(…) la consapevolezza
viene estrapolata da se stessi,
per auto-maieutica
Uno dei pilastri fondamentali formanti la
S.T.o.E.
Sigmasophy Theory of Everything
è quello della
Pedagogia-Psicagogia Sigmasofica
che d’ora in poi chiamerò
P.Si.
La P.Si. è un’arte creata per consentire all’essere umano di ogni età ed etnia di
prendere coscienza dei significati-significanti della vita
e del suo contenuto,
lo stato coscienziale punto morte.
Lo scopo è quello di consapevolizzare, di conoscere, attraverso il vissuto diretto, se stessi e l’esistente attraverso la technè denominata
Si tratta, qunid, del modo di formare l’essere umano attraverso azioni e vissuti integrali, da cui si origina, quindi, il linguaggio verbale, simmetrico alla propria consapevolezza.
In questo volume, illustrerò la
P.Si.,
funzionale alla conoscenza olistico-autopoietica,
attraverso la quale ei ricercatori vengono formati alla
presa di consapevolezza di se stessi,, anche nelle loro estensioni
microparticellari, non localistiche.
È utile partecipare-osservare come il termine pedagogia derivi dal greco paidos che significa bambino e da ago che significa guidare, condurre, accompagnare.
La P.Si. significa, quindi,
guidare-condurre-accompagnare-formare-vivere (…)
l’Io-psyché dell’essere umano, riservando una particolare attenzione al bambino e al bamino che ogni essere umano è stato, nel periodo che va
dalla preparazione al concepimento, durante l’atto del concepimento,
dal concepimento alla nascita e
dalla nascita al punto morte
(…).
Altresì, di fondamentale importanza è la P.Si. finalizzata al riconoscimento vissuto
dell’essere umano come parte-inscindibile da Universi,
parte-Universi
(esiste più di un Universo),
per infine riconoscersi come
Entriamo.
Gli studi e le ricerche pratico-teorici proposti dalla
hanno scoperto e vissuto uno dei principi attivi innati, fondamentali, dell’Io-psyché:
la pulsione olistico-autopoietica
a vivere e a conoscere.
Inoltre, hanno scoperto e vissuto che tale pulsione può essere riconosciuta soltanto
attraverso il vissuto diretto,
realizzato al di fuori del linguaggio verbale, intellettuale.
Per questo motivo, la P.Si. viene insegnata sulla base di una metodologia che prevede il
vissuto diretto, integrale, di ogni singolo stato Io-somatico producibile
e, successivamente, con la
Costruzione della propria Teoria conseguente tale vissuto
(C.p.T.),
a cui si potranno integrare saperi, conoscenze (…).
Si assume la P.Si. vissuta in cui
la consapevolezza viene estrapolata da se stessi per auto-maieutica.
In sintesi,
si educa l’Io-psyché a vivere, integralmente, se stesso,
nelle proprie funzionalità acquisite e innate, consce e inconsce, anche
Per favorire lo sviluppo dell’auto-conspevolezza, si coinvolge il piano psichico, quello somatico e quello energetico o
Io-soma-autopoiesi,
riconosciuti come un’unica unità inscindibile attraverso cui
individuarsi.
Per questi motivi, la durata della formazione P.Si. vissuta a se stessi non è misurabile, dura trans-finitamente. I motivi sono semplici: l’Io-soma-autopoiesi che forma ogni essere umano risulta essere più pronto ad apprendere quando non è condizionato da
dover essere e dover fare, pre-costituiti
da valori stabiliti prima del vissuto.
Si tende a formare l’Io-psyché ad auto-riconoscere la propria reale e vissuta autorità, autorevolezza innata-acquisita, da applicare in funzione del riconoscimento dei significati dell’esistenza.
Porre in remissione tutte le azioni che orientano verso identificazioni-fissazioni dell’Io-soma-autopoiesi in stereotipie inerenti l’apprendimento è un altro dei suoi principi fondamentali. L’Io-soma-autopoiesi dovrà vivere la propria integralità innata-acquisita per assumere potenzialmente di creare qualunque tipologia di stati Io-somato-autopoietici- In sintesi, si tratta di una P.Si. che consente di esprimere, utilizzando il
registro simbolico-reale,
le difese Io-somatiche, i fantasmi, gli
allo scopo di trans-mutarli.
