La pratica P.Si.
È necessario giungere al vissuto di una
scuola per la vita,
in cui è facile apprendere
sia per il Maieuta che per il ricercatore
In S.T.o.E. pedagogica-psicagogica pratica, presenterò le tecno-ontos-sophos-logie che permettono il vissuto diretto e l’integrazione delle diverse variazioni-contrasto, dei diversi opposti-complementari e della fisiologia autopoietica, da cui tali opposti-complementari si formano: dal vissuto diretto all’elaborazione della Propria Teoria conseguente il vissuto e dal vissuto alla fisiologia che lo forma, l’olos-direzionalità P.Si.
Tale orientamento ha lo scopo di creare:
- un ambiente e un’atmosfera in cui l’Io-psyché del ricercatore possa vivere, esprimere in totale libertà se stesso, al di fuori di ogni dover essere o dover fare, in modo che sia libero di (…) e libero da (…), come fase per procedere verso la libertà olistico-autopoietica;
- atmosfera P.Si., per garantire l’azione e il movimento, liberatori di ogni pulsione, di ogni ostacolatore conscio e inconscio;
- situazioni che consentano di auto-formarsi verso forme di consapevolezza acquisita e di strutturare basi solide che consentano di partecipare e vivere la fisiologia autopoietica da cui ogni stato, che azione nasce;
- dinamiche Io-somato-autopoietiche, dall’immaginazione libera, creatrice, fantasiosa, del ricercatore, per entrare in strutture coscienziali acquisite e negli archetipi autopoietici.
Le Autopoiesi Io-somatiche
È ovvio che le situazioni di libertà di (…) e libertà da (…) non possono essere descritte, appunto perché l’Io-psyché è totalmente libero di agire. Però è possibile descrivere l’atmosfera autopoietica P.Si.
La palestra e l’ambiente naturale in cui si lavora viene riempito di oggetti autopoietici, naturali e pedagogici, acquisiti e strutturati.
Gli oggetti autopoietici in natura sono:
- contenitori: grotte naturali, tunnel sotterranei, laghi, fiumi, mare
- sostegni: pareti rocciose, massi, azioni del docente
- legami: sentieri, percorsi, mare, oceano, fiume, lago, esperienze, cordoni elastici, corde, colori, foto
- prominenze: rami, scettro, pene, seni
- cibo e acqua: sorgenti, pioggia, frutta, argilla, terra, fango, zolfo, sabbia, sabbie naturali
- coprenti: foglie, pelli,
- corpi: esseri viventi, animali
- residui: tutto ciò che è in disgregazione, decomposizione, umori corporei, sudore, urina, feci
- suono, silenzio, musica
- volta celeste
- nulla, vuoto, autopoiesi
- palle corde, bastoni, cubi, sacchi, tappeti, clave, blocchi in legno batterie, tamburelli, nacchere, carillon, cembali, carte, gesso, cartone e tutti gli oggetti fruibili.
Lasciato libero di agire, l’Io-psyché inizia a mostrare le azioni che si assume di attuare, di articolare. Si possono proporre tutti, alcuni, uno solo o nessun oggetto. Anche ogni partecipante può diventare un oggetto mediatore.
Tutti gli stati coscienziali possono essere vissuti:
- utilizzazione libera di … libera da … dell’oggetto autopoietico.
- L’evidenziazione dell’atto, del gesto è lasciata fluire.
- Evidenza delle facoltà spontanee mai utilizzate e scoperte vivendo.
- Polarizzazione dell’attenzione attraverso il gesto, l’azione, il vissuto.
- Vissuti di tutte le variazioni-contrasto e degli opposti-complementari con e senza oggetti autopoietici.
- Associazione di vissuti, di variazioni-contrasto e di opposti-complementari.
- Vissuti di sfumature Io-somato-autopoietiche, di peculiarità e di situazioni olistiche-locali (un solo oggetto-tutta la stanza).
Ogni Io-psyché che vive l’Autopoiesi Io-somatica, realizzata in gruppo, suscita sempre un’enormità di emozioni-istinti, pensieri, sensazioni, immaginazioni, concettualizzazioni. Sono tutti stati che l’Io-psyché potrà incontrare utilizzando l’oggetto autopoietico, se stesso, l’altro o il docente, in maniera statica o nei diversi gradienti. Questi stati di coscienza sono prodotti dall’io-psyché che inizia a riconoscerli sotto forma di colore, dinamizzazione o sensazioni, impressioni, intuiti, sincronicità, in un rincorrersi di azioni che successivamente verranno elaborate in diversi modi.
L’Io-psyché produce sensazioni, sentimenti, i centri corticali li selezionano e solo alcuni verranno agiti, percepiti, riconosciuti.
In particolare, verranno agite azioni per l’Io in quel momento interessanti e significative. Di solito, sono quelle che tendono a soddisfare bisogni, desideri, metabisogni e all’interno delle quali si evidenziano contenuti autopoietici.
Tutte queste infinite dinamiche assumono maggior rilevanza P.Si. nel momento in cui l’Io-psyché zooma, partecipa con più intenzionalità una situazione, un oggetto autopoietico e si rende conto di soddisfare un metabisogno. Si realizza anche una dinamica che, condivisa con gli altri del gruppo, può rivelare sintonie, simmetrie, contrasti ed opposizioni, da cui estrapolare significati-significanti utili all’elaborazione delle diverse problematiche.
Durante il gioco libero con il maieuta, si vivono azioni finalizzate all’evidenziazione di questi momenti di approfondimento. Si può giocare, evidenziando il colore o, in un altro momento la morfologia, o il tempo o l’intensità; si può passare dall’autopoiesi libera all’uso mirato dell’attenzione, utilizzando la radiazione percettiva. Si evidenzia il fatto che un atto, una percezione è più evidente, quando preceduta o seguita da altre, in opposizione che presentano variazioni, opposte-complementari.
È opera del maieuta innescare, giocando liberamente con il piccolo, le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari o le simmetrie, funzionalità che vengono immesse nell’atto della reintegrazione consapevole.
Quando l’io-psyché incontra due stoffe, una gialla e una verde, partecipa la percezione di ciò che denominiamo il giallo e, osservando la variazione-contrasto di colore, si potrà riconoscere e indicare l’altra con il nome di verde. Da questo, si evidenzia che ciò che accomuna il verde e il giallo è che entrambi sono colori, quindi, già una prima reintegrazione nell’acquisito_ è sempre l’io-somato-autopoietico di ognuno a riconoscere il giallo, il verde, il colore, per cui la riconduzione all’Io-psyché è un comune denominatore. Tuttavia, ad un’osservazione più attenta, risulta che l’io-psyché stesso è a sua volta formato da fisiologia locale, il cervello, il sistema nervoso, il corpo, che producono facoltà sensoriali percettive e che permettono quei vissuti. Ed ancora: se il corpo-Io-non fosse vivo, acceso, in azione, non potrebbe pensare e produrre pensiero, razionalità e quindi non potrebbe applicare la denominazione colore.
E si scopre che il corpo in cita è atomicamente e coscienzialmente interagente con l’ambiente, sia esterno che interiore, interazione di cui siamo parte. Nel sensibile, l’Io-psyché apprende le nozioni, le variazioni-contrasto di opposti-complementari, capisce di poter evidenziare un solo colore per volta, o entrambi, sa che può ricordare l’esperienza, che qualcosa nella denominazione li accomuna e li integra, sa che tutti gli oggetti in sala di quella stessa tonalità possono essere detti gialli, ma non avendo la stessa morfologia sono diversi nella forma, quindi, nella denominazione. Sente che può investirli del proprio stato istintivo-emozionale: il colore del fuoco è rosso, se mi avvicino scalda ed è piacevole se lo tocco scotta ed è spiacevole, doloroso.
Le differenziazioni che la nozione acquisita del rosso non è propria di un solo oggetto ci parla del concetto di similitudine.
