere ad un metabisogno che cresce, se non soddisfatto (come la fame). Tale aggredior può crescere fino a diventare aggressivo e violento.
Riconoscere e vivere in se stessi lo stato di entanglement fusionale è
l’antidoto alla proiezione del vissuto di una separazione dall’altro, come
perdita, sofferenza, insoddisfazione.
L’alternanza della presenza e dell’assenza del corpo del tutore, del padre o della madre, di chi soddisfa i metabisogni e i bisogni-desideri, è l’elemento da cui nasce quello che, successivamente, chiameremo angoscia da perdita che, per il neonato, potrebbe essere vissuta come definitiva. progressivamente, apprenderà che la madre o qualcuno ritorna, si occupa in qualche modo di lui. Si sta formando il
concetto di permanenza e di impermanenza dell’oggetto.
La non consapevolezza dell’entanglement fusionale, dell’autopoiesi,
delle in-formazioni dell’ordine implicito che, lì, risiede,
si evidenzia come l’ostacolatore potente originario
(per origine s’intende il momento del concepimento).
La variazione-contrasto dallo stato di automatismo innato è un’informazione trasmessa dall’ordine implicito (la nascita è un processo che accade per meccanismi innati) e serve a formare l’Io-psyché. La mancanza dello stato di soddisfazione automatica è stata interpretata come mancanza di fusionalità e non come strumento di presa di consapevolezza. È una proiezione che ha prodotto, secondo l’interpretazione di taluni, una sorta di fantasma di fusionalità che spingerebbe a ricercare ossessivamente la presenza del corpo dell’altro, in modo intenso, soprattutto durante gli stati che denominiamo di innamoramento.
L’altro, in questo senso e con questi significati,
non potrà mai essere il completamento alla propria mancanza: per questo motivo, in molte relazioni nasce il conflitto.
La P.Si. predispone il contesto, la maieutica, atta a preparare il ricercatore a vivere l’entanglement che opera in lui, in natura. Una volta raggiunto, può immetterlo nella relazione,
investendola così di consapevolezza e non di mancanza all’essere.
È essenziale sottolineare che
la mancanza del corpo dell’altro indica sempre mancanza di auto-consapevolezza.
Troviamo lo stato innato di entanglement fusionale nell’inconscio ecologico e si evidenzia in qualche modo anche deviato, condizionato nell’azione, nelle esperienze dell’essere umano.
Durante la pratica della P.Si. (autopoiesi Io-somatiche), ossia quando i ricercatori, come detto, sono liberi di vivere ogni stato psicosomatico, entrano in relazioni fusionali con altri o con oggetti autopoietici e si evidenziano tutti i vissuti che sto indicando in questo paragrafo. Se insights di funzionalità sono riconosciuti, il ricercatore tende ad unirsi con la massima superficie del corpo con l’altro o con gli oggetti: esprime lo stato che ha sentito e vissuto nei primi nove mesi, lo stato fusionale proprio della natura.
Stato che spesso è vissuto riduzionisticamente attraverso la proposta sessuale che, se molti non ne sono consapevoli, racchiude sempre forme di fusionalità relazionale, risonante con quella innata. Soltanto quando la sessualità, vissuta soltanto come affermazione di sé, della sola sensorialità, del proprio potere è superata, quel ricercatore potrà procedere verso il riconoscimento delle funzionalità fusionali creatrici innate (da cui anche la fusionalità si evidenzia) attraverso cui può entrare in forme più estese di conoscenza dell’esistente. Ovviamente, si può entrare nel vissuto dell’entanglement fusionale anche attraverso la pratica della sessualità (quella che si apre al vissuto della fisiologia innata da cui si evidenzia), in tale caso la denomino
sessualità della conoscenza
S.d.C.
Se non si usa la sessualità della conoscenza, lo stato di fusionalità pone in remissione la sessualità normalmente intesa: si evidenzia una forma di sensualità che sfocia in fusionalità anche dinamica e che mette in circolo un’emozionalità considerevole, il che spiega la difficoltà a separarsi dal corpo dell’adulto o del partner, vissuto espresso e raccontato da molti.
Continuo presente, spazio-tempo e fusionalità
(…) ricerca di un altro essere umano, come complementarità di ciò che si crede proiettivamente
essere una a mancanza e che, soltanto successivamente, si scoprirà essere incompleta
consapevolezza dello stato E.C.A. e Sigamsofia.
È partendo dall’organizzazione Io-somatica di cui dispone, ossia dalla consapevolezza che ha di sé, che il ricercatore via via la espanderà. Ciò si traduce in un maggiore investimento dello spazio-tempo e delle relazioni. Mentre i ricercatore esplora lo spazio circostante, il Maieuta riconoscerà il momento in cui somministrare azioni di fusionalità, di osmosi, che possano in qualche modo risuonare con l’esperienza interiorizzata dei primi nove mesi. Tenta di creare così l’ambiente dove è possibile sentire, da dentro, la creazione presente nella cellula, in azione. Ovviamente, ogni volta che si propone questa fusionalità-affettività, si troverà un Io-psyché progressivamente più pronto a viverlo e a riconoscerlo. All’esterno da sé, inizierà a riconoscere anche come possa agire in qualche modo la locomozione e la prensione (per esempio gattonando), abbinate alla percezione.
Per intenderci, immaginiamovi immersi in profondità in un oceano: l’acqua che abbiamo tutto intorno è l’Universi e il corpo immerso non è micro-strutturalmente separabile dall’insieme che chiamiamo esterno. In realtà, in base a questi riferimenti, noi siamo una densificazione di questo oceano. Quindi, i processi percettivi, di qualunque estensione, sono propriocettivi, li riconosceremo molto più avanti come propri dell’Universi-arte, noi stessi, e non soltanto di noi stessi, parte scissa proiettivamente da Universi.
È proprio la capacità di ampliare questo riconoscimento intrinseco, lo stato E.C.A. che permetterà alla percezione visiva di riconoscere le estensioni spaziali di ciò che, nel sensorio-percettivo, denomineremo distanza, direzione, orientamento (nella visione riduzionista), ma che stati estesi di coscienza ci faranno riconoscere non come distanti da noi, quanto parte entangled con noi. Tale riduzionismo è di fondamentale importanza, in quanto è l’opposto-complementare, la variazione-contrasto attraverso cui, de ben utilizzata, potremo riconoscere l’unità funzionale che siamo. Lo stato E.C.A., insieme alla prensione e alla vista, permette di riconoscere la forma.
Tutte le nozioni di distanza e di spazio sono riconosciute inizialmente in riferimento al proprio corpo fisico (antropomorfo): è l’inizio di riconoscimento del soggetto e dell’oggetto, necessario al funzionamento sensorio-percettivo, alla relazione. tuttavia, come detto, si tratta simultaneamente della variazione-contrasto e dell’opposto complementare all’unità inscindibile di Universi. Tali consapevolezze dovranno essere perfettamente vivibili separatamente, ma nella cognizione che no sono scindibili, che la dicotomia soggetto-oggetto è funzionale a riconoscere che
l’Universi-parte è senza alterità
e che include in un tutto funzionale le parti-Universi, gli enti esistenti micro-strutturalmente. L’investimento motorio ello spazio e quello visivo-sonoro dovranno essere a lungo allenati. La locomozione dell’Io-soma-autopoiesi ingrandisce lo spazio investito e cambia prospettiva alla vista: se mi sposto, anche un altro può spostarsi e venire verso di me ed io posso andare verso di lui, o possiamo allontanarci. Queste prime percezioni applicabili nel sensorio-percettivo iniziano a originare il principio di reciprocità, uno degli elementi che utilizzeremo nella logica sensoriale. Ma, anche la locomozione dell’Io-psyché in se stesso assume significato: chiudo gli occhi e sogno, mi sposto da un ricordo all’altro e posso vivere sensazioni estese di rilassamento di di funzionalità innate, presenti in questi luoghi (si tratta ovviamente di pre-disposizioni che soltanto successivamente potranno essere consapevolizzate con maggiore efficacia).
Se la locomozione avviene in ciò che denomino spazio per raggiungere un punto distante dall’altro, impiego qualche cosa che poi si insegnerà a riconoscere convenzionalmente come il tempo.
Nel sensorio-percettivo
non c’è spazio scindibile dal tempo,
non c’è tempo scindibile dallo spazio.
Nel sensibile, tutte le azioni sono indissociabili dallo spazio-tempo. Ma, entrando nel vissuto dell’Universi, dell’unico corpo, non ho necessità di spostarmi nello spazio-tempo, per consapevolizzare una pare del mio corpo: mi riferisco alla funzionalità dell’entanglement tra micro-particelle, quindi posso evidenziare consapevolezza, a livello E.C.A., di qualunque parte del mio corpo, anche se posizionata ad anni luce di distanza da me. Immaginate la punta dell’alluce e l’occhio sinistro: potremmo dire che uno è pare del piede, l’altro della testa, ma sono sempre parte integrante dello stesso corpo fisico. A livello micro-particellare, si tratta dello stesso fenomeno: le micro-particelle che formano una galassia sono un campo unico con le micro-particelle che formano il corpo fisico ed, essendo l’Io-pcyché inscindibile da tali micro-particelle, anche esso è entangled.
Infatti,
nello stato E.C.A., tutto si svolge nel continuo presente:
questo essere, l’Universi da cui ci evidenziamo, crea in continuazione
migliaia di persone che nascono
(aggregazione delle micro-particelle degli atomi che formeranno il corpo)
e
migliaia di persone che muoiono
(disaggregazione delle micro-particelle, degli atomi che formano il corpo).
Le genera come fluttuazioni e poi le riassorbe, esattamente com un oceano produce onde e poi le riassorbe. Vediamo inights di tali funzionamenti, quando ricordiamo un ‘esperienza passata che, evocandola ci risulta essere attuale (come implicazione emotiva). Quando, in casi verificati, l’Io-psyché anticipa fatti collocabili, secondo la convenzione spazio-tempo, nel futuro ci indica che qualcosa include lo spazio-tempo passato-presente-futuro.
Lo spazio-tempo è una creazione di Universi,
necessaria perché è la variazione-contrasto, l’opposto complementare del continuo presente o tempo autopoietico. È l’opposto che ci serve, come detto, a vivere e a riconoscerci nel sensorio-percettivo ma, soprattutto, è utile a consapevolizzare il continuo presente. La P.Si. orienta verso il vissuto
dell’Universi che vive, riconosce e consapevolizza se stesso.
Ovviamente la maieutica somministrabile al ricercatore non coincide con l’insegnamento verbale di tali processi, ma con quello a base vissuta. Come riferimento di base la P.Si. ha una visione complessiva dal punto-nascita al punto-morte.
Nella pedagogia applicata al sensibile, si introducono anche i vissuti legati alla velocità. Un esempio: si cra la condizione, affincheé il bambino posa lanciare una palla, facendola arrivare velocemente ad un punto convenuto o lentamente. Sono jnozioni vissute in relazione al tempo, necessarie alla vita sensoriale e saranno sempre orientate alla percezione, per variazione-contrasto, del tempo autopoietico.
Nelle P.Si. la percezione visiva e uditiva, come quella tattile e olfattiva sono sperimentate perché assumano un significato temporale. Ci si rende conto che possono essere presenti per un periodo di tempo e poi entrare in remissione ed essere poi utilizzate sul piano sensorio del quotidiano, riconoscendole in diverse situazioni come la durata di un gioco, di una comunicazione, e così via. Inoltre, si orienta il bambino dad elaborare mentalmente concetti inerenti lo spazio-tempo, ossia quello che non ha supporto percettivo, che è soltanto pensato, immaginato. Si tratta di un’operazione molto difficile da fare per un bambino piccolo, che tende a vivere il tempo, maggiormente legato alla percezione sensoriale diretta più che a produrne l’idea. Sono tutti principi attivi fondamentali, indispensabili a prendere coscienza delle funzionalità inerenti il continuo presente, il campo coscienziale non localistico, da cui si evidenziano.
Immaginiamo ora un’esperienza come l’emissione di un suono molto forte, acuto e improvviso_ può suscitare nell’Io-psyché un sussulto, mentre un suono debole, lento, progressivo, melodioso, può innescare forme di ipotonia. Allo stesso modo, una luce potentissima, emessa per un discreto lasso di tempo, suscita in genere agitazione, rifiuto mentre una debole, tenue può tendere addirittura a calmare il corpo. Ogni Io-psyché ha il proprio modo di vivere i deversi tipi di intensità, anche quella scaturente dal proprio campo istintivo-emozionale e dall’aggredior in circolo, che, a sua volta, aiuterà a modulare l’intensità del vissuto in atto. La sua forza aiuta a percepire forti intensità di se stessi: è il processo che consente di riconoscere, inoltre, quelle presenti nella globalità dell’ambiente circostante.
Oltre a vivere e a riconoscere le densità normalmente presenti nel sensibile, la P.Si. permette di creare i presupposti alla consapevolizzazione di quelle esistenti nelle cellule, negli atomi e oltre.
La mancanza di consapevolezza dello stato E.C.A. si evidenzia come ostacolatore originale.
Nello stesso tempo, tale mancanza è necessaria per formare le strutture acquisite dell’Io-psyché e potenziare la consapevolezza che utilizzeremo, poi, per vivere la stato E.C.A. È un ostacolatore e, nello stesso tempo, la pulsione necessaria alla presa di consapevolezza.
A volte, i ricercatori non si aprono alle funzionalità innate, perché semplicemente non sanno che si tratta di un luogo coscienziale verso cui è necessario aprirsi (da verbalizzazione), anche se sentono la mancanza di adeguata auto-consapevolezza. Tentare di entrare in quelle percezioni è come disidentificarsi dall’acquisito, il che suscita un senso di depersonalizzazione, di paura del vuoto (da verbalizzazione). Come osservato precedentemente in questo scritto, veicolando l’intensità della potenza della creazione (una tra le maggiori forze vitali), se vissuta come forma di conoscenza e abbinandovi la contezza della fusionalità, la sessualità può risultare uno straordinario strumento di autoconsapevolezza; se, invece, applicata soltanto al sensorio-percettivo, rimane un esclusivo strumento di piacere:
uno dei più attraenti meccanismi di fuga dal vissuto diretto della fusionalità e dei principi attivi innati che in essa operano.
Tale raggiungimento è la presa di consapevolezza fondamentale che mette in gioco una quantità di campo istintivo-emozionale e aggredior di gran lunga più potente di quella che gran parte dei ricercatori si autorizzano a vivere. L’Io-psyché che ha saputo raggiungerla si rende conto delle difficoltà che si incontrano ad accettare una separazione da quello stato, sensazione che risulta essere ancora più intensa nel bambino: si sente l’Io-soma dell’altro essere parte integrante del piacere-beatitudine che si sta iniziando a vivere. Tuttavia, il ricercatore è destinato ad altre e più intense prese di consapevolezza.