Procediamo verso la consapevolezza e l’auto-determinazione dell’Io-soma-autopoiesi, in primis, vivendo e assumendo lo stato fusionale, quello di entanglement micro-particellare e coscienziale, da cui si siamo evidenziati e che abbiamo riconosciuto sotto forma di osmosi con il corpo della madre, durante i nove mesi di gravidanza, fase in cui l’autopoiesi, ossia l’auto-creazione dell’Io-soma si è formata automaticamente per funzionalità innate. A tale P.Si. vissuta, integreremo l’acqisito attraverso la consapevolizzazione del pensare, del sentire, del volere, del concettualizzare (…) razionali ed anche potenziando forza, resistenza, rendimento, prestazioni (…).
Il vissuto integrale dell’Io-soma-autopoiesi innata e acquisita è una delle caratteristiche della civilizzazione che proponiamo.
La consapevolezza di sé non coincide con l’impassibilità Io-somatica che non è assolutamente da identificare con una presunta e prestabilita regola del saper vivere. Nella P.Si. ogni manifestazione (nel registro-simbolico-reale) dell’istinto-emozione diviene congrua, in quanto esistente; anche il linguaggio verbale sarà decolpevolizzato e direttamente emanazione di vissuti integrali dell’Io-soma-autopoiesi: lo scopo è quello di olos-direzionare la comunicazione verso maggiori profondità, immettendo in circolo
forme consapevolizzate di spontaneità innata.
La liberazione dell’Io-soma-autopoiesi e la liberazione del linguaggio verbale divengono così azioni esistenziali maggiormente complete, strumenti di maggiore riconoscimento di se stessi e di conseguenza di comunicazione tendente all’olistico. L’Io-psyché ri-scopre e ri-vive la potenza dell’Io-soma-autopoiesi spontaneo, innato, esprimendo, liberamente, integralmente, affettività istinti-emozioni (…), in seguito a cui il linguaggio assume maggior forza.
L’auto-Maiueutica P.Si. che propongo presenta i corpo, l’Io-psyché, l’energia, sotto un aspetto di ricerca vissuta delle funzionalità innate a cui si integrano quelle acquisite. Si tratta di un Io-soma-autopoiesi che si auto-organizza intorno all’esplorazione del proprio inconscio individuale (personale e collettivo) e autopoietico (innato), riconoscendo il continuo presente in cui, di fatto, opera. Ciò consente di riconoscere, in modo più ampio, l’Io-soma e di consapevolizzare lo spazio-tempo e il modo in cui si individua,
è l’azione olistico-autopoietica esploratrice ed intelligente, agita seguendo
l’olos-direzionalità epistemologica Sigmasofica.
Esplorando consapevolmente l’inconscio e simultaneamente lo spazio-tempo, l’auto-maieutica pedagogica permette il riconoscimento e la strutturazione delle aree inconsce esplorate e la strutturazione dello spazio-tempo acquisito. In tal modo, come applicativo, la P.Si. consente di sperimentare vissuti integrali dell’inconscio e della non località, oltre a rendere l’acquisito (scientifico, filosofico..) simmetrico alle nuove consapevolezze raggiunte.
L’esperienza ci prova che così possiamo porre in remissione, con maggiore efficacia, difficoltà psico-affettive e relazionali.
In questo quadro, si riconosce come l’Io-soma-autopoiesi sia il
luogo di conoscenza di sé e delle sue funzionalità innate,
il luogo della scoperta che
gli atomi che lo formano sono entangled con qualunque altro corpo di qualunque parte-Universi.
A quel livello, si forma, così, un’unica funzionalità che è quindi anche dell’Io-psyché, in quanto a disposizione anche della consapevolezza razionale.