Se do un pestone forte al terreno, imprimo una certa intensità, se lo do debole, strusciato, ne segno un’altra: dalla variazione-contrasto può nascere la reintegrazione di forza che può applicarsi all’Io-somato-autopoietico.
Da questi semplici esempi, si evidenzia inoltre che l’Io-psyché del ricercatore inizia a formare il proprio archetipo funzione Ypsi, inizia cioè ad integrare e ad estrapolare i principi attivi di auto-riconoscimento vissuto e di significato-significante, che è l’essenza dell’insegnamento ricavato da quel vissuto: significa che sviluppa la capacità di agire la similitudine, la reintegrazione progressiva, principi attivi di forza, d’intensità, d’investimenti istintivo-emozionale, ecc.
La funzione Ypsi inizia a forgiarsi ed è la stessa che il soggetto utilizza nell’esplorazione di se stesso, sia sul piano conscio sia su quello inconscio, sia locale che non locale. Quindi, se ne ricava che più la funzione Ypsi è potente e forgiata, maggiori possibilità di penetrazione, d’indagine, di studio-ricerca di vita possono attuarsi.
Per questo, nella P.Si. si propongono molti vissuti, molte Autopoiesi olosgrafiche, Io-somatiche e altro: è necessario che la funzione Ypsi, fondata sul vissuto, tenda all’autopoiesi continua.
In realtà, si crea la condizione per vivere la stesa variazione-contrasto di opposti-complementari, in diversi modi: interiormente, come applicativo esterno individuale e come applicativo esterno collettivo, situandolo nello spazio-tempo e nel tempo autopoietico, legato alla manifestazione sensibile e a quella sovrasensibile, a quella localistica e a quella non locale, in movimento o nell’immobilità, legando i diversi gradienti, sul piano istintivo-emozionale e su quello razionale-intellettuale, su quello autopoietico e su quello acquisito. Tutto ciò si concentra sul piano della danza autopoietica o funzione ∑, che tende a reintegrare in un unico stato coscienziale tutti i vissuti, ossia le basi dell’azione bios-etica autopoietica nel sensibile dello stato coscienziale Sigmasofia.
Questo tessuto, che per essere preparato necessita ovviamente anni, consente interazioni multiple che ci esistono fra i diversi stati di autoconsapevolezza, le basi da cui creare i principi attivi della creatività, creazione.
Lista di opposti-complementari
Studiamo ora una lista di opposti-complementari, di variazioni-contrasto, da cui è possibile impostare tecno-ontos-sophos-logie.
Il linguaggio autopoietico è semplice e diretto ed è prevalentemente guidato, orientato dai termini utilizzati dall’Io-psyché del ricercatore: se p un bambino, si tratta di tenere presente il suo vocabolario spontaneo acquisito. Ogni variazione-contrasto mostra sempre due opposti-complementari, espressi entrambi con termini che evidenziano nei significati-significanti il loro essere opposti e nello stesso tempo complementari. Un esempio: c’è qualche cosa più di qualche cosa o meno di qualche cosa e questo è applicabile ad ogni ente, oggetto, situazione sensibile. Se il riferimento è zero, tutto ciò che convenzionalmente è sopra è +, tutto ciò che è convenzionalmente sotto è -, ma se il riferimento è -20, tutto ciò che è al di sopra è +, anche -10, tutto ciò che è al di sotto è -. Ovviamente, sono solo riferimenti convenzionali acquisiti, infatti, ci si accorge di questo, quando si punta alla reintegrazione: allora si parla di numerazione, i numeri che riportano alle facoltà, ai vissuti da cui il numerare nasce. Ed ecco che tutte le possibili variazioni-contrasto sono tutti opposti-complementari:
- forte-debole,
- duro-molle,
- pesante-leggero,
- caldo-freddo,
- grande-piccolo,
- lontano-vicino,
- alto-basso,
- sempre-mai,
- veloce-lento,
- avanti-dietro,
- destra-sinistra,
- dentro-fuori,
- allegro-triste,
- buono-cattivo,
- benessere-malessere,
- conscio-inconscio,
- locale-non locale,
- Io-soma,
- Istintivo-emozionale-relazionale,
- ostacolatori-facilitatori,
- salute-malattia,
- Pulsione autopoietica-aggredior,
- Razionale-emozionale-autopoietico,
- (…)
Sono delle variazioni-contrasto che possono assumere nell’acquisito più o meno valenza, a seconda del vissuto, ma assumono reintegrazione (da noi denominate ∑) se vissute dalla fisiologia autopoietica da cui ogni + e ogni – viene generato.
Si tratta di una delle organizzazioni fondamentali dell’Io-soma-autopoiesi. Ogni variazione-contrasto può potenzialmente essere espressa sia in estensione che in flessione. Ogni Io-psyché vivrà ogni opposto-complementare con la propria valenza e sarà quella che registrerà nel suo ∑igma.
Tutto l’orientamento P.Si. è volto a trasferire il principio secondo cui gli opposti-complementari non sono positivi o negativi, ma semplicemente dei processi esistenti nell’Io-somato-autopoietico da vivere, conoscere, risalire e trasmutare in funzione del processo ∑ che li integra. Significa che la variazione-contrasto di affermazione e di negazione è contenuta in questo processo complessivo.
Tutti i termini che indicano processi come non alto, non pesante, sono soltanto di valore relativo e funzionale, in quanto il vissuto diretto, senza giudizi e valutazioni da noi proposto tende a porre in remissione molti gradienti dopo averli vissuti e integrati, in modo che l’io-psyché possa fruirne, senza abbinarne valenze identificative e dando ad ogni opposto-complementare la possibilità di essere agito in ogni suo gradiente, se necessario, sempre nella consapevolezza che è la fisiologia autopoietica a generarli.
Abbiamo evidenziato e classificato in diversi insiemi le variazioni-contrasto, da cui nascono gli opposti-complementari:
- consci e inconsci
- locali e non locali
- innati e acquisiti
- tempo autopoietico e spazio-tempo
- individuali interiori-esterni, e collettivi interiori-esterni
- autorelazione innata e autorelazione acquisita.
Lo sviluppo dell’identità, dell’individualità del neonato implica la formazione e la costruzione dell’io-psyché a partire da un certo numero di esperienze fondamentali.
Inizialmente, sono esperienze da vivere direttamente che, progressivamente, formano al riconoscimento di ciò che denominiamo:
variazioni-contrasti e/o opposti/complementari
tenendo ovviamente conto della fisiologia e della fisiologia psico-somatica ed autopoietica innata che li forma, da cui si evidenziano.
Gli opposti-complementari possono nascere ed essere espressi, perché c’è un essere Io-somato-autopoietico che può produrli, crearli, incontrarli, proiettarli (…): a sua volta, questo corpo è parte di un tutto funzionale a cui è indelebilmente legato l’ambiente, l’Universi, il campo coscienziale olistico-autopoietico, unico processo funzionale, da vivere senza differenziazioni, riduzioni, scissioni.
Gli opposti-complementari spesso vengono agiti, vissuti come contrasti, carichi di razionalità e di campo istintivo-emozionale, uno dei patrimoni che troviamo in ogni Io-psyché e che trova evidenza nel neonato.
Ognuno, considerato sano o malato, adulto o piccolo (…), li veicola, li costruisce, li esprime, tanto che la corsa all’opposto-complementare ce lo mostra continuamente: stiamo bene e poi stiamo male, siamo contratti e poi rilassati, siamo tristi e poi gioiosi e poi di nuovo tristi, e così via: l’enantiodromia (corsa all’opposto-complementare) è lì, osservabile in ogni Io-psyché.
In Sigmasofia, lo studio degli opposti complementari fondamentali e quello della fisiologia innata che li forma, partendo dal vissuto diretto, giocato, danzato, cantato, suonato, ritmato (…) costituisce la base di tutta la P.Si.
Si utilizzano diverse modalità operative per l’educazione e la ri-educazione, fruibili da chiunque e, in particolare, dai bambini di tutte le età. L’esposizione della pratica e della teoresi emergente è lo scopo di queste valenze di P.Si.