In generale, l’Io-psyché dell’essere umano riferisce di alternare momenti di fusionalità (affettività, sessualità, sensualità…) a momenti di identità, di aytonomia, di inidviduazione. spesso, incontra la frustrazione, quando esce da una situazione fusionale; all’opposto, sente il bisogno-desiderio inteso di viverla, quando, per determinati periiodi, agisce nell’autonomia, nella propria individuazione. Molte volte, si autorappresenta tali stati psicosomatici, attraverso vissuti simbolico-reali, cercando relazioni del tipo descritto, anche con sostituti del corpo dell’altro, come uno spazio-tempo, riconosciuto comune, dove si sono svolte azioni insieme all’altro/altri, un’area di comunicazione su cui si sono investite le stesse intensità istintivo-emozionali e aggredior, le medesime passioni. Si tratta dell’applicazione del vissuto fusionale alla relazione: il luogo, in cui si può vivere il punto d’incontro con l’altro, dove il proprio agire deve incontrare quello dell’altro.
Approfondiamo.
La fusionalità, vissuta fisicamente, si caratterizza dal fatto che i corpi perdono contezza dei propri confini: non si riesce a distinguere il proprio calore dal calore dell’altro. I confini che quella fusione determina provocano la sensazione di essere un corpo unico, inscindibile dall’altro. Inoltre, se il battito cardiaco e il respiro si sintonizzano all’unisono, la fusionalità aumenta d’intensità e, sse i due praticano simultaneamente un’autopoiesi olosgrafica, possono innescarsi insights intuitivi, sincronici, prese di consapevolezza riguardanti la fusionalità stessa. In quei momenti, non esiste mediazione,, ma percezione e visualizzazione simultanee, si evidenziano forme di idem sentire, se il vissuto appena descritto non è immesso nella relazione, accade che l’incontro tra quei due Io-psyché dovrà essere mediato da altri contenuti: si passa dal contatto diretto ad una distanza maggiore, si fanno dei segni, ci si saluta, si mantiene la sensazione del vissuto, imitando i movimenti e i gesti dell’altro. I bambini utilizzano spesso quella modalità, sia quando escono dalla relazione fusionale, sia quando dall’individuazione vogliono entrare in quella fusionale. Si creano forme di fusionalità a distanza che evidenziano l’interesse dell’uno verso l’altro. In questi passaggi, molti si avvalgono dello sguardo, che può essere breve, fisso, prolungato, modalità che i bambini utilizzano spesso e con intensità. Consapevolezza da sviluppare, ovvero, più precisamente, non esiste la razionalità oggettiva, separata da un corpo affettivo e soggettivo: essendo un unico corpo in stato di entanglement microstrutturale e coscienziale, tutto è soggettivo, è dell’Universi-parte che siamo. La comunicazione tra gli Io-psyché è divenuta molto intellettuale, molto impersonale, a causa della mancanza di consapevolezza vissuta dello stato di autonomia fusionale autopoietica, in cui con i corpi a contato o non a contatto, la natura innata funziona nei modi descritti. L’ostacolatore identificazione nel solo acquisito, nella sola intellettualità, riduce, per così dire, rapporti vissuti freddi che mancano di calore umano, più precisamente di consapevolezza della fusionalità-E.C.A. -Questa riconosce ciò che denominiamo calore come una funzione fondamentale dell’Io-soma-autopoiesi umana, che funziona nel range di trentaquattro/trentasette gradi, al di sotto dei quali si evidenzia l’ipotermia e, al di sopra, l’ipertermia. Posso essere a distanza dall’altro e mantenere la consapevolezza dello stato di fusionalità; posso stare a contatto corporeo ed essere distante dall’altro: lo stato di auto-consapevolezza è inscindibile da tali funzionalità innate e ci serve appunto per riconoscerle. La persistenza alla non formazione di un’adeguata auto-consapevolezza vissuta dell’autonomia fusionale determina la persistenza di angosce esistenziali, la sensazione di solitudine e di assenza di significati, sia quando si è soli sia quando si è con gli altri.
La separazione dal corpo della madre, la nascita, è funzionale e necessaria pera far crescere l’acquisito e formare così la funzione Ypsi, un linguaggio strutturato e razionale, necessario a riconoscere uno spazio fusionale più ampio con la natura, con l’altro. Non realizzando questo, l’Io-soma ha necessità di ri-unità con un altro corpo, vissuto che evidenzierà più informazioni, più sensazioni, soprattutto se lo si vive in stato di fusionalità-E.C.A.
Incontriamo l’ontos-sophos-logos dell’Io-psyché soltanto nel vissuto di autonomia fusionale autopoietica integrale, stato in cui l’istinto-emozione fluisce libero e senza ostacolatori e in modo consapevole al soggetto che lo vive. Non si tratta di processi positivi rispetto ad altri negativi, bensì soltanto di campo istintivo-emozionale in azione.
Soltanto l’auto-consapevolezza della fusionalità-E.C.A. che muove in noi può consentire di viverla con altri da sé. Il veicolo è appunto il campo istintivo-emozionale e aggredior: per esempio. la gioia e la tristezza in circolo ci fanno sentire vicini, ci fanno comunicare con l’altro, specialmente se con-partecipate all’unisono.
Per questo motivo, la P.Si. consente di fluire e di decolpevolizzare integralmente il campo istintivo-emozionale e aggredior: nell’espressione libera, risiede la padronanza di gestione dell’istinto-emozione; il tentativo del solo controllo razionale, intellettuale è l’ostacolatore scambiato per necessità socio-culturale.
Istinto-emozione è umanità in azione e noi siamo esseri umani.
L’applicazione su me stesso e su altri della P.Si. mi permette di affermare: ciò che ha particolarmente funzionato
è la remissione dell’oscillazione conflittuale permanente tra identità e fusionalità-E.C.A., tra autonomia e proiezione del bisogno di altri.
La reintegrazione vissuta tra autonomia e fusione consente di eliminare identificazioni-fissazioni in iper-identità e in iper-fusionalità. La normalità innata risiede semplicemente nella presa di consapevolezza delle proprie funzionalità Io-somato-autopoietiche e nel rendervi simmetrica la costruzione dell’Io-psyché dell’identità, dell’autonomia.
L’intellettualismo può essere un grandioso meccanismo di fuga dalla pratica integrale del proprio campo istintivo emozionale.
Ciò è confermato dal fatto che non può esistere l’oggettività, se non per le interpretazioni dell’Io-psyché che non vive, non conosce di essere parte di un ambiente, di un’ecologia, in stato di non separabilità, di entanglement: un unico corpo. Per questo motivo, si possono esprimere soltanto esperienze soggettive-istintivo-emozionali e autopoietiche. si tratta del linguaggio olistico-autopoietico che non è staccato dal corpo ma che non coincide con il solo corpo e si apre all’energetico, all’inconscio non localistico.
Abbiamo posto in remissione ogni identificazione-fissazione nel solo cognitivismo e astrazionismo.
Il linguaggio cognitivo, scientifico è necessario alla nostra civilizzazione, ma lo esprimiamo consapevoli dell’istinto-emozione, del corpo integrale: è il linguaggio che tocca (perché ill corpo è liberato nell’azione) ed è un linguaggio ri-unificatore energetico, perché è entangled con l’altro, con l’ambiente. Riconoscersi, attraverso il vissuto, si essere Universi-parte senza alterità in cui il confine sono gli occhi, non è solitudine, perché quella parte di noi stessi che è l’altro è inscindibilmente parte di noi ed è auto-consapevolezza vissuta di ciò che siamo.
Identità-individuazione -cenni-
Autonomia-identità nella fusionalità-stato E.C.A.
e
fusionalità-stato E.C.A. nell’autonomia-identità
Durante la pratica della Maieutica Io-somatica, il Maieuta assume un accordo empatico, tonico, fusionale con il ricercatore, lo strumento per partecipare l’ostacolatore, le difese psicosomatiche messe in relazione. È un accordo di fusionalità, qualunque cosa si faccia o si esprima e, nello stesso tempo, l’assunzione di un pronti ad agire, ad orientare simultaneo. Non si tratta di convivialità, anche se tale stato è incluso, il fatto che durante le sedute, non si possa utilizzare il linguaggio verbale, intellettuale aiuta ad evidenziare come ogni gesto, ogni relazione Io-somatica, ogni uso dell’oggetto mediatore autopoietico assuma un significato specifico per ogni partecipante a quella relazione: nasce un linguaggio simbolico-reale non parlato, ma agito che, soltanto successivamente, al momento della Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto, sarà elaborato con la parola.
Durante la Maieutica, si individuano sostanzialmente due direzioni:
- quella del bambino appena nato, che cresce;
- quella dell’adulto che, partecipando a tali incontri, srotola, guarda a ritroso la propria vita.
Nel primo caso, la perdita della comunicazione osmotica con il corpo della madre e con le in-formazioni innate determina l’avvio di una ricerca per ritrovare la realtà, da cui, con la nascita, ci si è scissi: è la variazione-contrasto che determinerà le prese di consapevolezze successive, fino a formare il linguaggio, attraverso cui elaboreremo i processi di provenienza.
Durante la Maieutica con gli adulti, si parte dal linguaggio, dall’intellettualità-razionalità raggiunte, fino ad assumere via via di vivere situazioni relazionali pre-linguaggio e a ritrovare comunicazioni affettive, fusionali (mentre cresceva, lo zigote edificava il proprio corpo, senza parlare). E via via, l’adulto prede la connessione con lo spazio-tempo: “Ho vissuto un’esperienza bellissima e, ti dovessi dire, non so dirti quanto tempo sia passato” (da verbalizzazione). Esattamente come nel bambino, la convenzione spazio-tempo va in remissione.
Il linguaggio verbale è un mezzo che abbiamo creato, per descrivere i vissuti, l’eziologia di cui siamo evidenza, ma, come sappiamo, non è l’unico strumento disponibile all’Io-psyché per comunicare.
La frustrazione da nascita, specialmente se non si è utilizzato il lotus-birth, è molto grande e, proprio per questo, può accadere che l’investimento nella ricerca di uno spazio-fusionale possa essere intenso. La P.Si. assume, quindi, per tutti i motivi descritti prima, di vivere integralmente sia momenti di fusionalità sia momenti di autonomia, in modo da creare la reintegrazione tra queste due funzioni:
autonomia-identità nella fusionalità-stato E.C.A.
e
fusionalità-stato E.C.A. nell’autonomia-identità.
Così, come vivere che all’essenza della variazione-contrasto c’è la fisiologia, le cellule, gli atomi del corpo che vivono in stato E.C.A., così, all’essenza dell’automatismo olistico-autopoietico innato, c’è l’identità, l’autonomia, attraverso cui lo consapevolizziamo: l’Universi evidenzia la parte e la parte si auto-organizza per consapevolizzare Universi, di cui è emanazione. Tutto è organizzato per ampliare lo spazio-tempo fusionale. Di fatto, dal punto nascita al punto morte, si vive in modo non separabile, inscindibile dallo stato di entanglement micro-particellare e coscienziale.
L’evoluzione neurologica, la mielinizzazione del fascio piramidale, si tradurrà così in un potenziale d’azione, tendente all’olistico-autopoietico.
Gli Io-psyché che, per diverse ragioni, non assumono di vivere consapevolmente la dimensione fusionale E.C.A. evidenziano sempre ritardi di consapevolezza.
Tale spazio fusionale è ovviamente sia psichico che fisico.
La materia e il soma sono una densificazione del campo coscienziale Io-psyché: essendo questo Universi transfinito, anche la parte, noi stessi, lo è. Ciò che riconosciamo come spazio fisico, a causa dell’entanglement ha, alla sua essenza, un’estensione transfinita: per questo motivo, esistendo, puntiamo all’espansione di coscienza, per consapevolizzare un processo che per intero ci appartiene e che, di conseguenza, pone in remissione le concezioni di dentro e d fuori che si evidenziano, per variazione contrasto. Prima, il neonato è dentro il corpo della madre, poi nasce ed è fuori, ma, in realtà per le funzionalità microstrutturali, tutto è e continua ad essere un unico processo funzionale. Di fatto, gli atomi, che formano il neonato continuano ad essere entangled con tutti gli altri esistenti. La nozione di distanza, inizialmente, è sempre in riferimento alla nascita: “Ero vicino al corpo che mi veicolava e poi mi sono allontanato” (da verbalizzazioni elaborate).
Le discrasie Io-somatiche hanno senza alcun dubbio origine dal come abbiamo vissuto tali passaggi. In prossimità e all’interno del corpo materno, esisteva la funzione di soddisfazione automatica; fuori, progressivamente, si delinea l’assunzione di responsabilità a vivere atti che ci possano portare alla soddisfazione dei metabisogni, in modo da accrescere la sicurezza di poter auto-soddisfare le funzioni psicosomatiche. Nel caso non lo facessimo, si raggiungerebbe in breve il punto morte (se non appaghiamo i metabisogni innato come mangiare, bere, evacuare e così via, il corpo produce il punto morte).
La fusionalità, lo stato E.C.A. operano nel continuo presente: sono l’essenza da cui si evidenzia lo spazio-tempo, in cui ci riconosciamo. Molti bambini e molti adulti mostrano turbamenti, discrasie perché si sono scissi troppo dal continuo presente, entrando necessariamente nell’identificazione in spazio-tempi non auto-consapevoli e, quindi, necessariamente incompleti. L’a-spazialità e l’a-temporalità sono la concretezza innata che la spazialità e la temporalità riducono e collassano. Proprio il vissuto del continuo presente, o tempo olistico-autopoietico, consente di partecipare in modo funzionale alla consapevolezza della riduzione-collasso, denominata spazio-tempo. La fusionalità e il continuo presente, se realmente consapevolizzati, consentono di porre in remissione le paure proiettive, tipiche delle relazioni acquisite che vediamo nella nostra società.
Essere-avere; avere-essere
(…) l’autopoiesi innata che agisce all’interno dell’osmosi(..)
Attraverso l’oggetto mediatore o oggetto autopoietico, si crea un tramite utile a sentire il corpo dell’altro, in un surrogato, sostituto della comunicazione reale. A volte, l’impossibilità di avere relazioni Io-somatiche reali determina l’identificazione-fissazione sull’oggetto, a cui si attribuisce un valore simbolico: “Quell’orologio non vale molti soldi, ma per me ha un enorme valore affettivo” (da verbalizzazione). È come se l’Io-psyché non potesse separarsene perché rappresenta l’altro, la madre dei nove mesi di osmosi, ossia l’autopoiesi innata che agisce all’interne dell’osmosi.
La presenza simbolica dell’altro è molto complessa. Si evidenzia, dirompente, un ulteriore ostacolatore, quello di sostituzione trans-mutazione:
Si transmuta il bisogno-desiderio di comunicazione Io-somatica integrale, tuta da vivere, in un sostituto simbolico-reale.
Ci sì sposta dall’intenzionalità di voler essere in relazione integrale, all’evere un oggetto per vivere, traslarvi l’investimento verso l’altro, con cui non si riesce a provare soddisfazione.
In qualche modo, ogni ricercatore, ogni lo-psyché ha il proprio oggetto autopoietico mediatore, che investe con i significati-significanti della propria consapevolezza istintivo-emozionale
L’Io-psyché sovracompensa con un avere e con investimenti quello che manca all’essere, al vissuto. La pulsione a voler risalire all’osmosi, allo stato E.C.A. si transmuta in desiderio avere oggetti: più è forte l’inconsapevolezza, maggiore può essere la possessività.