L’azione integrale Io-somato-autopoietica spontanea è direttamente emanazione del campo coscienziale, conscio e inconscio. In questo senso, esprimere qualunque stato Io-somatico ed energetico assume il senso e il significato che evidenzia una finalità intrinseca:
creare prese di consapevolezza vissuta dell’esistente.
Sto proponendo di introdurre in ogni settore della vita l’Io-soma-autopoiesi vissuta, per potersi esprimere integralmente. Lo scopo è quello di evidenziare
l’impronta di individuazione olistica,
nel rapporto tra esseri umani, tra insegnanti e allievi, tra genitori e figli (..). In questa P.Si., si ottiene come effetto che l’autorità dell’insegnante, dell’esperto, sia maggiormente riconosciuta in quanto l’allievo, il ricercatore, vivendola in se stesso, ha meno difficoltà a riconoscerla in altri.
Si olos-direziona l’Io-soma-autopoiesi verso la spontaneità vissuta, obbiettivo conscio e inconscio della P.Si.
Gli Io-psyché di esseri umani, bambini e adulti, creano esperienza insieme, non si sfuggono e, consapevoli della fusionalità da cui si evidenziano, esprimono la propria autonomia, identità, individuazione, conoscenza acquisita. Si tende a
non proiettare azioni castranti sull’altro,
ponendo così in progressiva remissione le
angosce da castrazione
che, di fatto, vivono molti esseri umani, quando
l’altro proietta su loro la paura-timore della
perdita della propria autorità.
Se lascio fare loro quello che vogliono (da verbalizzazione di un maestro elementare), si crea il caos e, di conseguenza, si castra la spontaneità e la libertà d’espressione.
Durante gli incontri di vissuto integrale previsti dalla Maieutica pedagogica, accade che
il Maieuta non abbia niente
da insegnare al ricercatore
(anzi spesso ha da imparare l’uso libero della spontaneità,
dell’emozione).
Si tratta di porre in remissione la sua presunta autorità istituzionale o meno che sia, per vivere il rapporto tra essere umano ed essere umano, quello che crea insieme l’esperienza vissuta. Soltanto dopo, ovviamente, ri-affermerà la propria autorità e sentirà e vivrà che questa sarà
meno costretta ad imporsi,
ma gli/le sarà naturalmente conferita e riconosciuta dall’altro, dai ricercatori, esattamente nella misura in cui si sono aperti e hanno lavorato durante la Maieutica pedagogica. L’autorevolezza su base empatonica, fusionale è più efficace dell’autorevolezza imposta, basato sui dover essere e dover fare pre-costituiti. In quel caso, l’insegnante, l’esperto (..) verrà riconosciuto come più autentico, più vero. Molti insegnanti, le istituzioni scolastiche attuali, evidenziano, a volte, limiti nel vissuto della spontaneità, della libertà innata, perché, semplicemente,
vogliono mantenere le gerarchie,
le olarchie pedagogico-didattiche stereotipate.
Per loro, tali vissuti costituirebbero un precedente considerato pericoloso, assumendo così che è
la funzione a creare l’autorità,
condizionamento che la P.Si. autopoietica pone in remissione.