Iniziando o ri-iniziando da questa strutturazione bipolare, opposti-complementari e fisiologia localistica e non localistica, l’Io-psyché vivrà il mondo, se steso, in maniera sempre più ampia e approfondita, di sfumature di e tra opposti-complementari, di ritmi tra opposti-complementari, letti e vissuti sempre nella consapevolezza di ciò che li forma (anche solo come stati di coscienza del maieuta-docente).
Lo studio di questi opposti-complementari e di fisiologia formante riferibile a tutti i piani Io-somato-autopoietici, costituisce il fondamento della P.Si.
Il testo S.T.o.E. pedagogica -pratica- propone vissuti integrali sia con bambini che con adulti, patologici e sani
Una delle finalità della P.Si è quella di aiutare l’Io-psyché a raggiungere l’auto-consapevolezza e la naturale funzionalità sincronica, intuitiva, istintivo-emozionale, razionale, intellettuale.
Si creano le condizioni educative e ri-educative affinché non si crei una condizione che necessiti la produzione di problematiche, di distonie Io-somato-autopoietiche, di qualunque natura.
Il lavoro consiste nel proporre condizioni pedagogiche e psicagogiche, le funzionalità naturali per permettere all’io-psyché del neonato di non creare tali stati identificativi o, se in fase ri-educativa, a vivere, risalire e transmutare tali stai identificativi, distonici.
Abbiamo visto che formare l’io-psyché secondo le funzionalità autopoietiche che lo formano può costituire e determinare il fatto che un bambino possa affrontare anche programmi educativi impegnativi che presentino evidenze differenti da quelle qui proposte, come quelle tendenti a privilegiare soltanto la sfera razionale, tecnologica esterna, mettendo in subordine quella psicologica, autopoietica, interiore.
Spesso, si osserva nelle educazioni propinate nelle scuole che i programmi sono strutturati, ripartendo nelle diverse materie le nozioni che si vogliono trasmettere.
Le nozioni sono proposte dal padre-madre, dall’adulto, dall’educatore e il bambino deve impararle. Spesso si confida che il bambino abbia un’organizzazione Io-somato-autopoietica che gli consenta di apprendere le nozioni organizzate dall’adulto in materia.
Ma, se partecipiamo-osserviamo bene, la P.Si., che dovrebbe preparare le facoltà di apprendimento delle diverse nozioni proposte, non è, in moltissimi casi, nemmeno accennata. Ad esempio, da zero a tre anni, l’intervento è più riferito all’istinto-emozione del genitore e meno ai suggerimenti del pediatra, spesso non si riconosce un’intenzionalità organica, strutturata pedagogicamente e psicagogicamente. Si partecipa-osserva ancor meno una pedagogia psicagogia, orientata secondo i riferimenti maieutici che prevedono un orientamento secondo cui l’Io-psyché possa trovare in se stesso i principi attivi fondamentali che lo guideranno e per cui il maieuta crea la condizione perché la presa di consapevolezza possa avvenire naturalmente.
Nei programmi scolastici ufficiali, non si trova alcun riferimento al vissuto, all’organizzazione e alla strutturazione del campo istintivo-emozionale e dell’aggredior, non si prevede l’insegnamento della strutturazione dello spazio-tempo e del continuo presente. Non trovano evidenza la formazione, l’allenamento di ogni singolo stato coscienziale producibile dall’Io-psyché (il pensare, il sentire, il volere, l’immaginare, il concettualizzare, ecc.), l’orientamento formativo verso l’insight intuitivo e sincronico. Non si notano pedagogie che contemplino i concetti di non località e località, di logica quantistica, di coscienza della cellula, dei principi attivi del DNA, di coscienza dell’atomo, del fatto che tutto è atomicamente e coscienzialmente legato o un’adeguata pratica ecologica interiore ed esterna.
Sono solo esempi di fondamenti autopoietici che ogni pedagogia, psicagogia dovrebbe contenere, con particolare riferimento al vissuto del campo istintivo-emozionale e aggredior che è il campo di assoluta importanza nel fluire della vita.
Tutti questi fondamenti della P.Si. creano una condizione di autoconsapevolezza, funzionale anche all’apprendimento tecnologico scientifico e di altra natura.
Si tratta di far vivere consapevolmente all’Io-psyché una quantità di esperienze, rilevate direttamente dalla funzionalità autopoietica che gli permetteranno di sviluppare tutte le facoltà acquisite adeguate, autopoieticamente e naturalmente determinate.
Spesso, la pedagogia tradizionale non contempla o ignora completamente queste funzionalità essenziali, di cui divenire consapevoli soprattutto attraverso la pratica diretta, al di fuori del linguaggio intellettuale.
Il sapere nozionistico, spesso trasmesso solo verbalmente, sarà soltanto una delle parti, tra moltissime, di cui l’Io-psyché dovrà saper fruire; di fondamentale importanza, sarà lo sviluppo delle facoltà di creatività-creazione autopoietica, di un vissuto diretto della realtà innata e acquisita, non localistica e locale.
È vero che si può procedere alla ri-educazione Sigmasofica, ma è altrettanto opportuno, ove venisse considerato valido, che tale pedagogia sia impostata e praticata già dai primi anni di vita: è infetti noto che dal concepimento ai tre anni si svolge un processo d’imprinting, più profondo e significativo rispetto a quelli realizzati successivamente (anche se il processo di apprendimento è continuo).
Con la P.Si., l’Io-psyché, soprattutto quello del bambino, prende coscienza di tutte le potenzialità innate di cui la natura da cui si evidenzia lo ha fornito, gli si consente così di prendere coscienza di tutte le facoltà Io-somato-autopoietiche di cui dispone, facendogli vivere che saranno queste che utilizzerà nell’esistenza, nella vita.
La predisposizione alla consapevolezza del Tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, della non località e della località, del campo coscienziale, del campo istintivo-emozionale gli consente di praticare la vita con occhi e visone olistico-autopoietica, e di creare lo stato di remissione costante da ogni atto identificativo attuato dall’Io-psyché che sarà disponibile, aperto a vivere e accogliere, a riconoscere ogni parte-Universi esistente, non chiuso, non identificato nel solo sensorio-percettivo.
Epistemologia Sigmasofica
Il campo coscienziale continua a creare
e a ricreare le proprie produzioni sensibili.
La pratica trentennale della Sigmasofia dimostra che tutte le acquisizioni registrate dall’Io-psyché possono essere raggiunte, in quanto egli stesso è emanazione di funzionalità autopoietiche. Senza queste funzionalità sovrasensibili, non locali, non ci sarebbe il conseguimento delle conoscenze anche localistiche che consentono l’organizzazione di un Io, anche logico.
Quest’attività del campo coscienziale determina la predisposizione del corpo umano a creare azioni percettivo-motorie, da cui le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari che poi, con i principi attivi presenti nell’Io acquisito, diventeranno pensieri e stati coscienziali.
Faccio un esempio. Ci sono tre bambini, uno corre più veloce del secondo, il secondo corre più veloce del terzo, ne consegue, se ne deduce che il primo è anche più veloce del terzo. Da questo fatto, si evince che l’Io-psyché è in grado di dedurre reazioni logiche. Ciò che vivrà correndo, gli verrà poi insegnato a denominarlo transitività. Da tutte le funzionalità, può dedurre funzioni logiche, la percezione, la sensorialità, di cui lo nutre il campo coscienziale, fondamentale per questi applicativi nel sensibile acquisito. È proprio dai principi attivi di transitività, di deduzione che, applicati al campo coscienziale, ce lo faranno decodificare, capire in base al principio attivo stesso maturato che, ovviamente, trova applicazione in tutte le transitività sensibili.
Tutto ciò che presenta differenti elementi percettivi, le variazioni-contrasto dallo stato di partenza, viene inserito in correlazioni vissute logiche. Sono proprio questi principi attivi vissuti che, estrapolati dall’esperienza (la variazione-contrasto), formeranno la funzione Ypsi e ci consentiranno di vivere consapevolmente i principi attivi creatori.