Tra gli esseri umani, riscontriamo spesso la spinta ad accumulare materiale di qualunque tipo, ad acquisire proprietà, anche in modo ossessivo, seriale. A volte, tali mancanze istintivo-emozionali, affettive sono così intense da determinare spinte inconsce potenti, che possono tradursi in cleptomania o in furti. Seguendo i diversi ricercatori attraverso la maleutica, si scopre che, assumendo di vivere relazioni lo-somatiche integrali, per molti l’identificazione nell’oggetto compensatore va in remissione e perde ogni interesse.
Anche l’ontos, l’essere che si percepisce durante quelle comunicazioni integrali tende a cristallizzarsi, se non si immette in quei vissuti la consapevolezza dei principi attivi innati. La comunicazione Io-somatica integrale assume le vesti dell’ostacolatore coazione a ripetere, quando ripropone le stesse stereotipie relazionali somatiche. La consapevolezza dello stato E.C.A. è molto complessa da raggiungere, per cui moltissimi ricercatori restano nel vissuto riduzionista della comunicazione somaitica, basata su automatismi innati. Anche quando l’altro da noi è disponibile alla comunicazione e alla relazione integrale, risulta essere molto complesso raggiungere tali stati percettivi olistico-autopoietici.
La mancanza di consapevolezza dei processi innati, di fatto, è inconscia e, per questo, emerge nel conscio, attraverso stereotipie affettivo-sessuali e comportamentali. Ma, la possibilità di avere o di accumulare oggetti anche preziosi non è la consapevolezza vissuta dello stato E.CA. e delle straordinarie potenzialità, in esso presenti. Per questo motivo, possono emergere nevrosi complesse e stati discrasici, anche in essere umani molto ricchi, in grado di avere e di possedere tante cose! Nonostante l’insoddisfazione di fondo si riduca molto, spesso il vissuto fusionale diretto non produce quello stato di appagamento che si vorrebbe: ne sono una prova i cosiddetti innamorati che, inizialmente, vivono d’amore e di acqua fresca, ma dopo un po’ di tempo, si transmutano in altro, non più segnalato come soddisfacente (ci sono grandi amori che sfociano in separazioni o addirittura in tragedie …).
Il gruppo sociale è formato dagli lo-psyché che lo compongono ed ognuno evidenzia le caratteristiche che sto illustrando: di conseguenza, tutto il gruppo risentirà di tale inconsapevolezza, degli ostacolatori che vediamo all’opera nell’azione della maggioranza. La non assunzione di relazioni intense, profonde, da vivere e consapevolizzare in se stessi e ignorare le in-formazioni genomiche che ci fanno funzionare, esistere, sono la causa delle caratteristiche sociali discrasiche aggressive, conflittuali, che partecipiamo-osserviamo nella società, nel mondo. Ci siamo talmente allontanati da tali consapevolezze, da ritenere che un’adeguata scala di valori debba poggiare sull’avere: “Più uno ha, più uno è valutato e giudicato positivamente” (da verbalizzazione). Voglio specificare che la P.Si. forma al vissuto diretto dello stato E.C.A., valorizzando, nello stesso tempo, gli oggetti che l’lo-psyché crea, in quanto, se simmetrico agli stati di consapevolezza che sto indicando, l’avere risulta essere perfettamente compatibile e fruibile, poiché assume il valore della funzione per cui è stato inventato.
L’avere diviene diretta conseguenza dell’ontos, del sophos, del logos e del kraino e non l’ostacolatore sovra-compensazione che non si riconosce essere tale.
Anche le scuole attuali sono impostate come sistema di acquisizione degli averi: avere conoscenze nozionistiche, intellettuali, scisse dalle funzionalità innate, il che inesorabilmente sfocerà in discussioni astratte, in veri scontri tra averi, tra intellettualità. La simmetria, indicata precedentemente come avere e intellettualità, direttamente nascente da consapevolezze olistico-autopoietiche, evidenzierà una conoscenza e una coscienza dello stesso tipo.
La P.Si. si inscrive nell’ottica della formazione al vissuto integrale di tutte le causalità innate coscienziali che ci formano, quale base per esprimere un ontos-sophos-logos, sua diretta emanazione e oggetto, un avere, una intellettualità simmetrici. La conoscenza vissuta di alcuni processi innati, che sono all’origine di quanto sto descrivendo, sta dando risultati straordinari anche come processo di auto-rigenerazione-guarigione. La mancanza di consapevolezza vissuta e non intellettualizzata dei principi attivi innati è la condizione dalla quale si articolano tutti gli ostacolatori psicosomatici che partecipiamo ed osserviamo e che hanno la funzione di creare auto-consapevolezza come variazione-contrasto, se si evita che l’lo-psyché vi si identifichi.
Dare-ricevere; ricevere-dare
Simultaneità è dare e ricevere nello stesso tempo
Partecipando osservando i ricercatori, si evidenzia il fatto che ogni lo-psyché è per così dire attivo: si muove ed esprime qualche cosa di sé al cosiddetto esterno, all’altro
Ogni qualvolta si dà, si compie un’azione, si suscita una reazione nell’altro, con cui si è in relazione. Anche la cosiddetta passività è un’espressione di sé da parte di chi la produce. Quando si ha fame, si attiva il processo che include il ricevere cibo e che manifesta quel metabisogno.
Quando ci trovavamo in osmosi, nel corpo di nostra madre, non potevamo distinguere i confini tra il cosiddetto dare e il cosiddetto ricevere, in quanto eravamo un unico processo funzionale, fusionale, inscindibile. Il dare-ricevere va in remissione e si evidenzia la simultaneità di espressione:
si dà quanto si riceve
e
si riceve quanto si dà,
distinzione noetica tra dare e ricevere che risulta persino inutile.
È chiaro che, per riconoscere la simultaneità, i ricercatori dovranno raggiungere la comunicazione vissuta integrale, l’empatia, l’accordo tonico, la fusionalità e, riconoscerne la simultaneità.
Se ognuno è identificato in se stesso, nella relazione, emergono il dare e il ricevere, due funzioni che vanno allenate con continuità e vissute, se si vuole raggiungere la loro remissione, in favore della simultaneità di creazione, consapevolezza che ci allinea con quanto l’Universi, per processi di determinismo olistico-autopoietico, già fa. Soltanto la contemporaneità di creazione può porre in remissione le espressioni scisse del dare e del ricevere: la sincronicità di un vissuto fa emergere il figlio di quel punto d’incontro concomitante, ossia la creazione dell’atto che è così, per funzionalità innate. È sempre utile ribadire che la simultaneità evidenzia che l’altro non può mai essere il complemento alla propria mancanza e viceversa, ma una parte di noi indispensabile alla creazione, in questo caso, della consapevolezza.
Il figlio, la simultaneità, include quello che, in modo riduzionista, denominiamo il dare e il ricevere, che agiscono nello spazio-tempo. Per non essere frainteso, sto evidenziando che anche l’acquisito con la variazione-contrasto deve essere vissuto in modo simmetrico e funzionale ai processi innati: l’unità e la dualità, l’enantiodromia sono sempre un unico processo in azione, la conseguenza del loro ontos è il figlio, la presa di consapevolezza dell’esistente. Non esiste un inizio e una fine della relazione, quando si vive la simultaneità, il continuo presente.
Di fatto, sono insights di simultaneità di intenti che di consentono di entrare in reale comunicazione, senza la quale risulta difficile produrre un figlio, un punto di reale incontro auto-consapevole. Simultaneità è dare-ricevere nello stesso tempo, un modo di ridurre la frustrazione della nascita e un ritorno alla simultaneità osmotica.
Ritroviamo la stessa dinamica nel linguaggio: simultaneità include l’ascolto e la comprensione in circolo, da parte di tutti, per cui il pensiero dell’altro è il proprio, anche se diversi pensieri hanno tutti la stessa legittimità e vanno in sigma.
Da sincronicità e dalla differenza, si articoleranno rapporti di seduzione, di provocazione, di possesso, di dominazione, dato che una delle proiezioni è quella di ritornare ad essere uno con il corpo della madre, con l’altro. Da qui, nascerà la gelosia che è il rifiuto di integrare l’altro e che, talvolta, può essere posta in remissione attraverso la consapevolizzazione dello spazio fusionale.
Durante gli incontri di P.Si si partecipa-osserva come bambini di dodici/sedici mesi riescano ad attirare l’attenzione dell’adulto e a voler mantenerla in modo esclusivo. Questo desiderio di possessività può durare così tanto a lungo da essere riproposto e cercato nelle proprie relazioni future, anche da adulti.
L’affermazione
Io ho il bisogno-desiderio che tu abbia il bisogno-desiderio
Che io abbia il bisogno-desiderio di te, e così via
Sto evidenziando che il processo innato della fusionalità può tuttavia, essere reso opposto-complementare e conflittuale, per proiezioni dell’Io-psyché acquisito. In ogni caso, tale conflitto è propedeutico e preparatorio alla presa di consapevolezza dell’apprendimento e alla nascita dell’individuazione, dell’identità, che includo nel concetto di funzione Ypsi dell’Io-psyché. Mi riferisco precisamente alla facoltà di riconoscere la propria individuazione-identità, attraverso l’opposizione, il contrasto, il conflitto. Come visto, l’identità e la fusione sono integrabili nell’autonomia fusionale. Quando l’Io-psyché vive l’esperienza di penetrare e di lasciarsi penetrare, facendo dell’altro la complementarità di quella che si proietta essere la propria mancanza, l’altro viene vissuto come luogo dove il proprio bisogno-desiderio trova forme di soddisfazione. Da tale vissuto, la P.Si. inizia a vivere e ad elaborare la condizione per cui l’altro è complemento del proprio bisogno-desiderio. È la base per vivere lo stato di soddisfazione che ne nasce, in realtà, come processo funzionale che, anche in questo caso, troviamo all’interno dell’osmosi, della fusionalità, vissuta consapevolmente. Spiego. Non potremmo vivere lo stato di soddisfazione, se l’Io-soma non ne disponesse e non lo creasse. Di conseguenza, si forma la dinamica proiettiva in base alla quale si sperimenta che l’Io-psyché dell’essere umano ha bisogno-desiderio dell’altro da cui, come conseguenza, ci si aspetta e, talvolta, si pretende di ricevere lo stesso sentimento e desiderio.
Io ho il bisogno-desiderio che tu abbia il bisogno-desiderio che io abbia il bisogno-desiderio di te, e così via.
Si tratta, ovviamente, di dinamiche relazionali frequentissime che la P.Si. assume di voler transmutare.
Nello stato di fusionalità (incluso nello stato E.C.A.), non c’è compenetrazione, ma simultaneità. Il piacere è simultaneo e va in sigma, ossia si somma e penetrare ed essere penetrati diventa un processo simultaneo. L’Io-psyché vive elementi delle funzionalità innate, da cui si evidenzia: non si tratta di relazioni ideali, ma della condizione Io-somatica necessaria a vivere simultaneamente e consapevolmente con quella acquisita. Infatti, al momento dell’individuazione nello spazio-tempo, si creano differenziazioni nei bisogni-desideri espressi, che dovranno trovare l’unione, attraverso la condizione innata indicata e consapevolizzata. La fusionalità, lo stato E.C.A. non sono mai né attivi né passivi. A quel livello, non è tecnicamente possibile fare dell’altro il proprio complemento o essere il complemento dell’altro, in quanto parti di un unico corpo, eco-sistemico, che non ha alterità. L’individuazione, l’autonomia dovrà integrare tale azione nel proprio quotidiano. Si tratta di uno dei fondamenti vissuti, proposti dalla P.Si. per porre in remissione gli stati bi-polari, dualistici, ambivalenti ed enantiodromici ed eliminare ogni forma di adattamento all’altro, in quanto lo si riconosce come parte inscindibile da sé (a livello di funzionalità micro-strutturale e coscienziale innata).
Formare la funzione Ypsi
Lo stato E.C.A. è, quindi, il fondamento innato dell’esistente
Da cui si evidenziano le variazioni-contrasto, funzionali all’Io-psyché in crescita.
L’identità-individuazione-autonomia si evidenzia dalle funzionalità innate, fusionali, E.C.A., indicate.
Più c’è consapevolezza globale, unitaria di tali funzionalità maggiormente efficace risulta essere la costruzione acquisita del proprio Io-psyché. I vissuti globalizzanti, fusionali, proposti dalla P.Si. hanno, infatti, lo scopo di arare, di preparare il terreno adatto a costruire o ri-costruire un Io-psyché, i suoi contenuti e significati-significanti in modo simmetrico alle funzionalità innate: auto-edificarsi in contrapposizione per un Io-psyché acquisito, significa tendere al patologico.
Tutte le azioni che prevedono l’utilizzo consapevole, integrale, del proprio Io-psyché sono fondamentali per la sua edificazione. Per questo motivo, nella Maieutica P.Si., si prevedono:
- Co.A., Escursionismo-Ecologia Coscienziali autopoietici, in natura, affrontando livelli di difficoltà nella progressione interiore-esterna sempre più elevati;
- Co.A., Torrentismo Coscienziale autopoietico, per immergersi fusionalmente, integralmente nell’acqua viva;
- Co.A., Ascesi-Arrampicata Coscienziale autopoietica, per ascendere, risalire nell’interiorità e all’esterno;
- Co.A., Speleologia Coscienziale autopoietica, per esplorare consapevolmente la grotta interiore e le grotte naturali, a scopri introspettivi, di discesa in se stessi;
- Co.A., Subacquea Coscienziale Autopoietica, per esplorare regioni sconosciute del mare, dell’inconscio (..);
- Co.A. Paracadutismo Coscienziale autopoietico, per innescare le sensazioni abbinate al volo libero, che troveranno applicazione nell’interiorità durante la pratica delle tecno-ontos-sophos-logie di de-localizzazione.
Ed altro ancora (..).
Si tratta di tutto ciò che necessita di coordinazione globale. Le escursioni coscienziali autopoietiche permettono l’assunzione di tutte le tipologie di posture psicosomatiche, statiche e dinamiche. Camminando, scalando zone naturali difficili, la gestione della sequenza di squilibri diviene maggiormente complessa, evidenziando equilibri emergenti.
Durante i primi mesi di vita, l’equilibrio viene formandosi attraverso continue cadute e rialzate. Dal momento in cui riesce a stare in piedi da solo, disponendo del ricordo delle cadute e del loro effetto, il bambino apprende come lasciarsi cadere volontariamente, seduto sui glutei. Lo squilibrio e l’equilibrio si evidenziano simultaneamente: è la variazione-contrasto che si osserva, in particolare, quando un adulto solleva e fa volare il bimbo, quando si gira su se stessi per provare vertigini, o quando in due o più persone si trovano equilibri in conseguenza dell’assunzione di sbilanciamenti. (..) Lo squilibrio del corpo nello spazio in un contesto protetto crea predisposizioni al riconoscimento dell’equilibrio complessivo e dell’investimento istintivo-emozionale che si sta agendo.
L’interesse del bambino e dell’adulto verso le sensazioni labirintiche è funzionale alla scoperta del proprio centro di equilibrio psicosomatico.