I ritardi culturali e di consapevolezza che partecipiamo-osserviamo nella società evidenziano come il conflitto, la violenza nella relazione siano continuamente presenti sempre, quasi inestirpabili. Ciò dipende anche dal fatto che nell’ambito della relazione educativa tra genitori e figli, nel rapporto tra istituzione e allievi, secondo la pedagogia tradizionale, si pretende che il bambino, il ricercatore debba rispondere al genitore, al maestro, all’esperto, alle istituzioni, con un comportamento rassicurante, docile, che abbia il governo e il controllo delle proprie funzionalità pulsionali, fantasmatiche, problematiche, ostacolanti, ossia quello che il genitore o il maestro, consciamente o inconsciamente, idealmente e proiettivamente, pensano di essere, talvolta auto-mistificandosi. Infatti, partecipiamo-osserviamo continuamente che se il bambino, il ricercatore, non rimanda questa immagine è un cattivo allievo, è inadatto, è un caratteriale, da ri-educare. Così facendo, si contribuisce alla non espressione, alla non abreazione di stati ostacolanti che sono sempre presenti (per specifici motivi che illustrerò più avanti). Ciò determina i fatto che qualunque Io-psyché cosiddetto normale, veicolando tali ostacolatori latenti repressi, ma nello stesso tempo sentendosi costretto a trasmettere i comportamenti che da lui l’altro si aspetta, determina la crescita dell’ostacolatore repressione, che sente di non poter esprimere. Si creano le condizioni dell’aggredior-out, ossia dell’uscita fuori, in un unico blocco, degli elementi repressi e accumulati. Per questo motivo, ogni ricercatore normale, posto nel setting della P.Si., modifica, in brevissimo tempo, il dover essere e i dover fare preteso da genitori, insegnanti, esperti, dagli altri e assume di vivere e di agire i propri metabisogni, bisogni-desideri reali, da lui vissuti e riconosciuti come autentici. Durante gli incontri, tutti li agiscono applicando il
registro simbolico-reale,
che illustrerò nel paragrafo corrispondente. Soltanto dopo tale azione, se ben somministrata dall’insegnante e se ben vissuta dal ricercatore, si crea la condizione Io-somatica veramente pronta ad agire il necessario apprendimento di ciò che è istituzionale, previsto dai programmi ministeriali, dal contesto socioculturale, dalla vita.
Paradossalmente, è proprio il tipo di educazione attuale che
induce, inconsapevolmente, in modo iatrogeno,
il disturbo bipolare della personalità.
Con la P.Si., il ricercatore rimanda al genitore, all’insegnante, all’esperto, le proprie pulsioni, i propri metabisogni.-bisogni-desideri, i propri ostacolatori, le difese Io-somatiche represse e non gestite, transmutate, dominate.
Quando tale condizione di repressione necessariamente si esprime, partecipiamo-osserviamo come questa non sia, di fatto, accettata (a volte spaventa molto) e susciti nell’adulto gli stessi fantasmi inconsci e angosce per non sapere gestire la situazione. Questo dipende dal fatto che la pedagogia ricevuta non lo ha preparato a ricevere, a vivere tale integralità. In realtà, è come se il Maestro
avesse paura del ricercatore che non rispetta le regole convenzionali in essere, in quel momento storico.
Si alimentano così forme intense di ipocrisia, appunto perché esistono il dover essere imposto dall’aspettativa socioculturale, istituzionale del tempo, dal genitore, dall’insegnante, dall’esperto e quello che l’Io-psyché del ricercatore sente, prova realmente e non può esprimere. Come potrebbe il ricercatore ammettere o capire quell’insegnante, quel genitore, quell’esperto che non ha saputo riconoscere, vivere in se stesso gli stessi processi? Per questo motivo, la P.Si. incontra più difficoltà a far vivere e riconoscere tali dinamiche ai genitori, agli insegnati, all’esperto, che non ai bambini, all’Io-psyché più spontaneo: ciò significa che gli stessi bisogni-desideri, quegli stessi fantasmi e ostacolatori che disapprovano in nome dell’apprendimento socioculturale, convenzionale, istituzionale, del programma,
sono repressi e parte integrante,
non consapevolizzata, di loro stessi.
Specifico meglio.
L’inserimento della P.Si. è stato elaborato oltre che per necessità innate autoconoscitive, anche per permettere il reale controllo e gestione delle proprie pulsioni da applicare nella vita sociale, processo che, rigorosamente, l’educazione basata sul potere nella relazione, sull’identificazione nella funzione, nel ruolo, non permette.
La pedagogia istituzionale talvolta confonde, di fatto,
il controllo, la gestione di sé,
con la proiezione della repressione!
Infatti, a comprova, il controllo delle pulsioni che si esige dai bambini più piccoli, in realtà, è soltanto la
repressione della pulsionalità spontanea del bambino:
si razionalizza il tutto con la spiegazione che l’educazione, anche imposta, progressivamente, possa formare, forgiare, educare.