Variazione-contrasto, successione spazio-temporale: nel tutto è atomicamente coscienzialmente legato, c’è simultaneità di fusionalità, non successione di eventi e, quando l’io-psyché s’individua, nasce, scopre lo spazio-tempo e, quindi, la discontinuità di regolarità e d’irregolarità. Prima, era un processo transfinito, poi, per individuazione, è stato delimitato e questa delimitazione ha evidenziato le forme delle strutture: non si è più percepito la continuità atomica, coscienziale, ma l’albero distinto dall’animale, distinto dall’essere umano, distinto dal sole (…). Si creano le variazioni-contrasti, le ripetizioni di momenti.
Il campo coscienziale continua a creare e a ricreare le sue produzioni sensibili, gli esseri viventi, la flora, la fauna, i processi astronomici, la ricorsività, la ripetizione di cicli (…). In parte, tali processi sono partecipabili-osservabili in natura e, insieme ad altri, che precedono o seguono, si evidenziano specifici ritmi spazio—temporali, differenti da quelli simultanei dell’Universi, della non località.
Variazione-contrasto: comparazione
Nel tutto simultaneamente funzionante innato, non si possono comparare tar loro i deversi stati di coscienza. Nel localistico, si può scoprire che il dolore è più forte della gioia, che ho più di qualcosa rispetto ad un altro che della stessa ne ha meno: posso comparare se ho qualche cosa rispetto ad un altro che non ce l’ha.
Variazione-contrasto: equivalenza
Nel tutto è atomicamente e coscienzialmente legato, tutto è equivalente e non esiste ineguaglianza, ma è nell’acquisito che la variazione-contrasto ci permette di vivere se quel processo equivale all’altro o è ineguale. L’equivalenza è l’ineguaglianza.
Variazione-contrasto: similitudine, contrario
Non può esserci similitudine nel funzionamento d’insieme simultaneo, non ci sono differenze, non ci sono contrari. Questi nascono dalla variazione-contrasto di stati e divengono momenti opposti-complementari, c’è differenza tra amore e bene, ma tra loro c’è similitudine e tali processi sono contrari al male, che posso riconoscere soltanto attraverso l’opposto. Posso sentire di identificarmi in uno (base della proprietà) di appartenenza (la famiglia, i gruppi, ecc.) o di non identificarmi (negazione).
Variazione-contrasto: reciprocità
Nella è reciproco nel campo coscienziale, la reciprocità nasce nel localistico, comparando elemento e riconoscendone similitudini, da cui la nascita del principio attivo simmetria e asimmetria.
Variazione-contrasto: causalità
Sono cause e il corpo si sposta da un punto ad un altro effetto. Processi che nel funzionamento sincronico transfinito dell’universi divengono a-causati e non logicamente orientati, ma autopoieticamente creati, da cui la molteplicità degli opposti-complementari che ne nascono.
Variazione-contrasto: riflessità
Non può esser del campo coscienziale, in quanto è creazione continua, non riflessa; nel localistico diviene un’operazione dell’io-psyché, in specifiche applicazioni.
Variazione-contrasto: ordine
Ciò che funziona insieme non è cronologicamente ordinato ma simultaneamente ordinato, espresso; la variazione-contrasto di ordine e disordine (opposti-complementari) emerge in stati identificativi dell’io-psyché che si riconosce in un modello, secondo cui dispone gli atti, comparabili ad altri che hanno altre caratteristiche, ritmi diversi, in modo cronologico.
Variazione-contrasto: oggetto-soggetto
La variazione-contrasto soggetto-oggetto, che nel campo coscienziale non può esistere, essendo unico il corpo dell’Universi, diventa osservabile nel sensibile, per indicare l’io-psyché rispetto ad un ente osservato e viceversa, che si vive scisso da sé.
(…)
Ci sono molte variazioni-contrasto da esporre che evidenziano molteplici opposti-complementari, tutti associabili, che danno vita a costellazioni di associazione tra variazioni-contrasto, processi da vivere direttamente in ogni loro operazione, al fine di formare un Io-psyché che conosca tutte le facoltà che veicola.
Variazione-contrasto: facoltà autopoietiche
Un’ultima variazione-contrasto che voglio evidenziare è delle facoltà autopoietiche. Nel campo coscienziale, opera la simultaneità delle creazioni e, quindi un ente è simultaneamente percepito in tutto l’unico corpo. La nascita, la separazione e l’identificazione fanno sì che l‘unico corpo riconosciuto sia quello fisico, su cui la simultaneità dell’Universi viene trasferita: tutto quello che accade su un punto del fisico può essere ascoltato dall’intero corpo, ma non da quello di un altro, in quanto separato. L’identificazione fa perdere consapevolezza delle pratiche tele-somato-patiche che la P.si. prepara a vivere, a risalire e a trasmutare per evidenziare i principi attivi, le facoltà autopoietiche anche sul piano sensibile ridotto, come tutte le altre variazioni-contrasto.
Neuro-fisiologia e unità autopoietici
(…) se così non fosse,
come potrebbe una connessione bios-elettrica,
un neurotrasmettitore,
la corteccia,
essere autoconsapevole?
L’Io-psyché, per intenderci, l’Io-somato-autopoietico è la tripartizione di un unico essere funzionale, ossia di ciò che c’interessa.
Vediamo ora alcuni funzionamenti della technè P.Si. che presenterò nel prossimo volume.
Nell’io-soma-autopoiesi ci sono differenti sistemi di regolazione: il celebro-spinale, ossia la corteccia, i centri e il sistema ormonale, il sistema simpatico e parasimpatico, tre sistemi collegati e simultaneamente interagenti, vale a dire che tutti gli stimoli e le eccitazioni attuate su uno si ripercuotono immediatamente sull’insieme. L’interazione e la connessione avvengono al livello del mesencefalo, ovvero al di sotto della soglia di coscienza corticale. Ma, nello stesso modo, ogni singolo atomo, organo, sistema è interconnesso atomicamente e coscienzialmente con la natura, quindi, anche a livello sottocorticale, il che conferma che ogni processo si ripercuote, coinvolge simultaneamente ogni altro.
Molti stati coscienziali e funzionalità del corpo avvengono al di sotto del corticale, luogo del cervello che sottende alla nostra possibilità di essere autocoscienti. Ma l’Io-psyché, come visto, è parte integrante di queste funzionalità collegate, ma spesso pur partecipandole, non ne è consapevole.
Questo lo sappiamo, perché accade continuamente che processi Io-somato-autopoietici, di cui prima non eravamo consapevoli, per determinazione dell’io-psyché stesso, possano divenire coscienti.
L’Io-psyché utilizza certo il corticale, per prendere coscienza, atto che dipende da specifiche funzionalità le quali, attuandosi anche utilizzando la corteccia, ci consentono di conoscere.
È l’Io-psyché ad essere collegato, a fare parte del sistema globale, che utilizza la corteccia collegata al mesencefalo, per prendere coscienza. Al di là dei meccanismi fisiologici, è necessario comprendere che è l’io-psyché ad essere il centro di riconoscimento funzionale, non può essere soltanto quel segnale, campo bios-chimico, bios-elettrico in cui si esprime. È la componente che può esercitare l’atto volitivo cosciente, che si attua utilizzando la fisiologia localistica.
Se così non fosse, come potrebbe una connessione bios-elettrica, un neurotrasmettitore, la corteccia, essere autoconsapevole?
È la massa di sensazioni prodotte, per determinazione dell’io-psyché, utilizzando sensi e percezione che può indurre azioni motorie e funzionali. Si tratta di funzionalità automatiche cerebrali in atto, sempre per determinazione del campo coscienziale. È l’io-psyché che permette al neo-encefalo, alla corteccia di agire, di vivere o di inibire le attività del paleo-encefalo, stimolate. Molti di questi processi sono non consapevoli: si tratta di forzare l’Io-psyché, la funzione Ypsi, la sua capacità di auto-percepirsi, di viversi anche in quei luoghi inconsci, cortico-mesencefalici.