Tutto ciò dipende dal vissuto fondamentale evidenziatosi durante i primi nove mesi, dal concepimento al punto nascita: gli squilibri del corpo del piccolo, determinati, durante la gravidanza, dai movimenti della madre, vengono percepiti come squilibri, sotto forma di ondeggiamenti. In uno stato di contenimento, è una sensazione di osmosi movimentata, di disequilibrio equilibrato che in qualche modo si cerca di riprovare. Si tratta di una forma di contenimento globale, che interessa tutto il corpo e, simultaneamente, di squilibri percepiti come equilibrio emergente. Durante gli squilibri, si evidenziano cariche emozionali legate alla sensazione di cadere, senza cadere. L’uscita dal corpo della madre, la nascita, in questo senso è vissuta come la destrutturazione dello stato osmotico e di creazione di provenienza, che l’Io-psyché del bambino cercherà immediatamente di ri-costruire e ri-vivere. Si tratta della stessa destrutturazione e ricostruzione che vedremo proiettata dall’Io-psyché durante le diverse fasi della vita e a cui segue la ricaduta nell’azione quotidiana. Attraverso la consapevolezza conseguente la destrutturazione-ricostruzione iniziamo a individuare l’insegnamento che le esperienze vissute determinano in noi. Le attività di destrutturazione-ricostruzione, le variazioni-contrasto dallo stato di fusionalità E.C.A. sono sensazioni propriocettive e interocettive fondamentali per costruire la funzione Ypsi dell’Io-psyché.
Lo stato E.C.A. è, quindi, il fondamento innato dell’esistente, da cui si evidenziano le variazioni-contrasto, funzionali all’Io-psyché in crescita. Non è indifferenziato, ma formato da principi attivi innati, dal determinismo olistico—autopoietico, ossia da ciò che ha saputo edificare la natura, le specie viventi, le parti-Universi esistenti: è ciò che denomino l’inconscio ecologico olistico autopoietico, da vivere e da consapevolizzare. In realtà, tutta l’organizzazione esistente, tutto lo psicosomatico è funzionale a vivere i luoghi della scaturigine di ogni pare-Universi e la vita, soddisfacendo i propri metabisogni e bisogni-desideri, indicati. Le scienze, le filosofie, le religioni e le vie spirituali (…), di fatto, sono il tentativo di comprendere l’Universo, la natura, le specie viventi, la coscienza (…). Le microparticelle, che formano il corpo dell’essere umano e della natura esistente, compongono lo strato fondamentale da cui si evidenzierà l’Io-psyché, motivo per cui, come visto, quando percepiamo un altro spazialmente lontano da noi, possiamo comunque creare un accordo, una fusionalità a distanza. L’altro sta progredendo nello stesso ambiente in cui mi muovo io, respira la stessa aria-ossigeno, il suo movimento è il mio movimento (…). Lo stato di fusionalità E.C.A. è lo spazio dove si inserisce ci che denominiamo la comunicazione, la relazione. Potendo entrare in relazione con innumerevoli parti-Universi, è ovvio che, pur essendo l’ambiente unico, la comunicazione si arricchisce e si diversifica, per cultura e consapevolezze differenti. La P.Si olos-direziona verso la presa di consapevolezza della comunicazione e della relazione localistica, svolta nello spazio fusionale E.C.A. (localistico e non localistico). Ogni relazione vissuta attraverso gesti, suoni, colori, movimenti, facoltà innate, linguaggio convenzionale (..) determina arricchimenti e ampliamenti dell’Io-psyché. Nella progressione psicosomatica che si svolge durante la vita, nell’Universi di cui siamo parte, l’incontro con le diverse parti-Universi individua, specificamente, quell’Io-psyché, lo caratterizza. Ognuno fa i propri incontri, nel proprio modo (vedi dopo). Ognuno inizia a formare la propria identità-autonomia-individuazione, la propria funzione Ypsi. Le differenze di esperienze, di vissuti, ci permettono di essere proprio noi stessi, differenti da ogni altro ma, nello stesso tempo, simultaneamente parti integranti e inscindibili dello stesso E.C.A.:
siamo unici
e nello stesso tempo non separabili dall’altro.
Provo a dare un’immagine topologica di questa situazione pedagogica esistenziale:
- esiste la fusionalità-E.C.A. complessiva transfinita, di cui siamo parte integrante e inscindibile;
- nella fusionalità E.C.A., esistono le altre parti-Universi, inscindibili da tale stato;
- vivendo, si incontrano e si vivono esperienze con altre parti-Universi;
- tutto ci- evidenzia differenziazione, autonomi, identità, ma sempre inserita nello stato E.C.A. ecologico;
- si creano sfere di autonomia, di identità, di presa di consapevolezza, dello spazio fusionale, più ampie.
Se l’Io-psyché si identifica in esse, perdendo i riferimenti con la fusionalità-E.C.A., si evidenzia un’identità identificata in quell’acquisito e scissa, sul piano della consapevolezza, dallo stato innato da cui l’intero processo ha inizio. Tale passaggio identificativo e fissato sull’autonomia-identità-individuazione è l’evidenziazione dello stato di discraiosi (psicosi), di scissione, che potrà caratterizzarsi ancor più, successivamente. Se l’identificazione-fissazione continua sempre sulle stesse parti-Universi, si può assistere alla perdita di investimento e di interesse su quella parte: l’Io-psyché viene a trovarsi in contatto con se stesso, nella condizione che denominiamo autismo e che, nell’accezione sigmasofica, ha specifici significati-significanti. Significa trovarsi all’interno di se stesso, dove operano tutte le leggi innate, che permettono di esistere e di esprimersi proprio in quel modo.
In questa dialettica tra fusionalità e identità, scisse, che non si riconoscono come parte integrante di una stessa funzionalità, nascono le forme di amore-odio simultaneamente presenti, che i ricercatori verbalizzano e vivono. Sono dinamiche, da cui nascono forme di conflitto nella relazione che, spesso, si evidenziano come pulsione a voler eliminare l’altro, che impedisce la soddisfazione del proprio metabisogno di autonomizzarsi, di individuarsi dalla forte dipendenza affettiva: “Ti uccido perché ti amo troppo!” (da verbalizzazione). È la pulsione che, per molti, si concretizza con l’uccisione della persona amata (omicidi di uomini e di donne) che non soddisfa l’investimento del metabisogno e del bisogno-desiderio.
Il crimine passionale trova modo di esistere in quanto quell’Io-psyché non si è formato a vivere l’essere complemento di se stesso o tendere a una condizione che riduca fino a porre in remissione tale aggredior, aggressività esasperata. È chiaro che essere complemento di se stessi non significa non creare relazione o vissuti, simultanei con quelli altrui.
Nell’inconscio di ognuno, possono trovarsi contenuti simili. Accade molto spesso che, durante le sedute di P.Si., il bambino, dapprima cerchi contenimento e immediatamente dopo aggredisca e uccida (nel registro simbolico-reale) il suo contenitore. Quando ciò si evidenzia nel quotidiano corrisponde ai conflitti più o meno intensi che ognuno produce. È da questi vissuti che la P.Si. orienta verso la trascendenza.
Durante una sperimentazione di Maieutica P.Si., creai in palestra una condizione per cui, a differenza del solito, mi dedicai esclusivamente ad un bambino molto disturbato (psicotico), trascurando volutamente tutti gli altri. Inizialmente non ci fu alcun problema, in quanto erano sicuri che, una volta completato l’intervento, mi sarei sicuramente occupato anche degli altri. Ma, vedendomi sempre più immerso in quella situazione a dopo più di un’ora di attesa, iniziarono a interferire, volendo rompere quel rapporto esclusivo e lo fecero con aggressività crescente. Poi, visto che io non uscivo da quella relazione, gli attacchi divennero più violenti: lanciavano oggetti e ci toglievano con forza i nostri. Durante la progressione P.Si., si incontra sempre una delle manifestazioni dell’aggredior che esprime il bisogno-desiderio del corpo dell’altro, attraverso cui incontrare la fusionalità E.C.A. Quando invece si riceve ciò che interpretiamo come frustrazione, negazione del proprio investimento, che si sente insoddisfatto, il metabisogno, l’aggredior crescono. Osservate la reazione di un corpo, quando è impossibilitato a mangiare e a bere: la fame e la sete aumentano. Se ciò venisse reiterato, saremmo disposti a diventare violenti, per procurarci cibo e acqua. Se anche quell’espediente risultasse inutile, il corpo potrebbe produrre un ‘ulteriore transmutazione: il punto morte. Tutto ciò è risultato meravigliosamente evidente, quando abbiamo sperimentato il blocco del metabisogno respirare: inibendo quella funzione, si assiste al fatto che, dopo nemmeno un minuto di apnea forzata, il corpo inizia a produrre aggredior, bisogno di assumere ossigeno. Quando si insiste nel tentativo di soffocamento, l’istinto di sopravvivenza si manifesta in modo così intenso che il corpo inizia a dimenarsi forsennatamente pur di svincolarsi. Insistendo ancora, quell’Io-soma sarebbe pronto ad uccidere pur di respirare e di liberarsi dall’ostacolatore che non glielo consente. È straordinariamente utile e formativo partecipare-osservare che l’essere umano si trova, con continuità, nella condizione di dover soddisfare i metabisogni primari (quelli che, se frustrati, producono il punto morte). Per questi motivi, da sempre, vediamo l’aggredior-aggressività che si manifesta come conflitto nella relazione, nella coscienza dell’essere umano, dell’essere vivente. I meta-bisogni si distinguono dai bisogni-desideri in quanto, se quest’ultimi non vengono soddisfatti, il corpo ne patisce la mancanza, produce aggredior, ma non il punto morte.
Per metabisogni, intendo
mangiare-bere-digiunare, dormire, respirare, evacuare, congiungersi,
pulsione olistico-autopoietica a vivere.
In questi processi innati, ho individuato il metabisogno fondamentale che ho denominato
pulsione olistico-autopoietica a vivere, a conoscere,
che riconosciamo come l’ingrediente base dell’Io-psyché: l’aggredior, la quantità di pulsione olistico-autopoietica necessaria all’Io-soma per vivere e conoscere. Lo scopo di tutto ciò sembra essere la presa di consapevolezza di vivere i processi innati, di cui siamo evidenza, dopodiché occorre farli ricadere nell’azione quotidiana. Quindi, i processi, i giochi esistenziali sono molto più complessi rispetto a quelli che molti esseri umani si autorizzano a vivere e che, di solito, esprimono riduzionisticamente, identificati nei propri contenuti acquisiti, nella cultura localistica: la condizione identificativa-fissata che la P.Si. tenta di porre in remissione.
Durante i vari passaggi formativi che l’Io-psyché attraversa per divenire più consapevole, si riscontra che il bambino o l’adulto, che vuole possedere il corpo dell’altro e non trova soddisfazione, può spostare tale ricerca sull’oggetto, sulle cose,
passando dalla mancanza dell’essere, dell’ontos, alla mancanza dell’avere.
L’Io-psyché è organizzato ad essere soddisfatto automaticamente attraverso il corpo della madre e, in quella fase, non vive il rischio che qualcuno possa prendergli qualcosa, motivo per cui, quando in seguito incorrerà in quel pericolo, difenderà con forza l’oggetto che qualcuno vorrà sottrargli. Ci che denominiamo possessività ha origine dalla condizione innata di soddisfazione simultanea. Usciti da quella condizione, quando si raggiunge la possibilità di ottenere da qualcuno la soddisfazione al metabisogno, nasce il bisogno-desiderio impellente di possedere quell’altro, in modo che attui, se non simultaneamente, almeno con continuità, il necessario a sentirsi appagati, soddisfatti. Per la formazione P.Si. che conduce al vissuto innato di essere complemento di se stessi, la possessività è un processo propedeutico, di passaggio.
Quando, in palestra, si partecipa-osserva che l’Io-psyché non difende la soddisfazione al proprio metabisogno, è possibile iniziare a riconoscere inneschi di inadeguata affermazione.
Durante le sedute di maieutica P.Si., la difesa dell’oggetto autopoietico e dei processi simbolico-reali che soddisfano il metabisogno è sempre un segnale produttiva da valorizzare, in quanto può condurre verso l’obbiettivo che ci si prefigge: la soddisfazione del metabisogno, l’apprendimento di come essere complemento di se stessi. Durante i primi due anni di vita, l’aggredior-aggressività si esprime come pulsione vitale sana, innata: anche quando, in sala, due bambini si picchiano, lottano, si prendono a morsi, l’intervento del maieuta non deve bloccare ciò che è in atto, ma entrare in empatia e, da dentro, olos-direzionare verso la naturale evoluzione di quello stato.
È interessante partecipare-osservare come dai due ai tre anni di età, i bambini siamo molto aggressivi verso gli adulti, anche verso i maieuti che non ostacolano e che non bloccano la loro azione. L’assenza di proibizioni, di ostacolatori, a quell’età, consente sempre l’espressione aggressiva o addirittura violenta che si agisce vicendevolmente: un vero e proprio scontro, sotto forma di gioco. Non importa il genere sessuale, se si tratta di bambini o di bambine, in ogni caso, in diverse misure e intensità, l’aggressività si esprime sempre in un setting senza proibizioni. Ciò dipende dal fatto che l’aggredior-aggressività, funzionale alla soddisfazione del metabisogno, si trova sempre in circolo e l’Io-psyché del bambino sa come agire direttamente, come tentare di forzare, per ottenere la soddisfazione, simultanea all’espressione dei suoi bisogni-desideri e(o dei metabisogni. Si evidenzia la pulsione dell’aggredior, finalizzata ad affermare con forza la propria richiesta, anche attraverso il desiderio di dominare l’altro da sé che, a sua volta, potrebbe autodeterminarsi nello stesso modo. Questo spiega l’intensissima e solo apparentemente immotivata conflittualità che, in quelle fasi, si evidenzia. Si partecipa-osserva che, se durante le sedute, il maieuta si lascia colpire diventa l’oggetto privilegiato dell’aggressione, mentre quella sugli altri bambini va progressivamente in remissione. In fin dei conti, è l’adulto che può provvedere alla soddisfazione dei metabisogni, bisogni-desideri, non l’altro bambino che, di fatto, richiede lo stesso: inconsciamente e consciamente, questa realtà viene percepita, il che spiega la remissione dell’aggressività tra bambini, quando l’adulto attua quanto indicato. Se non c’è un luogo di abreazione, l’aggredior-aggressività trova diverse forme e continuità, per manifestarsi.
È utile evidenziare che gli Io-psyché che non si sono formati alla consapevolizzazione della fusionalità-E.C.A., quella che soddisfa, si proiettano vicendevolmente tale incompletezza. L’adulto trova forme sublimate, travestite da modalità educative direttive e non maieutiche: ricopre il ruolo del genitore o dell’educatore che si fa rispettare anche con forza, in modo autoritario, direttivo. La condizione di fusionalità è innata, appartiene alla natura e, per essere equilibrati, si dovrà procedere verso la consapevolizzazione vissuta di tale stato. L’olos-direzionalità è di tutti. Non formarsi a tale obbiettivo, di fatto, mantiene l’Io-psyché identificato in forme del proprio acquisito, nel proprio aggredior-aggressività, intenso, che indica appunto che c’è qualcosa da soddisfare e che non lo si sta facendo. La mancanza di tale orientamento P.Si. porta a stati di identificazione-fissazione nel solo acquisito, nell’aggredior, nell’affermazione anche violenta, che non trova possibilità di remissione, appunto perché non consapevole di quanto indicato. Quello stato di vissuto fusionale profondo, da solo, ovviamente, non soddisfa la necessità di assumere cibo, se si ha fame o di bere, se si ha sete o di evacuare e così via, ma consente di gestire l’aggredior-aggressività con consapevolezze che possono facilitare a trovarne la soluzione. Ovviamente tale processo P.Si. dura e deve durare, lamento dal punto nascita al punto morte. Si tratta, quindi, di vivere consapevolmente l’olos-direzionalità innata: siamo dei ricercatori in formazione continua a noi stessi, l’Universi-parte che è l’ente, per eccellenza, autopoietico (nell’accezione di Maturana e Varela), che si auto-organizza. Non significa permanere in vissuti relazionali che richiamano la fusionalità, quanto di rendersi conto che si tratta di una condizione innata e che è possibile iscrivervi qualunque esperienza acquisita, in modo simmetrico e non in opposizione. In tal modo, non si determinano stati, a cui a fasi di fusionalità (affettività) seguono momenti contrastanti di autonomi, identità, affermazione: l’autonomia fusionale autopoietica, la funzione Ypsi, ben formata, li evidenzi entrambi insieme, simultaneamente.