La repressione cronicizza nella sua interiorità, anche inconscia, la pulsionalità spontanea, mettendola in opposizione con il dover essere educativo sovrapposto, ben confezionato e razionalizzato, secondo i programmi socioculturali e istituzionalizzati dell’epoca.
Si integra, somministrando, di fatto ed inequivocabilmente, la causa di molte nevrosi e l’evidenziarsi dei molteplici disadattamenti scolari e sociali che tutti partecipiamo-osserviamo. Il malcontento dei giovani, il non riconoscere significati si evidenziano anche nei ragazzi che hanno prodotto risultati più che soddisfacenti dal punto di vista istituzionale:
si tratta di un sapere con i piedi istintivo-emozionali d’argilla.
La P.Si. assume la remissione dei processi di repressione nell’inconscio, in quanto è assolutamente necessario che metabisogni, bisogni-desideri, ostacolatori, difese, fantasmatiche siano vissuti, riconosciuti, risaliti e transmutati dal soggetto stesso:
si tratta della base fondamentale su cui inserire i naturali programmi scientifici e filosofici (…) previsti.
Accettare i propri stati Io-somatici senza colpevolizzarli non significa, come vedremo, accettarne la concretizzazione nella relazione. Vivremo come tra bisogno-desiderio, fantasmatica, ostacolatore e atto concreto ci sia l’Io-psyché a dover assumere la decisione di fare o non fare o di fare in diverse forme. È qui che si inserisce il registro simbolico-reale che proponiamo durante gli incontri di P.Si che
risulterà essere la materia fondamentale a cui
integrare le materie istituzionali.
Ogni educazione autoritaria, ossia quella subordinata alla legge che prestabilisce il dover essere o fare, punta alla sottomissione all’ordine proposto, che la pulsione innata a vivere a conoscere non riconosce, perché sente di non essere all’essenza subordinata all’acquisito, nella fattispecie, all’autorità esterna. Per questo motivo, al momento in cui l’Io-psyché agisce trasgressioni, l’educazione istituzionale si trova costretta all’atto repressivo, anche forte, perché altrimenti, in molti casi, le sarebbe tecnicamente impossibile farsi rispettare.
La traslazione della somministrazione della punizione o della ricompensa (“Se sei bocciato ti mando a lavorare, se sei promosso ti mando in vacanza”, e similia) è discrasica, in quanto non educa l’Io-psyché alla conoscenza vissuta, all’eziologia dei propri stati psicosomatici ostacolanti, fantasmatici, per destrutturarli e ricostruirli. L’Io-psyché si illuderà, discrasicamente, che il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, risiedano all’esterno, nell’insegnante, nella legge, allontanandosi così dalla consapevolezza che le proprie decisioni dipendono dall’assunzione e dalla consapevolezza della causalità veramente vissuta e risolta. In sintesi, l’educazione autoritaria evidenzia istinti gregari, dipendenti e contro-dipendenti, determina, induce iatrogenamente gli stessi problemi che quella stessa educazione presume di risolvere: si tratta di un iper-apparato di difesa, del proprio interesse narcisistico e personale, travestito da insegnamento, da educazione, da legge.
Per questi motivi, la P.Si. forma al vissuto dell’eziologia del tabù, eventualmente evidenziato dall’Io-psyché. Non somministra giudizi: se realmente vissuta, si evidenzia la decolpevolizzazione del bisogni-desiderio (che non significa affatto licenza di…), in modo da liberare il pensiero prodotto da associazioni dicotomiche, bipolari, scisse tra il bene e il male che, come noto, non funzionano nella società. Ne consegue la liberazione del metabisogno, del bisogno-desiderio, a livello cosciente. La decisione se fare o non fare un atto inizia effettivamente a dipendere dall’Io-psyché del soggetto. Il conflitto inconscio tende progressivamente ad entrare in remissione: innato e acquisito iniziano ad essere simmetrici, ad auto-riconoscersi come un’unica unità funzionale, che non proietterà più, nella relazione pseudo rispetti della proibizione, della legge o trasgressioni alla legge, colpevolizzate.