Ma abbiamo vissuto che queste attività sono connesse ad altre funzionalità dell’Io-psyché, che può auto-riconoscersi anche al di là delle funzionalità fisiologiche sensibili. Essendo un campo, l’Io si evidenzia nel corpo fisico, nel sistema nervoso, in cui si forgia per riconoscere, sviluppare principi attivi, dopodiché, utilizzando i principi attivi sviluppati, può riconoscersi, auto-percepirsi, anche nella dimensione non locale, extra corpo fisico. Sono proprio queste funzionalità fondamentali che trasmetterò nel secondo tomo.
Questa possibilità di consapevolezza non nega quella per cui in una prima fase l’io-psyché possa vivere il proprio Io-soma-autopoiesi in maniera spontanea, primitiva, olistico-autopoietica, attraversando l’eliminazione di tutte le inibizioni corticali. Poi, successivamente, si trova in grado di trascendere e di trasformare quelle funzionalità in concettualizzazioni, in precise funzioni corticali. Ciò avviene, inserito nel riconoscimento vissuto di se stesso come campo coscienziale, prevalentemente non localistico. All’Inizio, localisticamente, non può farlo, perché deve forgiarsi per poter ottenerlo.
Quindi, il passaggio dall’azione motoria spontanea, istintiva ad una forma di organizzazione acquisita percettivo-motoria cosciente, razionale è il processo essenziale dello sviluppo della funzione Ypsi che gli servirà per vivere consapevolmente ed anche per auto-riconoscersi, auto-viversi come ente non localistico e simultaneamente locale, come ente innato e simultaneamente acquisito, come Universi-parte: se stesso.
Quando un metabisogno dell’aggredior, del campo istintivo-emozionale si evidenzia nel mesencefalo, si osserva immediatamente una serie di produzioni motorie e organiche. Uno stimolo che ci provochi dolore e quindi pericolo può determinare produzioni motorie di difesa, di fuga, creazioni del sistema parasimpatico, contrazioni muscolari, modificazioni del ritmo cardiaco.
Sono tutti processi, di cui l’io-psyché può prendere coscienza, perché ne è parte ed è sempre lui a stabilire come gestirli.
Inizialmente, l’io-psyché (soprattutto del bambino) sarà colpito soltanto da ciò che lo stimola, che sente sul corpo, perché è lì che può riconoscerlo. Ma, non dimentichiamo che si tratta di un essere Io-somato-autopoietico. È soltanto partendo da quel piano identificativo infra-corticale e scoprendo, vivendoli, tutti i modi e le maniere di procedere, di agire, di controllare tali sensazioni, l’Io-psyché può arrivare all’autoconsapevolezza di sé che dapprima e controllo Io-somatico, poi Io-somato-autopoietico, locale e no locale.
Gran parte delle funzionalità sono sub-corticali e soprattutto non localistiche, autopoietiche. Per questo, le pedagogie soltanto corticali sono pericolosamente incomplete, così come lo sono quelle che si occupano soltanto dell’io-soma, al massimo istintivo-emozionale. È necessaria la reintegrazione in un’unica funzionalità della tripartizione dell’unico processo esistente e agente. Non è di interesse per la P.Si. evidenziare le funzionalità specifiche neuro-fisiologiche (che ognuno può specializzare sui testi scientifici): lo è indicare un orientamento da vivere, che si organizza attraverso quelle funzionalità specialistiche.
La P.Si. evidenzia che l’Io-psyché si forma, diviene autoconsapevole progressivamente del proprio corpo sensibile e sovrasensibile, locale e non locale.
Dal concepimento allo stato coscienziale punto nascita
(…) si fa sentire:
la luccicanza autopoietica
dello sguardo ne è una prova.
Dal concepimento allo stato coscienziale punto nascita, il bambino è uno spermatozoo più ovulo, la cellula ha in sé tutte le in-formazioni autopoietiche in grado di organizzare l’io-soma-autopoiesi con cui si presenta al punto nascita, pronto a funzionare, a vivere. Partecipa in quei nove mesi tutti i principi attivi dell’io-psyché e del campo coscienziale, si nutre di autopoiesi continua e la respira, la pratica in ogni sua singola cellula, atomo. Lo stato di funzionalità autopoietica che lì partecipa determina che non possa distinguere tra interno ed esterno. È un essere acquatico (è acqua, materia, liquido amniotico in cui è immerso), cangiante continuamente morfologia.
Da zigote a morula a diversi sistemi organici che lo formano, tutti vettori informazionali iscritti nel DNA e negli atomi che lo compongono e che compongono quelli della madre. In-formazioni genetiche, principi attivi presenti nell’atomo e nel campo coscienziale, da cui si evidenziano e che li irradia e ne determina il funzionamento. Partecipa il fatto che ogni sdoppiamento della cellula, in due, quattro, otto, sedici, trentadue, ecc., coincide con il principio-pulsione di espansione-movimento che riconoscerà in lui, in deversi modi dal concepimento allo stato coscienziale punto morte.
La P.Si. forma l’io-psyché a pendere coscienza dello stato Sigmasofia da cui emerge, della funzionalità autopoietica, del tutto è coscienzialmente e atomicamente legato, della transfinitezza del campo coscienziale da cui egli stesso, il padre-madre, l’ambiente in cui vive si evidenziano, prendere coscienza che non ci sono limiti spazio-temporali, l’io-psyché è la forma assunta identificata localmente di quella autopoietica.
Il suo essere non localistico si evidenzia. La formazione, la P.Si. consiste nel prendere coscienza dello stato Sigmasofico archetipico autopoietico, in cui tutto è reintegrato in un unico processo funzionale.
È l’essenza, da cui ci si forma a prendere coscienza, a creare lo spazio-tempo, a scoprire che questo stato Sigmasofico autopoietico può essere individuato, zoomato nelle diverse parti, soltanto differenziandosi da esso, per variazione contrasto, per opposti-complementari. Ed è proprio da questi opposti-complementari, da queste variazioni-contrasto, da queste sfumature che si forma la differenza di potenziale ovvero l’Io-psyché che nasce dalle variazioni-contrasto, motivo per cui più se ne vivono, più si riesce a creare, consapevolezza, funzione Ypsi, strumenti attraverso cui risalire al vissuto diretto dello stato formatore di provenienza.
Ovviamente le prime percezioni, i primi vissuti Io-somato-autopoietici sono dapprima separati, dispersi, senza legame tra loro (per il loro stato di autoconsapevolezza), ma di fatto nascono da un tutto funzionale. Verso l’età di sei mesi, l’essere umano in formazione riesce a mettere insieme molte variazioni-contrasto, molti opposti-complementari e inizia a formare le prime esperienze di unità tra più variazioni-contrasto, più globalità. L’unificazione delle variazioni-contrasto acquisite, in cui s’identifica, emerge per unione tra i dati percettivo-sensoriali esperienziali che l’io-psyché vive e la funzionalità autopoietica in cui, anche se non consapevolmente, è immerso, è parte. L’Io-psyché inizierà necessariamente a identificarsi in queste variazioni-contrasto, negli opposti-complementari per il semplice fatto che sta vivendo quelli che contemporaneamente e progressivamente gli consentono di formare autoconsapevolezza acquisita.
La sensazione d’indifferenziazione, di fusionalità in-formata da cui emerge ha un forte imprinting su di lui, lo sente in parte perché l’io-psyché, la funzione Ypsi si stanno formando e in parte anche in conseguenza della fisiologia innata che ha saputo edificare tutti i processi funzionali, le facoltà coscienziali, il pronti a funzionare che quell’Io-psyché stesso, fin dalla nascita, può utilizzare. Infatti, i sensi ci sono, la percezione e tutte le possibilità potenziali di produzione coscienziale, anche. La beatitudine, l’estasi, ancora non ridotta dall’identificazione in esperienze acquisite, nelle variazioni-contrasto, negli opposti-complementari, si fa sentire, la luccicanza autopoietica dello sguardo ne è una prova. Per questi motivi, la P.Si. è fondamentale dal concepimento ai primi anni di vita, perché, non essendoci stati identificativi significativi a fare da filtro, ogni esperienza, ogni variazione-contrasto crea imprinting indelebili su tutto quell’io-somato-autopoiesi. In questo senso, le capacità d’interazione sono maggiori durante i primi cinque anni di vita, infatti l’Io-psyché dei bambini è più autopoietico, olistico, rispetto a quello dell’adulto che, vivendo i propri stati identificativi, ferma, sposta, riduce le esperienze che realizza, anche se è più autoconsapevole dell’acquisito.