L’equilibrio funzionale ì nella simultaneità
e non nell’alternanza di quei due stati.
Non si tratta di esser, in un momento, iper affermativi e in un altro fusionali-affettivi, pensando addirittura che tale condizione possa essere in equilibrio. In realtà, non lo è e contribuisce a forme di scissione dell’Io-psyché che possono cronicizzarsi. Di conseguenza, accade che quell’Io-psyché difficilmente possa aver accesso alle estensioni non localistiche, innate di se stesso:
- lo stato di sola fusionalità impedirebbe all’identità di andare fino in fondo;
- lo stato di sola identità e di affermazione impedirebbe di vivere le estensioni anche non localistiche della fusionalità-E.C.A.
È la base di ciò che denomino la discraiosi, condizione Io-somatica appartenente a moltissimi esseri umani.
Formare
all’autonomia fusionale autopoietica,
a ciò che pone in remissione la discraiosi appena indicata risulta essere di fondamentale importanza per vivere, realmente, la coscienza olistica e rendervi simultanea la propria identità-individuazione.
L’autonomia-individuazione non passa necessariamente dai “No, non voglio!”, non ci si riconosce e individua soltanto attraverso l’’opposizione all’altro da sé, semplice momento di passaggio, anche funzionale, ma creando la consapevolezza, il gioco, l’esperienza e, progressivamente, penetrandola: significa estrapolarne l’insegnamento mentre l’esperienza è in essere e la si sta vivendo.
La P.Si. tenta di insegnare che l’identità-individuazione-autonomia, di fatto, può essere manifestata non soltanto attraverso la variazione-contrasto, l’opposizione, ma anche in piena fusionalità creatrice con l’Io-soma dell’altro. La maieutica P.Si. consente di poter giocare, integralmente e senza giudizi, tali processi, senza fughe nel linguaggio intellettuale e nei molteplici dover essere e dover fare.
Inizialmente, i bambini vivono il corpo dell’altro come se fosse un ente ostacolante, da dover distruggere, a volte, fino al vissuto della morte simbolica. È soltanto dopo questo rituale, ricorsivo e spesso ostacolato che l’Io-psyché ritrova quel minimo spazio operativo per creare una comunicazione non più o meno castrante e poter, quindi, riaprirsi verso la fusionalità-E.C.A. “Visto che l’ho potuto uccidere, allora non è così spaventoso” (da verbalizzazione di un bambino). Nella fase di morte-resurrezione, si partecipa-osserva che molti vivono il bisogno di possessività, anche questo è un elemento da abreagire. Possessività significa voler essere l’altro, fare proprio il suo potere, in modo da poter esercitarlo, uno dei meccanismi proiettivi che si ritrovano frequentemente nell’adulto, nelle sue relazioni, lavorative, affettive, filosofiche (…).
L’identità-individuazione inizia a mostrarsi come la ri-nascita al vissuto della fusionalità innata, senza rottura, ma nell’affermazione del libero fluire del campo istintivo-emozionale e aggredior e dei relativi significati-significanti. Nel setting P.Si., tali nascite e ri-nascite sono continue e le si scoprirà utilissime nella vita, al di fuori del setting. La fusionalità-E.C.A. è il luogo dove risiede la pulsione olistico-autopoietica a vivere e a conoscere. Ciò determina che tutte le caratteristiche psicosomatiche dell’altro e i relativi contenuti progressivamente diverranno processi esistenti, da vivere, da conoscere e da transmutare in stati di consapevolezza, in potenziamento della funzione Ypsi.
Può accadere di osservare che l’identità sia ricercata attraverso l’aggressione, la castrazione, la morte dell’altro, soprattutto se lo si vive come ostacolante, la soddisfazione simultanea dei propri metabisogni e bisogni-desideri. Questo metodo di ricerca, in realtà, è la proiezione all’esterno che ci indica esattamente l’operazione da fare in se stessi,
per transmutare ciò che ci impedisce di creare soddisfazione diretta del metabisogno, di divenire complemento di se stessi anche utilizzando quella parte di sé, che denominiamo l’altro.
La propria individuazione è identificabile nella creazione dell’azione che permette di essere complemento di se stessi. Nella Psi., l’individuazione non è identificabile nella distinzione che ci evidenzia rispetto all’altro il che non significa non disporre di stati creativi innovativi e nuovi che nessuno ha mai pensato o ideato. Infatti, non è l’latro che dà l’individuazione, ma la presa di consapevolezza diretta di essere Universi-parte, condizione che include anche l’altro da sé, in un tutto funzionale. L’Io-psyché si esprime, quindi, in relazione alla propria consapevolezza, che può scaturire da variazioni-contrasto, da conflitti, includendoli. Dalla fusionalità, si evidenzia l’identità, in questo tutto è legato che siamo: dal campo coscienziale innato, si evidenzia anche localisticamente l’Io-psyché.
Il caldo può essere concettualizzato rispetto al freddo e viceversa, ma entrambi sono espressione di ciò che denominiamo temperatura che li include, il cui concetto è espresso dall’Io-psyché che lo ha elaborato, parte integrante di un processo inscindibile in stato di entanglement e altro: una filiera che molte pedagogie non includono nei loro programmi formativi.
L’essere umano olistico-autopoietico, Sigmasofico, evidenzia l’individuazione dalla fusionalità in modo non scisso. La fusionalità si esprime anche attraverso l’aggredior-aggressività. Nelle relazioni, osserviamo sempre la presenza dello stato di fusionalità, un’aggressione non è mai una presa di distanza, quel corpo per entanglement è parte di me, se lo aggredisco, colpisco me stesso, anzi è certamente colpire se stessi. Non si può fuggire dalla fusionalità.
La fusionalità-E.C.A. è, quindi, lo stato innato, rigorosamente non ostacolante, non fantasmatico, che opera alla radice dell’Io-psyché.
Non è mai ambivalente, ma è unitario, olistico. È Autopoiesi, auto-creazione continua, che dobbiamo consapevolizzare.
La P.Si. nasce per consentire all’Io-psyché dell’essere umano di porre in remissione l’ambivalenza conflittuale, dopo averla vissuta, allo scopo di formare funzione Ypsi, il che serve a vivere forme di consapevolezza olistica che pongono fine definitivamente all’oscillazione schizoide tra fusione e identità.
L’auto-consapevolezza vissuta include quella parte di sé che è l’altro e si riconosce che soltanto noi stessi possiamo essere complemento di noi stessi. Al di fuori di ciò, l’incontro con l’altro da sé è sempre propedeutico a ulteriori prese di consapevolezza. Tentare di evitare la P.Si significa identificarsi in forme riduzionistiche dell’acquisito, p ripiegarsi nella solitudine che spesso si vive nell’ambito delle relazioni.
A
livello atomico-nucleare, di entanglement, la relazione va in remissione
e tutto funziona simultaneamente
come un unico corpo,
come un’unica orchestra.
La relazione non compresa in questa accezione diviene, quindi, la vera solitudine, la
psicosi collettiva,
scambiata per normalità
che stiamo partecipando-osservando in questa epoca.
Si tratta, tuttavia, di una fase necessaria e propedeutica!
La sicurezza ontos-sophos-logica
Non esiste un fantasma originario,
ma una inconsapevolezza innata
da educare, da formare, esperienza dopo esperienza,
simbolizzazione dopo simbolizzazione.
La costruzione della propria identità-autonomia-individuazione è di interesse per ogni Io-psyché. La progressione nell’apprendimento, nella consapevolizzazione dell’Universi-parte è transfinita. Via via che si procede, si assume e si sente maggiore sicurezza nel proprio essere, si sente la saggezza e il sophos crescere, si arricchisce la propria scienza, la capacità di vivere e di concettualizzare un vissuto. Durante questo processo mai finito, gioca un ruolo fondamentale la consapevolezza dell’innato e della costruzione di un acquisito ad esso simmetrico. La P.Si. indicata forma l’Io-psyché ad assumere la possibilità di autorizzarsi vissuti fusionali e acquisiti simultaneamente, in relazione all’altro da sé, altrimenti, in caso contrario, possono verificarsi differenti modulazioni di una facoltà comunque presente in ognuno. Intanto è necessario evidenziare che l’assunzione di un vissuto relazionale fusionale non significa regredire ai momenti del concepimento punto-nascita, bensì vivere nel qui ed ora quella esperienza. Più la funzione Ypsi è stata formata, più si è certi della propria sicurezza ontos-sophos-logica.
Assumere di vivere quelle esperienze non ha niente a che vedere con il perdere o ritrovare la propria identità: se c’è ed è stata vissuta semplicemente la si ritrova, in quanto consapevolizzata e memorizzata.
L’Io-psyché dei bambini, talvolta, si mostra insicuro, semplicemente perché, spesso, non gli si permette di esprimersi come esattamente sente e vuole, ragione per cui talvolta si oppone all’invasività dell’insegnante, del tutore, che gli impongono quell’insegnamento, quell’educazione. La maieutica P.Si. assume di creare il terreno arato affinché l’Io-psyché possa esprimere nel registro simbolico-reale quello che sente e prova, senza ostacolatori. Soltanto dopo questa assunzione, vissuta, quell’Io potrà accogliere meglio eventuali insegnamenti, pedagogie di tipo direttivo. Ho seguito figli di genitori non violenti a cui è stato vietato di giocare alla guerra che, quando li ho lasciati liberi di esprimersi, hanno evidenziato più aggressività e violenza di altri (ovviamente non è una regola, ma è accaduto).
Non esiste un fantasma originario, ma una inconsapevolezza innata da educare, da formare, esperienza dopo esperienza, simbolizzazione dopo simbolizzazione.
Non esiste una crisi dell’adolescenza, esiste semplicemente quello che l’Io-psyché dell’adolescente si è formato a vivere. Non si deve necessariamente produrre ulteriore opposizione alle variazioni-contrasto, in quanto la maieutica consente che il soggetto possa esprimere ed essere facilitato a vivere ciò che sente e non ad essere costretto a ricevere le concezioni del mondo appartenenti agli educatori, ai genitori. Ciò non significa che non si debba o non si possa somministrare l’insegnamento direttivo: è una scelta che riguarda sempre la consapevolezza maturata. È attraverso la creazione sistematica di esperienze da penetrare che l’Io-psyché assume la propria identità-individuazione, che non dev’essere necessariamente in conflitto con quella dei genitori, in quanto anch’essi staranno esprimendo e creando la propria. Si evidenzia che quelle auto-determinazioni possono tentare di vivere un punto d’incontro tra le proprie consapevolezze e funzione Ypsi: ove questo non si realizzi, ogni partecipante la relazione semplicemente continua a vivere quello che sta vivendo, senza opposizioni. L’Io-psyché dell’adolescente non deve difendere la propria identità e quello che sente, perché il contesto gli consente di esprimerlo, di affermarlo, come condizione pedagogica di base, semplicemente senza giudizio. Ciò determina rapporti, relazioni meno conflittuali, perché si crea meno o non si crea affatto il presupposto del conflitto.
Maieutica P.Si. non significa consentire di fare tutto quello che si vuole, ma evidenziare, senza condizionamenti, ciò che si ha dentro per orientarlo, per transmutarlo.
La P.Si. crea una condizione che non richiede la conformità dell’Io-psyché del figlio all’identità e alle aspettative dei genitori, quanto la condizione per l’espressione naturale della propria autonomia fusionale autopoietica.
L’aggredior-aggressività non è più una difesa dell’identità violata da diverse aspettative che i genitori vorrebbero imporre.
Si scoprirà la pulsione ad esprimere ciò che si sente
come parte integrante della
pulsione olistico-autopoietica a vivere,
non deviata, contaminata da forme di dover essere dell’acquisito
riflesso, non simmetrico all’innato.
Il normale fluire dell’aggredior-aggressività come pulsione innata e acquisita si evidenzia sotto forma di
autoconsapevolezza significativa.
L’Io soma-autopoiesi nella relazione
Finalmente pone in remissione il sollo piacere,
in favore di piacere più intenso che denominiamo
beatitudine, instasi, estasi, E.C.A., stato Sigmasofia.
In generale, quando l’Io-soma dell’adulto entra nello stato di fusionalità, inizialmente la sente e la riconosce come sessualità-sensualità localizzata esclusivamente nella zona genitale, poi riesce a percepirla diffusa su tutta la superficie del corpo.
Quando il bambino vive lo stesso stato, si partecipa-osserva che inizialmente lo sente e l o riconosce come globalizzato, al cui interno sente dinamicamente la sessualità-sensualità. Sto affermando che dove l’adulto può evidenziare la genitalità per vivere la globalità fusionale, il bambino vive la globalità fusionale per arrivare alla genitalità. Ovviamente de due non sono separate e non sono separabili, si evidenziano simultaneamente, son un unico processo: è soltanto l’Io-psyché dell’essere umano ad identificarsi sull’una o sull’altra. La genitalità è la ricerca di piacere, di beatitudine, di estasi con l’altro. Ripeto. Non esistono la fusionalità la sessualità, se non per l’Io-psyché che in quel modo le interpreta, ma esiste la condizione innata fusionale di entanglement delle microparticelle che formano il corpo, da cui può evidenziarsi la sessualità. Se l’identificazione, l’interpretazione dell’I-psyché scinde le due, crea semplicemente incompletezza di vissuto, riducendo significativamente la produzione e la quantità di piacere esprimibile. Durante il setting, i ricercatori evidenziano i propri fattori culturali, i tabù, le proprie trasgressioni, i condizionamenti, le proprie credenze religiose, spirituali. Attualmente, evidenziano anche una riduzione notevole del tabù sessuale, sradicandolo così dalle profondità dell’inconscio. Si partecipano-osservano assunzioni di vissuti di piacere molto più estesi, rispetto alle sedute che seguivo vent’anni fa: il vissuto della fusionalità viene assunto con maggiore facilità. Ì significativo il fatto che gli stati fusionali da cui si evidenziano il pacere sensuale e la pulsione sessuale genitale sono vissuti senza peculiari repressioni da colpevolizzazione. Ciò dipende dal superamento del tabù sessuale, soprattutto da pare delle donne. Per correttezza di in-formazione, devo comunicare che coloro che si dichiarano praticanti della religione islamica, in generale, evidenziano i maggiori blocchi nell’assunzione dell’espressione libera di se stessi. Toccare il corpo degli altri o mostrare il proprio corpo anche se assume un significato erotico, in generale è maggiormente assunto e non si presta agli equivoci di cui era fatto oggetto fino a venti anni fa. Ovviamente sto soltanto indicando una tendenza generale: nei fatti, si lavora con la storia personale e con l’assunzione di ogni singolo ricercatore.