Nella P.Si. si eliminano, si pongono in remissione le colpevolizzazioni dei metabisogni e dei bisogni-desideri: essi sono quello che sono, così per natura e per acquisito, motivo per cui orientiamo il setting verso la loro scoperta e consapevolizzazione vissuta, in modo che l’Io-psyché, progressivamente, ne diventi sempre più responsabile e consapevole.
Questo pone in remissione ogni ipertrofia Io-somatica acquisita e restituisce potere olistico-autopoietico all’Io-psyché, ossia la condizione disidentificata e non conflittuale tra metabisogni-bisogni-desideri e razionalità: fluidità consapevole che non produce ostacolatori-discrasie.
La Maietuca permette al bambino, all’Io-psyché, di vivere i propri ostacolatori-discrasie, i propri fantasmi, di esprimerli in un agire simbolico-reale durante lo spazio giornaliero previsto. Non è soltanto questione di abreagire stressor, tensioni, di liberarsi da blocchi, inibizioni, perché il ragazzino sia più calmo, meno aggressivo, meno trasgressivo (…), quanto perché prenda coscienza dell’esistente. partecipiamo-osserviamo in palestra che i bambini, ai quali sono stati maggiormente imposti in modo rigido l’immobilità e il silenzio, hanno il bisogno maggiore di esplodere, di scaricarsi, di muoversi, di aggredire. Ovviamente, quello che ci interessa non è quell’aggredior-out, ma la
progressione continua nell’apprendimento sistematico dalla vita.
Per questo motivo la P.Si. propone protocolli di incontri, per il tempo sufficiente a vivere e a transmutare ogni singolo ostacolatore, fono ad esaurirlo, a privarlo di ogni interesse e a disidentificarsene. ciò si constata, perché non si partecipa-osserva più la ripetizione di quei comportamenti ostacolanti: se ciò non avviene, significa che quell’ostacolatore è ancora in circolo e che la sua reintegrazione funzionale non è stata acquisita.
L’adulto che somministra la repressione al bambino immette un dovere essere su una pulsione che, avendo un effetto di copertura, non permette al piccolo Io-psyché di poter esercitare un reale e autodeterminato controllo sulle proprie pulsioni. Dopo il vissuto dell’ostacolatore-discrasia, la transmutazione evidenzia, sempre, forme di apertura di disponibilità, di ricettività, di apprendimento (…).
Per realizzare ciò, è necessario non produrre ansia da fretta di volere risolvere: il vissuto e la transmutazione dell’ostacolatore richiedono dei tempi tecnici, diversi per ognuno. Saper aspettare ed essere nell’empatia e nel tono (empatonia): seguire questo processo significa essere all’interno di quell’ostacolatore, fusionalmente e, da dentro, riconoscere come transmutarlo al momento del kairos. Quando gli ostacolatori saranno vissuti e abreagiti, accadrà che il bambino sarà pronto ad evidenziare la propria disponibilità e ricettività. È necessario, quindi, che l’educatore sappia aspettare i tempi di maturazione e di transmutazione e, nella Maieutica pedagogica, saper aspettare non significa essere inattivi, bensì in stato di fusionalità con i ricercatori, evolvere insieme, verso le prese di consapevolezza di cui necessitano.
Durante gli incontri che proponiamo, il contenuto pedagogico-psicagogico include quello psicosomatico, ostacolante, fantasmatico ed è importante realizzarlo con tutti gli Io-psyché, non soltanto con quelli cosiddetti turbati, in quanto tutti noi abbiamo necessità di vivere, conoscere, esprimere ciò che siamo.
Lavoriamo affinché il pensare, il linguaggio, il concettualizzare, l’immaginare e così via siano simmetrici ai vissuti innati abreagenti. La concettualizzazione non dovrà separare il pensiero dall’azione, il dire e il fare dovranno tendere ad essere simultanei, un unico processo. Lo scopo è quello di non permettere al linguaggio verbale di sostituirsi all’azione ed esprimre così caratteristiche di incompletezza che partecipiamo-osserviamo in molti intellettuali.
Pensiero-azione è
l’inizio della remissione della dualità.