Più sperimenta, più registra vissuti e più s’individua localisticamente nelle esperienze che realizza, più frammenta, riduce lo stato Sigmasofia di provenienza. Procede con queste variazioni-contrasto, differenziazioni fino a che individua, distingue, ritrova se stesso e il cosiddetto altro, riduce le funzionalità autopoietiche che viveva, riconosce braccia, gambe, testa, torace, petto, dorso e tutto il resto, vivendoli come parti del corpo, ma anche come enti separati e denominabili.
Nella P.Si., ci si forma a vivere sia gli opposti-complementari, le variazioni-contrasto che la fisiologia innata. Processi che consentono di sviluppare sia l’autonomia sia la fusionalità autopoietica. Sono proprio le funzionalità archetipiche del campo coscienziale che permettono all’io-psyché di riconoscere, di poter far nascere le relazioni tra variazioni-contrasto, tra le esperienze che vive con se steso, con la natura, con gli altri.
Quando l’Io-psyché inizia questo processo, lo fa senza consapevolezza di ciò che paradossalmente sta partecipando. Però è pronto a funzionare, a produrre i metabisogni, l’aggredior, a realizzare la soddisfazione diretta di quanto prima soddisfaceva attraverso il corpo della madre.
È l’automatismo funzionale autopoietico che ha formato come struttura la facoltà di prensione e di locomozione, la fame (…). Le mani, la bocca, i piedi, il corpo (…) gli consentono di prendere, di toccare altri oggetti, poi di lasciarli, di gettali e così via. Sono facoltà predisposte e formatesi nella cellula ed è quindi in quelle funzionalità autopoietiche che dobbiamo cercare l’origine di questi meccanismi. Tutte le facoltà sensoriali già predisposte automaticamente alla nascita sono fondamentali per riconoscere l’oggetto da prendere-lasciare, riconoscere.
Sappiamo che la percezione sensoriale è simultaneamente propriocettiva ed esterocettiva, che la vista è determinata dal funzionamento cerebrale e che si manifesta fino all’oggetto percepito (esterna ed interna). Tuttavia, essendo tutto atomicamente e coscienzialmente legato, la percezione sensoriale risulta essere propriocettiva, ma il bambino, individuandosi nelle esperienze e separandosi dallo stato di fusionalità autopoietica, la vive esterocettiva, in quanto si riconosce come separato da altri, come variazione-contrasto dallo stato di unità. In questa differenziazione nasce il vissuto spaziale di distanza, di direzione e di orientamento che prima era indifferenziata, transfinita. Vicinanza e lontananza divengono opposti-complementari, nascenti da una condizione di tempo autopoietico, d’indifferenziazione con lo stato coscienziale in cui opera l’autopoiesi. Toccando oggetti, sentendoli attraverso il tatto, udendoli, annusandoli riconosce differenze di forme che poi qualcuno gli insegnerà a denominare.
Quello che di provenienza era assenza di distanza, di direzione, di situazione, di orientamento ora, per variazione-contrasto, emerge in presenza di quelle stesse istanze. Io e Tu sono scissioni, differenziazioni dallo stato di fusionalità autopoietica che iniziano a formarsi e dalle quali diverremo consapevoli di ciò che prima partecipavamo senza consapevolezza.
Sperimentando, si vive come essere semovente, dotato di potere di locomozione, variazione-contrasto da prima, quando era trasportato dal corpo della madre e il movimento che realizzava era la costruzione, cellula dopo cellula, di se stesso. Così, come prima ingrandiva le dimensioni di se stesso, quindi si muoveva ed era trasportato, così esternamente, muovendosi ingrandisce le dimensioni dello spazio-tempo investito. La nascita dello spazio-tempo acquisito aumenta le sue potenzialità, possibilità sensibili. Nel nuovo mondo, l’Io-soma-autopoiesi può muoversi verso un altro ente che, a sua volta, può muoversi verso di lui. Prima, c’era l’indifferenziazione spazio-temporale e si agiva per autopoiesi; ora, per variazione-contrasto, per opposto-complementare si riconosce che l’altro è ad una certa distanza da Io e Io è ad una certa distanza da Tu. È il concetto di distanza, di reciprocità che nasce per variazione-contrasto dalla simultaneità.
Facendo queste esperienze motorie concrete, nasce l’opposto-complementare vicino-lontano, la distanza, lo spazio, variazioni-contrasto riconoscibili all’interno dell’Universi, noi stessi.
Temporalità
(…) una funzione inglobata nel tutto fusionale che è l’Universi, noi stessi
Tutte le azioni fattibili dell’Io-psyché vengono realizzate nello spazio investito, ma, essendo qualche cosa che si sussegue, c’è una successione di atti. I vari momenti possono essere classificati come lo strumento che denominiamo tempo: la prima, la seconda, la terza azione.
Durante i nove mesi di gravidanza, si osserva più facilmente che tutte le creazioni avvengono simultaneamente, ma anche in successione: inizialmente, c’è la cellula, poi la morula, ecc. se poi, consideriamo l’Universi come un unico essere transfinito e lo spazio-tempo, probabilmente infinito, s’intuisce che anche il tempo cambia la propria caratteristica.
Comunque, nella condizione dell’unità, il concetto di spazio-tempo è in remissione, quando invece si rompe la fusionalità autopoietica e ci s’individua anche come esseri semoventi, si vivono queste due categorie indissociabili.
Le partecipiamo-osserviamo nella durata di un’azione, di un gesto, di un tempo di attesa.
Io fischio per un tempo, tu per un altro, io cammino lentamente e poi velocemente: ecco la velocità nello spazio-tempo.
Tutte le azioni di un corpo, in questo riferimento, possono essere attribuite anche ad un oggetto.
L’Io-psyché può produrre un suono, un rumore o il silenzio, a lungo o per breve tempo. Tutte queste variazioni-contrasto permettono al piccolo di arrivare a conoscere, a vivere tutta un’altra serie di opposti-complementari.
Rapportando questi opposti-complementari, le nozioni di tempo e di spazio diventano più chiare. Sappiamo, comunque, che entrambe provengono da una funzione inglobata nel tutto fusionale che è l’Universi, noi stessi, e quindi come le altre hanno un’origine pre-spazio-tempo, nel tempo autopoietico.
Questi vissuti dovranno essere ripetuti e strutturati a livello del corpo, conoscendoli sia nello stato di differenziazione, di variazione-contrasto dall’innato, perché funzionali a specifiche applicazioni sul piano sensibile, sia nella consapevolezza della loro condizione autopoietica.
La percezione, la sensorialità si lega perfettamente allo spazio-tempo. Così come le facoltà autopoietiche, che dovranno essere sviluppate, si organizzano in maniera coerente con il tempo autopoietico, con l’Universi.
Osserviamo la percezione sensibile spazio-temporale nel range di funzionamento sensoriale che quell’Io-psyché ha, dal rosso al viola, dai 16 ai 22 Hz l’udito, e così via.
Comunque, agendo sensorialmente, l’Io-psyché potrà praticare le proprie esperienze, applicando ai suoi atti maggiore o minore forza e intensità. Via via, si accorgerà che la pressione esercitata da una mano può essere più o meno forte. Da un suono assordante, emergono degli effetti; se il suono è dolce e armonico, se ne hanno degli altri. Una luce potente ci agita, una dolce ci rilassa. Una carezza rilassa, una pressione brusca agita. Tute queste intensità e variazioni-contrasto producibili dal corpo, parte dell’Universi, trovano la fisiologia autopoietica che le ingloba e che non è differenziata. L’intensità è la sommatoria di tutte le variazioni-contrasto, quindi la si percepisce come naturale tensione autopoietica, compatta, non differenziata, quella dell’Universi che, nelle variazioni-contrasti, riduciamo alla specificità.