Le indicazioni di cui sopra sono state ricavate dai ricercatori che hanno praticato e seguito il setting proposto dalla Sigmasofia e dalla P.si. Sono consapevole che, soprattutto negli anni settanta, c’è stata quella che molti hanno denominato la liberazione sessuale, ma nello stesso tempo affermo che è mancata la consapevolizzazione dello stato fusionale-E.C.A.
La fusionalità-E.C.A. non è un processo culturale, acquisito, bensì è una realtà collegata alla condizione delle microparticelle, degli atomi, delle meccaniche quantistiche che ci formano: può esprimersi in ogni azione o stato assumibile e anche attraverso la sessualità. La P.Si. lavora profondamente su questo processo, in quanto la fusionalità richiama, in molti, soltanto l’atto sessuale, per cui il contatto corporeo innesca soltanto quell’automatismo. Ciò spiega, in parte, l’evidenziarsi, in alcuni casi da me seguiti, dell’incesto: “Sono sconvolto, quando mi avvicino a mia figlia e la saluto, la abbraccio, sento la pulsione sessuale, non posso più avvicinarmi a lei” (da verbalizzazione).
La sessualità genitale è divenuta così anche un grandioso meccanismo
di fuga dallo stato fusionale-E.C.A..
molti esseri umani vogliono soltanto genitalizzare la relazione;
della fusionalità sentono la componente sessuale, per questo motivo
sempre più pre-adolescenti vi si identificano, fino a prostituirsi.
La questione non è se esprimere o meno la propria sessualità, perché ciò rientra nel principio di auto-determinazione producibile da ogni Io-psyché, ma nel fatto che la stragrande maggioranza non assume e nemmeno conosce la necessità della presa di consapevolezza dello stato di fusionalità, di entanglement atomico e coscienziale, senza il quale non sarebbe possibile l’espressione di qualunque stato coscienziale. Ciò, in considerazione del fatto che il vissuto della fusionalità-E.C.A. consente la produzione dello stato psicosomatico che
finalmente pone in remissione il solo piacere, in favore di intensità
maggiori, che denominiamo beatitudine, instasi, estasi, E.C.A., stato Sigmasofia.
Il piacere che moltissimi cercano è notevolmente inferiore a quello producibile nella fusionalità-E.C.A. Si può spiegare l’identificazione parossistica nel solo piacere soltanto con la mancata conoscenza dello stato di fusionalità-E.C.A. Per questo motivo, la P.Si. presta molta attenzione nel trasmettere tale in-formazione e nell’insegnare le tecno-ontos-sopho-logie utili a raggiungerlo.
È necessario osservare che, secondo la testimonianza di molti ricercatori, la iper-valorizzazione della sessualità genitale non è in grado di soddisfarli pienamente. Riferiscono: “Sì, tutto bene, ma non so perché sento che ancora mi manca qualcosa” (da verbalizzazione). “Il sesso limitato al solo piacere genitale alla fine non è che sia così soddisfacente” (da verbalizzazione).
Da questi vissuti partecipati-osservati durante il setting, si può rilevare che:
- è fondamentale prendere consapevolezza vissuta dello stato fusionale E.C.A. e delle sue funzionalità innate;
- è importante saper viverlo, senza specializzarlo in altri stati psicosomatici;
- una volta consapevolizzata, è possibile mettere tale condizione innata a sostegno di ogni singolo stato psicosomatico producibile, nessuno escluso.
Quando due o più esseri umani si incontrano, si partecipa-osserva immediatamente il loro modo di utilizzare l’Io-soma: possono assumere una relazione empatica, con abbracci ed effusioni o mantenersi sulle proprie, a tre metri di distanza. Giò questi elementi sono indicatori del modo di assumere la propria espressione Io-somatica, di esprimere la propria consapevolezza.
Il punto della questione è il seguente: si trova l’ostacolatore, il tabù sessualità registrato, memorizzato nella coscienza, come si trovano memorizzate, registrate anche le azioni di superamento dello stesso, elementi di decolpevolizzazione, di avanguardia conoscitiva vissuta. È la consapevolezza che permette all’Io-psyché di gestire e di assumere maggiormente gli stati psicosomatici che sto trattando.
Pur restando equivoco per qualcuno, il contatto corporeo tra adulti ha trovato e assunto la forma di liberazione, soprattutto per coloro che hanno saputo vivere lo stato fusionale-E.C.A., senza investimenti di sessualità colpevolizzata.
Le nove porte
(…) ma è il vissuto diretto della fusionalità-E.C.A.
che può realizzarsi in centinaia di modi e
che, se attuato durante la pratica della sessualità,
la transmuta in sessualità della conoscenza.
La fusionalità-E.C.A. è uno stato di auto-consapevolezza del modo di funzionare degli atomi che ci formano, di cui l’Io-psyché è parte integrante e inscindibile. Inscritto su questa fusionalità innata c’è la con-penetrazione tonica, dove le tensioni del corpo dell’uno interagiscono direttamente con quelle del corpo dell’altro, ma, ripeto, in un tutto unico, che le include. Quel contatto, quella comunicazione, al vissuto immediato sembrano essere limitati dalla pelle, che molti vivono come confine tra l’Io e il Tu, appunto perché non sono consapevoli dell’entanglement micro-particellare che coinvolge tutto l’esistente. Non vivendo questo, molti pensano che il corpo dell’altro sia impenetrabile, e che l’unica possibilità di entrarvi sia attraverso i nove buchi che io ho definito
Le nove porte:
la bocca, gli occhi, le due narici, le due orecchie,
l’ano, la vagina.
Sono orifizi che permettono la comunicazione tar il dentro e il fuori sensorio-percettivo, attraverso cui è possibile, in qualche modo, penetrare l’altro.
È anche per queste loro caratteristiche di porte di ingresso in se stessi e nell’altro che suscitano tanto interesse. Attraverso quel buco entro all’interno del corpo dove trovo le funzionalità descritte. Entrare è come iniziare a conoscere che cosa c’è dentro, oltre la porta. Non si tratta mai di una perdita, di una de-personalizzazione, perché entrando posso lasciar attivo e consapevole l’Io-psyché che sta assumendo quell’esperienza: più conosco, più esco dalla fantasmatica, eventualmente proiettata su quel buco, su quella porta. All’interno, ci sono i propri contenuti: se quella porta è aperta, potrebbero anche cadere, uscire e temerne la perdita. Per esempio, durante l’evacuazione, si può avere paura di espellere, oltre alle feci, anche altri contenuti, motivo per cui all’origine della ritenzione ed ella stitichezza, si può scorgere il corrispettivo psichico. Inoltre, la stessa ritenzione può essere tra le cause del mutismo. Se esce dal mio corpo, quel contenuto non è più mio, sembrano dire alcuni bambini e adulti, durante il setting. Dal corpo, attraverso le porte possono uscire anche lo sguardo, il respiro, la voce, il liquido seminale, gli umori, il sudore, le lacrime. Esistono buchi che non sono buchi, come l’ombelico e l’orifizio del pene. L’ombelico è la cicatrice rimasta dalla rottura dello stato di osmosi e di fusionalità primaria, dell’essere parte integrante del corpo materno. È soltanto attraverso queste porte che si può entrare in contatto con il mondo e con gli altri, in una comunicazione permanente tra l’interno e l’esterno. Tuttavia, questa modalità esistenziale relazionale è inscritta nella fusionalità-E.C.A. ed è anche attraverso questa presa di consapevolezza che si può raggiungere l’altro, dall’interno, in quanto atomicamente inscindibile. Per questa operazione, non è necessaria l’interazione dentro-fuori dalle porte, quanto una capacità di vissuto introspettivo e una di de-localizzazione dell’Io-psyché: significa insegnargli come esplorare le connessioni continue delle microstrutture e
di sed stesso che, partecipato a quel livello, si riconosce come campo,
ponendo così in remissione definitiva l’anacronistica concezione che
possa esistere un’anima.
Vediamo ora quali sono le possibili interazioni interno-esterno, attraverso le nove porte:
- il naso e la bocca, attraverso cui gestiamo il respiro, gli odori (..);
- l’ano, dal quale escono escrementi, suoni odori, gas (…);
- gli occhi, attraverso cui entrano o proiettiamo immagini, lo sguardo con cui percepiamo l’altro da noi;
- le orecchie, attraverso cui entrano i suoni, le voci;
- il pene che emette liquido seminale;
- la vagina, in cui entra il pene e da cui escono i bambini.
Questi buchi-porte producono anche piacere e sono in qualche modo l’accesso ai contenuti noti e non noti di noi stessi e dell’altro. Per questo motivo,
alimentato dalla pulsione olistico-autopoietica a vivere e a conoscere,
l’essere umano sente la spinta potente a voler penetrare quei buchi, ad entrare in quelle porte.
Sono dialettiche relazionali dell’acquisito che ancora non ha consapevolizzato e vissuto lo stato fusionale-E.C.A. Questo permetterebbe di vivere e di accorgersi che non è necessario penetrare l’altro per conoscerlo, in quanto l’altro è già atomicamente e coscienzialmente pare di noi. Ed è proprio la remissione della bramosia a voler entrare nella porta dell’altro a transmutare la sessualità in sessualità della conoscenza: quell’essere con il pene all’interno della vagina è vissuto dal livello fusionale e non dalle sensazioni dovute al movimento dei genitali, durante i ritmi classici del rapporto. La sessualità normalmente praticata ci può suscitare insights intuitivi di tale fusionalità-E.C.A., che molti riferiscono di non riuscire a raggiungere: non è la sessualità che ci può consentire di raggiungere quella consapevolezza, bensì il vissuto diretto, che si può realizzare in centinaia di modi.
La Ypsilon fusionale, la transmutazione del triangolo
La fusionalità non duale ma a Ypsilon
è l’apertura al terzo nella relazione.
In conseguenza del fatto per cui ha trascorso nove mesi in osmosi, in fusionalità, con il corpo della madre, il neonato sente che quest’ultima è, per così dire, il partner privilegiato, con cui tentare di dare continuità a quel vissuto. A seconda che lo viva o non lo viva, l’evoluzione del bambino acquisisce caratteristiche diverse. Durante quei nove mesi, i continui sdoppiamenti dello zigote (di Androgynus) vengono registrati con sensazione di piacere-estasi perché, di fatto, in quei momenti anche la coscienza si espande: l’Io-psyché è inscindibile dallo zigote, dal soma. Al momento della nascita, della variazione-contrasto dallo stato di fusionalità-E.C.A., come abbiamo visto, accade che si evidenzi il bisogno-desiderio di dare continuità a quel vissuto e quindi di ricercarlo: il bisogno-desiderio di sentire quell’autopoiesi si auto-riconosce come ciò che ho denominato
metabisogno congiungersi.
Infatti, il congiungersi, l’unione di due esseri umani nella coppia risponde senza dubbio allo stato Io-somato-autopoietico appena descritto. La tendenza che talvolta si osserva a scegliere una persona, una relazione privilegiata più profonda, anche in un contesto di gruppo, dipende da questi processi e in particolare si accentua quando il bambino è stato in qualche modo non soddisfatto dalla madre, dal padre, dal tutore, in quella continuità. La variazione-contrasto dallo stato di osmosi-fusionalità-E.C.A., a cui segue l’impossibilità di dare continuità, per qualche motivo, diviene un ostacolatore-discrasia che può essere grave ed evidenziarsi con la cosiddetta
depressione anaclitica del neonato,
unno degli ingredienti della forma depressiva che taluni possono sempre vivere da adulti. Il punto della questione peculiare. Essendo la motivazione originaria riguardo la ricerca dell’altro complessa da riconoscere, accade a molti esseri umani di valutare la relazione di coppia e la comunicazione sessuale, quindi anche fusionale, come uno dei massimi obbiettivi da raggiungere e da vivere: si tratta di un momento di consapevolizzazione significativo e importante di passaggio, siamo diretti vero
la coscienza e la conoscenza olistico-autopoietiche.
Il problema tecnico è che se il bambino non esce dalla fusionalità-E.C.A. (non auto-consapevole) e non sviluppa autonomia-individuazione, ossia non potenzia l’Io-psyché attraverso cui riconosce le cose, non potrà produrre la consapevolezza e le facoltà necessarie da applicare al riconoscimento vissuto dello stato, da cui proviene. Quindi, anche una continuità esclusiva, strettamente duale, può essere incompleta, se non include la necessità di un adeguato sviluppo e potenziamento dell’Io-psyché. Per questo motivo, la P.Si è strutturata allo scopo di evidenziare lo stato di autonomia fusionale autopoietica. Lo spazio fusionale non dovrà essere limitato ad una sola persona, ma dovrà evidenziare l’autonomia fusionale con l’altro da sé, sviluppando un linguaggio e modalità psicosomatiche adattive al linguaggio e al comportamento di chiunque altro, mantenendo consapevolezza della scaturigine comune. Lo spazio fusionale, di entanglement non è tecnicamente chiuso, infatti l’Universi di cui siamo pare, la non località, da cui ci evidenziamo, sono transfiniti.
Spazi fusionali chiusi, identificativi, fissati, con una sola persona, sono
la base dell’ostacolatore discraiosi, della psicosi:
il bambino non riesce a separarsi dalla madre e/o la madre dal bambino, perché l’uno e l’altra sono dipendenti dalla fusionalità osmotica vissuta. L’osmosi-fusionalità-E.C.A. va quindi compresa attraverso il vissuto, individuando il fatto che è una delle porte fondamentali che ci può aprire all’ordine autopoietico implicito, che lì si dischiude: la porta verso l’inconscio ecologico, quello della natura innata, parte integrante del
campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché.
L’identificazione con la sola madre evidenzia un ostacolatore psicosomatico che non consente il riconoscimento di uno spazio fusionale diverso ca quello che ha il sapore dell’imprinting già vissuto. Per dare continuità al vissuto di fusionalità, al momento della nascita dovrà essere inclusa questa modalità di apertura verso l’allargamento dello spazio, relazionale di autonomia fusionale. È necessario porre in remissione il fatto che sia soltanto la madre a capire realmente il figlio e soltanto il figlio a capire la madre, appunto perché tutto ciò si evidenzia, da funzionalità microstrutturali e coscienziali di cui entrambi e ogni altro sono evidenza. Durante il setting di maieutica P.Si., tutto ciò si evidenzia con il fatto che, spesso, molti ricercatori hanno difficoltà a stabilire una relazione fusionale profonda con due o più adulti simultaneamente. L’Io-psyché esprime di volere un preferito, per cui tutto si proietta da relazione duale a relazione duale, a scapito di rapporti con più persone.
Approfondiamo.
Lo zigote è formato dal principio femminile e da quello maschile, inscindibilmente uniti. Lo zigote è sia coscienzialmente che micro-strutturalmente un androgino, quindi anche il figlio, come funzionalità innata, lo è: in seguito, si specializzerà nel genere, uomo o donna.
Tale androginia sarà quella che stabilirà le relazioni duali distinte (per i meccanismi indicati).