Per questo motivo, nella Maieutica P.Si., chiediamo di non utilizzare il linguaggio verbale, ma di esprimere ciò che si vuole attraverso l’atto, il vissuto (il linguaggio verrà recuperato successivamente come Costruzione della Propria Teoria conseguente il vissuto). Porre in remissione, disidentificarsi dalla concettalizzazione razionale, permette al ricercatore di vivere rapporti maggiormente empatici, fusionali, tndenti al globale. Il piacere, la beatitudine che molti testimoniano, quando ritrovano il contatto fusionale, integrale, ci suggerisce come l’Io-psyché dell’essere umano, nella fase di crescita (quindi, sempre) debba vivere male la proposta pedagogica soltanto direttiva. Ovviamente, la proposta culturale, intellettuale è necessaria, ma dovrà avvenire su un terreno arato, vissuto, che ha abreagito (se necessario) e allora si evidenzierà una maggiore intensità di pensiero logico-razionale, di intelligenza olistico-concettuale, anche adattiva.
La situazione socioculturale, familiare, scolare attuale è desolante: si partecipano-osservano bambini, ricercatori, a cui non è stato, rigorosamente, dato il tempo di maturazione affettiva in nome della somministrazione del cognito, dell’informazione culturale, ragione per cui l’istituzione, i genitori, i tutori, talvolta, creano seri danni all’Io-psyché, soprattutto del bambino. Per questo motivo, osserviamo gli stati di opposizione all’adulto, all’insegnante, sempre presenti. La fusionalità che si sente non può essere espressa, perché viene richiesto, anche con fermezza, di studiare, di non muoversi, di adottare disciplina, senza che ci sia un’adeguata preparazione a tutto ciò. Per affermare la propria identità, quell’Io-psyché non potrà fare altro che opporsi, ma essendo piccolo dovrà adattarsi o sarà costretto a farlo. Si viene così a creare la
base discrasica di repressione, di compressione,
che, durante gli incontri di Maieutica Sigmasofica si manifesta sempre, anche con aggredior-out intensi (nel registro simbolico-reale libero, giocato, i bambini, ma anche i ricercatori, uccidono sempre, ripeto sempre, l’autorità, l’insegnante…). Per questo motivo, la proposta di autonomia, nascente dalla fusionalità e non separata da essa, ci sembra fondamentale, come il vissuto, realizzato in modo autopoietico, ossia auto-creato. Ciò, tra l’altro, è molto utile anche in funzione dell’apprendimento scientifico, in quanto è fondamentale che l’Io-psyché apprenda, evidenziandosi dalla solidità fusionale affettiva, libera da ostacolatori-discrasie.
La P.Si. olistica è fondamentale al concepimento, al omento della nascita, alla prima infanzia, con particolare riferimento ai primi due anni di vita, periodo in cui i genitori, i tutori, somministrano i loro primi imprinting ad un Io-psyché che è innatamente aperto.
La
Maieutica P.Si. può essere praticata dal
punto nascita al punto morte, ad ogni età.
Di fondamentale importanza è
praticarla dal concepimento ai primi due-tre anni di vita!
Dopo nove mesi di vissuti in stato di osmosi, di fusionalità con il corpo della madre, al momento della nascita, di transmutazione di tale stato, è perfettamente normale che il bambino senta, intensamente, tale variazione-contrasto e che senta la spinta, la pulsione a voler ritrovarla, riviverla. Tuttavia, simultaneamente, sente che tale stato si è appunto transmutato: ora respira da solo, sente lo stimolo della fame che non è immediatamente soddisfatta come nell’osmosi; ugualmente, succede per i suoi bisogni fisiologici. In qualche modo, sente la differenza rispetto a quando ciò avveniva attraverso il corpo della madre, simultaneamente. Si trova nel modo, è nato, vive e l’altro da sé, la mamma, il tutore gli/le risponde e, da come questi lo faranno soprattutto nei primi due, tre anni di vita, dipenderà
l’imprinting caratteriale acquisito della sua identità.
Lo scopo è quello di favorire al massimo la presa di consapevolezza vissuta dei significati-significanti dell’esistenza.