Espressioni di funzioni simbolico-reali
Il gesto, l’atto autopoietico non è mai simbolo,
ma emanazione di funzionalità innate naturali
Il gesto, l’atto è sempre una produzione Io-somato-autopoietica che può scaturire in quanto il campo coscienziale a livello innato attivo e lo consente, attraverso un suo contenuto-emanazione che denomineremo corpo umano.
Ogni esser umano può esprimere tali gesti, atti, in quanto emanazione della stessa funzionalità. Per questo motivo, ogni Io-psyché è potenzialmente in grado di comprendere il gesto, l’atto di altri corpi, perché atomicamente e coscienzialmente sono lo stesso corpo: anche come individuazione acquisita, intuiscono di esserne emanazione. In questa simmetria-risonanza, c’è il capire il gesto, l’atto.
Se ci fosse la consapevolezza dell’unico corpo, si vivrebbe che quei gesti, quegli atti differenti nella forma, sono in realtà emanazione dell’unico essere. Immaginate il corpo umano che decide di dare pugni con una mano e carezze con l’altra. Osservandole singolarmente, vedremo un atto aggressivo e un atto tenero, prodotti dallo stesso corpo fisico. L’analogia è la stessa.
Quando, invece, ci s’identifica nell’acquisito e ci s’individua localmente, si può stabilire una comunicazione-relazione tra un corpo e un altro: i gesti e gli atti emessi da ognuno sono, come dicevo, potenzialmente riconoscibili. Il modo di emettere gesti, movimenti, atti, autopoieticamente è un linguaggio universale. Osservate i movimenti dal concepimento allo stato coscienziale punto nascita: si può comprendere tale linguaggio autopoietico universale, specifico per ogni specie, come manifestazione, generata dallo stesso campo istintivo-emozionale, in grado di individuare infinite possibilità di auto-creazione intelligente.
Ad un certo punto della crescita, si pone in remissione il linguaggio autopoietico e si dà vita al linguaggio acquisito, prevalentemente verbale, volto ad adeguarsi alle convenzioni e alla razionalità.
Tutte le variazioni-contrasto, gli opposti-complementari creati e denominati, tutte le scoperte scientifiche e convenzionali, tutto l’acquisito va a sovrapporsi al linguaggio autopoietico tonico.
L’identificazione nel solo linguaggio acquisito, il nome, il termine che sostituiamo al vissuto, fa il resto.
Essendo immerso in queste funzionalità istintivo-emozionali del campo coscienziale ed essendone emanazione, l’Io-psyché può produrre elementi di espressività istintivo-emozionale e autopoietica. A volte, proprio perché si è scisso, come consapevolezza, dalla fisiologia autopoietica, è costretto non a partecipare il naturale flusso istintivo-emozionale ma ad immaginare tali sentimenti, fluidità, che è un sostituto compensatorio al naturale fluire, un tentativo in qualche modo di recuperarlo, perché nel momento in cui vive visceralmente le proprie emozioni, l’immaginazione di quello stesso atto tende ad entrare in remissione.
L’Io-psyché è continuità simultanea con l’autopoiesi, pertanto nella P.Si. il gesto cosciente è emanazione consapevole di quella fisiologia che simultaneamente viene applicata al significato-significante acquisito.
Il gesto, l’atto autopoietico non è mai simbolo, ma emanazione di funzionalità innate naturali, diviene simbolo via via che l’acquisito e le esperienze vengono praticate e trasformate in termini, parole, significati.
Il linguaggio acquisito è diventato per molti il linguaggio prevalente, la forma d’espressione privilegiata che, nella P.Si., destrutturiamo in favore di atti, gesti, azioni che evidenzino, creino significati autopoietici, processo che ridurre il verbalismo sfrenato che si può osservare in molti modelli educativi. Il termine sarà autopoieticamente e nell’acquisito appropriato, non vaniloquio.
La parola potrà finalmente esprimere con continuità il significato autopoietico oltre a quello specificamente acquisito, il che dipenderà dallo stato di autonomia fusionale autopoietica consapevole di se stessa, realmente veicolata mentre si esprime il gesto, l’atto, l’azione.
Tutti i termini, i nozionismi linguistici, espressi (nomi, verbi, aggettivi, avverbi, ecc.) sono spesso ciò che copre, descrive un vissuto.
Creiamo linguaggio verbale in conseguenza di scoperte, di vissuti di nuove regioni dell’inconscio autopoietico, del campo coscienziale.
Ciò che caratterizza l’Io-psyché non è sempre il linguaggio verbale, ma quello autopoietico che può includere quello verbale, con la possibilità di dare significati-significanti consapevoli a processi che già per intero gli appartengono.
Il lavoro fondamentale della P.Si. si situa, quindi, a livello autopoietico generale, a livello dei significati-significanti attribuiti e alla funzione Ypsi creata, perché è questo l’Orientamento che sta dando maggiori risultati.
Non si nega la componente verbale acquisita, ma la si reintegra al tutto funzionale autopoietico da cui essa stessa emerge. Per strutturare l’Io-psyché, la funzione Ypsi intorno ad un asse Io-somato-autopoietico che formerà il linguaggio Sigmasofico che lega tutti i processi indicati.
CONCLUSIONE
La reintegrazione tra fusionalità e autonomia
è necessaria alla creazione dell’apprendimento
dei significati-significanti innati e acquisiti
dell’esistenza.
Evidenziando lo stato di fondamentale importanza che è
l’autonomia fusionale autopoietica,
i vissuti descritti in S.T.o.E. pedagogica-psicagogica illustrano la consapevolezza che assumiamo di far ricadere, consapevolmente, nell’azione quotidiana.
Il raggiungimento vissuto dell’autonomia fusionale autopoietica, che include la consapevolezza dello stato E.C.A., di Androgynus, dello stato Sigmasofia, incontra continui ostacolatori che si evidenziano fin dal concepimento-punto nascita, coinvolgendo pienamente, in particolare, i primi fondamentali due anni di vita, e oltre.
Il vissuto del superamento degli ostacolatori facilita il raggiungimento di forme più esaustive di presa di consapevolezza dell’esistente. In generale, ho evidenziato come in caso di mancata consapevolizzazione delle funzionalità innate che si possono riconoscere nella fusionalità-E.C.A., l’Io-psyché possa compensarle, sostituirle, con azioni identificate-fissate nel solo sensorio-percettivo, nel solo acquisito, evidenziando così stati di incompletezza sul piano dell’auto-consapevolezza, che la P.Si. tenta di porre in remissione.
La reintegrazione in un solo atto funzionale dell’identità, dell’autonomia con la fusionalità-E.C.A. permette la progressione dell’individuazione. L’alternativa tra identità e fusione, non vissute come un unico processo è uno degli ostacolatori che alimenta l’ambivalenza, la plurivalenza.
La reintegrazione tra fusionalità e autonomia è necessaria alla
creazione dell’apprendimento dei significati-significanti innati e acquisiti
dell’esistenza.
La non penetrazione consapevole delle in-formazioni innate presenti nella fusionalità-E.C.A. sono gli ingredienti fondamentali dell’angoscia, della proiezione di forme di solitudine, della depressione.
È proprio la consapevolezza dello stato E.C.A. a premetterci di creare la continuità di significati, in quanto le in-formazioni in esso presenti sono transfinite.
Per questi motivi, la maieutica P.Si. è di fondamentale importanza, perché permette di assumere l’esplorazione consapevole e vissuta di se stessi: l’Universi-parte che siamo e, all’interno di ciò, il vissuto di stati Io-somatici complessi che sottendono alle funzionalità dell’essere umano.