Per poter formare lo zigote, viene utilizzato lo spermatozoo veicolato dal padre e l’ovocita veicolato dalla madre, quindi, il padre-madre hanno il titolo biologico che ci consente di spiegare questa situazione triangolare a Ypsilon, padre-madre-figlio. Di fatto, il figlio, ha uno spazio fusionale con tre persone distinte: se stesso, il padre e la madre. Tale situazione si evidenzia da Androgynus, ossia dal momento in cui il tre era uno e l’uno era tre, spermatozoo-ovulo e spermatozoo + ovulo, il figlio. Tale nucleo è rappresentabile meglio dal concetto di Ypsilon fusionale, in cui graficamente il centro della Ypsilon è androgynus e le tre diramazioni rappresentano il padre, la madre e l’asse verticale unico, il figlio. È la struttura che si ripete di padre madre in figlio, per cui ognuno di noi è l’espressione ultima di tale Ypsilon.
Il padre-madre, per poter formare androgynus, hanno dovuto necessariamente vivere lo spazio fusionale, attraverso il rapporto sessuale ed è proprio tale spazio vissuto (di cui il figlio è evidenza) che permette i vari passaggi significativi di consapevolizzazione, durante la maieutica P.Si. La relazione risulta essere non conflittuale quando lo spermatozoo e l’ovulo sono uniti fusionalmente e il figlio è in un processo autopoietico di crescita continuo: crea il proprio corpo, il sistema nervoso, il cervello, tutti gli organi, per in-formazioni ad esso intrinseche e ciò non evidenzia ostacolatori. Lo zigote cresce e lo fa irresistibilmente fino alla nascita: per funzionalità innate, tutto è perfettamente programmato e attivo- è proprio tale facoltà innata, riscontrabile nel vissuto della Ypsilon fusionale, che cerchiamo di far consapevolizzare, in modo che lazione acquisita sia alimentata dalla pulsione a vivere e a conoscere che, come in-formazione innata, veicoliamo nei nostri atomi, nelle molecole, nelle cellule, in densificazioni dell’Io-psyché.
Esiste nell’essere umano la condizione della Ypsilon fusionale
tecnicamente in grado di non produrre conflitto.
L’identificazione-fissazione nella propria individuazione acquisita, diversa per ognuno, è l’ostacolatore da superare. Non si tratta di uscire dalla Ypsilon fusionale, quanto di consapevolizzarla attraverso il vissuto diretto, per riconoscere le leggi creatrici dell’ordine implicito, che in essa operano. La condizione fusionale-E.C.A., come clamorosamente e proiettivamente è stato inteso, non è ciò che impedisce l’autonomia, ma è esattamente ciò che le dà potenza, le trasmette conoscenza. Tutte le proiezioni su presunte situazioni edipiche, su parricidi, matricidi, volti ad ottenere autonomia-identità, hanno impedito, di fatto, la crescita consapevole del figlio, inducendo in modo iatrogeno forme di conflitto, anche grave, nella relazione. Per questo motivo, anche una maieutica per la coppia, condotta da una coppia di maieuti può essere d’aiuto durante i processi di presa di consapevolezza.
È la fusionalità non duale, ma a Ypsilon
è l’apertura al terzo nella relazione
(integrato fusionalmente, che è soltanto un applicativo disponibile all’auto-determinazione di ognuno).
La Ypsilon fusionale prepara lo spazio aperto nel sensorio percettivo, l’apertura alla società, all’altro, simultanea all’apertura alle leggi innate, alla conoscenza localistica e non locale: il compito fondamentale della P.Si
Dopo la partecipazione-osservazione di centinaia di situazioni fusionali, si è evidenziato che molti ricercatori, dopo un periodo di formazione relativamente lungo, assumono dei vissuti fusionali di gruppo spontanei, creando intense coesioni, da cui scaturiscono Costruzione della propria Teoria conseguente il vissuto dello stesso tipo. Si incontra la fusionalità di gruppo tra le persone che costruiscono comunità, perché quella situazione manca loro o perché la vivono. Può trattarsi di compensazione alla frustrazione del vissuto fusionale ricevuta da bambini o anche di bisogno nascente dall’auto-consapevolezza dello stato fusionale, di entanglement, che muove in loro: non riconoscendolo, fantasticano di poter trovarlo negli altri, nelle comunità.
Quando creano spazi fusionali chiusi, le comunità sembrano trasmettere forte protezione e rassicurazione che ognuno può trovare in qualche forma negli altri, perché tutti partecipano quelle modalità. Se tutto ciò non è abbinato ad un reale sviluppo dell’identità, dell’autonomia fusionale, l’Io-psyché può identificarsi nel gruppo e vivere alla lunga momenti di depersonalizzazione, paura dell’abbandono, di dipendenza e contro-dipendenze, forme di mancato riconoscimento dell’Io-psyché. Per molti, quella comunità diviene una prigione, un ostacolatore: ho seguito molti casi di ricercatori che riferivano tali esperienze interpretate come negative, segnalavano che dopo il love-bombing emergevano forme di conflittualità, anche serie. Una comunità può trovare la propria stabilizzazione, soltanto se i suoi componenti sono realmente consapevoli dell’autonomia fusionale autopoietica. Ma se procede, somministrando aggressività contro il gruppo, ritenendo che l’autonomia-identità possa essere trovato soltanto attraverso la rottura della fusionalità, si troverà ben presto in uno stato di identità-individuazione, a cui mancano le in-formazioni innate, presenti nella fusionalità-E.C.A.: un’ambivalenza, un’enantiodromia continua, cronicizzata.
L’autonomia fusionale autopoietica applicata
Prepariamo l’essere umano a se stesso, alla propria consapevolezza e conoscenza, da far
ricadere a sostegno dei momentanei e sempre cangianti ruoli convenzionali che può assumere.
Ogni essere umano dispone delle funzionalità innate che denominiamo affettività-sessualità-sensualità (…), ognuno può auto-determinarsi a viverle come ritiene opportuno, con gli eterosessuali, con gli omosessuali o in altri modi. Dopo lunghe partecipazioni-osservazioni, ho individuato alcune cause che determinano la conflittualità e la possibile separazione, nella coppia. Il primo motivo fondamentale risiede nel fatto per cui i componenti della coppia proiettano il bisogno-desiderio di trovare e portare nell’altro la complementarietà dei bisogni—desideri. L’Io-psyché di ognuno dei due non ha saputo trovare il modo di essere complemento di se stesso, di sapere come provvedere a soddisfare i propri metabisogni e bisogni-desideri, indipendentemente dalla presenza o dall’assenza dell’altro. Pensa proiettivamente che la propria mancanza debba trovare soddisfazione nell’altro e, se ciò accade, nel momento in cui l’altro, per qualsiasi motivo, non c’è più, si trova in uno stato di impotenza, non sa che cosa fare e soffre. Portare nella relazione la consapevolezza di essere complemento di se stessi consente di trovare il punto di incontro, di fusionalità con l’altro, in modo più vero: il ricercatore sente che, anche ove l’altro non dovesse esserci più, si troverebbe con la propria sicurezza ontos-sophos-logica e ogni negazione, separazione o abbandono non sarebbero più ascritti tra i problemi. Quando entrambi vogliono creare il punto d’incontro e la continuità tra le proprie autonomie fusionali autopoietiche mettono in sommatoria ciò che stanno investendo, non creano motivi acquisiti di conflitto. Attraverso la fusionalità, si riconosce la simultanea appartenenza all’ecologico, all’innato, all’entanglement. L’autonomia, diretta emanazione della fusionalità, si auto-determina e, disponendo ognuno della propria, non ha più motivo di entrare in conflitto nel voler affermarsi più dell’altro. Non si sente la necessità di condurre l’altro/a alle proprie posizioni, perché la consapevolezza della fusionalità fa sentire di essere parte dell’altro (l’entanglement di fatto è così) quindi, l’acquisito, l’identità possono trovare una soluzione. Si può affermare che l’unione ideale è quella dell’autonomia fusionale autopoietica crociata, in cui ognuno è auto-consapevole di essere complemento di se stesso e che da tale condizione può realmente trovare un punto di incontro consapevole con l’altro, dando continuità a tale stato.
Molti ricercatori hanno raccontato di aver incontrato momenti di conflitto, quando hanno voluto imporre la propria identità, per garantirsi esattamente ciò che volevano da quella relazione, a cui l’altro rispondeva affermando a sua volta la propria volontà. Senza coesione, senza fusionalità realmente vissuta, quello che emerge è soltanto il muro contro muro che, volendolo esplorare, si manifesta anche come aggressione verbale, violenza (…). Con l’autonomia fusionale autopoietica, l’identità non emette di manifestarsi, ma sa di poter essere complemento di se stessa, non pretende che l’altro si converta alla sua posizione, e viceversa. È accaduto che in tale condizione anche posizioni d’identità con valenze opposte abbiano potuto trovare il modo di manifestarsi; altrimenti tale consapevolezza lascia che l’altro da sé si auto-determini come sente, senza interferirvi con ostacolatori. L’autonomia fusionale autopoietica non può tecnicamente non trovare coesione, perché è consapevole che questa esiste e agisce, per natura, nella propria componente.
La P.Si. vive che in riferimento alla coppia ciò che vige è l’auto-determinazione auto-realizzazione di ognuno, non ci sono valori stabiliti prima del vissuto, tipo preferisco la coppia eterosessuale, piuttosto che quella omosessuale o bi-sessuale, e così via. Ogni Io-psyché assuma di auto-determinarsi come sente, come ritiene opportuno: l’androginia dell’Io-psyché permette di vivere che il principio di genere opposto-complementare può viversi e trovarsi in se stessi, ogni singola cellula è formata dal principio maschile e da quello femminile e, disponendone non si va a ricercarlo nell’altro. È proprio tale consapevolezza che, se immessa nella relazione, permetterà all’Io-psyché di agire nel modo in cui si auto-determina a voler farlo.
In questo modo, sia l’uomo sia la donna possono affermare la loro identità senza essere pressati dalla proiezione fusionale dell’altro. Ognuno, in piena consapevolezza della fusionalità-E.C.A., può evidenziare la propria simmetrica identità: per esempio, la donna non dovrà ricevere il cognome del marito e viceversa, ognuno potrà e dovrà esprimere la propria identità, in base alle caratteristiche individuali.
Per questo motivo, nella P.Si. ci si rivolge all’Io-psyché dell’essere umano e non soltanto all’uomo o soltanto alla donna, individualmente.
Prepariamo l’essere umano a se stesso, alla propria consapevolezza e conoscenza, da far ricadere a sostegno dei momentanei e sempre cangianti ruoli convenzionali che può assumere.
L’Io-psyché è formato al riconoscimento vissuto dell’autonomia fusionale autopoietica in tuti i modi producibili: nella costruzione dell’identità, della libertà autopoietica, dell’autonomia e simultaneamente, alla capacità di contenere, di accogliere, alle capacità di penetrare e di essere penetrati. Si faciliterà l’espressione dell’aggredior, dell’aggressività, letta come pulsione vitale, innata. Anche l’affettività, la sessualità e la sensualità potranno esprimersi decolpevolizzate, per auto-determinazione: l’Io-psyché dell’essere umano può soddisfare i propri metabisogni e bisogni-desideri, assumendoli e affermandoli in piena consapevolezza. Nessuno è proprietà di nessuno e si può prendere coscienza, attraverso il vissuto diretto, che non esistono tradimenti nella pratica dei propri stati psicosomatici, ma soltanto auto-determinazione ad esprimerli in piena con-partecipazione e libertà di assunzione con l’altro. Se si vuole realizzarla, la stabilità di una coppia si basa sull’autonomia fusionale autopoietica espressa da entrambi, che assumono di cerare il punto di incontro per esprimere in modo unico l’esperienza che si autorizzano a vivere. È una tendenza da mantenere in essere e da espandere via via che la presa di consapevolezza dei significati dell’esistenza si amplia.
Non esiste un modello di coppia pre-costituito, ma quello che le consapevolezze dei due componenti sono in grado di creare.
La ricerca dell’autonomia fusionale autopoietica è innatamente aggressiva, necessaria ad assumere di essere complemento di se stessi. Ho dei precisi riscontri nella vita quotidiana, secondo cui i ricercatori che applicano tale raggiungimento esprimono una relazione enormemente meno conflittuale, meno violenta. Tendono a porre in remissione il conflitto tra identità, quando rimangono concentrate soltanto in loro stesse, condizione che, nella Y fusionale, può avere delle forti ricadute su altri come la forte induzione sul figlio di forme di dicotomia, di ambi-plurivalenza, di contenuti bipolari. I bambini investiti dai conflitti non risolti del padre-madre esprimono difficoltà anche soltanto nel riconoscere le singole componenti dell’autonomia fusionale autopoietica. Per questo motivo, ho ritenuto necessario creare una scuola sperimentale di P.Si, composta da maieuti che sappiano anche somministrare quello che i genitori, impegnati nella loro conflittualità identitaria, non sanno più somministrare, prevedendo uno specifico training anche per loro. Ovviamente il maieuta non vuole sostituirsi al padre-madre, ma proporre una P.Si che può essere assunta dal padre-madre e dal padre+madre e il figlio.
Il bambino ha necessità di sviluppare e vivere la propria autonomia fusionale autopoietica, per cui è necessario che potenzi auto-consapevolezza, guidato dai tutori, dal padre-madre. Questi, a loro volta devono saper vivere e veicolare tale consapevolezza, in modo da consentire al figlio di sperimentare fusionalità e autonomia, simultaneamente e integralmente. È l’orientamento progressivo verso l’essere complemento di se stessi:
un pilastro della P.Si.
Leggi innate e leggi acquisite
(…) saprà che la legge olistico-autopoietica innata
può includere e orientare quelle del
socio-culturale vigente in quel tempo.
La P.Si. afferma che la legge deve essere compatibile, simmetrica con la fusionalità-E.C.A. e men che meno deve frustrare la naturale pulsione dell’aggredior-
Guardiano della legge e del sociale è l’autoconsapevolezza vissuta e non la gerarchia dei presunti padri simbolici. Il principio attivo fondamentale è l’avanguardia di auto-consapevolezza vissuta e, dal momento che al di sopra non c’è altro (altrimenti non sarebbe avanguardia), è inevitabile che all’io-psyché non resti che diventare un ricercatore in formazione continua a se stesso: l’Universi-parte. Da questo quadro, abbiamo rilevato che le relazioni fantasmatiche, ostacolanti dell’io-psyché procedono lungo percorsi diversi da quelli finora seguiti. La funzione della consapevolezza vissuta dell’esistente, acquisito e innato, pone in remissione la proiezione sull’iper-valenza che molti Io-psyché attribuiscono al potere e al sapere. Questi potranno essere diretta emanazione di tale consapevolezza e determinare la propria transmutazione.
L’insegnamento dovrà assumere di essere depositario della legge
dell’auto-consapevolezza vissuta, dell’innato simultaneo all’acquisito e
simmetrico ad esso.
È questa la legge a cui iniziare l’essere umano. Se la maieutica P.Si. è effettivamente somministrata e vissuta orienta verso la remissione della contestazione del maieuta, dell’insegnante, dell’autorità (…), in quanto l’Io-psyché sente che quanto vive ha come fondamento se stesso., lo estrapola da sé e la contestazione, pur sempre possibile, sarebbe rivolta verso se stesso. è questa la base da vivere, su cui inscrivere l’apprendimento della technè, delle scienze e delle filosofie esistenti. È l’integrazione della funzione di maieuta.
La consapevolezza dovrà assumere di coinvolgersi in tale opera, su cui inscrivere la conoscenza acquisita. L’Io-psyché non ha necessità di valori precostituiti prima del vissuto, quali l’esser amato, essere rispettato e simili, poiché, applicando l’arte ostetricia psicosomatica, è fatto oggetto di quanto progressivamente consapevolizzato, per essere successivamente orientato verso dimensioni sempre più ampie.
Durante gli incontri di maieutica P.Si, l’Io-psyché deve assumere la somministrazione di tale pedagogia vissuta, in modo da abreagire l’opposizione aggressiva conseguente alla fantasmatica di fusionalità.
I cosiddetti valori morali, etici, che sembravano essere intangibili stanno destrutturandosi in quanto anacronistici, sorpassati, soprattutto per quanto concerne la formazione, la pedagogia dell’interiorità, degli stati psicosomatici. Stiamo creando la transmutazione del malessere profondo che, sempre più spesso, partecipiamo-osserviamo ovunque. L’efficacia dell’autonomia fusionale autopoietica si radica nell’Io-psyché soltanto se questi assume di viverla. In quel momento, si rende conto delle estensioni non localistiche, di esser diretta emanazione del campo (coscienziale) e, soltanto in minima pare, secreto dal cervello-sistema nervoso. Quando sopravviene tale riconoscimento, significa che l’Io-psyché ha saputo risalire e transmutare i propri ostacolatori.
Saprà che la legge olistico-autopoietica innata può includere e orientare
quelle del socio-culturale vigente in quel tempo.
Nella vita quotidiana, la maieutica P.Si. deve trovare, necessariamente, un posto fondamentale, in modo tale da vivere e transmutare i propri ostacolatori, per creare l’humus, lo spazio fusionale in cui l’insegnante possa somministrare il programma previsto. Il fatto di consentire di vivere gli ostacolatori e difese psicosomatiche è coerente e unitario, perché il maieuta e il ricercatore sanno e sono consapevoli in ogni istante di quello che fanno e del ruolo momentaneo che stanno vivendo.
Universi-parte, se stessi
(…) non sono mai esistiti due enti separati come l’Io-psyché e il soma:
entrambi sono un unico processo funzionale, inscindibile,
che funziona simultaneamente.
L’identificazione nel solo acquisito e nell’enantiodromia, nel dualismo ha profondamente inciso sulla nascita di peculiari ostacolatori-discrasie: di fatto ha costretto moltissimi esseri umani alla visione riduzionista, soltanto localistica, dell’esistere. In particolare, il dualismo Io-psyché e soma, separati in due enti, è uno dei disallineamenti che ha avuto più effetti ostacolanti. Infatti, il vissuto penetrato ci evidenzia, inequivocabilmente, che non è così: l’Io-psyché e il soma sono un unico processo funzionale inscindibile, che funziona simultaneamente. Anche l’idea che i due comunichino risulta semplicemente non vera al vissuto: ripeto, sono un unico processo e si può benissimo affermare che in conseguenza di tale entanglement, di tale inseparabilità, di fatto, il soma è la manifestazione densificata dell’Io-psyché. Allo stesso modo, l’Io-psyché è la manifestazione sensorio-percettiva del campo coscienziale olistico-autopoietico. Ebbene, anche l’autopoiesi (il campo, l’energia) è inscindibile da Io-soma. La scienza sta entrando nello “spirito” di ciò che per la P.Si. è verità vissuta giornalmente: ossia tutte le micro-particelle esistenti nell’ambiente, in noi stessi, in ogni pare-Universi sono inscindibili, sono in E.C.A. Il termine coscienziale deriva dal fatto che, se il vissuto ci dimostra che l’Io-psyché è inseparabile dal soma e se il soma è in stato di entanglement micro-particellare, necessariamente anche l’Io-psyché lo è. Per questo motivo, più che un ente definito, riconosciamo l’Io-psyché come campo esteso: il campo coscienziale olistico-autopoietico che si evidenzia nel corpo fisico, in cui ci individuiamo come Io-psyché. Di qui, il nome utilizzato in Sigmasofia:
campo coscienziale olistico-autopoietico-Io-psyché
dell’Universi-pare, noi stessi.
Infatti, noi, per entanglement micro-particellare e quindi coscienziale, siamo funzionanti simultaneamente con ogni altra parte-Universi: gli animali, la vegetazione ecc., e quindi, possiamo trarre informazioni gli uni dagli altri, sia sul piano sensorio percettivo sensibile sia su quello micro-strutturale innato. Ripeto: un processo unico.
Non rifiuto e non respingo il dualismo, gli opposti-complementari. Affermo che non è stata compresa la loro funzione e il motivo per cui sono stati creati. Essi, infatti, servono all’Io-psyché per prendere coscienza di se stesso e della sua scaturigine, delle estensioni localistiche e non locali, del campo coscienziale, di cui è evidenza.
Universi-parte e l’inclusione del misticismo
Essere entangled con Universi non è la proiezione di una fantasmatica innata, ma è la
condizione innata vera, semplice, da consapevolizzare.
Per i motivi visti, è fondamentale che ci sia continuità tra dentro e fuori. Di tale globalità non si è sempre consapevoli, quindi, ci troviamo ad essere Universi-parte come funzionalità complessiva, inscindibile e, come consapevolezza, siamo ridotti-collassati a ciò che abbiamo appreso. Evidenziamo quindi un Io-psyché che necessariamente dovrà procedere alla consapevolizzazione vissuta di se stesso, se vuole crescere, emanciparsi, conoscere. Questa straordinaria funzionalità innata evidenzia la pulsione olistico-autopoietica a vivere e a conoscere, la stessa che permetteva allo zigote di crescere e di formare il corpo e l’Io-psyché che, appunto, si utilizza per conoscere. La presa di consapevolezza a cui formare l’Io-psyché è quella di vivere l’Universi, di cui è emanazione, di vivere se stesso come un campo che si apre alla non località: ogni onda è l’oceano transfinito. Non si tratta di pulsione verso la trascendenza, ma di pulsione verso il vissuto diretto di ciò che siamo per funzionalità innate. Non si tratta di uscire dal corpo, ma di entrare nei misteri che le estensioni transfinite del proprio corpo veicolano.
In tal senso e con questi significati, il nostro corpo non riceve sensazioni apportate dagli elementi naturali, come il sole, l’acqua, la terra, l’aria (…), ma ne è parte integrante ed è possibile aprire tale percezione estesa all’Universi. Se effettivamente vissuta, è la condizione che pone in remissione ogni identificazione nella convenzione spazio-temporale, che abbiamo inventato e in cui ci riconosciamo: si entra nel continuo presente o tempo autopoietico, che include lo spazio-tempo, così come la condizione di consapevolezza olistica include la consapevolezza riduzionista.
La P.Si. insegna come vivere la penetrazione dello spazio interiore-esterno attraverso i propri gesti, con la capacità di essere semoventi; indica come vivere la penetrazione dei grandi spazi, di grandi orizzonti (lo sguardo li abbraccia), in cui parlo canto, urlo, li riempio con la mia presenza: proiezioni di sé, in se stessi. Si tratta di atti spontanei, non irrazionali: sono la pulsione olistico autopoietica a viere e a conoscere, in azione. Sono ciò che ci può condurre alla scoperta del potere reale e non proiettivo, alla remissione definitiva di fantasmatiche di potenza: ci si sente come quando, in un certo qual modo, percepiamo che il nostro corpo è nostro, lo possediamo. Entrando nello stato di fusionalità-E.C.A., si sente l’Universi, l’ambiente, esattamente come si sente il corpo fisico, si percepisce il pianeta Terra semovente (molto più veloce di noi, viaggia a 108.000 chilometri orari!), come la galassia, la via lattea in cui ci troviamo, che si muove in modo spiraliforme. E, così via.
Essere entangled con Universi non è la proiezione di una
fantasmatica innata, ma è la condizione connaturata, vera semplice, da
consapevolizzare.
Diventa un ostacolatore di fusione, quando, proiettivamente, ci identifichiamo-fissiamo in una singola parte. Molte pedagogie esistenti non prevedono la formazione dell’Io-psyché a se stesso, alle funzionalità innate di entanglement e, quindi, contribuiscono a mantenere l’ignoranza su ci che realmente è. Per questo motivo, taluni esseri umani idealizzano il riduzionismo, la convenzione socio-culturale in cui vivono, le sole funzionalità sensorio-percettive, entrando così in una forma di riduzionismo, scambiato per realtà oggettiva. Di conseguenza, risulterà essere poi molto difficile e complesso porre in remissione tale convinzione. Una volta, un ricercatore verbalizzò che il suo terapeuta gli aveva detto che fuggiva dalla realtà oggettiva, per riconoscersi in un “fantasma proiettivo di fusione con l’Universo”, quando invece la realtà oggettiva sarebbe dovuta essere la partecipazione al socio-culturale del luogo in cui viveva, per funzionare al meglio in quel contesto sociale. Tale fantasmatica riduzionista, collassata si esprime culturalmente proprio nel socio-politico-culturale, nello scientifico-filosofico riduzionista, identificato e fissato in se stesso, scambiato per normalità: una sorta di mistica riduzionista. Includere l’idea che i significati-significanti risiedano soltanto nell’acquisito, identificarsi in tal modo con il riduzionismo, localistico, soltanto sensorio-percettivo è una specie di pochissimo, scambiato per molto. È una psicosi collettiva, scambiata per normalità, con lo scopo di riempire il vuoto che la mancata consapevolezza dell’esistente innato suscita.
È in questo spazio, ossia nell’identificazione nel solo sensorio-percettivo, nel solo acquisito localistico, che si apre la psicosi, come possiamo osservare nell’azione di molti esseri umani.
La fusionalità-E.C.A. è sempre un ritrovamento della propria identità che, nella consapevolezza di essere entangled con Universi, è straordinariamente ampliante, tanto quanto lo è condividerla simultaneamente con un altro o con altri. In quel caso, la vita, l’Io-psyché si popola di insights intuitivi e sincronici, si crea la presa di consapevolezza dell’esistente complessivo e non soltanto di quello riduzionista socio-culturale dell’epoca, della tradizione in cui ci si riconosce. La consapevolezza della fusionalità-E.C.A. non produce paura o psicosi e può ricadere nell’azione quotidiana nella misura in cui la consapevolizzazione ha saputo viverla in sé.
Nell’ambito della formazione in Sigmasofia, abbiamo vissuto molte esperienze di insights di fusionalità-E.C.A. che hanno sempre suscitato grande entusiasmo e provocato la remissione di ogni tipo e forma di angoscia. Conquistare tale identità più ampia significa esattamente resistere alla fantasmatica che vuole identificarci nel riduzionismo collassato che crede di essere olistico.
La fantasmatica dell’acquisito non consapevole dell’innato
è l’ostacolatore-discrasia dell’essere umano.
Le coazioni a ripetere della quotidianità, della routine, in cui ogni sorta di identificazione-fissazione personale ci viene a mediare le relazioni che viviamo, sono angoscianti: il conflitto nella relazione non è altro che l’esasperazione di relazioni acquisite sempre uguali a loro stesse. L’esagerazione patologica di un acquisito non consapevole della propria scaturigine.
La relazione con la funzionalità innata olistico autopoietica è continuamente presente nell’io-psyché e può essere mediata anche da oggetti esterni, da costruzioni, da opere d’are. Un esempio è il Tempio Egizio, edificio in cui l’Io-psyché dell’epoca ha inserito le forme di consapevolezza e conoscenza che veicolava. Nelle diverse epoche storiche, ha espresso la volontà di costruire verso l’altro, ma anche verso l’interno: la cripta e la cattedrale.
Che cos’altro fa la scienza, se non tentare di riconoscere le funzionalità innate dell’Universi?
Ma, dovrà sviluppare ancor più le tecnologie coscienziali, per poter estrapolare tali funzionalità da dentro di sé, dalla coscienza diretta della propria cellula, dei propri atomi e per riprodurre quel salto di qualità, quell’espansione di conoscenza vissuta di cui necessita, altrimenti i risultati che otterrà saranno sempre eccessivamente incompleti.
L’androginia: verso il riconoscimento di androgynus
(…) appunto perché tale fusionalità androginica
è la realizzazione interiore di quanto
si crede di poter ottenere soltanto dalla relazione con l’altro.
Come detto,
la mancanza di consapevolezza dello stato di fusionalità-E.C.A. è la condizione che spinge l’Io-psyché ad identificarsi-fissarsi nel solo sensorio-percettivo, nel solo acquisito e, di conseguenza, a proiettare tale stato di inconsapevolezza su se stesso, sugli altri, sulla relazione.
I nostri vissuti evidenziano che, nelle funzionalità fusionali, nell’entanglement innato, condizioni che poi potranno creare la parte-Universi, essere umano compreso, risiedono processi uniti, pre-differenziazione che riconosceremo come androginia movente alla base del genere, maschile e femminile. A quel livello di androginia innata, l’essere umano uomo non ha qualche cosa in più rispetto all’essere umano donna e l’essere umano donna non possiede qualche cosa che all’essere umano uomo manca. L’androginia è di fatto un androgino che include entrambi i generi che soltanto in seguito si differenzieranno. Ho denominato tale condizione pre-differenziazione
Androgynus,
funzionalità innata che include ed evidenzia la differenziazione sessuale.
In realtà, dentro ogni esser umano, c’è una reintegrazione, una funzionalità androginica innata, fusionale che, se vissuta consapevolmente, potrebbe porre in remissione ogni ricerca di complementarietà proiettiva nel sesso opposto. Ciò non accade, perché l’Io-psyché non è consapevole della sua stessa scaturigine ovvero di androgynus (la cellula) che include i due generi (spermatozoo più ovulo). In presenza di quella consapevolezza, va in remissione anche la proiezione secondo cui il ragazzo trova complementarietà nella madre e la ragazza nel padre, in quanto entrambi la troveranno nel padre-madre, all’essenza come Androgynus.
Se la consapevolezza della fusionalità innata è realmente vissuta, la sensazione di vuoto che si proietta, quando manca la comunicazione con l’altro opposto-complementare, va in remissione, appunto perché tale fusionalità androginica è la realizzazione interiore di quanto si crede di poter ottenere soltanto dalla relazione con l’altro. Specifico. Ovviamente, in qualche misura, si può ottenere soddisfazione dalla relazione con l’altro, ma ciò dipende e può essere riconosciuto, in quanto quello stesso processo, che riconosciamo e viviamo all’esterno, in realtà è dentro di noi e l’altro ci innesca una sensazione che è il nostro Io-soma a creare.
Nella fusionalità-E.C.A., si è un unico corpo, non si percepiscono confini, tutto è fusionalmente legato, si risconta la ricerca della comunicazione fusionale-E.C.A. in ogni bambino, indipendentemente dal genere. la mancata soddisfazione e consapevolizzazione dello stato fusionale viene registrato dall’Io-psyché con l’aumento dell’intensità dell’aggredior, esattamente come accade, quando si manifesta lo stimolo della fame che, se non soddisfatto dall’assunzione di cibo, è destinato ad aumentare.