Le problematiche non sono mai del solo linguaggio verbale, ma della capacità di vivere le esperienze e di penetrarle, per consapevolizzare la loro espressione sensibile e soprattutto sovrasensibile, non localistica, transfinita.
Dalla maieutica P.Si., nasce un’implicazione fondamentale: i suoi raggiungimenti possono essere posti a sostegno di qualunque azione umana, di qualunque scienza e filosofia (…). Da questa condizione, si evidenziano proprietà emergenti che sono la capacità di auto-rigenerazione consapevole-continua.
Questa indagine non nasconde pericoli, in quanto permette al ricercatore di consapevolizzare processi innati preesistenti, attraversando il proprio acquisito. Essendo innati, non possono essere considerati pericolosi, perché sono la sostanza stessa che permette di vivere, di esistere, di produrre significati. Se si procede verso la consapevolizzazione vissuta dell’innato, ogni destrutturazione avrà un valore di consapevolizzazione significativa.
Androgynus realizzato
Intere regioni interiori ed esterne dell’Universi-parte, noi stessi,
sono ancora da esplorare, da consapevolizzare.
Androgynus evidenzia la progressione P.si e l’esistenza della
misteriosofia Sigmasofica.
Si inizia
dall’Io-soma-autopoiesi che siamo,
in gran parte da consapevolizzare attraverso il vissuto diretto
è possibile affermare che ogni volta che l’Io-psyché produce pensieri sulla scissione tra se stesso e il corpo in cui si evidenzia sta
producendo proiezioni da porre in remissione.
Tale operazione di formazione vissuta a se stessi è una via percorribile e, se realmente realizzata, è la remissione definitiva delle illusioni narcisistiche ed onnipotenti: si tratta di progressioni verso la coscienza vissuta, da dentro, della cellula, degli atomi, dello stato di Entanglement coscienziale e micro-particellare.
Il reale Io-somato-autopoietico che sembra essere inaccessibile è, di fatto, accessibilissimo.
Procediamo attraverso atti che evidenziano in noi specifici stati, atti che possono essere ascoltati, recepiti da altri, producendo risonanze e reazioni. Oltre a queste reazioni, risonanze, esiste la possibilità di creare insieme all’altro, in stato di fusionalità, di consapevolezza dell’entanglement, vissuti memorizzabili nello stesso modo dagli Io-psyché che riescono a viverli. Ciò non è scientifico, ma è una funzionalità innata esprimibile.
Durante la produzione di azioni, di esperienze, possiamo utilizzare, potenzialmente, qualunque parte-Universi, qualunque oggetto. Qualunque azione è carica del campo istintivo-emozionale attraverso cui la si esprime. Inizialmente può assumere le forme di volontà di dare, di volontà di ricevere, ed anche
di dare-ricevere simultanei,
di penetrare-essere penetrati simultanei
e così via. tutto ciò diviene un unico vissuto quando tutti vivono, si posizionano nello stato E.C.A. Infatti, il proprio corpo, per entanglement, è anche e simultaneamente il corpo dell’altro, se vissuto a livello quantistico e coscienziale pre-acquisito. Si tratta del vissuto che trascende lo stato di intimità in quanto è lo stesso stato E.C.A. per entrambi e consapevolizzabile con un idem sentire. Non che questo sia particolarmente significativo, ma si tratta di un’esperienza possibile, che molti vivono come difficile da raggiungere. Ciò è utile e funzionale a che quell’esperienza sia consapevolizzata e disponibile all’Io-psyché che voglia utilizzarla.
Lo stato di autonomia fusionale autopoietica, di cui sto trattando, apre i veli, ci permette di entrare nella pluridimensionalità, oltre il linguaggio verbale, in un concepibile e apprendibile sempre più esteso, in una sensazione simultaneamente innovativa-nuova e arcaica, in cui l’Io-psyché è ontos-sophos-logicamemte sicuro di essere vita-autopoiesi in azione.
Durante i vissuti P.Si., assumo la consapevolezza di essere Androgynus e io stesso sono il figlio, ma posso riconoscermi come maschile, come femminile, sento e sono consapevole che questa è la mia condizione di auto-consapevolezza.
Al di là di questa realtà vissuta, sento che Androgynus si estende all’Universi-parte, che è della stessa natura: formiamo inscindibilmente un tutt’uno.
E in quella condizione, Io e Tu vanno in remissione,
esiste soltanto Io, esperienza soggettiva che integra funzionalmente
l’altro, non esiste il noi, ma “l’o solo esisto”, in cui quella parte di me
che è l’altro, attraverso lo stesso campo coscienziale,
può vivere la stessa cosa.
Lo spazio-tempo si reintegra nel continuo presente, lo include e lo genera: è la condizione innata consapevolizzata, in cui si riconosce
“Io vivo e intuisco di essere Universi”,
quello che evidenzia ogni parte, facendola nascere e determinandone il punto morte.
Migliaia di esseri viventi in questo istante stanno nascendo
e migliaia stanno morendo,
fluttuazioni dell’Universi che li genera,
è la condizione che pone in remissione ogni angoscia di morte, propria
della parte-Universi identificata in se stessa
Si intuisce, si vive,
di essere pulsione olistico autopoietica a vivere, a conoscere, in azione.
Si evidenzia l’unica condizione che è
vita senza alterità.
Vita transfinita, impossibile da consapevolizzare in modo completo: è questa la
bellezza innata di non essere mai pieni, mai soddisfatti o completi,
perché in un Universi transfinito, appunto perché tale;
è impossibile esserlo.
Non ci si forma alla
Rinascita di un Io separato da un Tu,
ma ad un Io-psyché che sa di essere se stesso, sia quando si riconosce come Universi-parte sia quando si riconosce come parte-Universi:
Bios include thanatos
E, per questa operazione, non abbiamo necessità di Eros, di Ares, ossia di sedurre, di aggredire, si tratta infatti di due dei tanti ingredienti fondamentali di Bios.
Auto-partecipandomi-osservandomi, mi commuovo!
Vedo la mia storia acquisita dischiudersi, ricordo di identificazioni dell’Io-psyché che ora, come consapevolezza, sono il mio sostegno, reintegrato per sempre, conveniente. Anche l’identificazione nel solo sensibile, posso riconoscerla come azione necessaria per ritrovarsi, per auto-riconoscersi.
L’Io-soma-autopoiesi non può far altro che consapevolizzare se stesso. sono parte, per riconoscermi Universi: sì, esiste più di un Universo, ma sono tutti entangled, perciò
è Universi, globalità olistico-autopoietica
innata e illuminata solitudine.
Ri-nascita dell’identità innata di
essere l’unito,
di essere Androgynus,
per esprimere autonomia fusionale,
la separazione è parte integrante e inscindibile di Androgynus:
è il messaggio che voglio veicolare di padre-madre in figlio.
Io vivo l’impulso, di cui sono depositario.
Mi riconosci, perché anche Tu intuisci che Io vivo,
che sono la tua stessa vita che, forse, non puoi ancora consapevolizzare per vissuto diretto, ma in ogni caso risuoni con essa, perché opera alla radice dell’Io-psyché.
È l’autonomia fusionale autopoietica che vive.
in cammino, hai bisogno di me, ma anch’io di te, anche se ho
camminato, forse, più a lungo di te:
dipendenza-contro-dipendenze, traslazioni contro-traslazioni,
ma è sempre Io-psyché in azione,
è la vita-autopoiesi.
Questo è il
sorriso innato dell’incontaminabile,
l’avanguardia che coincide con il
percepire la percezione
con il
conoscere la conoscenza.
Hai dovuto provocarmi, divorarmi, sedurmi, opporti a me, confliggere (…).
Attraversamenti che ora sai di poter vivere senza Tu.
ti sei auto-consapevolizzato nell’
Io-solo esiste:
vivi la vita indelebilmente fusionale-E.C.A. con me,
sei autonomia fusionale autopoietica,
sei androgynus,
sei qui e simultaneamente là,
consapevolmente vivi,
crei!